sentenza 18 luglio 1997, n. 243 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 luglio 1997 n. 30); Pres.Granata, Est. Ruperto; Corlianò c. Inadel. Ord. Pret. Lecce 1° marzo 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 37del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 12 (DICEMBRE 1997), pp. 3493/3494-3495/3496Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191762 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tuzione; sentenza n. 360 del 1996, id., 1996, I, 3269), né co
munque seguiti da intervento del legislatore in esercizio sostan
tivo di potestà legislativa, che abbia riprodotto con valore di
legge una norma contenuta in una disposizione definitivamente
decaduta.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi
bile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma
61, 1. 23 dicembre 1996 n. 662 (misure di razionalizzazione della
finanza pubblica), sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost, dal
la regione Lazio, con il ricorso indicato in epigrafe; dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stes
so art. 2, comma 61, 1. n. 662 del 1996, sollevata, in riferimen
to agli art. 115, 117 e 118 Cost., dalla regione Lazio con il
medesimo ricorso.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1997, n. 243
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 luglio 1997 n. 30); Pres. Granata, Est. Ruperto; Corlianò c. Inadel. Ord. Pret.
Lecce 1° marzo 1996 (G.U., la s.s., n. 37 del 1996).
Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio —
Collaterali non conviventi — Preferenza agli eredi testamen
tari e legittimi — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 42; 1. 8
marzo 1968 n. 152, nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali, art. 3).
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Indennità di buo
nuscita — Fratelli e sorelle non conviventi — Diritti successo
ri — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte co
stituzionale, art. 27; d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032, testo
unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei
dipendenti civili e militari dello Stato, art. 5; 1. 29 aprile 1976
n. 177, collegamento delle pensioni del settore pubblico alla
dinamica delle retribuzioni; miglioramento del trattamento di
quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pen sioni degli istituti di previdenza, art. 7).
È incostituzionale l'art. 3, 2° comma, l. 8 marzo 1968 n. 152, nella parte in cui prevede che, nell'assenza delle persone ivi
indicate, i collaterali non viventi a carico del de cuius siano
preferiti agli eredi testamentari e, in mancanza di questi, agli eredi legittimi. (1)
È incostituzionale, ai sensi dell'art. 27 I. 11 marzo 1953 n. 87,
l'art. 5, 1° comma, d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032, come
sostituito dall'art. 7 l. 29 aprile 1976 n. 177, nella parte in
cui non prevede che, nel caso di morte del dipendente statale
in attività di servizio, l'indennità di buonuscita competa, nel
l'assenza degli altri soggetti ivi indicati, ai fratelli ed alle so
relle del de cuius solo a condizione che gli stessi vivessero
a carico di lui. (2)
Diritto. — 1. - Il Pretore di Lecce dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, 2° comma, 1. 8 marzo 1968 n. 152
(1-2) Con la pronuncia odierna la corte completa l'opera di sistema zione della disciplina successoria per l'attribuzione delle indennità di
fine rapporto nel caso di decesso del pubblico dipendente, apportando le opportune correzioni alla normativa modificata dalla sua stessa giuris
prudenza, ma non ancora rispondente completamente ad un giusto con
temperamento dei diritti dei familiari a carico e degli eredi, in relazione
alla duplice natura — retributiva e previdenziale — di quelle indennità:
per una ricostruzione dei vari interventi della corte e del legislatore nel
la materia si vedano le citazioni in motivazione, fra le quali si segnala Corte cost. 4 aprile 1996, n. 106, Foro it., 1996, I, 1503, con nota
di richiami; sull'indennità premio di servizio, v. Cass. 22 febbraio 1995, n. 2013, ibid., 214, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1997.
(come modificato dalle sentenze della Corte costituzionale n.
115 del 1979, Foro it., 1979, I, 2502; n. 821 del 1988, e n.
471 del 1989, id., 1990, I, 3537; n. 319 del 1991, id., 1992, I, 2343), in combinato disposto con l'art. 457 c.c. «nella parte in cui pospone l'erede testamentario ai collaterali del lavoratore
deceduto, senza alcuna condizione o limitazione, nell'acquisto dell'indennità premio di servizio nella forma indiretta».
Secondo il rimettente, la denunciata norma si pone in contra
sto con l'art. 3 Cost., là dove prevede un'ingiustificata deroga ai principi generali della successione mortis causa sotto il profi lo dell'irragionevole individuazione dei soggetti favoriti, opera ta non in base a finalità assistenziali ma solo in ragione del
rapporto di parentela, e con l'art. 42, ultimo comma, Cost., nella parte in cui esclude la disponibilità per testamento di un
diritto soggettivo del de cuius già facente parte del suo pa trimonio.
In via subordinata, il dubbio di costituzionalità investe lo stesso
art. 3, 2° comma, 1. 8 marzo 1968 n. 152, in combinato dispo sto con gli art. 467 e 468 c.c., «nella parte in cui esclude il
diritto di rappresentazione dei discendenti del collaterale pre morto dall'acquisto della predetta indennità». A giudizio del
rimettente, la norma verrebbe a vulnerare gli stessi parametri
sopra evocati, per l'irrazionale discriminazione tra il collaterale
superstite, che acquista il beneficio, e il discendente del collate
rale premorto, che ne viene escluso, nonostante che entrambi
i soggetti si trovino nel medesimo rapporto di parentela col de
funto, nonché per l'irrazionale restrizione del negozio testamen
tario, mediante la previsione di attribuzioni successorie «specia li o anomale» senza che ricorrano inderogabili esigenze di soli
darietà familiare ovvero di carattere sociale o assistenziale.
2. - La questione principale è fondata.
2.1. - L'estensione del diritto all'erogazione dell'indennità pre mio di servizio nella forma indiretta ai collaterali dell'iscritto
all'Inadel, a prescindere dalla condizione della loro inabilità a
proficuo lavoro, della nullatenenza e della vivenza a carico del
l'iscritto stesso — operata dalla corte con la sentenza n. 821
del 1988 va temporalmente collocata nel contesto del graduale
processo di equiparazione di tale particolare sistema successorio
a quello, analogo nella struttura e nelle finalità, riguardante l'indennità di buonuscita dei dipendenti statali.
All'affermazione dell'essere venuta meno una razionale e ade
guata giustificazione della differente disciplina, in parte qua dei
due trattamenti, era conseguita la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale delle suddette limitazioni alla suscettibilità dei col
laterali sancite dalla sentenza n. 115 del 1979, che a sua volta
aveva ampliato le originarie categorie di superstiti menzionate
nelle lett. a) e b) della norma censurata, includendovi appunto i collaterali del de cuius ma nella forma condizionata connessa
all'assolvimento della precipua «funzione previdenziale ed assi
stenziale» dell'indennità premio di servizio, ritenuta equivalente all'indennità di buonuscita (v. anche sentenza n. 110 del 1981,
id., 1981, I, 2106). 2.2. - L'inquadramento sistematico di tale peculiare vocazio
ne, risultante dai menzionati interventi di questa corte sulla norma
in esame, ha tuttavia subito una complessiva radicale evoluzio
ne che ha portato la corte stessa dapprima ad ampliare ulterior
mente le categorie dei superstiti, ricomprendendovi anche gli eredi testamentari e quelli legittimi, fatta comunque salva la
preminente tutela dei soggetti chiamati ope legis i quali, «per essere integrati nel nucleo familiare del dipendente, ricevevano
sostentamento dalla retribuzione che egli percepiva, e che per la di lui morte sono rimasti privi in tutto o in parte del sosten
tamento (sentenze n. 471 del 1989 e n. 319 del 1991); e, in se
guito, ad esplicitare il superamento della iniziale affermazione
del carattere meramente previdenziale delle indennità di fine ser
vizio dei pubblici dipendenti, già contenuto in nuce nelle sen
tenze da ultimo richiamate, riconoscendo al generale complesso dei trattamenti di fine rapporto nel settore pubblico — in stret
ta analogia con quelli del settore privato — l'essenziale natura
di retribuzione differita, pur se legata ad una concorrente fun
zione previdenziale (v. sentenze n. 243 e n. 99 del 1993, id.,
1993, I, 2129 e 1729). In tal modo, peraltro, sostanzialmente
venivano anticipate le linee direttrici della riforma introdotta
dalla 1. 8 agosto 1995 n. 335, il cui art. 2, 5° comma, ha dispo sto che «per i lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996 alle dipen denze delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, i trattamenti di fine servizio, comunque
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3495 PARTE PRIMA 3496
denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall'art.
2120 c.c. in materia di trattamento di fine rapporto». 2.3. - Tali indennità, dunque, costituiscono ormai una por
zione del compenso dovuto per il lavoro prestato, la correspon sione del quale viene differita — appunto in funzione previden ziale — onde agevolare il superamento delle difficoltà economi
che che possono insorgere nel momento in cui viene meno la
retribuzione: spiegandosi, con ciò, perché esse, nel caso di de
cesso del lavoratore in servizio, facciano già parte integrante del suo patrimonio.
In conformità a quanto da ultimo sottolineato nella sentenza
n. 106 del 1996 (id., 1996, I, 1503) da questa corte (allora chia
mata soltanto ad estendere la previsione della successibilità per testamento o ex lege nell'indennità di buonuscita maturata dal
dipendente statale deceduto in servizio), va pertanto ribadito
che la forma di devoluzione anomala dell'indennità — attribui
ta, in deroga ai principi generali della successione mortis causa, esclusivamente a favore di determinati soggetti — può trovare
razionale fondamento e giustificazione nella richiamata concor rente funzione previdenziale del trattamento stesso, solo in con
siderazione del fatto che come destinatarie di questo siano indi
cate persone integrate nel nucleo familiare del de cuius dalla
retribuzione del quale esse ricevevano un sostentamento, venuto
a cessare, in tutto o in parte, dopo la sua morte. Essendo altri
menti chiaro che, in assenza di tali soggetti — a favore dei
quali opera una riserva legale di destinazione — perde qualun
que rilevanza la suddetta concorrente funzione previdenziale,
espandendosi in tutta la sua portata la natura retributiva del
l'indennità stessa, la cui devoluzione non può che essere sogget ta alle normali regole successorie.
2.4. - La preferenza accordata dalla norma in esame alla po sizione del collaterale non vivente a carico del de cuius rispetto a quella dell'erede testamentario, determina pertanto l'irrazio
nale previsione di una vocazione anomala, la quale non trova
fondamento nelle menzionate specifiche esigenze di solidarietà
familiare che, sole, possono giustificare la deviazione dai gene rali principi codicistici in materia.
L'affermata connotazione unitaria, per natura e per funzio
ne, delle varie categorie di indennità di fine rapporto — pur se governate da diversi meccanismi di provvista e di erogazione dei singoli trattamenti — consente peraltro a questa corte di
mutuare la disciplina dettata per i lavoratori privati dall'art.
2122 c.c., quindi, di dichiarare l'illegittimità costituzionale —
in riferimento all'art. 3 Cost. — della denunciata norma, nella
parte in cui prevede che, in mancanza delle persone indicate nella norma stessa, i collaterali non viventi a carico del de cuius siano preferiti agli eredi testamentari ovvero agli eredi legittimi senza osservare le normali regole delle successioni legittime di
cui al titolo II del libro secondo del codice civile.
Restano così assorbiti; tanto i profili legati all'altro parame tro evocato dal rimettente (art. 42 Cost.), quanto la questione sollevata in via subordinata onde censurare la stessa norma (in combinato disposto con gli art. 467 e 468 c.c.), nella parte in cui escluderebbe dalla devoluzione mortis causa il diritto di rap presentazione dei discendenti del collaterale premorto.
2.5. - La generale portata di questa pronuncia non può non investire anche la omologa disposizione contenuta nell'art. 5, 1° comma, d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032 (testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti ci vili e militari dello Stato), come sostituito dall'art. 7 1. 29 aprile 1976 n. 177, la cui disciplina ebbe a fungere da tertium compa rationis per la parificazione del trattamento degli aventi causa dei dipendenti degli enti locali a quello dei dipendenti statali
(sentenza n. 821 del 1988). In via conseguenziale, ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953
n. 87, si deve quindi — sulla base delle stesse considerazioni svolte in ordine all'ingiustificata previsione di vocazioni anoma le prive di un razionale fondamento legato alla prioritaria tutela di esigenze di solidarietà familiare — dichiarare l'illegittimità costituzionale di detta norma, con riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che, in caso di morte del dipen dente statale in attività di servizio, l'indennità di buonuscita, nella misura che sarebbe spettata al dipendente, competa, in mancanza degli altri soggetti indicati nella norma medesima, ai fratelli ed alle sorelle del de cuius soltanto a condizione che
questi vivessero a suo carico.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
II Foro Italiano — 1997.
mità costituzionale dell'art. 3, 2° comma, 1. 8 marzo 1968 n.
152 (nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali), nella parte in cui prevede che, nell'assenza delle
persone ivi indicate, i collaterali non viventi a carico del de cuius
siano preferiti agli eredi testamentari e, in mancanza di questi,
agli eredi legittimi; dichiara ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo
1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, 1° comma,
d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032 (testo unico delle norme sulle
prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari
dello Stato), come sostituito dall'art. 7 1. 29 aprile 1976 n. 177, nella parte in cui non prevede che, nel caso di morte del dipen dente statale in attività di servizio, l'indennità di buonuscita
competa, nell'assenza degli altri soggetti ivi indicati, ai fratelli
ed alle sorelle del de cuius solo a condizione che gli stessi vives
sero a carico di lui.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1997, n. 239
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 luglio 1997, n. 30); Pres. Granata, Est. Capotosti; Capuana c. Cassa nazionale
di previdenza e assistenza ingegneri ed architetti. Ord. Pret.
Acireale 13 dicembre 1995 (G.U., la s.s., n. 16 del 1996).
Professioni intellettuali — Ingegneri e architetti — Contributi
previdenziali — Riscossione mediante cartella esattoriale —
Opposizione all'esecuzione dinanzi all'autorità giudiziaria —
Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 24; d.p.r. 29
settembre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle im
poste sul reddito, art. 54; 1. 3 gennaio 1981 n. 6, norme in
materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti, art. 17).
È incostituzionale l'art. 17 L 3 gennaio 1981 n. 6, nella parte in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione delle
imposte dirette, impedisce al debitore — nell'ipotesi in cui
contesti l'esistenza o l'entità del credito — di proporre oppo sizione all'esecuzione dinanzi all'autorità giudiziaria or
dinaria. (1)
(1) I. - La sentenza, anche se inerente al regime previdenziale degli ingegneri ed architetti, riveste interesse per il sistema di riscossione dei contributi previdenziali obbligatori delle altre categorie di liberi profes sionisti. Infatti, nelle previdenze categoriali dei liberi professionisti so no in vigore norme di contenuto identico (ripetitive anche nelle parole) a quella espunta dalla previdenza degli ingegneri ed architetti con la
presente sentenza. Con specifico riferimento alla previdenza forense, ed al tema della
sospensione della riscossione a mezzo ruolo esattoriale, la Corte di cas sazione (sez. un. 6 giugno 1987, n. 4995, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 572, e Prev. forense, 1987, fase. 4, 24 con nota di L. Carbone, In tema di sospensione della riscossione a mezzo ruoli esattoriali, di ricorsi amministrativi ed azione giudiziaria nella obbligazione contributiva della previdenza forense), è «arrivata» allo stesso risultato della Corte costituzionale (giurisdizione del giudice ordinario per le controversie in questione), ma seguendo un «percorso» diverso, e cioè interpretando diversamente la norma. Ha affermato, in
fatti, che la controversia per «fermare» l'esazione dei contributi previ denziali a mezzo ruolo esattoriale (in caso di necessità ed urgenza anche facendo ricorso all'art. 700 c.p.c.) spetta alla giurisdizione del giudice ordinario (ed alla competenza del pretore quale giudice del lavoro), in
quanto riguarda diritti ed obblighi che attengono ad un rapporto previ denziale obbligatorio e non hanno natura tributaria.
Anche la dottrina (L. Carbone-Gullì, La previdenza dei consulenti del lavoro, Rimini, 1987, 81 ss.), per la «sospensione» della cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, aveva escluso la esperibiii tà del rimedio previsto dal d.p.r. n. 602 del 1973 relativo alla riscossio ne delle imposte dirette (norma che prevede la sospensione da parte dell'intendente di finanza), in quanto l'art. 39 d.p.r. n. 602 del 1973
espressamente fa riferimento al solo ruolo erariale e prevede la necessi tà di sentire «l'ufficio imposte» prima della concessione della sospensi
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