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sentenza 18 ottobre 2000, n. 427 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 25 ottobre 2000, n. 44);...

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sentenza 18 ottobre 2000, n. 427 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 25 ottobre 2000, n. 44); Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Tar Lazio 4 giugno 1998 e Tar Puglia, sez. Lecce, 13 maggio e 9 giugno 1999 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 24 del 1999 e n. 2 del 2000) Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2169/2170-2175/2176 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196092 . Accessed: 25/06/2014 01:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.143 on Wed, 25 Jun 2014 01:29:35 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 18 ottobre 2000, n. 427 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 25 ottobre 2000, n. 44);Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Tar Lazio 4 giugno 1998 eTar Puglia, sez. Lecce, 13 maggio e 9 giugno 1999 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 24 del 1999 e n. 2 del2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2169/2170-2175/2176Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196092 .

Accessed: 25/06/2014 01:29

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 febbraio 2001, n. 31 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 febbraio 2001, n.

7); Pres. Santosuosso, Est. Zagrebelsky; Provincia di Trento (Avv. Falcon) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Fiumara).

Strade — Trentino-Alto Adige — Piste ciclabili — Caratte ristiche tecniche —

Disciplina con regolamento ministe riale — Questione infondata di costituzionalità (D.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, approvazione del t.u. delle leggi costitu

zionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto

Adige, art. 8, 16; 1. 19 ottobre 1998 n. 366, norme per il fi

nanziamento della mobilità ciclistica, art. 7).

E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 1. 19 ottobre 1998 n. 366, nella parte in cui stabilisce la com

petenza del ministro dei lavori pubblici, di concerto con

quello dei trasporti e della navigazione, ad emanare un re

golamento con cui definire le caratteristiche tecniche delle

piste ciclabili, in riferimento agli art. 8, nn. 5, 6, 17 e 18, e 16

statuto speciale Trentino-Alto Adige. (1)

Diritto. — 1. - La provincia autonoma di Trento solleva que stione di legittimità costituzionale dell'art. 7 1. 19 ottobre 1998

n. 366 (norme per il finanziamento della mobilità ciclistica) il

quale prevede che il ministro dei lavori pubblici, di concerto

con il ministro dei trasporti e della navigazione, emani un rego lamento con il quale sono definite le caratteristiche tecniche

delle piste ciclabili. La previsione di un tale potere statale, in

quanto esercitabile in forma regolamentare e non fondato su in

teressi nazionali, violerebbe le competenze riconosciute alla

provincia autonoma dallo statuto speciale della regione Trenti

no-Alto Adige in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, lavori pubblici e comunicazioni di interesse provinciale.

2. - La questione non è fondata, alla stregua delle considera

zioni che seguono. 3. - In quanto la disposizione impugnata attribuisce all'auto

rità governativa il potere di emanare norme regolamentari per la

definizione di standard e prescrizioni tecniche finalizzati all'in

columità e alla sicurezza stradale, non può dubitarsi che si sia in

presenza di una competenza che trascende la dimensione regio nale e che —

quanto alle regole di tutela minime — deve eser

citarsi uniformemente su tutto il territorio nazionale, essendo in

suscettibile di esercizio frazionato (principio di portata generale, di cui è espressione l'art. 98, 1° comma, lett. g, d.leg. 31 marzo

1998 n. 112). La tutela della sicurezza esige uniformità di para metri minimi che devono valere per l'intero territorio nazionale

(sentenza n. 30 del 1998, Foro it., 1998, I, 975, relativa alle

competenze proprie della provincia di Trento). Conclusione

questa che vale anche con riguardo alla disposizione impugnata,

indipendentemente dall'interpretazione che se ne dia, quale pre scrizione di portata generale in tema di piste ciclabili o come

mera norma impositiva di un onere, per l'accesso allo speciale

(1) La Corte costituzionale risolve l'eccezione di costituzionalità ri chiamandosi alla propria consolidata giurisprudenza (v. Corte cost. 26 febbraio 1998, n. 30, Foro it., 1998, I, 975, con nota di richiami) se condo cui la disciplina concernente la sicurezza dei trasporti e della cir colazione stradale spetta allo Stato, mentre alla regione deve essere ri conosciuta la competenza per quanto concerne l'organizzazione e la

gestione dei servizi. Su questa base la corte ha quindi ritenuto che la di

sciplina impugnata, per la parte in cui fa riferimento al potere di ema nare norme regolamentari per la definizione di standard e prescrizioni tecniche finalizzati all'incolumità ed alla sicurezza stradale, non può che spettare allo Stato, mentre alla provincia ricorrente deve ricono scersi la possibilità di regolare gli aspetti urbanistici, ambientali, di

programmazione della mobilità ciclistica. In tema di istituzione e disciplina delle piste ciclabili, v. Tar Emilia

Romagna, sez. II, ord. 7 ottobre 1993, n. 673, id., Rep. 1994, voce Cir

colazione stradale, n. 55, il quale ha ritenuto illegittime, sotto il profilo dell'eccesso di potere, le ordinanze sindacali con le quali erano state

istituite corsie ciclabili e corsie riservate al trasporto pubblico, con con

seguenti obblighi, divieti e limitazioni alla circolazione ed alla sosta

degli autoveicoli, in quanto avulse da una valutazione complessiva ed

organica della problematica del traffico cittadino ed in particolare in

quanto non precedute o accompagnate da idonee misure volte alla rea lizzazione delle infrastrutture necessarie (parcheggi ed aree di sosta), costituendo un'ulteriore causa di congestione complessiva del traffico

nonché di pericolo per l'incolumità e la sicurezza pubbliche.

Il Foro Italiano — 2001.

finanziamento statale disposto dalla legge in cui essa è conte

nuta.

Così intesa la competenza di cui è manifestazione l'impu

gnato art. 7 1. n. 366 del 1998, cade altresì il presupposto della

censura in nome del principio di legalità, principio che domina i

rapporti tra lo Stato e le autonomie riconosciute dalla Costitu zione e comporta, in generale, l'inammissibilità delle interfe

renze in competenze costituzionali delle (regioni e delle) pro vince autonome derivanti da atti regolamentari dello Stato: cen

sura che presupporrebbe, per l'appunto, la riconducibilità della

competenza in questione tra quelle della provincia ricorrente

(senza considerare che, comunque, quando si abbia a che fare con norme tecniche dalle quali non derivano limitazioni alle

scelte rientranti nell'autonomia politico-amministrativa del

l'ente, il principio di legalità può dirsi soddisfatto dall'esisten za, come nella specie, di norme legislative abilitative di organi del potere esecutivo, dotati di specifiche attitudini: sentenze n.

356 del 1994, id., Rep. 1994, voce Ambiente (tutela dell'), n. 98; e n. 483 del 1991, id., Rep. 1992, voce Economia nazionale, n.

34). 4. - Quasi superflua è, infine, la precisazione che dal rigetto

del presente ricorso non deriva alcuna conseguenza sulla vali

dità della disciplina provinciale delle piste ciclabili, in quanto essa non contrasti con le norme tecniche poste al fine della tu

tela minima dell'incolumità e della sicurezza stradale dal rego lamento ministeriale, ma contenga, ad esempio, regole attinenti

agli aspetti urbanistici, ambientali, di programmazione della

mobilità, degli interventi provinciali; ovvero anche ad aspetti relativi alla sicurezza, ma ulteriori rispetto a quelli minimi fis

sati dagli standard contenuti nella normativa statale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 1. 19 ottobre

1998 n. 366 (norme per il finanziamento della mobilità ciclisti

ca), sollevata, in riferimento agli art. 8, nn. 5, 6, 17 e 18, e 16

d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670 (approvazione del t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino

Alto Adige), dalla provincia autonoma di Trento con il ricorso

indicato in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 ottobre 2000, n.

427 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 25 ottobre 2000, n.

44); Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; interv. Pres. cons,

ministri. Ord. Tar Lazio 4 giugno 1998 e Tar Puglia, sez

Lecce, 13 maggio e 9 giugno 1999 (due) (G.U., la s.s., n. 24

del 1999 e n. 2 del 2000).

Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Per

sona sottoposta a misura del foglio di via obbligatorio —

Incostituzionalità (Cost., art. 3, 4, 76, 97; 1. 27 dicembre

1956 n. 1423, misure di prevenzione nei confronti delle per sone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, art.

2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art.

120, 130). Circolazione stradale — Patente di guida

— Revoca — Per

sona sottoposta a misura della sorveglianza speciale —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 35; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 120, 130).

Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Per

sona sottoposta a misura di prevenzione — Atto privo di

forza di legge — Questione inammissibile di costituzionali tà (Cost., art. 3, 4, 76, 97; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 120, 130; d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575, regolamento recante la

disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli).

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PARTE PRIMA

È incostituzionale il combinato disposto degli art. 120, 1° com

ma, e 130, 1° comma, lett. bj, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida nel

caso di sottoposizione alla misura del foglio di via obbli

gatorio, ai sensi dell'art. 2 l. 27 dicembre 1956 n. 1423. (1) E infondata la questione di legittimità costituzionale del combi

nato disposto degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett.

bj, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui prevede la

revoca obbligatoria della patente di guida per chi sia sotto

posto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale,

indipendentemente da ogni valutazione concreta circa l'ido

neità del possesso della patente di guida ad agevolare la

commissione di reati, in riferimento agli art. 3 e 35 Cost. (2) E inammissibile, in quanto avente ad oggetto un atto avente

natura regolamentare, la questione di legittimità costituzio nale del combinato disposto degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. bj, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, come sosti

tuiti dal d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575, nella parte in cui preve de la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che

sono o sono stati sottoposti a misura di prevenzione, in rife rimento agli art. 3, 4, 76 e 97 Cost. (3)

Diritto. — 1. - Il Tar Lazio, con una ordinanza (r.o. 340/99), e

il Tar Puglia, sez. Lecce, con tre ordinanze (r.o. 715, 716 e

717/99), sollevano questione di legittimità costituzionale della

disciplina della revoca della patente di guida conseguente alla

sottoposizione a una misura di sicurezza o di prevenzione [art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), d.leg. 30 aprile 1992

n. 285 (nuovo codice della strada), nella loro versione originaria ovvero in quella derivante dalla «delegificazione» operata con il

d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575 (regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di

guida di veicoli)]. Ritengono i giudici rimettenti che tale disci plina sia stata posta in violazione degli art. 3, 4, 35, 76 e 97

Cost.

Il Tar Lazio, in particolare, dubita della legittimità costituzio

nale degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), d.leg.

(1-3) Il Tar Puglia aveva sollevato, con separate ordinanze, due que stioni sostanzialmente identiche, con la differenza che in un caso aveva

impugnato il combinato disposto degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), d.leg. 285/92, nel testo risultante dal successivo d.p.r. 575/94, mentre nell'altro aveva ritenuto quest'ultimo illegittimo, rife rendo l'effetto denunciato direttamente ed esclusivamente al d.leg. 285/92. Ciò ha consentito alla Corte costituzionale di affrontare nel me rito la questione e di giungere alla dichiarazione di incostituzionalità di cui alla prima massima, mentre la medesima questione sostanziale è stata dichiarata inammissibile in quanto la materia è stata nel frattempo delegificata con 1. 24 dicembre 1993 n. 537 ed il d.p.r. 575/94 ha per tanto valore regolamentare.

Per la dichiarazione di incostituzionalità la corte fa espressamente ri ferimento alla propria precedente decisione ed ai principi ivi affermati: v. sent. 21 ottobre 1998, n. 354, Foro it., 1999, I, 419, con nota di ri chiami ed osservazioni di Cerini, la quale ha dichiarato l'incostituzio nalità del combinato disposto degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° com ma, lett. b), d.leg. 285/92, nel testo anteriore al d.p.r. 575/94, nella

parte in cui prevedeva la revoca della patente per coloro che erano stati

sottoposti a misure di sicurezza personali. Sugli effetti della sent. 354/98, v. Tar Calabria, sez. Reggio Calabria,

11 novembre 1999, n. 1402, id., 2000, III, 611, con nota di richiami, e 10 marzo 1999, n. 310, id., Rep. 1999, voce Circolazione stradale, n. 113, secondo cui tale pronuncia ha effetti anche per i provvedimenti di revoca adottati dopo l'entrata in vigore del d.p.r. 575/94, dal momento che quest'ultimo avrebbe operato una mera riscrittura, non essendo abilitato a modificarla, della disposizione dichiarata incostituzionale.

Per la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costi tuzionale degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), d.leg. 285/92, nella parte in cui non prevedono che il magistrato di sorve

glianza possa autorizzare, nei confronti delle persone sottoposte a misu re di sicurezza personale, l'uso della patente di guida per comprovate esigenze lavorative, v. Corte cost., ord. 18 luglio 1998, n. 293, ibid., n. 114.

Per la manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità di

disposizioni del d.p.r. 575/94, in quanto avente valore regolamentare, v. Corte cost., ord. 6 dicembre 2000, n. 554, G.U., la s.s., n. 51 del 2000.

Per altre questioni di costituzionalità dichiarate manifestamente inammissibili, in quanto aventi ad oggetto atti privi di forza di legge, v. Corte cost., ord. 21 luglio 2000, n. 328, G.U., 1a s.s., n. 31 del 2000; 13

aprile 2000, n. 100, id., n. 17 del 2000; 20 maggio 1998, n. 176, Foro it.. 1999,1, 3111, con nota di richiami.

11 Foro Italiano — 2001.

n. 285 del 1992, nella parte in cui prevedono la revoca obbliga toria della patente di guida per chi sia destinatario di una misura

di sicurezza o di prevenzione, indipendentemente da ogni valu

tazione concreta circa l'idoneità del possesso della patente di

guida ad agevolare la commissione di reati. Ritiene il tribunale

rimettente che l'automaticità della revoca violi l'art. 3 e l'art.

35 Cost.: l'art. 3, perché determinerebbe una disparità di tratta

mento, a danno dei soggetti sottoposti a misura di sicurezza o di

prevenzione, rispetto ai condannati a pena detentiva non inferio

re a tre anni, per i quali è previsto (art. 120, 2° comma) che sia

svolta una valutazione circa il rapporto tra il possesso della pa tente e l'agevolazione alla commissione di reati; l'art. 35, per ché la revoca automatica potrebbe pregiudicare lo svolgimento di attività lavorativa senza ragioni obiettive, le quali sarebbero

comunque da valutare in relazione ai singoli casi concreti.

Il Tar Puglia, sez. Lecce, con due ordinanze di analogo con

tenuto (r.o. 715 e 716/99), solleva questione di legittimità co

stituzionale delle medesime disposizioni del nuovo codice della

strada, come sostituite dal d.p.r. n. 575 del 1994, nella parte in

cui prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di

coloro che sono o sono stati sottoposti a misura di prevenzione — nella specie, il foglio di via obbligatorio

— (prima ordinan

za) e nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a una mi

sura di prevenzione (seconda ordinanza). Il tribunale am

ministrativo rimettente ritiene che le norme indicate violino gli art. 3, 4, 76 e 97 Cost.: l'art. 3, per irragionevole equiparazione,

quanto all'effetto della revoca della patente, della misura del

foglio di via obbligatorio alle altre più gravi misure di preven zione (quali la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza), con

effetti sanzionatori sproporzionati ed eccedenti lo scopo di pre venzione; l'art. 4, per le ingiustificate conseguenze sull'eserci

zio del diritto al lavoro; l'art. 76, perché la disciplina della re

voca della patente contenuta nel nuovo codice della strada, con

riferimento alle ipotesi in esame, è più restrittiva di quella con

tenuta nel codice previgente, senza che tale restrizione trovi

fondamento nella legge di delegazione (art. 2, 1° comma, lett. r, 1. 13 giugno 1991 n. 190) in base alla quale è stato emanato il

decreto legislativo contenente la nuova disciplina; l'art. 97, in

quanto, secondo la normativa impugnata, il prefetto è tenuto a

revocare la patente in conseguenza di un provvedimento del

questore che dispone il foglio di via, pur non essendo coinci

denti le esigenze che si fanno valere nei procedimenti di fronte

all'uno e all'altro.

Il Tar Puglia, sez. Lecce, con ulteriore ordinanza (r.o. 717/99), solleva questione di legittimità costituzionale delle

medesime disposizioni del nuovo codice della strada, nella ver

sione originaria — e non come sostituite dal d.p.r. n. 575 del

1994 — sul presupposto che esse siano tuttora vigenti nono

stante la «delegificazione» cui sono state sottoposte, nella parte in cui prevedono la revoca della patente di guida nei confronti

di quanti sono soggetti alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio. Il tribunale amministrativo ritiene violati gli art. 3, 4, 76 e 97 Cost., per le ragioni già indicate a proposito delle altre due ordinanze del medesimo rimettente.

2. - Le quattro questioni sopra descritte possono, per la so stanziale identità di oggetto, essere riunite e decise con unica

sentenza.

3. - L'eccezione di inammissibilità delle questioni per difetto di giurisdizione dei tribunali amministrativi regionali rimettenti, sollevata dall'avvocatura dello Stato, non ha pregio. La natura

di sanzione accessoria della revoca della patente, nel caso di cui

si tratta, è tutt'altro che certa e per questa ragione non può af

fermarsi che, manifestamente, i giudici rimettenti siano privi di

giurisdizione, questa essendo attribuita ai giudici ordinari com

petenti per la sanzione (qui, la misura) principale. Le pronunce della Corte di cassazione più vicine alla ipotesi in esame de

pongono per l'esistenza della giurisdizione del giudice am

ministrativo, mentre quella specificamente evocata dall'avvo

catura dello Stato riguarda ipotesi lontana da quella ora in di

scussione. In questa situazione, l'eccezione di inammissibilità

per difetto di giurisdizione non può che essere respinta. 4. - Inammissibili sono invece le questioni sollevate dal Tar

Puglia, sez. Lecce, sulle disposizioni degli art. 120, 1° comma, e

130, 1° comma, lett. b), del decreto legislativo contenente il nuovo codice della strada, come sostituite dal d.p.r. n. 575 del 1994. Con tale formula, che ricorre in due ordinanze (r.o. 715 e

716/99), deve intendersi che il giudice rimettente abbia inteso

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sollevare questione di legittimità costituzionale di norme aventi ormai natura regolamentare, ciò che, per costante giuris prudenza di questa corte (da ultimo, e specificamente in tema di regolamenti di «delegificazione», ordinanza n. 100 del 2000), eccede i limiti della sua giurisdizione, secondo la definizione che di questa è data dall'art. 134 Cost, il quale la limita al caso

dell'illegittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge.

Il pieno esplicarsi della garanzia della Costituzione nel siste ma delle fonti, in particolare con riferimento a quelle di valore

regolamentare adottate in sede di «delegificazione», non è co

munque pregiudicato dall'anzidetta limitazione della giurisdi zione del giudice costituzionale. La garanzia è normalmente da

ricercare, volta a volta, a seconda dei casi, o nella questione di costituzionalità sulla legge abilitante il governo all'adozione del

regolamento, ove il vizio sia a essa riconducibile (per avere, in

ipotesi, posto principi incostituzionali o per aver omesso di por re principi in materie che costituzionalmente li richiedono); o nel controllo di legittimità sul regolamento, nell'ambito dei po teri spettanti ai giudici ordinari o amministrativi, ove il vizio sia proprio ed esclusivo del regolamento stesso.

5. - La questione di costituzionalità sollevata dal Tar Lazio —

questione che, per ragioni di rilevanza risultanti dall'esposizio ne dei fatti del giudizio di merito, deve essere circoscritta alla

sola ipotesi della revoca della patente di chi sia sottoposto alla

misura di prevenzione della sorveglianza speciale — non è fon

data.

Né l'uno né l'altro dei parametri costituzionali invocati ri

sultano violati.

Non lo è l'art. 3, sotto il profilo della disparità di trattamento

tra la situazione in esame e quella della persona condannata a

pena detentiva non inferiore a tre anni (art. 120, 2° comma) per la quale è previsto che la possibilità di utilizzazione della pa tente di guida come agevolazione della commissione di reati sia

oggetto di specifica valutazione. La sottoposizione a misura di

prevenzione dipende dall'attualità del giudizio di pericolosità

per la sicurezza pubblica, da valutare alla stregua dei criteri in

dicati nell'art. 1 1. 27 dicembre 1956 n. 1423, come sostituito

dall'art. 2 1. 3 agosto 1988 n. 327, e nell'art. 11.31 maggio 1965 n. 575, come sostituito dall'art. 13 1. 13 settembre 1982 n.

646; la condanna per la commissione di un reato riguarda, di per sé, il passato e non getta necessariamente un'ombra di presun zione negativa circa la propensione a delinquere in futuro. Per

questo, non certo irragionevolmente il legislatore ha distinto le

due ipotesi, escludendo nella seconda quell'automaticità della

conseguenza sulla patente di guida che ha invece previsto nella

prima. Nemmeno può dirsi violato il diritto al lavoro, che il rimet

tente inquadra genericamente nell'art. 35 Cost. Non viene con

testata la valutazione del legislatore del fatto che la guida per sonale di un mezzo di trasporto può agevolare la commissione

di reati da parte di chi sia sottoposto a misura di prevenzione né

la possibilità che il legislatore stesso disponga conseguente mente la revoca della patente; si contesta invece la possibilità che la revoca della patente segua in generale come misura ne

cessaria, conseguente all'irrogazione della misura di prevenzio ne della sorveglianza speciale. In sostanza: a una disciplina che

dispone in generale e non consente margini di apprezzamento in

sede applicativa, il rimettente preferirebbe una disciplina che

aprisse la possibilità di valutare, accanto alle esigenze di pre venzione dei reati, anche quelle individuali del prevenuto che, ai

fini della propria attività lavorativa, necessiti della conduzione

personale di un mezzo di trasporto. E ciò, evidentemente, al fine

di escludere in tal caso la revoca della patente. In questo modo,

si finisce però per affermare che la disponibilità della patente di

guida, in quanto connessa all'esercizio di attività lavorativa,

prevale sulle esigenze di prevenzione dei reati per far fronte alle

quali è prevista la misura della sorveglianza speciale. Il che, pe

raltro, costituisce una valutazione di merito legislativo, non di

legittimità costituzionale, non solo perché tra la guida personale dell'automezzo e l'esercizio del diritto al lavoro non c'è un rap

porto di condizionamento assoluto, ma anche perché il diritto al

lavoro può essere modellato dal legislatore per tenere ragione volmente conto di altre esigenze costituzionalmente rilevanti,

come, per l'appunto, quelle della prevenzione dei reati che dan

no luogo alla misura della sorveglianza speciale: una misura che

necessariamente incide sulla libertà di movimento (sentenza n.

193 del 1997, Foro it., Rep. 1997, voce Misure di prevenzione,

Il Foro Italiano — 2001.

n. 124) e si applica a persone già avvisate dal questore a norma

dell'art. 4 1. n. 1423 del 1956, la cui pericolosità per la sicurezza

pubblica, alla stregua degli art. 1 e 3 stessa legge, è partico larmente elevata.

6. - Fondata è invece la questione di legittimità costituzionale

sollevata, con riferimento all'art. 76 Cost., dal Tar Puglia, sez. Lecce (r.o. 717/99) sugli stessi art. 120 e 130 nuovo codice della

strada, nella parte in cui prevedono la revoca della patente nel

caso della sottoposizione alla misura del foglio di via obbli

gatorio, a norma dell'art. 2 1. n. 1423 del 1956.

Osserva il rimettente che la formula con la quale il 1° comma dell'art. 120 identifica le persone nei cui confronti la patente, a

norma dell'art. 130, 1° comma, lett. b), viene revocata — «colo ro che sono [...] sottoposti [...] alle misure di prevenzione pre viste dalla 1. 27 dicembre 1956 n. 1423, come sostituita dalla 1. 3 agosto 1988 n. 327, nonché dalla 1. 31 maggio 1965 n. 575, così come successivamente modificata e integrata»

— riguarda

anche i soggetti sottoposti alla misura del foglio di via obbliga torio, previsto dall'art. 2 1. n. 1423 del 1956. Poiché il rinvio

alle misure di prevenzione è fatto senza eccezioni e il foglio di

via obbligatorio —

pur con le particolarità di procedura che lo

distinguono — è certamente da ricomprendere tra le misure pre

viste dalle leggi oggetto di rinvio, la premessa interpretativa da

cui muove il ricorrente deve essere condivisa.

Vero è anche che il codice della strada abrogato (art. 82, 1°

comma, richiamato dall'art. 91, 13° comma, n. 2, d.p.r. n. 393

del 1959) prevedeva la revoca obbligatoria della patente nei soli

casi previsti dall'art. 3 1. n. 1423 del 1956, cioè quelli della sor

veglianza speciale della pubblica sicurezza (con o senza il di

vieto di soggiorno in uno o più comuni o province) e dell'obbli

go di soggiorno (nel comune di residenza o di dimora abituale, secondo la dizione vigente; in un determinato comune, secondo

la dizione originaria) e non anche nel caso del foglio di via ob

bligatorio previsto dall'art. 2. Pertanto, l'estensione della revoca

a questa ultima ipotesi operata dal nuovo codice della strada co

stituisce un'innovazione restrittiva effettuata dal legislatore de

legato della quale occorrerebbe poter individuare una base nella

legge di delegazione. Senonché, come già osservato nella sen

tenza n. 354 del 1998 di questa corte (id., 1999, I, 419), la «re

visione e il riordino», cioè l'innovazione rispetto al codice pre cedente, ai quali il governo è stato delegato dall'art. 1, 1° com

ma, 1. n. 190 del 1991, richiederebbero la predisposizione, da

parte dello stesso legislatore delegante, di principi e criteri di

rettivi, idonei a circoscrivere le nuove scelte discrezionali del

l'esecutivo. Poiché però la lett. t) dell'art. 2 di tale legge con

sente al governo il «riesame» della disciplina concernente la re

voca della patente di guida, senza la predisposizione di principi e criteri che giustifichino un intervento normativo di riforma, la

delega deve essere intesa in senso minimale, tale da non con

sentire, di per sé, l'adozione di norme delegate sostanzialmente

innovative rispetto al sistema legislativo previgente. L'inclusione della sottoposizione al foglio di via obbligatorio

tra le ipotesi di revoca obbligatoria della patente costituisce, come si è detto, un'innovazione sostanziale, e dunque un'inno

vazione non consentita perché non sorretta dai necessari principi e criteri direttivi. Né varrebbe rilevare in senso opposto che, nel

sistema previgente, era stabilita la revoca anche nel caso, previ sto come discrezionale dall'art. 82, 2° comma, d.p.r. n. 393 del

1959, di persona diffidata a norma dell'originario art. 4 1. n.

1423 del 1956, e che l'istituto della diffida è stato successiva

mente abrogato, cosicché la nuova ipotesi della revoca automa

tica della patente nel caso di soggetti sottoposti alla misura del

foglio di via obbligatorio varrebbe a compensare l'eliminazione

della precedente disposizione. Comunque sia. tale nuova previ sione, configurandosi come riforma del sistema anteriormente

vigente privo di base nella legge di delegazione, deve essere di

chiarata incostituzionale per violazione della legge di delega zione e dunque dell'art. 76 Cost.

7. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale per viola

zione dell'art. 76 Cost, assorbe le ulteriori censure mosse alle

norme impugnate, per violazione degli art. 3, 4 e 97 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: 1) dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato dispo

sto degli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma, lett. b), d.leg. 30

aprile 1992 n. 285 (nuovo codice della strada), nella parte in cui

prevede la revoca della patente di guida nei confronti di coloro

che sono sottoposti alla misura di cui all'art. 2 1. 27 dicembre

1956 n. 1423;

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2175 PARTE PRIMA

2) dichiara non fondata la questione di legittimità co

stituzionale del combinato disposto degli art. 120, 1° comma, e

130, 1° comma, lett. b), d.leg. n. 285 del 1992, sollevata, in rife

rimento agli art. 3 e 35 Cost., dal Tar Lazio con l'ordinanza in

dicata in epigrafe; 3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità co

stituzionale del combinato disposto degli art. 120, 1° comma, e

130, 1° comma, lett. b), d.leg. n. 285 del 1992 così come sosti

tuiti dal d.p.r. 19 aprile 1994 n. 575 (regolamento recante la di

sciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), sollevate, in riferimento agli art. 3,

4, 76 e 97 Cost., dal Tar Puglia, sez. Lecce, con le ordinanze in

dicate in epigrafe.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 29

maggio 2001, n. 7289; Pres. Cantillo, Est. Di Palma, P.M.

Nardi (conci, conf.); Associazione lucana produttori ortofrut

ticoli (Avv. Fantozzi, Percoco) c. Min. finanze (Avv. dello

Stato La Porta). Conferma Comm. trib. reg. Basilicata 10

ottobre 1997.

CORTE DI CASSAZIONE;

Valore aggiunto (imposta sul) — Produttore agricolo — Fat

ture per operazioni inesistenti — Imposta dovuta — De

trazione forfetaria — Esclusione (D.p.r. 26 ottobre 1972 n.

633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 21,34).

Il produttore agricolo assoggettato al relativo regime speciale che abbia emesso fatture per operazioni inesistenti è tenuto al

versamento dell'Iva per l'intero ammontare indicato o corri

spondente alle indicazioni delle fatture stesse, senza che pos sa beneficiare della detrazione forfetaria di cui all'art. 34

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633. (1)

(1) I. - L'inesatta ricostruzione della disciplina Iva operata dalla Su

prema corte poteva essere passata sotto silenzio (anche in considerazio ne del fatto che il dictum appare comunque corretto) se non fosse che la stessa si ritrova, amplificata, in una massima ufficiale del seguente te nore: «la disposizione di cui all'art. 21 della legge d'imposta [sic] (d.p.r. 633/72) — secondo la quale, se vengono emesse fatture per ope razioni inesistenti, l'imposta stessa è dovuta per l'intero ammontare in dicato o corrispondente alle indicazioni della fattura — va interpretata nel senso che il corrispondente tributo viene, in realtà, ad essere consi derato 'fuori conto', e la relativa obbligazione, conseguentemente, 'isolata' da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione (tra Iva 'a valle' ed Iva 'a monte') che presiede alla detrazione d'imposta di cui all'art. 19 d.p.r. citato (e ciò anche perché l'emissione di fatture per operazioni inesistenti ha sempre costituito condotta penalmente sanzio nata come delitto). Ne consegue che l'applicazione della ricordata nor ma di cui all'art. 21 prevale su qualsiasi regime speciale o agevolativo dell'Iva, quale quello, nella specie, prefigurato dall'art. 34 citato d.p.r. 633/72, in tema di debito d'imposta del produttore agricolo».

È quindi d'obbligo qualche precisazione. II. - A fronte di un quadro normativo che, da un lato, riconosceva (e

riconosce: v. art. 21,7° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633) dovuta l'Iva sulle operazioni inesistenti per le quali fosse stata emessa fattura e, dall'altro, accordava (e accorda: v. art. 34 d.p.r. 633/72 nel testo al

l'epoca vigente) ai produttori agricoli ammessi al regime speciale la

possibilità di portare in detrazione un'imposta «a monte» determinata forfetariamente in una misura proporzionale alle operazioni «a valle», la quaestio iuris era abbastanza semplice: poteva il produttore agricolo che avesse effettuato operazioni inesistenti esimersi dal versare la rela tiva imposta sul valore aggiunto mercé la detrazione forfetaria prevista dalla legge?

III. - La Suprema corte — nella cui giurisprudenza non si rinvengono

Il Foro Italiano — 2001.

Motivi della decisione. — (Omissis). D) Anche il quarto mo

tivo di ricorso — letto in relazione al profilo sub f) del secondo

motivo: cfr. supra, n. 2.1 — è privo di fondamento.

La questione ad esso sottesa — che, per la prima volta, viene

sottoposta all'esame di questa corte — consiste nello stabilire se

il «produttore agricolo», assoggettato allo speciale regime di

applicazione dell'Iva previsto dall'art. 34 d.p.r. n. 633 del 1972

(nel testo vigente, ratione temporis, nel 1989: cfr. supra, n. 1.1),

nell'ipotesi in cui, quale quella di specie, abbia emesso fatture

per operazioni inesistenti, debba considerarsi, o non, debitore

d'imposta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle

precedenti editi in tali esatti termini — lo esclude sulla base di due af fermazioni: la prima vuole che le operazioni inesistenti «sono conside rate dal legislatore siccome a sé stanti e distinte da tutte le altre»; la se conda — diretta conseguenza della prima — si risolve nel convinci mento che l'applicazione dell'art. 21, 7° comma, «prevale su quella di

qualsiasi regime speciale o agevolativo dell'Iva» (considerazioni queste che la massima ufficiale riassume parlando, con dubbia precisione, di

computabilità «fuori conto» di detta Iva). IV. - Che il legislatore abbia voluto considerare le operazioni inesi

stenti come a sé stanti è affermazione indimostrata e, comunque, irrile vante.

Una volta acclarato che anche per tali operazioni l'Iva è dovuta (v. però Cass. 13 dicembre 1996, n. 11141, Foro it., Rep. 1997, voce Valo re aggiunto (imposta), n. 394, che ha affermato l'inapplicabilità del l'art. 21,7° comma, nel caso che le operazioni simulate siano esenti), non ha senso disquisire intorno ad una pretesa peculiarità del tributo che ne deriva: questo, al pari dell'imposta calcolata sulle operazioni ve re e reali, dovrà essere versato dal contribuente, ma sempre alla stregua delle norme che disciplinano la liquidazione dell'imposta.

E dal momento che queste regole prevedono che sia versata la (sola)

imposta risultante dalla differenza algebrica tra Iva a debito ed Iva a credito e che le stesse regole non trovano deroga in ragione della natura vera o fittizia delle operazioni da cui scaturisce la prima, può ben ri sultare possibile che il contribuente non sia tenuto — in virtù dell'ec cedenza dell'imposta sugli acquisti rispetto a quella sulle cessioni,

comprese quelle fasulle — a versamenti di sorta. V. - Che tale risultato non sia affatto sconveniente risulta con chia

rezza per poco che si consideri che, così facendo, il debito Iva per ces sioni inesistenti viene compensato con un credito Iva per acquisti veri e

reali, sì che l'annullamento di quest'ultimo tiene perfettamente luogo — nella prospettiva degli interessi erariali — del mancato versamento

dell'imposta. Né è pensabile che «l'intento punitivo» che taluni autori ed una certa giurisprudenza ravvisano nella disposizione di cui all'art.

21,7° comma, debba necessariamente passare per il versamento del tri

buto, anche quando il contribuente vanti un credito verso l'erario uti lizzabile in compensazione.

VI. - In altre parole -— e contrariamente a quello che si legge nella massima ufficiale, con una non piccola forzatura del testo della senten za — l'emissione di fatture per operazioni inesistenti non impedisce l'applicazione dell'art. 19 e delle altre disposizioni in tema di detrazio ne.

Quale che sia la «specialità» dell'Iva su operazioni inesistenti, il contribuente conserva comunque il diritto di applicare le norme in tema di detrazione e, quindi, se del caso, di esimersi dall'effettuare versa menti.

VII. - A questo punto si comprende anche la scarsa persuasività della tesi che vuole la prevalenza dell'art. 21,7° comma, su qualsiasi regime speciale o agevolativo.

Laddove tali regimi determinino le modalità per calcolare il credito da portare in detrazione gli stessi investono una fase del procedimento di determinazione dell'Iva da versare (o, che è lo stesso, dell'Iva da chiedere a rimborso) temporalmente e logicamente diversa da quella su cui cade la norma in questione, sì che non ha senso assumere a priori l'inapplicabilità di detti regimi in presenza di operazioni inesistenti.

Vili. - Ovviamente, da qui ad assumere la possibilità di detrarre for fetariamente il cento per cento dell'Iva relativa alle operazioni inesi stenti fatturate dal produttore agricolo il passo è lungo.

Anzi è un passo proibito, ma non perché le norme sulla detrazione sarebbero inapplicabili, quanto perché proprio la loro applicazione con sente di escludere tale — non commendevole — possibilità.

Senza dilungarsi, basta riflettere che la detrazione forfetaria (nel te sto vigente all'epoca dei fatti, ma anche in quello risultante dalle più recenti modifiche) richiede la qualità soggettiva di produttore agricolo del contribuente, ma, con questa, anche la circostanza oggettiva della cessione di prodotti agricoli.

In conclusione, non c'è bisogno di scardinare i meccanismi dell'Iva

per giungere al (corretto) risultato cui giunge la corte (le operazioni inesistenti non godono della detrazione forfetaria prevista per i produt tori agricoli), tanto più che tale soluzione discende proprio dalla norma

(art. 34) che si assume, secondo la criticata impostazione, non applica bile nella vicenda che ci occupa! [M. Annecchino]

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