Sentenza 19 dicembre 1959; Pres. Gionfrida P., Est. Piraino Leto; Società Lesa c. FallimentoChillemiSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 651/652-653/654Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151325 .
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651 PARTE PRIMA 652
agricola, attraverso il ristabilimento della piccola proprietà contadina ; fini di interesse pubblico che trovano il loro
riconoscimento nell'art. 44 Costituzione. Ai limitati scopi che sono rilevanti per il presente ricorso,
basta ricordare che le norme sopra citate demandano al l'Ente per la riforma agraria (E.r.a.s.) tutti i compiti relativi alla riforma ed al conferimento delle terre, con la susse
guente assegnazione ai contadini, mentre le decisioni defi
nitive spettano all'Assessore per l'agricoltura e le foreste. Così il piano di conferimento, che contiene l'indicazione
dei terreni che i proprietari devono conferire, quelli cioè di cui essi devono subire l'esproprio, sono elaborati dal l'Ente di riforma e approvati dall'Ispettore regionale per la
agricoltura, il cui provvedimento può essere reclamato
dagli interessati all'Assessore per l'agricoltura e foreste
(art. 35 legge). I piani di conferimento diventano esecutivi,
per la parte non impugnata, dopo trenta giorni dalla pub blicazione nella Gazzetta ufficiale, e, per la parte impugnata, dalla data di pubblicazione nella medesima delle decisioni
dell'Assessore (art. 36 legge). Dalla esecutività del piano di conferimento derivano
importanti conseguenze : in primo luogo il piano stesso
produce da allora i suoi effetti « verso i proprietari » ; in
secondo luogo dal momento in cui le singole parti del piano diventano esecutive, i terreni che ne formano oggetto sono
trasferiti all'Ente di riforma, passano nel possesso di questo, al fine di facilitare la successiva opera di assegnazione (art. 36 cit. e art. 1 decreto del 1952). Ed infatti al conferimento
segue, sempre ad opera dell'Ente, la ripartizione dei terreni
conferiti in lotti, il sorteggio per l'assegnazione di essi ed
infine la consegna dei singoli lotti agli assegnatari (art. 37
segg. legge). Se questa è la procedura stabilita dalle norme
vigenti per la Sicilia, il Giudice di merito ha fissato in fatto che essa è stata nella specie rispettata. Infatti dall'esame
degli atti di causa, esso Giudice ha, tratto le conseguenti risultanze : a) il piano di conferimento fu approntato ed ap
provato e ad esso fu fatta opposizione da parte del nudo
proprietario del terreno in oggetto ; b) l'opposizione fu
decisa dall'Assessore per l'agricoltura e foreste e la decisione venne pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 14 maggio 1955 ;
c) il 26 agosto dello stesso anno, l'Ente di riforma notificò al
proprietario dell'immobile formale diffida, indicando gL assegnatari cui, a seguito dell'avvenuta assegnazione, il terreno medesimo doveva essere consegnato e fra gli asse
gnatari erano compresi i sei resistenti ; d) infine il 31 ago sto dello stesso anno, siprocedetteallamaterialeconsegnadel terreno agli assegnatari da parte di un funzionario dell'Ente
riforma, il quale redasse apposito verbale. Trattasi di accer tamento di fatto, in base ai documenti acquisiti al giudizio, da cui evincesi che legittimamente l'Ente di riforma, che aveva di già per disposizione della legge il possesso del terreno di cui trattasi dal maggio 1955, cioè dalla data di
pubblicazione del decreto dell'Assessore, effettuò la conse
gna agli assegnatari, onde è chiarito irretrattabilmente
che, anteriormente all'azione di spoglio, la procedura di
conferimento, di assegnazione e di consegna agli assegna tari erasi definita. L'affermare oggi, come fa il ricorrente (e trattasi anche di affermazione generica, priva di ogni pre cisazione) che quella procedura non era terminata e che mancava un valido provvedimento dell'autorità ammini
strativa, significa contrastare gli elementi di fatto già acclarati e tentare di sostituire a quella effettuata una nuova indagine, il che è ovviamente vietato in sede di cas
sazione, tanto più quando quegli elementi sono stati accla rati attraverso un giudizio non viziato nè da errori giuridici nè da errori logici, come dianzi si è messo in luce,
Ciò posto, è evidente che le conseguenze di diritto non
possono che esser quelle affermate nella sentenza impugnata. L'immissione in possesso degli assegnatari di fondo su un atto e provvedimento amministrativo, emanato secundum
legem ; l'accoglimento della domanda possessoria porte rebbe ad una revoca dell'atto e provvedimento legittima mente emesso, il che è vietato al giudice ordinario anche
quando la controversia abbia luogo tra privati. Basterà ancora ricordare che già questo Supremo collegio (sent. 29 ottobre 1957, n. 4197, Foro it., Eep. 1957, voce Possesso,
n. 120, e 26 settembre 1956, n. 3268, id., Rep. 1956, voce
Agricoltura, n. 157), proprio in applicazione dei principi fissati nella legge sul contenzioso amministrativo (art. 4), ha recentemente stabilito che è improponibile la domanda
di reintegrazione nel possesso, avanzata dal proprietario
espropriato o dal detentore o possessore a qualsiasi titolo
del terreno, nei confronti dell'ente di riforma fondiaria, che si sia immesso nel possesso dei beni scorporati in base
alle norme sulla riforma fondiaria del 1950 nei territori
continentali (c. d. legge Sila e legge stralcio). Siffatta
massima va certamente ribadita anche per ciò che concerne
la riforma in Sicilia, quando, come nella specie, si sia
avuto il legittimo scorporo e conferimento, e l'ente di ri
forma ed i suoi aventi causa (gli assegnatari) abbiano
preso possesso del terreno conferito, in forza di un valido
provvedimento amministrativo, divenuto esecutivo (il de
creto dell'Assessore per l'agricoltura e le foreste). Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE D'APPELLO DI PALERMO.
Sentenza 19 dicembre 1959; Pres. Gtonfrida P., Est. Pi
baino Leto ; Società Lesa c. Fallimento Chillemi.
Fallimento ■— Dichiarazione — Ricorso e procedura — Spese di assistenza legale — Ammissione al
passivo in via privilegiala (Cod. civ., art. 2755 ; cod.
proc. civ., art. 95).
Vanno ammesse al passivo in via privilegiata tutte le spese di assistenza legale, e non le sole spese vive, sostenute dal
creditore istante per il ricorso e per la relativa procedura di dichiarazione di fallimento. (1)
La Corte, ecc. — Questo Collegio è chiamato a statuire
se le spese processuali di assistenza legale sostenute dal
creditore istante per il ricorso fallimentare, e per le relative
procedure di dichiarazione di fallimento, debbano essere
ammesse al passivo con privilegio speciale quali spese di
giustizia, o se, invece, il privilegio debba ritenersi limitato
alle spese vive, come ha statuito la sentenza impugnata. Le doglianze dedotte con l'appello sono fondate.
Il fallimento è un processo di esecuzione istituito per
ragioni di ordine generale e per il soddisfacimento di un
interesse pubblico, al quale indubbiamente risponde la tu
tela dei creditori in forma collettiva, con esclusione delle
azioni individuali. Allo stesso modo è interesse generale
quello di impedire al debitore dissestato di determinare, con i suoi incauti o irregolari traffici, nuovi turbamenti
nell'economia del Paese.
Essendo il fallimento un processo esecutivo concorsuale
trova applicazione, per quanto attiene all'onere delle spese, l'art. 95 cod. proc. civ. ; e conseguentemente le spese soste
nute dal creditore istante per ottenere la dichiarazione di
fallimento vanno poste a carico del debitore fallito, sog
getto passivo dell'esecuzione.
Il fondamento del privilegio, invece, deve ricercarsi
nell'interesse comune dei creditori che viene tutelato me
diante l'attività di uno di essi. Trova applicazione, quindi, l'art. 2755 cod. civ., che pone la ragione giustificatrice della
prelazione nel vantaggio che le spese di giudizio procurano alla massa dei creditori concorrenti, ossia nel principio che
le spese sono servite a tutti i creditori e non sarebbe giusto
(1) Sono state ritenute ammissibili in via privilegiata al
passivo fallimentare (peraltro senza distinguere fra spese bor suali e spese di assistenza legale) le spese sostenute dal creditore istante convenuto nel giudizio di opposizione alla sentenza dichia rativa di fallimento, in caso di rigetto dell'opposizione : Cass. 23 ottobre 1959, n. 3040, Foro it., Mass., 571, (ripr. in extenso in Dir. fall., 1959, II, 829, con nota di Provinciali, e 1960, II, 66, con nota di Di Lauko) ; 22 aprile 1959, n. 1201, Foro it., 1959, I, 1501, con nota di Zapparoli, Sul carico delle spese relative all'apertura del fallimento. .
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653 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 654
che questi traessero vantaggio a danno del più diligente e
tempestivo.
L'inadempimento dell'imprenditore commerciale, quando è sintomo di insolvenza, non si esaurisce nello stretto am
bito del rapporto fra singolo creditore insoddisfatto e debi
tore, ma interessa tutti i creditori, sia per il pericolo che
l'esercizio dell'impresa in dissesto, o almeno il permanere
dell'imprenditore a capo di essa, può rappresentare per le
garanzie patrimoniali che ancora ad essi rimangono, e sia
per lo stato potenziale di conflitto che fra i creditori mede
simi può determinare l'inosservanza della legge della par condicio.
Nè, a giudizio della Corte, vi è ragione di distinguere, come fece il Tribunale, tra spese vive e spese per assistenza
legale, giacché anche da queste ultime traggono profitto tutti i creditori.
Neppure si rende necessario stabilire se nel processo di fallimento il patrocinio legale sia obbligatorio o sempli cemente facoltativo.
È, comunque, da tener presente che il creditore che
domanda un fallimento esercita indiscutibilmente un'azione
e precisamente la sua azione esecutiva, trasformata dallo
stato di insolvenza del debitore in un potere di chiedere
l'esecuzione nella forma necessaria dell'esecuzione collettiva.
L'esercizio di tale potere autonomo, collegato al di
ritto del creditore di chiedere il fallimento del suo debitore,
comporta le responsabilità proprie dell'azione ; ed espone alla condanna ai danni, se risulti chiesta con colpa la dichia
razione di fallimento (art. 21 r. decreto 16 marzo 1942
n. 267). Nè può disconoscersi che tale istanza ponga spesso
gravi problemi giuridici, la cui trattazione esige il patro cinio del difensore.
Siffatta esigenza è anche avvertita nel caso, ricorrente
nella specie, in cui essendo stata la domanda di fallimento
disattesa in prima istanza, occorra valutare l'opportunità di accettare o di impugnare il provvedimento di rigetto.
Per le considerazioni avanti esposte le spese sostenute
dalla Soc. Lesa in lire 65.665 vanno tutte ammesse al pas sivo privilegiato del fallimento Chillemi, ai sensi dell'art.
2755 (la cui dizione « spese di giustizia » è, peraltro, più
ampia di quella di spese giudiziali, comprendendo tutte
le spese fatte per l'esercizio del diritto, con o senza l'in
tervento del giudice). Conseguentemente va ridotta in
altrettanta somma l'ammissione già fatta in via chirogra faria.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI ROMA.
Decreto 18 dicembre 1959 ; Pres. Felici P., Est. Saya ;
Ambrosi e Laretti c. Taccheri e S ndici.
Fallimento — Esattore «Ielle imposte —• Assogyetta bilità al fallimento -— Esclusione (Cod. civ., art.
2221 ; r. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli
mento, art. 1).
L'esattore delle imposte non è imprenditore commerciale e
pertanto non può essere assoggettato al fallimento. (1)
La Corte, ecc. — Con scrittura privata del 25 febbraio
1958 Taccheri Temistocle e Sindici Cesare addivennero alla
stipulazione di una convenzione per la gestione in comune
dei consorzi esattoriali di Ceccano, L'Aquila, Amelia, Pici
nisco, Pereto e Sant'Apollinare, nonché delle esattorie di
Acquafondata, Pastena, San Vittore del Lazio, Settefrati,
Viticuso e Pignataro, consorzi esattoriali ed esattorie di
cui il Taccheri era concessionario. Con ricorsi del 4 e 9
marzo Ambrosi Giuseppe e Laretti Mario chiedevano che
il Tribunale di Fresinone dichiarasse il fallimento della
Società di fatto tra il Sindici ed il Taccheri, nonché dei
(1) In senso conforme Provinciali, Il fallimento dell'esattore, in Dir. fall., 1959, I, 157.
medesimi in proprio, essendo essi ricorrenti creditori per somme varie della Società. L'adito Tribunale, rilevato che l'attività del Taccheri e del Sindici si era limitata alla ge stione delle ricordate esattorie e ritenuto clie l'esazione dei tributi non aveva carattere commerciale, rigettava con
provvedimento 22 luglio 1959 i due ricorsi. Avverso tale
provvedimento proponevano reclamo a questa Corte sepa ratamente l'Ambrosi ed il Laretti, deducendo la natura
commerciale del servizio di riscossione dei tributi, ed aggiun gendo cbe il Smdici ed il Taccheri avevano espletato altra attività di carattere mercantile. (Omissis)
Si rileva che manca del tutto la prova di altra attività
svolta dai suddetti Sindici e Taccheri (intuitivamente è irrilevante che il Smdici sia socio di una società a responsa bilità limitata), sicché la prima questione concerne l'assog
gettabilità dell'esattore, come tale, alle disposizioni del fallimento.
La soluzione negativa del problema, accolta dal Tribu
nale di Frosinone, non merita, ad avviso della Corte, cen
sura, e deve essere quindi confermata. Per gli art. 2221
cod. civ. e 1 r. decreto 16 marzo 1942 n. 267, sono sog
getti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato pre ventivo e sull'amministrazione controllata solo gli impren ditori commerciali, esclusi gli enti pubblici e i piccoli im
prenditori, e cioè quegli imprenditori che, secondo la elen
cazione contenuta nell'art. 2195 cod. civ., esercitano : 1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o
servizi ; 2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni ; 3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o
per aria ; 4) un'attività bancaria o assicurativa ; 5) altre
attività ausiliarie alle precedenti. Ora, escluse le previsioni di cui ai nn. 2, 3, 4 e 5 del citato articolo, assolutamente
estranee, anche il riferimento al n. 1 appare fuori propo sito, non potendosi considerare l'attività dell'esattore come
attività industriale diretta alla produzione di un servizio.
Invero, secondo la disposizione citata, il « servizio » con
siste in un'attività di carattere privato diretta alla soddis
fazione dei bisogni individuali della generalità; in un'at
tività, cioè, che, possa inserirsi nell'ambito concettuale del
« mercato >», e che risulti quindi di carattere mercantile.
L'esattore delle imposte, invece, il quale è concessionario
di un pubblico servizio, espleta un'attività peculiare al po tere di supremazia degli enti pubblici, quale quella della
riscossione dei tributi. Il fatto che egli agisca per fine di
lucro e che i suoi atti non siano riferibili alla pubblica Amministrazione, non incide ovviamente sulle caratteri
stiche intrinseche del servizio, che rimane pubblico in quanto diretto al raggiungimento di un fine collettivo, quello, cioè
di assicurare i mezzi pecuniari per la soddisfazione di bi
sogni generali. Accertata tale natura giuridica, consegue come l'esat
tore non possa ricomprendersi nella categoria dell'impren ditore commerciale, onde egli non è soggetto alla tenuta
della contabilità (art. 2214 segg. cod. civ.), nè è soggetto alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull'amministrazione controllata. Per il servizio di esat toria è prevista, invece, tutta una disciplina particolare, in
relazione al carattere del servizio stesso ed al fine precipuo di garantire la pubblica Amministrazione nel caso di ina
dempienza dell'esattore, mediante il soddisfacimento dei
suoi diritti sulla cauzione prestata (cfr. t. u. 17 ottobre
1922 n. 1401, legge 16 giugno 1939 n. 942, e decreto legisl. 5 ottobre 1947 n. 1209).
Escluso che l'esattore sia imprenditore commerciale, e
non potendo essere egli certo considerato come imprendi tore agricolo, dovrebbe negarsi in lui la figura imprendi
tizia, essendo le due ricordate categorie le sole enunciate
dal legislatore (art. 2135 e 2195 cod. civ.) ; a meno che,
seguendo un'autorevole corrente dottrinale, non si volesse
ritenere che l'imprenditore agricolo non è altro che un
sottotipo di una figura giuridica generale, quella dell'im
prenditore civile, la quale, in presenza di un'attività econo
micamente organizzata, professionalmente esercitata, com
prenda pure l'artigiano, il professionista intellettuale e, tra
gli altri, anche l'esattore stesso. Senza indugiare sulla deli
cata questione, basta qui osservare che in entrambe le
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