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Sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Gazzetta ufficiale 21 dicembre 1963, n. 331); Pres. Ambrosini P.,...

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Sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Gazzetta ufficiale 21 dicembre 1963, n. 331); Pres. Ambrosini P., Rel. Mortati; imp. Mastrogiacomo, Deiana e Giacomini; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Coronas) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 1 (1964), pp. 13/14-15/16 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152736 . Accessed: 28/06/2014 08:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 08:49:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Gazzetta ufficiale 21 dicembre 1963, n. 331); Pres. Ambrosini P., Rel. Mortati; imp. Mastrogiacomo, Deiana e Giacomini; interv. Pres. Cons. ministri

Sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Gazzetta ufficiale 21 dicembre 1963, n. 331); Pres.Ambrosini P., Rel. Mortati; imp. Mastrogiacomo, Deiana e Giacomini; interv. Pres. Cons.ministri (Avv. dello Stato Coronas)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 1 (1964), pp. 13/14-15/16Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152736 .

Accessed: 28/06/2014 08:49

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Giürisprüdenza costituzionale e civile

pubblico, nel quale la legge l'assimila ad una oassa di ri

sparmio, e in quelle della «previdenza » attua una forma

particolare di decentramento funzionale ehe non puõ non

riflettersi anclie nel campo della gestione contabile e dei con

trolli. E in ragione di ciõ ehe l'amministrazione della Cassa

depositi e prestiti b sottratta all'ingerenza della ragioneria

generale dello Stato e alle norme suila contabiJitä dello

Stato che regolano la formazione e l'approvazione dei

bilanci e dei conti consuntivi, nonche le entrate e le spese dello Stato (art. 6, libro I) ; e che l'approyazione dei rendi

conti e attribuita a una Commissione di vigilanza, composta di tre senatori, di tre deputati, di tre eonsiglieri di Stato ed

un consigliere della Corte dei eonti (art. 3, libro I). E

furono le medesime ragioni, vale a dire la particolare natura

delle operazioni che la Cassa depositi e prestiti e gli isti

tuti di previdenza compiono, e il rilievo che tsse assumono

sotto il riflesso dell'interesse dei depositanti e dei soggetti delle varie forme di previdenza amministrate, che indussero

la Griunta del Senato, la quale discusse il progetto gover nativo di quella ehe fu poi la legge 18 giugno 1911 n. 543,

a respingere la proposta ministeriale dell'estensione ai

bilanci della Cassa delle norme relative ai bilanci delle

azienda di Stato con gestione autonoma, che vengono alle

gati al bilancio preventivo e al conto consuntivo dello

Stato, anche se qualcuno degli argomenti che in quella occa

sion e furono fatti valere, puõ non trovare consenziente

ora una critica attenta. II che, ovviamenta, non voile signi ficare e non signified la rinunzia al controllo pubblico sulla

attivita dell'amministrazione della Cassa, ma l'istituzione

di un controllo peculiare, altrettanto rigoroso di quello che

1'ordinamento prevede sulla pubblica spesa, ma distinto

da questo in quanto diretto al fine di impedire che l'appro vazione dei rendiconti perdesse rilievo nell'ambito della

generale approvazione dei rendiconti statali da parte del

Parlamento.

Xe 1'entrata in vigore della Costituzione ha mutato

le cose in guisa tale da comportare una sopravvenuta in

costituzionalita delle norme impugnate. La norma contenuta

nel 1° comma dell'art. 81 —le Camere approvano ogni anno

i bilanci e i rendiconti consuntivi presentati dal Governo —

ha inteso conferire forza di legge costituzionale a una

norma dell'ordinamento contabile dello Stato, preesistente alia Costituzione e fondamentale di uno Stato rappresen

tativo, nel quale l'autorizzazione a riscuotere le entrate

e il controllo della pubblica spesa sono affidati alle Camere

elettive e sono la loro prima ragion d'essere. Ma l'assun

zione di quella norma nella Costituzione non alterõ lo

stato delle cose, in base al quale il bilancio e il rendiconto

presentati dal Governo significano in primo luogo il docu

mento contabile in cui sono comprese le entrate e le spese

statali nel senso proprio e tradizionale. In questo senso e

esatta 1'osserVazione della difesa dello Stato, che il costi

tuente adottõ la nozione di bilancio e di rendiconto con

suntivo dello Stato quale si era venuta concretamente

definendo nel nostro ordinamento, nell'ambito della quale

non erano ricompresi i bilanci di previsione della Cassa

depositi e prestiti che, conformemente alia natura delle

cose, si limitano a indicare le spese di gestione, ne i consun

tivi i quali riguardano le operazioni di credito, che la Cassa

deve o puõ compiere in base alia legge e la gestione previ

denziale, e non invece, a rigore, entrate e spese dello Stato :

anche se non si vuole accogliere la tesi richiamata in questo

giudizio dall'avvocatura della necessaria correlazione cro

nologica, logica e giuridica sussistente tra preventivi e

consuntivi statali, che costituirebbe il fondamento dell'ap

provazione parlamentare dei rendiconti, e che mancherebbe,

invece, nei riguardi dei preventivi e dei rendiconti della

Cassa depositi e prestiti. La Corte ritiene che queste conclusioni non possano

essere invalidate mediante il richiamo alia circostanza che

il rendiconto dell'amministrazione della Cassa depositi e

prestiti sia. soggetto alia parificazione della Corte dei conti.

II fatto che codesta parificazione sia di regola preordinata,

come si esprime la Corte dei conti, al fine della diretta pre

sentazione dei conti consuntivi al Parlamento, in allegato

a una relazione della medesima Corte dei conti, e, quindi,

al fine dell'approvazione del Parlamento, non comporta rineostituzionalita di una norma che preveda, in relazione

con un procedimento qualificato ancli'esso di parificazione,

l'approvazione del rendiconto da parte di una speciale Commissione di vigilanza, alia quale la Corte dei conti e

tenuta a presentare il rendiconto parificato e la relazione

che l'accompagna. Non e sostenibile la tesi di una natura

del procedimento di parificazione tale da comportare la

incostituzionalitä di tutte le norme che prevedono e rego lano l'approvazione di un rendiconto, soggetto alia pari ficazione della Corte dei conti, da parte di un organo diverso

dal Parlamento. Si potra ritenere che ragioni di armonia

consiglierebbero di adottare un sistema diverso, com'e

stato da qualche parte prospettato, ma non si puõ concludere

per la incostituzionalitä del sistema vigente senza dare

dell'art. 81 un'interpretazione non imposta necessariamente

dalla sua genesi e dalla sua ratio. £ anzi da dire che le

norme clie il legislatore del 1911 pose e che furono poi

trasferite nel t. u. del 1913, disponendo che la Corte dei

conti non soltanto riscontrasse gli atti deH'amministra

zione della Cassa depositi e prestiti ma insieme ne pari ficasse i rendiconti, vollero stabilire un sistema di controllo

rigoroso e il piit possibile simile a quello previsto per il

bilancio vero e proprio dello Stato, che ragioni obiettive

non consigliava.no di estendere in toto al caso sottoposto all'esame di questa Corte.

La non fondatezza della questione di costituzionalita

delle norme impugnate in relazione all'art. 81 assorbe,

com'ö ovvio, i'altra questione di costituzionalita delle

medesime norme nei confronti dell'art. 72, ult. comma,

della Costituzione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non

fondata la questione proposta con ordinanza delle Sezioni

riunite della Corte dei conti, sulla legittimita costituzionale

dell'art. 5 del libro I del t. u. 2 gennaio 1913 n. 453, e

dell'art. 1 del r. decreto legge 26 gennaio 1933 n. 241, con

vertito nella legge 8 giugno 1933 n. 773, in relazione agli

art. 81, 1° comma, e 72, 4° comma, della Costituzione.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 19 diccmbre 1963, n. 163 (Gazzetta ufficiale 21

dicembre 1963, n. 331) ; Pres. Ambrosini P., Rel.

Moetati ; imp. Mastrogiacomo, Deiana e Giaeornini ;

intery. Pres. Cons, ministri (Aw. dello Stato Coronas).

Cireolazionc stradale ■— Lc;i<|e di delccjazione e co

tlice strailalc — Questionc d'incostituzionalita in

londata (Costituzione, art. 73, 76 ; legge 4 febbraio

1958 n. 572, delega al Governo ad emanare nuove norme

in materia di circolazione stradale ; d. pres. 27 ottobre

1958 n. 956, approvazione delle norme concernenti la

disciplina della circolazione stradale; d. pres. 15 giu

gno 1959 n. 393, t. u. delle norme sulla circolazione

stradale).

Sono infondate le questioni di costituzionalitä della legge 4

febbraio 1958 n. 572, contenente delega al Governo ad

emanare nuove norme in materia di circolazione stradale,

del decreto pres. 27 ottobre 1958 n. 956, di approvazione delle norme concernenti la disciplina della circolazione

stiadale, e del decreto pres. 15 giugno 1959 n. 393, t. u.

delle norme sulla circolazione stradale. (1)

(1) Con la sentenza che si riporta, la Corte basa la dichia

razione d'inforidatezza delle questioni di costituzionalitä, solle

vate dai Pretori di Lendinara (ord. 7 dicembre 1962, Foro it.,

1963, II, 94, con nota di richiami) e di TJdine (giud. Caianiello ;

ord. 29 noyem.bre 1962, Le Leggi, 1963, 635), sulle seguenti

proposizioni: a) l'art. 76 della Costituzione viene osservato anche se

il dies a quo del termine di delega sia fatto coincidere con la

data di entrata in vigore della legge di delegazione, e non sia

fissato mediant o l'indicazione di una data, di calendario ;

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15 PARTE PRIMA 16

La Corte, eco. — La Corte ha ravvisato l'opportunita della riunione delle cause per la loro decisione con unica

sentenza, dato che le questioni sollevate hanno uno stesso

oggetto, anche se aono proposte sotto aspetti non in tutto

coincidenti.

Comune alle tre ordinanze e l'eccezione di legittimitä, costituzionale del decreto pres. 27 ottobre 1958 n. 956, e del t. u. 15 giugno 1959 n. 393, per violazione dell'art.

73 della Costituzione, ed indirettamente dell'art. 76, men

tre solo nelle due emesse dal Pretore di Udine ne viene sol

levata anche un'altra, relativa alia legge delegante 4 feb

braio 1958 n. 572, per violazione dell'art. 76. Quest'ultima

eccezione, se ancbe proposta dal giudice a quo in via subor

dinata, avrebbe per conseguenza, se fosse fondata, di as

sort ire la precedente e pertanto, dato il suo carattere pre

giudiziale, deve essere esaminata per prima. Con essa si

sostiene clie, alio scopo di assicurare in ogni caso l'esatto

adempimento dell'obbligo gravante sul Governo di eserci

tare il potere delegato non oltre il termine fissato dalla

legge di delegazione, secondo la prescrizione del citato

art. 76, debba esigersi che questa determini sempre la

scadenza della delega mediante l'indicazione di una data

fissa di calendario. La Corte ritiene non fondata la questione cosi prospet

tata. Infatti ne dalla lettera, ne dalla ratio ispiratrice della norma in esame, rivolta a precludere la lacoltä di

conferire al Governo deleghe legislative a tempo indeter

minate (secondo era consentito dallo Statuto, e non

escluso dalla legge 31 gennaio 1926 n. 100, la quale al

l'art. 3, n. 1, ebbe a stabilire genericamente l'esigenza di contenere la delega nei limiti stabiliti dalla legge, senza altra specificazione), e dato trarre alcun elemento da cui si

argomenti l'obbligo di determinare in forme tassative la

durata del potere delegato. La prescrizione costituzionale

deve ritenersi pertanto validamente adempiuta quando la

durata stessa venga prefissata in uno qualsiasi dei modi

che consentano di individuare in via diretta, o anche indi

rettamente con l'indicazione di un evento futuro ma certo, il momento iniziale e quello finale del termine. E non puõ dubitarsi che valida prefissione vi sia quando, come nella

specie, il dies a quo sia fatto coincidere con la data di en trata in vigore della legge di delegazione.

Ugualmente certo e perõ che, allorquando si adotti un tale criterio di determinazione, debba esigersi un rigoroso adempimento dell'obbligo, imposto al potere esecutivo

dall'art. 73 della Costituzione, di procedere alle operazioni necessarie a rendere efficace la legge medesima subito

dopo che sia intervenuta la promulgazione, senza altro

indugio oltre quello richiesto dall'espletamento delle atti vitä materiali necessarie per la pubblicazione. Se altri menti si ritenesse l'esercizio della funzione delegata non

risulterebbe piu limitato al tempo stabilito dal legislatore, come prescrive il citato art. 76, ma prolungabile ad arbi trio dell'organo cui 6 affidato l'esercizio stesso.

Non vale, a contestare tale esigenza, il rilievo formulate dali'avvocatura secondo cui, decorrendo il termine solo dal momento nel quale la delega puõ essere esercitata, non as sume rilevanza giuridica il periodo precedente all'investi tura del potere : ciõ perche il verificarsi di quest'ultimo evento non e fortuito, bensl dipendente dall'attivita dello stesso organo cui compete l'esercizio della funzione (o di

organo, com'e il ministro guardasigilli, ad esso coordinato), e 1'attivitä stessa b rigidamente vincolata quanto al tempo consentito pel suo esplicarsi.

Le considerazioni che precedono valgono a contestare anche l'altra affermazione dell'avvocatura sull'inesistenza di sanzioni, che non siano meramente politiche, ove si

6) se perõ e adottato il primo metodo di indicazione, deve procedersi senza indugio alle operazioni successive alia promulgazione ;

c) tale rigorosa esigenza si e ritenuta soddisfatta nella specie.

In dottrina, cons. EsPOsiTO, in Giwst. cost., 1959, 694; Mortati, 1st. dir. pubblico, 1962, pag. 632 ; con riguardo al podice stradale Rübini, in Mon. trib., 1961, 70.

vorificlii l'inosservanza della prescrizione di cui a] citato

art. 73, poiche e invece da ritenere che l'arbitrario ritardo

interposto per la pubblicazione della legge delegante,

quando abbia per effetto l'emanazione del decreto legisla tive ai di lä, dei limiti temporali stabiliti dalla legge dele

gante con riferimento alia data della propria entrata in

vigore, non puõ non importare l'invalidita del decreto

medesimo.

Non sembra tuttavia clic nella specie la tardiva pubbli cazione della legge n. 572 del 1958 possa esser fatta valere

per invalidare il decreto legislativo impugnato. Infatti

risulta che il Parlamento, con la legge 24 gennaio 1959

n. 4, omesso prima ancora ehe seadesse il termine fissato

per Fentrata, in vigore del decreto delegato, provvide a

prolungarlo fino al 15 marzo 1959, e successivamente, con

legge 26 aprile 1959 n. 207, dispose un'ulteriore proroga. Da tale circostanza deve dedursi che il Parlamento, anche

se non ha provveduto a disporre in modo formale il pro

lungamento del termine precedentemente stabilito per l'esercizio del potere delegato, ebbe tuttavia a prendere atto del ritardo nell'adempimento del compito affidato al

Governo e conseguentemente esso e venuto a perdere ogni carattere elusivo della volontä del legislatore.

Quanto poi all'eccezione di incostituzionalitä sollevata

nei confronti del t. u. emanato con il decreto pres. 15

giugno 1959 n. 393, e da osservare che questo e stato emesso

in virtü non giä della delega di cui alia legge n. 572 del

1958, bensi di una autorizzazione contenuta nella succes

siva legge del 26 aprile 1959 n. 207 (art. 2), che, se pure menzionata nella motivazione delle ordinanze del Pretore

di Udine, non e stata oggetto di apposita impugnativa. Che in ogni caso la censura rivolta contro il t. u. (ed a

prescindere da ogni indagine sul carattere che a questo e da attribuire) sarebbe priva di fondamento, una volta

riconosciuta la legittimita del precedente decreto legisla tivo, e constatato d'altra parte che il t. u. medesimo ä

stato emanato prima della data fissata per l'entrata in

vigore delle norme in materia dalla legge che l'autorizzava, la quale venne pubblicata a distanza di tre giorni dalla

sua promulgazione. Per quesfci motivi, la Corte costituzionale, riuniti i

giudizi ad essa sottoposti, dichiara non fondate le questioni di legittimita costituzionale della legge 4 febbraio 1958

n. 572, del decreto pres. 27 ottobre 1958 n. 956, e del t. u.

approvato con decreto pres. 15 giugno 1959 n. 393.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 13 dicembre 1963, n. 156 (Gazzetta ujjiciale 21 di cembre 1963, n. 331) ; Pres. Ambrosini P., Rel. San dulli ; imp. Depaoli ; interv. Pres. Cons, ministri

(Aw. dello Stato Ageõ).

Ordinamento giudiziario — Supplcnza del pretore titolare — Destiiiazione tcmporanca di altro pre tore o atjgiuiito rjiudiziario -— Questione iniondata di costituzionalitä (Costituzione, art. 25, 1° comma, 105, 107, 1° comma ; r. d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordina mento giudiziario, art. 101, 2° comma).

ij infondata la questione di costituzionalitä delVart. 101, 2° comma, dell'ordinamento giudiziario (r. decreto 30 gen naio 1941 n. 12), ehe conferisce ai primo presidente della corte d'appello la facoltä di destinare un pretore o aggiunto giudiziario di altro mandamento del distretto a compiere temporaneamente le funzioni del pretore, mancante o impedito, in riferimento agli art. 25, 1° comma, 105 e 107, 1° comma, della Gostituzione. (1)

(1) L'ordinanza 20 marzo 1083 del Pretore di Bordighera e massimata in Foro it., 1963, II, 167, con liota adesiva di G. Foschini, oui adde Gorlani, in Riv. it. dir. proc. pen., 1063, 993 ; successivamente Pret. Piacenza 2 luglio 1963, Foro it., 1963, I, 2263, con nota di richiami e asterisco di V. A.

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