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sentenza 19 dicembre 1983; Pres. ed est. Infantini; Ente regione di sviluppo agricolo della Puglia...

Date post: 31-Jan-2017
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sentenza 19 dicembre 1983; Pres. ed est. Infantini; Ente regione di sviluppo agricolo della Puglia c. Casolaro (Avv. Patano) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 1101/1102-1103/1104 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176025 . Accessed: 28/06/2014 13:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.237 on Sat, 28 Jun 2014 13:10:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 19 dicembre 1983; Pres. ed est. Infantini; Ente regione di sviluppo agricolo della Puglia c. Casolaro (Avv. Patano)

sentenza 19 dicembre 1983; Pres. ed est. Infantini; Ente regione di sviluppo agricolo dellaPuglia c. Casolaro (Avv. Patano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 1101/1102-1103/1104Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176025 .

Accessed: 28/06/2014 13:10

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

del fallimento deve riconoscersi rispetto agli atti compiuti dal

debitore prima della dichiarazione di fallimento; incertezza che investe — ad avviso del collegio — non tanto gli aspetti teorici del problema quanto le valutazioni delle singole fattispecie in riferimento alla elaborazione teorica. Precisa ed inequivoca è infatti l'indicazione contenuta in Cass. 17 novembre 1976, n. 4272 (id., Rep. 1976, voce cit., n. 157), e 5 agosto 1977, n. 3537

(id., Rep. 1977, voce cit., n. 191), secondo cui « il curatore assume la posizione di terzo quando con l'azione di simulazione o con la revocatoria o esercitando comunque un diritto che deriva dal fallimento mira a ricostruire nella pienezza della sua consistenza il patrimonio oggetto di espropriazione, mentre si identifica con

quella del fallito quando vengono in considerazione i diritti derivanti al fallito medesimo o le pretese fatte valere verso di

lui, come nelle ipotesi di assunzione di obbligazioni, di subingres so nei rapporti pendenti, di azioni di risoluzione, di annullamento o di riconoscimento di debito, ove non venga posto in discussio ne l'eventuale carattere simulato o fraudolento dell'atto ». Per

plessità ed incertezze riaffiorano invece quando la singola fatti

specie deve essere inquadrata nell'una o nell'altra ipotesi teorica.

Cosi', Cass. 28 luglio 1980, n. 4853 ritiene che « la difesa della curatela fallimentare ove rimanga nei limiti di una contestazione che non escluda l'opponibilità al fallimento del relativo credito, non ricorrendo all'esercizio dei diritti e delle azioni che discen dono dal fallimento, è quella stessa che avrebbe potuto esplicare il debitore prima del suo fallimento. In quanto tale, la posizione del curatore è quella di un avente causa del fallito ed il credito cambiario sarà opponibile nei suoi confronti senza che possa sorgere alcun problema circa la certezza della data di emissione del titolo ».

Diversamente argomentando, sostiene la stessa sentenza proprio in riferimento al caso che ne occupa, ed affermando la qualità di terzo del curatore solo perché costui — invocando l'art. 2704 c.c. — tutelerebbe gli interessi della massa dei creditori, « si fa derivare la posizione del curatore rispetto al rapporto cambiario

posto in essere dal fallito prima della dichiarazione di fallimento

dall'applicazione di una norma (art. 2704), cui a sua volta in tanto può farsi ricorso in quanto sia preventivamente dimostrata la qualità di terzo che disconosce la certezza della data della

corrispondente scrittura privata ».

Osserva al riguardo il collegio come sia assolutamente inecce

pibile il ragionamento della Corte suprema sviluppato nella citata sentenza là dove — rifiutando una scorretta inversione logica —

sostiene la necessità della preventiva individuazione della qualità del curatore per stabilire l'applicabilità o meno dell'art. 2704; sarebbe per contro alla evidenza concettualmente errato attribuire al curatore la qualità di terzo solo perché, contestando la certezza della data ed invocandone la prova ai sensi dell'art. 2704,

agirebbe a difesa della massa dei creditori fallimentari, quale portatore di un interesse differenziato dagli interessi delle parti negoziali; in tal caso, veramente, la qualifica del curatore sarebbe

fatta discendere dall'applicazione di una norma che per contro

postula il previo accertamento di quella qualifica. Qualifica che ad avviso del collegio deve essere individuata unicamente in relazione alla specifica posizione processuale che il curatore venga ad assumere con riferimento ai rapporti sostanziali dedotti in

causa.

Cosi, qualora il óuratore contesti la rispondenza al vero della data di emissione della cambiale per eccepire — ad esempio —

la capacità di obbligarsi cambiariamente del fallito, svolge un'ecce zione che bene avrebbe potuto svolgere anche il fallito medesimo, con la conseguenza che in tal caso il curatore sarà senz'altro

parte e non potrà trovare applicazione l'art. 2704. Ma, qualora contesti la certezza della data in riferimento al fallimento, egli dispiega una eccezione che all'evidenza il fallito non avrebbe

potuto svolgere, spiega cioè una eccezione che a lui e soltanto a lui nella specifica qualità compete (o può competere) ed in tal caso si fa portatore di un interesse assolutamente distinto e

differenziato, anzi, addirittura estraneo rispetto a quello eventuale

del fallito onde con riferimento al rapporto obbligatorio di cui

era parte il fallito medesimo si viene a porre nella indiscutibile

posizione di terzo. In definitiva, ad avviso del collegio, il

principio secondo cui il curatore è parte quando vengono in

considerazione diritti ed obbligazioni già facenti capo al fallito va

puntualizzato nel senso che la identificazione di posizioni (e

quindi, appunto, la qualità di parte) si avrà solo quando il

curatore medesimo azioni diritti o muova contestazioni relativa

mente ad obbligazioni negli stessi esatti termini in cui avrebbe

potuto farlo il fallito. Diversamente, qualora la contestazione sia

diversa da quelle che avrebbe potuto rimuovere il fallito ed anzi

discenda dalla qualifica, dalla posizione e dalla esigenza di tutela

degli interessi che gli sono propri, il curatore, pur muovendosi

nell'ambito di un rapporto obbligatorio già facente capo attiva

mente o passivamente al fallito, assumerà la qualità di terzo: cosi come si verifica appunto nel caso di specie in cui la contestazio ne della certezza della data cambiaria in riferimento al momento dlla dichiarazione di fallimento non avrebbe per certo potuto essere mossa dall'imprenditore fallito.

Cosi argomentando, la qualità di terzo del curatore discende unicamente dalla valutazione della sua specifica posizione nel l'ambito dei rapporti già facenti capo al fallito senza che si cada nella petizione di principio — correttamente censurata da Cass. 28 luglio 1980, n. 4853 — secondo cui sostenere che il curatore è terzo perché contestando la certezza della data tutelerebbe la massa dei creditori fallimentari equivale ad individuare la posi zione del curatore sulla base dell'applicazione di una norma (l'art. 2704 c.c.) che per contro postula l'accertamento preventivo della qualità di terzo. In definitiva, il curatore nella specie è terzo non tanto perché, invocando l'art. 2704, tutela la massa dei creditori quanto perché svolge un'eccezione che il fallito non avrebbe potuto spiegare.

Stabilita cosi la qualità di terzo del curatore e poiché la certezza della data d'emissione delle cambiali di cui alla insinua zione non è provata in alcuno dei modi di cui all'art. 2704 c.c., ne discende che il proposto ricorso ex art. 101 1. fall, deve essere

respinto. (Omissis)

I

TRIBUNALE DI FOGGIA; sentenza 19 dicembre 1983; Pres. ed est. Infantini; Ente regione di sviluppo agricolo della Pu

glia e. Casolaro (Aw. Patano).

TRIBUNALE DI FOGGIA;

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso non abitativo — Contratti in corso e soggetti a proroga — Aumenti del canone — Richiesta del locatore — Efficacia retroattiva —

Esclusione (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 68).

La richiesta di aumenti del canone prevista dall'art. 68 l. 392/78 non ha efficacia retroattiva, ma produce i suoi effetti solo per il

futuro.(1)

II

PRETURA DI TARANTO; sentenza 14 febbraio 1984; Giud.

Lanzo; Solimano (Avv. Colarusso, Ferraro) c. Perrucci (Avv. Micera).

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso non abitativo — Contratti in corso e non soggetti a proroga —

Aggiornamento del canone — Richiesta del locatore — Condi zione di esigibilità — Efficacia retroattiva (L. 27 luglio 1978 n.

392, art. 71).

L'aggiornamento del canone previsto dall'art. 71, ult. comma, l.

392/78 diventa esigibile con la richiesta del locatore, alla quale, peraltro, va riconosciuta efficacia retroattiva. (2)

(1) In termini Pret. Pavia 4 gennaio 1983, Foro it., 1983, I, 1741, in motivazione, nonché, con riferimento agli aumenti consentiti nelle locazioni abitative soggette a proroga dall'art. 62, 2° comma, 1. 392/78, Pret. Milano 31 gennaio 1983, Arch, locazioni, 1983, 355; Pret. Roma 22 febbraio 1983, Locazioni urbane, 1983, 673. La decisione di primo grado (Pret. Foggia 13 ottobre 1982), ora rifor mata, è riportata in Arch, locazioni, 1983, 160.

In dottrina, a favore della tesi seguita da Trib. Foggia, v. Clarizia, in Equo canone, 1980, 717. Nello stesso senso sembra orientato S. Guarino, La nuova proroga legale delle locazioni non abitative ed i nuovi canoni: aumenti ed aggiornamenti (art. 15 bis l. 25 marzo 1982 n. 94), in Arch, locazioni, 1982, 193; contra Preden-Izzo, L'aggiorna mento 1ST AT del canone di locazione, 1980, 239 ss.

(2) Nello stesso senso Pret. Roma 8 aprile 1981, Foro it., Rep. 1982, voce Locazione, n. 772; contra, Pret. Foggia 17 novembre 1983, giud. Cea, Bernabei c. Casolaro, inedita, secondo cui l'art. 24 1. 392/78 prevede un principio generale applicabile anche nelle ipotesi di aggiornamento del canone ex art. 71, con la conseguenza che alla richiesta di pagamento del locatore non va attribuita efficacia retro attiva.

In dottrina sull'argomento V. Preden-Izzo, op. cit., 243, secondo i quali il locatore può chiedere l'aggiornamento anche dopo la sua maturazione, con diritto agli arretrati, nei limiti della prescrizione quinquennale, ai sensi dell'art. 2948, n. 3, c.c.

Sul computo dell'aggiornamento ex art. 71 sul canone in atto corrisposto e non su quello originariamente pattuito v., per tutte, Corte

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1103 PARTE PRIMA 1104

I

Motivi della decisione. — (Omissis). La controversia, cioè, si è

sviluppata sul tema della decorrenza degli aumenti del canone a

termine dell'art. 68 della c.d. legge sull'equo canone, essendosi

sostenuto dal locatore — e l'assunto è stato condiviso dal primo

giudice — che, intervenuta la richiesta, essi andassero corrisposti effettivamente dal 1° agosto 1978, cioè dal « primo giorno del

mese successivo a quello di entrata in vigore » della legge in

parola. Non pare al collegio che la lettera e la ratio di detta norma

inducano senz'altro ad una siffatta interpretazione; e non sem

brano concludenti neppure gli argomenti — di ordine sistematico — addotti dal primo giudice a sostegno del proprio convincimen

to. Invero, non può passarsi sotto silenzio la circostanza che il

legislatore abbia escluso ogni automatismo in tema di aumenti

percentuali del canone — per contratti di locazione di immobili

adibiti ad uso diverso da quello di abitazione e soggetti a

proroga legale (come è nel caso de quo) — avendone subordinato

l'applicazione ad un'effettiva richiesta del locatore.

Si è riconosciuto, cioè, a quest'ultimo il diritto (potestativo) di

chiedere gli aumenti di legge — nella misura fissata per ogni anno — e ciò implica, normalmente, che gli effetti relativi —

conseguenti alla modifica del canone — si producano — in capo al soggetto obbligato — solo in un momento successivo e non

precedente all'esercizio di esso.

Sembra doversi escludere, invero, che il riferimento normativo

alla data del 1° agosto 1978 — contenuto nell'art. 68 citato —

abbia significato che la « richiesta » di aumento del canone

potesse avere efficacia retroattiva, come si è sostenuto dal

pretore, sia pure precisandosi che non dovessero essere superati i

limiti della prescrizione quinquennale. Deve riconoscersi che, accedendosi a quest'ordine di idee, il

conduttore potrebbe essere costretto a corrispondere — in un'uni

ca soluzione — ingenti somme di denaro per differenza di canone — in relazione agli aumenti previsti dalla legge — e trovarsi

nell'impossibilità di adempiere ad una siffatta obbligazione pecu niaria.

Con conseguenze — sfavorevoli — facilmente immaginabili, non esclusa la minaccia di un'azione di sfratto da parte del

proprietario dell'immobile tenuto in fitto.

La « richiesta » — si vuol dire — rappresenta, nel sistema

della legge, non solo uno strumento di manifestazione della

volontà del locatore di avvalersi degli aumenti del canone con

sentiti, ma anche quello attraverso il quale il conduttore viene

posto nella condizione di valutare la convenienza o meno del

rapporto negoziale, quanto al dato importante dell'entità della

pigione da corrispondere. Ovviamente, una tale valutazione non può farsi che per il

futuro.

Peraltro, il richiamo — ai fini della decorrenza degli aumenti

del canone — al « primo giorno del mese successivo a quello di

entrata in vigore » della 1. 392/78 può spiegarsi ammettendo che

il legislatore abbia avvertito l'esigenza di fissare un determinato

momento da cui partire per il calcolo delle maggiorazioni percen tuali da applicarsi sulla pigione stabilita contrattualmente.

Si ritiene, cioè, che, superata la normativa vincolistica — con

tutte le limitazioni che la stessa comportava anche in questo settore — il legislatore, deciso che i canoni dei contratti di

locazione soggetti a proroga potessero essere aumentati, abbia

inteso precisare, ad evitare equivoci di sorta, che per la

decorrenza si dovesse partire dal lp agosto 1978 ed aver riguardo,

poi, al restante periodo di durata del contratto.

Ma ciò solo ai fini del computo degli aumenti e, quindi, della

determinazione del nuovo canone, senza che, però, potesse pre scindersi dalla richiesta del locatore.

È il ricevimento di questa che avrebbe segnato il momento del

sorgere dell'obbligo della corresponsione del canone maggiorato in

capo all'inquilino — aumento da operarsi sugli incrementi appor tati negli anni precedenti — dovendosi escludere un qualsiasi diritto del locatore ad ottenere il pagamento di arretrati o

eventuali differenze, decorrenti dal 1° agosto 1978 ed antece

denti alla richiesta stessa.

Né vale osservare in contrario — come è stato puntualizzato dal primo giudice — che, quando il legislatore ha voluto fissare

la decorrenza dell'obbligo da una data successiva a quella della

conti, sez. contr., 14 gennaio 1982, n. 1216, Foro it., Rep. 1982, voce

cit., n. 765. Sull'efficacia delle clausole di adeguamento del canone (c.d. clausole

ISTAT) inserite nei contratti di locazione non assoggettati a proroga legale, da ultimo Cass. 21 aprile 1983, n. 2748, id., 1983, I, 2485, con nota di richiami.

«< richiesta », lo ha detto esplicitamente, come nelle ipotesi di cui

agli art. 23, 2° comma, e 24, 2° comma, 1. 392/78.

A prescindere dal rilievo che si verte in tema di locazione di

immobili adibiti ad uso di abitazione, non pare potersi arguire —

in termini di univocità e concludenza — da un tale raffronto

sistematico senz'altro il convincimento nei sensi esposti dal primo

giudice.

Ed anzi, proprio richiamandosi quanto si è innanzi precisato a

proposito della natura e finalità della « richiesta », non può non

« leggersi » l'art. 68 1. 392/78 che facendo risalire gli effetti di

essa (aumenti del canone) al momento di esercizio di tale diritto

potestativo, come avviene nelle situazioni disciplinate nelle altre

due norme.

Una diversa interpretazione apparirebbe contraria al senso di

giustizia ed equità, soprattutto quando il conduttore, passando il

tempo senza ricevere richieste di aumenti del canone da parte del

locatore, abbia tratto la ragionevole convinzione, per facta con

cludendo, che lo stesso non abbia inteso chiedergli alcunché a

tale titolo.

Un'eventuale « richiesta » potrà avere effetto per il futuro e, in

relazione ad essa, l'inquilino valuterà se sia conveniente o meno

continuare a godere dell'immobile locatogli. (Omissis)

II

Motivi della decisione. — {Omissis). Ciò premesso è opportu no chiarire subito che occorre tenere bene distinti questi due

concetti: decorrenza del diritto all'aggiornamento ISTAT del

canone di locazione e necessità della richiesta del locatore perché tale aggiornamento (tale: cioè con quella determinata decorrenza)

possa essere preteso. Il primo concetto risponde, infatti, alla

domanda: quale aggiornamento ISTAT, e quindi anche con quale

decorrenza, deve essere pagato? E riguarda in generale la

definizione, la determinazione del diritto in questione. Il secondo

concetto, invece, risponde ad una diversa domanda: se e quando il predetto aggiornamento deve essere pagato? E riguarda in

particolare il momento in cui l'aggiornamento ISTAT come sopra definito e determinato diventa « esigibile ».

Sebbene la 1. 392/78 non sia un modello di chiarezza, va

riconosciuto che, considerata la distinzione dei due concetti di cui

sopra, l'ultimo comma dell'art. 71 (norma che le stesse parti hanno concordemente ritenuto applicabile al caso in esame)

prevede che l'aggiornamento ISTAT, nella misura del 75 %,

compete con decorrenza dal giorno della scadenza del contratto

stabilita dalle parti e deve essere pagato (cioè diventa esigibile) nel momento della richiesta formulata dal locatore, salva natu

ralmente la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 3, c.c. Il legislatore, infatti, si è cosi espresso: « Il canone potrà essere aggiornato annualmente su richiesta del locatore dal giorno della scadenza contrattualmente prevista, in base al 75 per cento

della variazione, accertata dall'ISTAT ». La norma certo non

può essere additata come esempio di chiarezza per una legislazio ne universale ma l'interpretazione più esatta non può che essere

quella appena indicata, specie ove si consideri la diversa espres sione usata dal legislatore nell'art. 24 della stessa 1. 392/78 che

ha previsto, nella disciplina delle locazioni nuove, che « l'aggior namento decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata ». E con riferimento a

una tesi sostenuta durante la discussione orale va aggiunto altresì che è del tutto fuori luogo chiedere che sia applicata

analogicamente la norma contenuta nel citato art. 24 anche ai

rapporti di locazione soggetti alla disciplina transitoria. È vero,

infatti, che l'essenza della analogia consiste in una acconcia

proporzione, in un criterio cioè di armonica uguaglianza del

nostro ordinamento giuridico, ma è pur vero che, come sancisce

l'art. 12 disp. sulla legge in generale, essa si applica soltanto « se

una controversia non può essere decisa con una precisa disposi zione », allo scopo cosi di disciplinare con una medesima norma

anche i casi non previsti dal legislatore ma simili a quelli

previsti: l'operatore del diritto, con un procedimento di astrazio

ne logica, risale dalle norme espresse e particolari al principio che le governa per rintracciare in questo una regola che abbracci sia il caso previsto che quello non previsto. Ma è evidente che

ciò non si attaglia al caso in esame giacché, come si è detto

prima, per la disciplina transitoria dell'aggiornamento ISTAT del

canone nelle locazioni non soggette a proroga, relative ad immo

bili adibiti ad uso non abitativo, esiste appunto « una precisa

disposizione » nell'ult. comma dell'art. 71 1. 392/78, circostanza

questa che esclude comunque la possibilità dell'applicazione ana

logica della disciplina prevista dall'art. 24 della stessa legge per i

contratti nuovi. (Omissis)

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