sentenza 19 dicembre 1994; Giud. Jacovacci; Fabi ed altri c. InpsSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1687/1688-1689/1690Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190014 .
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1687 PARTE PRIMA 1688
quo, del piede destro. Detta situazione obiettiva appare chiara
mente confermata nel suo interrogatorio dal convenuto De Fran
cesco che ha specificamente ammesso (e ciò equivale a confes
sione, per lui) che per scendere e per salire le scale occorreva
fare «dei movimenti un pò particolari», tali che «potevano creare
una situazione di insidia per chi non conosce(va) la scala stessa.
Se si aggiunge che il medesimo convenuto ha ammesso pure che la zona dove si trovava il gradino obliquo era meno illumi
nata rispetto a quella soprastante, si può agevolmente riconosce
che la caduta dell'anziana attrice era senz'altro da mettere in
relazione causale con una situazione obiettiva non solo anomala
(obiettività del gradino obliquo e del poggiamano) ma altresì pericolosa. D'altro canto non poteva fare granché differenza
che l'attrice fosse caduta nello scendere le scale, piuttosto che
nel risalirle — come sostenuto, ma non provato, dai convenuti — posto che appare pacifico, per ammissione (v. foto prodot
te), che la caduta si verificò appunto sullo spazio tra l'ultimo
e il penultimo gradino. Ipoteticamente potrebbe aver influito sulla caduta l'anziana
età dell'attrice, allora ottantacinquenne, ma ciò solo nel senso
che si potrebbe egualmente ipotizzare (ma non ritenere per cer
to) che un giovane individuo, se non proprio un individuo ai tante, forse avrebbe potuto evitare la caduta compensando au
tonomamente l'anomalia della dinamica deambulatoria dovuta
alla situazione dei luoghi. Ma non è certo affermabile in astrat
to, né comunque provato in concreto (il relativo onere essendo
rimasto del tutto disatteso) che la caduta fu nella fattispecie dovuta all'età dell'attrice, che fu accidentale nel senso di deri
vante da un suo mancamento o simili (dalla c.t.u. si apprezza al contrario che la signora gode di buona salute). In definitiva,
ammesso, ma non concesso, che avrebbe giocato nella fattispe cie un ruolo determinante qualcosa di diverso dalla situazione
dei luoghi — e cioè il fortuito — ciò non è stato dimostrato
dall'onerato, onde la causa ignota dell'evento rimarrebbe egual mente a carico del proprietario-custode della cosa (pacificamen te Cass. 4 settembre 1974, n. 2412, id., Rep. 1974, voce cit., n. 119; 13 ottobre 1973, n. 2584, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 144, 150; 12 giugno 1973, n. 1698, ibid., n. 145; 20 luglio 1972, n. 2487, id., Rep. 1972, voce cit., n. 158, ecc.). (Omissis)
PRETURA DI FERMO; sentenza 19 dicembre 1994; Giud. Ja covacci; Fabi ed altri c. Inps.
PRETURA DI FERMO;
Previdenza e assistenza sociale — Lavoratori a domicilio — In
dennità di mobilità (Cod. civ., art. 2128; 1. 18 dicembre 1973 n. 877, nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio, art.
9; 1. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integra zione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed
altre disposizioni in materia di mercato del lavoro, art. 7, 16).
I lavoratori a domicilio, iscritti nelle liste di mobilità, in presen za dei necessari requisiti, hanno diritto di ottenere l'indennità di mobilità. (1)
(1) Non constano precedenti. In dottrina, in ordine all'individuazione dei soggetti beneficiari del
l'indennità di mobilità, A. Andreoni, in AA.W., Il fattore occupazio nale nelle crisi d'impresa, Torino, 1993, 197. Conforme alla riportata sentenza, v. L. Tosato, L'indennità di mobilità, Milano, 1994, 89; M.
Il Foro Italiano — 1995.
Motivi della decisione. — La controversia si incentra sul pun to se ai lavoratori a domicilio competa o meno l'indennità di
mobilità. Ritiene questo pretore che la risposta debba essere affermati
va, e che pertanto la domanda proposta dalle ricorrenti debba
essere accolta.
Ed infatti il trattamento previdenziale di tutela dei lavoratori
disoccupati, definito eufemisticamente dal legislatore «indenni tà di mobilità», è previsto «nel caso di disoccupazione derivan te da licenziamento per riduzione di personale da parte delle
imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applica zione della disciplina dell'intervento straordinario di integrazio ne salariale» (art. 16 1. 223 del 1991); e non è controverso che
le ricorrenti abbiano lavorato alle dipendenze di impresa rien
trante nel campo della c.i.g.s., e siano state licenziate per ridu
zione di personale. Lo stesso art. 16 attribuisce la tutela al «lavoratore, operaio,
impiegato o quadro», che possano fare valere una anzianità azien
dale determinata; ed è pacifico che il requisito sussista per tutte
le ricorrenti, mentre come già detto è controverso se i lavoratori
a domicilio rientrino tra i dipendenti tutelati. Orbene, per quanto attiene alla interpretazione letterale della
norma appare evidente che i lavoratori a domicilio rientrino
nel più ampio genus dei lavoratori, a cui si applica, per espressa
previsione, la norma citata; e che la successiva distinzione tra
«operaio, impiegato o quadro» comprende tutti i lavoratori di
pendenti, ad eccezione dei dirigenti, secondo la definizione si stematica contenuta nell'art. 2095 c.c. modificato dall'art. 1 1.
n. 190 del 1985. Insomma, sotto il profilo sistematico i lavoratori a domicilio
appartengono al genus lavoratori, ed alla species degli operai, di cui sono una «sottospecie», mentre non costituiscono una
categoria diversa ed estranea alla classificazione contenuta nel
l'art. 2095 cit., che è onnicomprensiva; rientrano quindi nella previsione normativa di cui all'art. 16 cit.
La difesa dell'ente ha diligentemente e convincentemente espo sto le difficoltà derivanti dalla applicazione dell'istituto della mobilità ai lavoratori a domicilio; ma tali difficoltà non impe discono, comunque, l'accoglimento delle domande proposte dalle
ricorrenti, poiché per esse non sussistono, avendo tutte lavorato
alle dipendenze di un unico datore di lavoro, come è pacifico, con rapporti continuativi e regolari, assimilabili senza difficoltà al lavoro subordinato non a domicilio, e suscettibili quindi di analoga tutela.
È ben vero che in altre ipotesi potrebbero incontrarsi invece
gravi difficoltà; ma si tratterebbe di un ennesimo esempio di
improvvidenza del legislatore, il quale ha radicalmente modifi cato il sistema della previdenza per la disoccupazione involonta
Miscione, L'indennità di mobilità, Napoli, 1993, 49. Perplessità, in or dine all'esclusione in parola, vengono manifestate da M. Papaleoni, in AA.VV., La nuova cassa integrazione guadagni e la mobilità, Pado
va, 1993, 437. In senso contrario alla riportata sentenza, per la prassi amministrati
va, Inps 6 ottobre 1993, nota uff. VIII.Q/5767/48/1, in cui si precisa «che i lavoratori a domicilio non rientrano tra i lavoratori che possono ottenere l'indennità di mobilità, ma soltanto tra coloro che possono essere iscritti nelle liste di mobilità, con diritto di ottenere, in presenza dei necessari requisiti, l'indennità ordinaria di disoccupazione» (si veda anche circ. Inps n. 260 del 12 novembre 1992, punto 1); ministero del
lavoro 25 settembre 1993, nota n. 5/26855, il quale evidenzia in parti colare che «poiché l'art. 9 1. 877/73 esclude espressamente per i lavora tori a domicilio l'applicazione delle norme in materia di integrazione salariale, si ritiene che agli stessi non competa l'indennità di mobilità, ancorché in possesso dei requisiti soggettivi di cui all'art. 16, 1° com
ma, 1. 223/91». La problematica della spettanza o meno dell'indennità di mobilità
ai lavoratori a domicilio (risolta positivamente dal Pretore di Fermo) ha «risvolti» rilevanti, sia per le imprese che per le casse dell'Inps, solo ove si consideri che i lavoratori collocati in mobilità possono «benefi ciare» dell'indennità di mobilità (per un importo massimo mensile —
per il 1995 — di lire 1.287.306) per un periodo che può arrivare fino a 36 mesi (art. 7 1. 223/91), mentre le imprese, per ciascun lavoratore
posto in mobilità, sono tenute (art. 5 1. 223/91) a versare all'ente previ denziale una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ria senza tenere conto della esistenza dell'istituto del rapporto di lavoro subordinato a domicilio e delle sue peculiarità.
Ma certo non se ne potrebbe desumere una generale ed asso
luta inapplicabilità della tutela ai lavoratori a domicilio, inap
plicabilità che non appare voluta dal legislatore, come deve rite
nersi non soltanto alla stregua della interpretazione letterale e
di quella sistematica, ma anche e soprattutto perché, come è
pacifico, i lavoratori a domicilio vengono iscritti sulle liste di mobilità, e pagano i contributi introdotti dalla legge con riferi
mento al trattamento di mobilità, mentre nel contempo hanno
perduto la possibilità di fruire del trattamento di disoccupazio ne speciale.
Ed allora appare di tutta evidenza che non è possibile ritenere
che, a fronte di un miglioramento della tutela dei lavoratori
disoccupati, siasi introdotto un radicale peggioramento per i so
li lavoratori a domicilio, e ciò senza alcuna espressa previsione o ipotizzabile giustificazione, ma soltanto per una implicita inap
plicabilità ad essi del nuovo regime, che li trascurerebbe e di scriminerebbe pur assoggettandoli allo stesso onere contributivo.
Né vale ipotizzare che detto onere sia stato previsto se non
per la (negata) fruibilità del regime, allora in applicazione del
principio della solidarietà, perché male si vede dove sia ravvisa
bile la solidarietà in un onere posto a carico di lavoratori svan
taggiati, per la diminuita tutela delle loro esigenze di vita in
caso di disoccupazione involontaria, a fronte della rafforzata
tutela di altri lavoratori ai quali sia invece applicabile la provvi denza c.d. della «mobilità», pur essendo le due categorie di la
voratori in condizioni socioeconomiche del tutto analoghe, sic
ché il maggiore onere per gli uni, ed a vantaggio degli altri,
costituirebbe ingiustificata violazione del fondamentale princi
pio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.
Per gli esposti motivi le domande proposte dalle ricorrenti
devono essere accolte.
PRETURA DI MILANO, sezione distaccata di Abbiategrasso; ordinanza 11 novembre 1993; Giud. Simonetti; Rizzardi c.
Soc. Tre B.
PRETURA DI MILANO,
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Pignoramen to di beni di terzi — Alienazione del bene pignorato — Effi
cacia (Cod. civ., art. 2913; cod. proc. civ., art. 619, 624).
Gli atti di alienazione di beni sottoposti a pignoramento e ap
partenenti a terzi, posti in essere da questi ultimi, hanno ef
fetto anche nei confronti del creditore procedente e di quelli
intervenuti, pur se compiuti dopo il pignoramento. (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
Sull'inefficacia sostanziale rispetto ai creditori dell'espropriazione e
all'aggiudicatario (o all'assegnatario) degli atti di disposizione del bene
pignorato, v., in generale, Cass. 5 agosto 1987, n. 6748, Foro it., Rep.
1987, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 17; 4 set
tembre 1985, n. 4612, id., 1986, I, 494, e Dir. e giur., 1986, 970, con
nota di A. Proto Pisani, Un «grand arrét» della Corte di cassazione
e di F. Donati, Riflessioni in materia di poteri processuali del terzo
acquirente di bene pignorato; Giust. civ., 1986, I, 450, con nota di
F. P. Luiso, L'acquirente di bene pignorato nel processo esecutivo; Riv.
dir. civ., 1986, II, 387, con note di G. Costantino, Il terzo proprieta rio nei processi di espropriazione. Parte I: le figure di terzo proprietario e di R. Vaccarella, li terzo proprietario nei processi di espropriazio ne. Parte II: la tutela; Riv. dir. proc., 1987, 467, con nota di G. Mic
coli, Sulla legittimazione del terzo acquirente del bene pignorato. Con
Il Foro Italiano — 1995.
Con ricorso depositato il 14 settembre 1993 Umberto Rizzar
di, quale titolare della ditta individuale Apra con sede in Boni rola di Gaggiano, assumendo di essere proprietario del bene, muletto elettrico per trasporto marca Kamatsu, pignorato in data
6 agosto 1992 nel corso della procedura esecutiva n. 40505/92
promossa dal creditore procedente Tre B s.r.l., nei confronti
della debitrice Roberta Rizzardi, proponeva opposizione di ter
zo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c. per la dichiarazione di nulli
tà del pignoramento previa sospensione ex art. 624 c.p.c. della
procedura esecutiva in corso.
L'opponente in ricorso rilevava che il titolo esecutivo aziona
to dalla Tre B s.r.l. decreto ingiuntivo del presidente del Tribu
nale di Milano adottato il 16 aprile 1992, indicava quali debitri ci Rizzardi Roberta e De Marco Anna in qualità di soci dell'o
monima società di fatto e che pertanto il debito doveva
considerarsi estraneo alla società di fatto Apra, dal 1° luglio 1993 ditta individuale di Rizzardi Umberto, di cui era stata so
cia la Rizzardi Roberta, dovendo considerarsi lo stesso, nei con
quest'ultima sentenza la corte, ferma restando l'inefficacia sostanziale
ex art. 2913 ss. c.c. degli atti di disposizione della res pignorata, ha
legittimato l'acquirente del bene pignorato ad intervenire nel processo esecutivo e a proporre le opposizioni del debitore.
Con particolare riferimento a singole ipotesi di conflitto sostanziale, v. Cass. 14 dicembre 1992, n. 13164, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 61, e Giur. it., 1993, I, 1, 1446, secondo la quale, «l'inefficacia
nei confronti del creditore pignorante e di quelli intervenuti nel proces so esecutivo, sancita dall'art. 2913 c.c., è condizionata alla permanenza del processo esecutivo con la conseguenza che, nel caso in cui tale pro cesso si estingue, l'atto di alienazione acquista efficacia anche nei con
fronti dei soggetti che vi partecipavano in qualità di creditori pignoranti o intervenuti»; Cass. 10 novembre 1992, n. 12080, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 62, che ha esteso l'inefficacia dell'atto di alienazione del
bene pignorato anche a tutela dei creditori intervenuti dopo la trascri
zione dell'atto di trasferimento. A questo proposito si segnala anche
Cass. 21 aprile 1990, n. 3348, id., Rep. 1991, voce cit., n. 59, e Nuova
giur. civ., 1991, I, 204, con nota di Dalmotto, secondo la quale «uniti
più pignoramenti relativi agli stessi beni in un medesimo processo ese
cutivo, l'unità processuale giova e non nuoce ai singoli pignoramenti;
pertanto, è a partire dall'atto del primo pignoramento che sono inop
ponibili ad ogni creditore pignorante i diritti acquistati da terzi sulla
cosa». Con questa sentenza la corte ha anche sancito (Foro it.. Rep.
1991, voce cit., n. 58) che «il legislatore parifica la posizione dell'acqui rente in sede di vendita forzata a quella del creditore pignorante, per
quanto attiene all'opponibilità dei diritti acquistati dai terzi sulla cosa, ed estende al sequestrante la tutela accordata al creditore pignorante».
Sulla legittimazione a proporre l'opposizione di terzo all'esecuzione,
v., da ultimo, Cass. 21 agosto 1992, n. 9740, id., 1993, I, 1937, e Riv.
dir. proc., 1993, 892, con annotazione di G. Miccolis, Sulla tutela pro cessuale dell'acquirente del bene ipotecato; Nuova giur. civ., 1993, I,
592, con nota di M. Atzori. Con questa sentenza la corte ha negato
all'acquirente del bene ipotecato pretermesso dall'espropriazione la le
gittimazione a far valere la nullità del processo esecutivo con l'opposi zione del terzo ex art. 619 c.p.c.
Cfr., inoltre, Corte conti, sez. II, 28 novembre 1987, n. 175, Foro
it., Rep. 1988, voce Responsabilità contabile, n. 736, e Foro amm., 1988, 1191, secondo la quale «l'opposizione di terzo prevista dall'art.
619 c.p.c. è l'azione con la quale chi sia terzo nell'esecuzione e vanti
un diritto di proprietà o altro diritto reale sui beni assoggettati alla
procedura satisfattiva, chiede l'accertamento dell'illegittimità dell'ese
cuzione e la reintegrazione nel possesso di tali beni; pertanto, la stessa
può essere proposta anche in relazione al sequestro conservativo dispo sto nel giudizio di responsabilità amministrativo-contabile, che è prope deutico al procedimento esecutivo vero e proprio»; Cass. 17 giugno
1985, n. 3648, Foro it., Rep. 1986, voce Esecuzione forzata per obbli
gazioni pecuniarie, n. 46, e Giur. it., 1986, I, 1, 1213, che, in caso
di comunione fra il debitore ed altre persone non obbligate verso il
creditore e di pignoramento da parte di quest'ultimo del bene in comu
nione come oggetto di proprietà esclusiva del debitore, ha legittimato
gli altri partecipanti alla comunione all'opposizione di terzo all'esecu
zione; Cass. 16 febbraio 1982, n. 967, Foro it.. Rep. 1982, voce Esecu
zione forzata in genere, n. 56, secondo la quale con l'opposizione di
terzo all'esecuzione, prevista dall'art. 619 c.p.c., non si possono intro
durre questioni sull'esistenza del titolo esecutivo.
Infine, per un'ipotesi diversa da quella in oggetto, v. Trib. Grosseto
30 agosto 1989, id., F;p. 1990, voce Agricoltura, n. 108, che ha ritenu
to colui che aveva cessato di essere il proprietario prima del pignora mento carente di legittimazione e di interesse all'opposizione di terzo
all'esecuzione.
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