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sentenza 19 febbraio 2001; Giud. Flaim; Giovannini (Avv. Stenico) c. Cassa nazionale diprevidenza ed assistenza forense (Avv. Bressanini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 4 (APRILE 2001), pp. 1379/1380-1383/1384Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197009 .
Accessed: 25/06/2014 04:50
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1379 PARTE PRIMA 1380
TRIBUNALE DI TRENTO; sentenza 19 febbraio 2001; Giud. Flaim; Giovannini (Avv. Stenico) c. Cassa nazionale di pre videnza ed assistenza forense (Avv. Bressanini).
TRIBUNALE DI TRENTO:
Avvocato — Previdenza forense — Iscrizione — Retrodata
zione — Beneficiari (L. 20 settembre 1980 n. 576, riforma
del sistema previdenziale forense, art. 29; 1. 11 febbraio 1992
n. 141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 settembre 1980 n.
576, in materia di previdenza forense e di iscrizione alla cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati e procu ratori, art. 12; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di raziona
lizzazione della finanza pubblica, art. 2, comma 202). Avvocato — Previdenza forense — Pensione — Rivalutazio
ne dei redditi pensionabili — Criteri di applicazione (L. 20 settembre 1980 n. 576, art. 2, 3, 15).
La facoltà di retrodatazione dell'iscrizione alla cassa di previ denza forense, prevista dall'art. 29 l. 20 settembre 1980 n.
576, spetta a tutti gli iscritti alla cassa, siano essi titolari o
meno di pensione. (1) La rivalutazione dei redditi di cui al d.m. 25 settembre 1990 si
applica anche alle pensioni liquidate prima del 1° gennaio 1991. (2)
Motivi della decisione. — Entrambe le domande proposte dal
ricorrente sono fondate e meritano, quindi, accoglimento. 1. - In primo luogo il ricorrente chiede, ai sensi dell'art. 29 1.
20 settembre 1980 n. 576 e dell'art. 12 1. 11 febbraio 1992 n.
141, la retrodatazione degli effetti dell'iscrizione fino al 1952, adducendo l'esercizio continuo della professione a far data dal
1948, quando ottenne l'iscrizione all'albo degli avvocati e pro curatori di Trento, e richiamandosi alla lettera del 7 luglio 1992, con cui esercitò la relativa facoltà entro il termine previsto dal
l'art. 12 1. 141/92. La cassa convenuta nega la fondatezza della domanda in
quanto il ricorrente all'epoca (7 luglio 1992), in cui aveva ri
chiesto la retrodatazione, era già titolare della pensione di vec
chiaia maturata con decorrenza 1° maggio 1990.
Si richiama al parere espresso da Cons. Stato, sez. Ili, 2 mag
gio 1995, n. 926/93 (Foro it., Rep. 1997, voce Avvocato, n.
213), il quale aveva sì ammesso alla retrodatazione coloro (co me il ricorrente), che hanno continuato anche dopo la liquida zione della pensione di vecchiaia ad esercitare la professione, con la limitazione, però, che per costoro la «valorizzazione» di
detta retrodatazione non potesse riguardare l'intero trattamento
previdenziale, ma soltanto il supplemento di pensione, in quanto
rispetto ai medesimi si era già verificato l'evento principale del rapporto previdenziale ossia la liquidazione della pensione ed
inoltre secondo i principi generali la pensione, una volta dive
nuta definitiva, non può essere soggetta a variazioni se non
espressamente previste da una norma di legge.
(1-2) Conf. alla prima massima, Pret. Ascoli Piceno 16 marzo 1999, Foro it., 1999,1, 1677, con nota di richiami.
Conf. alla seconda massima, Cass. 27 maggio 1999, n. 297/SU, ibid., 2203, con nota di richiami. Con riferimento ad altre casse categoriali, conf. Cass. 25 novembre 2000, n. 15231 id., Mass., 1400 (geometri); 28
agosto 2000, n. 11269, id., 2000, I, 2771 (dottori commercialisti) e Trib. Milano 16 ottobre 1998, id., 1999, I, 1357; Cass. 18 settembre
1997, n. 9265, id., 1997, I, 3556 (geometri); 11 dicembre 1995, n.
12675, id., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n. 245 (geometri). Contra, Trib. Fermo 4 dicembre 2000, n. 470/00, inedita; Trib. Firenze 14 aprile 2000, n. 400/00, inedita.
Per l'applicabilità della «nuova» misura di rivalutazione dei redditi di cui al d.m. 25 settembre 1990 anche alle pensioni (della cassa foren
se) liquidate prima del 1° gennaio 1991 (con conseguente riliquidazione di tutte le pensioni in corso), il consiglio di amministrazione della cassa
forense, con delibera del 10 febbraio 2001 ha riconosciuto «a tutti i
pensionati ante 1991, con pensione liquidata in forza dell'art. 2 1.
576/80, e su loro domanda, il diritto al ricalcolo della pensione e dei
supplementi, in conformità a quanto stabilito dal d.m. 25 settembre
1990, e alla conseguente corresponsione delle eventuali differenze do vute a far tempo dal 1° gennaio 1991». E ciò perché «alla luce di re centi sentenze della Corte di cassazione emesse nei confronti anche di altre casse professionali, non è legittimo operare delle discriminazioni tra pensionati prima e dopo una determinata data, con conseguente violazione del principio d'uguaglianza garantito dall'art. 3 Cost.».
In dottrina, cfr. L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi profes sionisti, Torino, 1998, 244 ss.
Il Foro Italiano — 2001.
L'assunto di parte convenuta (e svolto dal Consiglio di Stato
nel predetto parere) non può essere condiviso.
L'art. 29, 1° comma, 1. 576/80 stabilisce che «entro il termine
perentorio di un anno dall'entrata in vigore della presente legge,
gli avvocati, i procuratori ed i praticanti abilitati al patrocinio, che abbiano esercitato con carattere di continuità la professione o il praticantato ... possono chiedere l'iscrizione con effetto re
troattivo o la retrodatazione degli effetti dell'iscrizione, se già iscritti, risalendo al massimo all'iscrizione agli albi e ai registri dei praticanti e comunque non oltre il 1952».
L'art. 12, 1° comma, 1. 141/92 dispone che «il termine di cui al 1° comma dell'art. 29 1. 576/80 è riaperto per la durata di un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai soli
fini della retrodatazione degli effetti di iscrizioni già avvenute. La facoltà di retrodatazione è estesa ai superstiti degli iscritti
deceduti dopo l'entrata in vigore della citata 1. 576/80».
Non è del tutto chiaro in base a quali elementi la legittima zione a richiedere la retrodatazione venga negata a coloro che
godono già della pensione di vecchiaia.
La lettera della legge attribuisce la facoltà di retrodatazione
semplicemente agli «avvocati e procuratori». Da tale dizione non sembra potersi inferire che la legittima
zione spetti soltanto a coloro che al momento della richiesta
esercitano la professione. E noto, infatti, che il titolo di avvocato e di procuratore si
conserva anche dopo la cancellazione dall'albo (art. 1, 2° com
ma, r.d. 27 novembre 1933 n. 1578), salvo che ciò sia avvenuto
per una causa d'indegnità. Nei pareri espressi dal ministero del lavoro e della previdenza
sociale (12 maggio 1994), dal ministero del tesoro (14 marzo
1995) e dal Consiglio di Stato (adunanza 2 maggio 1995) si af ferma concordemente l'indefettibilità del requisito dell'eserci
zio della professione all'epoca della presentazione della richie
sta di retrodatazione in base all'assunto che le disposizioni ex
art. 29 1. 576/80 ed art. 12 1. 141/92 riguardano gli «iscritti» alla cassa.
Sennonché iscritti alla cassa non sono soltanto coloro che
esercitano la professione (come, pare di capire, ritengono le
predette autorità, limitando la legittimazione alla retrodatazione
ai professionisti non pensionati ed agli avvocati già titolari di
pensione che continuano ad esercitare la libera professione), ma
anche gli avvocati e procuratori, che si limitano a beneficiare
delle prestazioni a carico della cassa medesima; infatti l'eserci
zio della professione costituisce la condizione necessaria per venire iscritti alla cassa e non già per mantenere l'iscrizione.
Una conferma anche sul piano letterale dell'assunto che gli avvocati titolari di pensione a carico della cassa rientrano nel
novero degli «iscritti» alla cassa si rinviene nel disposto ex art.
47 1. 8 gennaio 1952 n. 6 (come sostituito dall'art. 22 1. 25 feb
braio 1963 n. 289), secondo cui «alle pensioni, agli assegni e
alle liquidazioni di qualsiasi specie che la cassa corrisponde ai
propri iscritti ed ai loro aventi causa si applicano, per quanto si riferisce al sequestro, al pignoramento e alla cessione, le dispo sizioni vigenti per i dipendenti dell'amministrazione dello Sta to».
D'altra parte non pare si sia mai seriamente dubitato che
iscritto ad una gestione pensionistica non è soltanto colui che è
tenuto al versamento dei contributi, ma anche il titolare delle
prestazioni erogate. Sembra, quindi, doversi proprio concludere che l'art. 29 1.
576/80 e l'art. 12 1. 141/92 attribuiscono la facoltà di retrodata
zione degli effetti dell'iscrizione a tutti gli iscritti alla cassa, siano essi titolari o meno di pensione nonché siano essi eser centi o meno la professione.
Una conferma dell'irrilevanza dell'esercizio della professione al momento della formulazione della richiesta di retrodatazione
si evince anche dall'art. 12 1. 141/92, il quale, oltre a riaprire i termini di presentazione (cosa di cui si è avvalso il ricorrente), ha «esteso» la facoltà di retrodatazione anche «ai superstiti degli iscritti deceduti dopo l'entrata in vigore della ... 1. 576/80»; ap pare infatti evidente l'illogicità ed irrazionalità di un'interpreta zione, che, da un lato nega ai pensionati la facoltà di retrodata zione perché non esercitano la professione forense, ma, dall'al
tro, è costretta dalla lettera della legge ad attribuire la medesima
facoltà a soggetti, quali i superstiti, che mai hanno esercitato la
professione forense ...
Il riconoscimento di detta facoltà anche ai titolari di pensione, che non esercitino la professione, comporta a fortiori l'esclu sione di ogni limite alla valorizzazione del periodo di retrodata
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zione (per utilizzare la terminologia del Consiglio di Stato) per coloro (come il ricorrente) che, dopo aver maturato la pensione di vecchiaia, hanno continuato ad esercitare la professione
(d'altro canto la propugnata «valorizzazione in sede di liquida zione del supplemento di pensione» non si è rivelata che un me
ro flatus vocis, considerato, come non ha mancato di rilevare la
cassa nella delibera 813/95, che «in base alla disciplina previ denziale forense il supplemento di pensione si calcola tenendo
conto esclusivamente del biennio e del triennio successivi al
pensionamento»). Non giova alla tesi di parte convenuta neppure l'invocazione
del principio generale, secondo cui la pensione, una volta dive
nuta definitiva, non può essere soggetta a variazioni se non
espressamente previste da una norma di legge; è, infatti, agevole osservare che nel caso in esame non difetta certo la norma di
legge, costituita dagli art. 29 1. 576/80 e 121. 141/92, che preve da espressamente la variazione del trattamento pensionistico per effetto della retrodatazione.
Deve, quindi, ritenersi accertato il diritto del ricorrente alla
retrodatazione sino al 1952 degli effetti della propria iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense, con
conseguente condanna della convenuta a corrispondere le relati
ve prestazioni previdenziali con le maggiorazioni previste dal
l'art. 16, 6° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 412, secondo cui
«l'importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione
dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior dan
no subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del
valore del suo credito».
2. - In secondo luogo il ricorrente chiede che la sua pensione
venga riliquidata mediante la rivalutazione ex art. 15 1. 576/80, nella misura del cento per cento, disposta dal d.m. 25 settembre
1990, dei redditi utili ai fini del calcolo della prestazione previ denziale ai sensi dell'art. 21. 576/80.
Sostiene, richiamando Cass., sez. un., 27 maggio 1999, n.
297/SU (id., 1999,1, 2203), che detta rivalutazione debba avve nire anche rispetto alle pensioni liquidate prima del 1° gennaio 1991.
La cassa convenuta nega la fondatezza anche di questa se
conda domanda; afferma che la pronuncia richiamata dal ricor
rente (Cass., sez. un., 297/SU/99) ha trattato la questione della
rivalutazione dei redditi ex d.m. 25 settembre 1990 con esclusi
vo riferimento alla posizione di un avvocato posto in pensione
dopo la data del 1° gennaio 1991; è per tale ragione che la deli
bera del consiglio di amministrazione della cassa del 26 giugno 1999 ha esteso gli effetti di predetta pronuncia soltanto agli av
vocati «andati in pensione a far tempo dal 1° gennaio 1991».
Evidenzia, infine, che la delibera n. 538 del 28 novembre
1987, con cui il consiglio di amministrazione della cassa, ai sen
si degli art. 13, 2° e 3° comma, e 15, ultimo comma, 1. 576/80, richiese ai competenti ministeri l'emanazione di un decreto di
retto, tra l'altro, ad elevare dal settantacinque per cento al cento
per cento la rivalutazione ex art. 15, 3° comma, 1. 576/80 dei
redditi utili ai fini del calcolo della pensione di vecchiaia, non riguardò le pensioni liquidate in data anteriore al 1° gennaio 1991.
Il rispetto per la funzione nomofilattica della Suprema corte
ex art. 65 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 (particolarmente preziosa in materia d'interpretazione di norme previdenziali) non con
sente di condividere gli assunti di parte convenuta.
Nella pronuncia delle sezioni unite già citata (Cass., sez. un.,
297/SU/99) vi è un obiter dictum in cui si è affermata l'applica bilità anche ai titolari di pensione liquidata prima del 1° gennaio 1991 della misura di rivalutazione aumentata dal d.m. 25 set
tembre 1990, di talché la data di entrata in vigore di detto de
creto segna soltanto il momento a partire dal quale la nuova
pensione va computata e corrisposta, con esclusione di ogni di
ritto a quote arretrate.
Anche da ciò prescindendo, in più risalenti pronunce la Su
prema corte (Cass. 18 settembre 1997, n. 9265, id., 1997, I, 3556; 11 dicembre 1995, n. 12675, id., Rep. 1997, voce Profes sioni intellettuali, n. 245) ha già risolto (positivamente per il
pensionato) due analoghe controversie, che, seppur riferite a
trattamenti previdenziali a carico di altra cassa — quella dei
geometri —, afferiscono ad una disciplina legislativa pressoché identica.
Si tratta di decisioni che valgono a costituire degli autorevoli
precedenti in quanto la Suprema corte si è premurata, specie in
Cass. 12675/95, di affrontare le questioni, che la convenuta ha
Il Foro Italiano — 2001.
posto od anche soltanto che possono porsi nella presente con
troversia:
a) seppur il ricorrente chieda la «riliquidazione della pensio ne» mediante la rivalutazione ex art. 15 1. 576/80, nella misura
del cento per cento, disposta dal d.m. 25 settembre 1990, dei
redditi utili ai fini del calcolo della prestazione previdenziale ai sensi dell'art. 2 1. 576/80, in realtà il d m. 25 settembre 1990, nel prevedere la decorrenza dal 1° gennaio 1991 non dispone, in
difetto di qualsiasi riferimento alla data di liquidazione della pensione, l'aumento delle percentuali di commisurazione delle
pensioni liquidate a partire da quella data, ma si limita a stabili re l'aumento delle percentuali di commisurazione della pensio ne annua con effetto dalla data medesima; in definitiva il d.m.
25 settembre 1990 ha introdotto un adeguamento di tutte le pen sioni, ivi comprese quelle preesistenti (per le quali può parlarsi non già di riliquidazione, bensì di adeguamento delle rate matu
rate successivamente alle date indicate nel decreto), e non un
nuovo criterio di liquidazione efficace soltanto in ordine alle
nuove pensioni, stante l'assoluta assenza di ogni riferimento a
dette nuove pensioni;
b) l'accoglimento della pretesa del ricorrente non comporta alcuna applicazione retroattiva od interpretazione estensiva
delle norme in materia di liquidazione della pensione di vec
chiaia: infatti già la 1. 576/80 aveva previsto (art. 2, ultimo comma, ed art. 16) dei meccanismi di eventuali adeguamenti per il futuro del trattamento pensionistico a mezzo decreto ministe
riale, quale quello concretizzatosi con l'emanazione del d.m. 25
settembre 1990;
c) è irrilevante la mancanza nel d.m. 25 settembre 1990 di ri
ferimenti alle pensioni già liquidate anteriormente alla sua ema
nazione: proprio perché i meccanismi di adeguamento erano già stati previsti nella 1. 576/80, deve ritenersi che essi riguardino anche le pensioni già liquidate; infatti, in caso contrario, si do
vrebbe concludere che nella predetta 1. 576/80 fosse insita la
volontà di discriminare il trattamento dei pensionati a seconda
dell'epoca del loro collocamento in pensione, ma si tratterebbe
di un'interpretazione irrimediabilmente in contrasto con il prin
cipio costituzionale di eguaglianza; d) non può giovare alla cassa l'osservazione, per cui l'assicu
rato può pretendere un trattamento pensionistico proporzionato ai contributi da lui versati e, di conseguenza, dell'aumento di
pensione possono beneficiare solo gli assicurati che abbiano
versato contributi aumentati, con esclusione, quindi, dei vecchi
pensionati; la Suprema corte ha replicato, rilevando che, se vi
deve essere corrispondenza tra pensioni e contributi, questa de
ve valere in via globale, non in relazione al singolo pensionato; inoltre i beneficiari del trattamento di quiescenza godono di una
pensione proporzionata ai contributi versati da tutta la categoria di lavoratori, ma la parità di mansioni svolte, di anni lavorativi e
di reddito tassato, nonché una sentita e generalizzata esigenza di
giustizia inducono, stante la parità delle rilevate condizioni ed in assenza di fattori eccezionali di senso contrario, all'erogazio ne di uguali pensioni; infine, se dell'aumento beneficiassero
solo i nuovi pensionati, beneficerebbero del medesimo anche
coloro che fossero stati collocati in quiescenza nell'immediatez
za del provvedimento comportante l'aumento, cioè, nel caso di
specie, subito dopo l'emanazione del decreto ministeriale, e,
quindi, beneficerebbe, comunque, dell'aumento anche chi non
avesse versato, non avendone avuto il tempo, contributi au
mentati in reazione all'incremento della pensione; e) ad avviso della cassa convenuta la delibera n. 538 del 28
novembre 1987, con cui il consiglio di amministrazione della
cassa, ai sensi degli art. 13, 2° e 3° comma, e 15, ultimo comma, 1. 576/80, richiese ai competenti ministeri l'emanazione di un
decreto diretto, tra l'altro, ad elevare dal settantacinque per cento al cento per cento la rivalutazione ex art. 15, 3° comma, 1.
576/80 dei redditi utili ai fini del calcolo della pensione di vec chiaia, non ha riguardato le pensioni liquidate in data anteriore
al 1° gennaio 1991. In diritto, occorre evidenziare che alla luce del disposto ex art.
13, 2° comma, 1. 576/80, che disciplina il meccanismo di ade
guamento mediante decreto ministeriale, la proposta formulata
dal consiglio di amministrazione della cassa non è vincolante
per l'autorità ministeriale (ne è una riprova il fatto che il d.m. 25 settembre 1990 ha disposto la rivalutazione ex art. 15, 3°
comma, 1. 576/80 a decorrere dal 1° gennaio 1991 e non già, come indicato nella suddetta delibera, dal 1° gennaio 1988).
In fatto, la delibera 538/87 non contiene alcuna distinzione tra
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1383 PARTE PRIMA 1384
le pensioni liquidate prima e dopo il gennaio 1991; quindi non rileva se nel parere dell'attuario si sia, eventualmente, ipotizzato che gli aumenti del criterio di calcolo della pensione riguardas sero soltanto le pensioni di nuova liquidazione; in ogni caso, considerato che la cassa propose, per l'aumento de quo, la de
correnza dal 1° gennaio 1988, certamente l'attuario considerò,
quanto meno, le pensioni da liquidarsi a partire dal 1° gennaio 1988, tra le quali rientra anche la pensione di vecchiaia del ri corrente, che venne liquidata a far data dal 1° maggio 1990.
In definitiva, deve dichiararsi che i ratei, afferenti alla pen sione di vecchiaia a carico della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense, maturati successivamente al 1° gennaio 1991, devono essere calcolati previa rivalutazione ex art. 15 1.
576/80, nella misura del cento per cento, disposta dal d.m. 25
settembre 1990, dei redditi utili ai fini del calcolo della presta zione previdenziale ai sensi dell'art. 2 1. 576/80, con conse
guente condanna della cassa convenuta a corrispondere le rela
tive prestazioni previdenziali con le maggiorazioni previste dal
l'art. 16, 6° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 412.
La quantificazione degli importi spettanti al ricorrente in for
za della presente sentenza richiede l'assistenza di c.t.u., alla cui
nomina si procede con separata ordinanza ex art. 279, 3° com
ma, c.p.c.
TRIBUNALE DI FOGGIA; ordinanza 9 febbraio 2001; Giud. Labella; Fall. soc. Italsemole c. Banco di Sicilia.
TRIBUNALE DI FOGGIA;
Citazione civile — Determinazione della cosa oggetto della domanda — Semplice incertezza — Esposizione dei fatti — Incertezza — Nullità — Esclusione (Cod. proc. civ., art.
163, 164). Citazione civile — Azione revocatoria fallimentare — Ri
messe di conto corrente — Domanda di inefficacia di tutte le rimesse — Assoluta incertezza — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 163, 164; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67).
L'atto di citazione non è nullo quando la cosa oggetto della
domanda sia incerta (ma non omessa o assolutamente incer
ta) o quando non sia del tutto mancata l'esposizione dei fat ti. (1)
(1) Per quanto attiene al requisito della mancata indicazione dei fat ti, si ritiene in prevalenza che il vizio sussista solo con riferimento a di ritti eterodeterminati (sulla distinzione, v. le opposte letture di Cerino
Canova, La domanda giudiziale ed il suo contenuto, Torino, 1980, 177, e Menchini, / limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 214) e cioè quei diritti che si possono individuare solo attraverso la fattispecie costitutiva (Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 1999, II, 16; Co moglio (-Ferri-Taruffo), Lezioni sul processo civile, Bologna, 1995, 322; Verde, Il nuovo processo di cognizione, Napoli, 1995, 15; Bale na, La riforma del processo civile, Napoli, 1994, 134; Mandrioli, Cor so di diritto processuale civile, Milano, 1993, II, 16; Tarzia, Linea menti del nuovo processo di cognizione, Milano, 1991, 66; per Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 62, la norma non sembrerebbe distinguere tra le due categorie di diritti; per Proto
Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1999, 258, la man cata indicazione dei fatti incide sulla nullità della citazione anche se si verte in tema di diritti autodeterminati, mentre se ci si trova di fronte a diritti eterodeterminati la nullità colpisce la citazione nella quale l'esposizione dei fatti sia assolutamente incerta; contra, Monteleone, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 364, per il quale la nullità per mancata esposizione dei fatti colpisce anche la citazione relativa a di ritti autodeterminati).
Fra questi, quindi, i diritti di credito (Cass., sez. un., 22 maggio 1996, n. 4712, Foro it., 1998,1, 2975) e i diritti potestativi (fra i quali ultimi dovrebbe rientrare l'ipotesi del diritto alla revocatoria; cfr. Cass., sez. un., 15 giugno 2000, n. 437/SU, id., 2000,1, 2724; Consolo, Spie
li. Foro Italiano — 2001.
L'atto di citazione relativo a revocatoria fallimentare di rimes
se in conto corrente non è nullo se il petitum è rappresentato dalla richiesta di revoca di tutte le operazioni bancarie ine
renti un certo periodo e se per l'esposizione dei fatti l'attore
rinvia alla documentazione bancaria prodotta o da produrre anche a seguito di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. (2)
gazioni di diritto processuale civile, Milano-Bologna, 1995, 160, pone in rilievo come per le azioni costitutive l'appartenenza al genus dei di ritti eterodeterminati vada valutata con una certa prudenza).
In conformità all'ordinanza in rassegna, anche in letteratura si tende a sottolineare che la nullità colpisce solo l'omessa esposizione dei fatti e non anche l'assoluta incertezza (Ferroni, Commento agli art. 163 165 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato a cura di R. Vac carella e G. Verde, Torino, 1997, II, 44; Balena, La riforma del pro cesso civile, cit., 133) pur se talora si afferma che l'esposizione dei fatti manca anche quando l'atto è così incompleto da non consentire il col
legamento sicuro tra l'episodio di vita e le conseguenze dedotte in via di pretesa (Verde, Il nuovo processo di cognizione, cit., 15; Lasagno, Nullità della citazione, in Le riforme del processo civile a cura di S.
Chiarloni, Bologna, 1992, 107). In relazione al requisito della determinazione della cosa oggetto della
domanda, il legislatore ha previsto la sanzione della nullità, particolar mente grave visto che la sanatoria opera solo con effetto ex nunc, sol tanto se il petitum manca o è assolutamente incerto. E sin troppo ovvio che la sottile linea tra assoluta incertezza e semplice incertezza non si
presti a teorizzazioni, con la conseguenza che è rimesso al prudente ap prezzamento del giudice lo stabilire se nel caso di specie il diritto al
contraddittorio, ratio sottesa alla norma, sia o non tutelato. In particola re, non essendo allo stato contemplato un regime di rimessione in ter mini generalizzato che copra anche le preclusioni degli atti introduttivi
(Cass. 23 marzo 2000, n. 3473, Foro it., Mass., 355; 27 agosto 1999, n.
8999, id., Rep. 1999, voce Procedimento civile, n. 247; 23 ottobre
1998, n. 10537, ibid., n. 248; 15 ottobre 1997, n. 10094, id., 1998, I, 2659, con nota di richiami di Caponi; Id., La rimessione in termini nel
processo civile, Milano, 1996), una particolare attenzione dovrebbe es sere prestata con riguardo a quei vizi del petitum che possano in qual che modo condizionare l'esercizio da parte del convenuto delle istanze che vanno necessariamente inserite nella comparsa di risposta da depo sitare almeno venti giorni prima dell'udienza ex art. 180 c.p.c. (per si mili valutazioni, Balena, La riforma del processo civile, cit., 126).
(2) I profili attinenti alla nullità dell'atto di citazione per revocatoria di rimesse in conto corrente sono in fase di emersione; sul punto, si se
gnalano le recenti Trib. Parma 18 marzo 1999, Foro it., Rep. 1999, vo ce Fallimento, n. 565, e Giur. it., 1999, 1852; Trib. Padova 15 luglio 1997, Foro it.. Rep. 1999, voce Procedimento civile, n. 204, e Banca, borsa, ecc., 1999, II, 741; Trib. Bari 13 giugno 1997, Foro it., Rep. 1999, voce Citazione civile, n. 15, e Giur. it., 1999, 756. In dottrina, sul
presupposto che le azioni revocatorie fallimentari debbano essere com
prese nell'ampio genus delle azioni volte al riconoscimento di diritti
eterodeterminati, si è di recente suggerita l'applicazione della causa di nullità di cui all'art. 164, 4° comma, c.p.c., con riferimento alla revoca delle rimesse in conto corrente ove sia omessa l'indicazione nell'atto di citazione di tutti i pagamenti impugnati; in questo senso, B. Poliseno, Sulla nullità per i vizi inerenti alla «editio actionis» dell'atto introdut tivo dell'azione revocatoria fallimentare, ibid. Al contrario, per A. Romano, Sul giudizio di nullità dell'atto di citazione per assoluta in certezza dell'oggetto e dei fatti costituenti le ragioni della domanda, in Banca, borsa, ecc., 1999, II, 741, la revocatoria andrebbe ascritta fra le azioni a tutela di diritti autodeterminati e la nullità non potrebbe essere dichiarata se non per assoluta incertezza dei fatti costitutivi.
L'eccessiva astrattezza di alcune costruzioni dogmatiche del diritto
processuale mostra tutti i suoi limiti proprio quando dalla teoria sulla «domanda» si passa alla valutazione della «domanda revocatoria» pro posta nel singolo processo. Solo per esemplificare, se il curatore chiede la revoca di tutti gli atti compiuti dal fallito nei confronti di una certa
banca, senza precisare l'ammontare della pretesa, l'atto di citazione è nullo perché risulta assolutamente incerto il requisito di cui all'art. 163, n. 3, c.p.c. (determinazione della cosa oggetto della domanda). Se vice versa nell'atto di citazione viene indicato l'ammontare della pretesa in modo sintetico, ovverosia mediante la determinazione del quantum complessivo, non si può ritenere che vi sia assoluta incertezza del peti tum, laddove il curatore assuma che sono revocabili tutte le rimesse af fluite sul conto nel periodo sospetto (il problema si sposta sul terreno della prova, visto che sulla scorta dell'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, la natura solutoria delle rimesse va verificata alla luce di molteplici criteri; sulla questione della revocabilità delle rimes se il panorama della giurisprudenza è quasi sconfinato: v., da ultimo, Cass. 3 gennaio 1996, n. 12, Foro it., 1996,1, 530, e Trib. Milano 9 mar zo 1999, id., 1999,1, 2682, alle cui note di richiami si rinvia). L'asso luta incertezza del petitum può riemergere se a fronte della richiesta di una somma complessiva, nell'atto di citazione il curatore faccia riferi mento ad alcune operazioni particolari e queste non siano indicate; in
questo caso infatti l'assoluta incertezza è determinata dalla contraddi
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