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sentenza 19 giugno 1986; Giud. Nisticò; Vernizzi (Avv. O. Mazzotta) c. Federazione italiana...

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sentenza 19 giugno 1986; Giud. Nisticò; Vernizzi (Avv. O. Mazzotta) c. Federazione italiana lavoratori dello spettacolo e altri (Avv. Bellotti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 987/988-991/992 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179432 . Accessed: 25/06/2014 11:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.49 on Wed, 25 Jun 2014 11:12:51 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 19 giugno 1986; Giud. Nisticò; Vernizzi (Avv. O. Mazzotta) c. Federazione italiana lavoratori dello spettacolo e altri (Avv. Bellotti)

sentenza 19 giugno 1986; Giud. Nisticò; Vernizzi (Avv. O. Mazzotta) c. Federazione italianalavoratori dello spettacolo e altri (Avv. Bellotti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 987/988-991/992Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179432 .

Accessed: 25/06/2014 11:12

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PARTE PRIMA

— come si è detto — il Matli si è limitato a contestare in toto

le pretese avversarie, e non la loro difformità dalle norme fissate

dalla legge in tema di canone di locazione.

Per le esposte considerazioni, deve quindi ritenersi che l'oppo sizione in oggetto rientri non già nella sfera di competenza di

questo pretore, ma, per ragioni di valore, in quella del tribunale, al quale la causa va pertanto rimessa. (Omissis)

PRETURA DI PISA; sentenza 19 giugno 1986; Giud. Nisticò;

Vernizzi (Avv. O. Mazzotta) c. Federazione italiana lavorato

ri dello spettacolo e altri (Avv. Bellotti).

PRETURA DI PISA;

Sindacati — Associazione sindacale — Segretario provinciale di

sindacato di categoria della C.g.i.l. — Controversia per il pa

gamento di spettanze retributive — Camera confederale del la

voro — Legittimazione passiva — Insussistenza (Cod. civ., art.

36).

La camera confederale del lavoro non è legittimata passivamente nella controversia promossa dal segretario provinciale di un sin

dacato di categoria aderente alla C.g.i.l. al fine di ottenere spet

tanze retributive conseguenti alla sua attività di sindacalista. (1)

Fatto e svolgimento del processo. — Vernizzi Gianfranco, rap

presentato e difeso per delega a margine del ricorso dall'avv. O.

Mazzotta, notificava alla Federazione italiana lavoratori spetta colo ed informazione, nonché alla struttura regionale e provin ciale (rectius comprensoriale) della stessa, nelle persone dei loro

rappresentanti pro tempore, ricorso innanzi a questo pretore per sentirli «condannare al pagamento, a favore del ricorrente, della

somma di lire 85.625.524, oltre rivalutazione monetaria ed inte

ressi, come per legge». A tal fine, introducendo alcune istanze istruttorie, assumeva:

1) di essere stato iscritto al sindacato dal 1962 al 1984; 2) di aver

ricoperto dal 1965 la carica di segretario provinciale, partecipan do in tale veste a tutta l'attività organizzativa e politico-sindacale;

3) che detta attività gli comportava un «diuturno e continuativo

impegno senza alcuna limitazione oraria»; 4) che l'attività pre detta «non è mai stata compensata, mentre avrebbe dovuto esser

lo». (Omissis) Motivi della decisione. — Questione non nuova, invero, quella

sottoposta oggi all'esame di questo pretore ma che, ciò non di

meno, necessita di sistemazione organica delle relative problema

tiche, soprattutto se si tien conto che, in questa vicenda, la came

(1) Della sentenza va segnalata non solo la ricostruzione giuridica dei

rapporti interni fra le varie istanze dell'associazione sindacale, ma anche il supporto fornito all'interpretazione dalla ricognizione dell'atteggiamen to «storicamente» tenuto dalla C.g.i.l. nel contenzioso giudiziario rispet to alla propria dimensione organizzativa.

Per riferimenti dottrinali e giurisprudenziali sul problema dei rapporti interni fra le strutture sindacali orizzontali e di categoria v. i richiami in nota a Pret. Sondrio, ord. 22 novembre 1983, Foro it., 1985, I, 1185, che ha ritenuto sussistente il diritto di un nucleo interno di un sindacato nazionale di recedere in quanto tale dalla federazione conservando la de nominazione originaria, quando si tratti non di una semplice articolazio ne periferica dell'inscindibile apparato nazionale, ma di una struttura

organizzata in forma federativa. Sul problema della natura della responsabilità personale e solidale di

coloro i quali agiscono in nome e per conto di una associazione non riconosciuta (costruita come fideiussione ex lege), v. Cass. 26 febbraio

1985, n. 1655, ibid., 2672 con nota di richiami. Nel senso che l'assunzione di una carica elettiva (nel caso segretario

provinciale) di un sindacato non esclude di per sé che fra l'associazione e l'eletto possa contemporaneamente istituirsi un rapporto di lavoro su

bordinato, la cui ricorrenza va peraltro valutata in fatto, v. Cass. 12

aprile 1986, n. 2594, id., 1986, I, 1538, con nota di richiami. In dottrina v., da ultimo, Carabelli, Libertà e immunità dei sindaca

to, Napoli, 1986; Id., Il sindacato, II, L'associazione sindacale, in Dirit to sindacale, Dottrina e giurisprudenza di diritto del lavoro, diretta da

Giugni, Torino, 1984, spec. 260 ss.; Vincenzi Amato, Associazioni e tutela dei singoli, Napoli, 1984.

La sentenza è stata redatta dall'uditore giudiziario Gaetano Schiavone.

Il Foro Italiano — 1987.

ra del lavoro di Pisa ha assunto una posizione diametralmente

opposta a quella che ha caratterizzato l'atteggiamento giudiziario dell'intera Conferderazione generale italiana del lavoro nelle di

verse vicende in cui è stata parte. Fin dall'ormai remoto 1947 (sent. Trib. Roma del 27 dicembre

1947), infatti, la C.g.i.l. si è costantemente ed univocamente indi

rizzata verso una gelosa difesa dell'autonomia delle singole istan

ze (verticali ed orizzontali) in cui si articola la sua struttura.

Ma tant'è, non resta che prendere atto che la maggiore orga nizzazione sindacale italiana ripensa la sua composizione ed im

prime un colpo di timone alla sua quarantennale storia, la quale, se non concide, certamente si identifica nell'intera storia del sin

dacalismo italiano nato dalle ceneri dell'organizzazione corpora tiva dello Stato fascista. Grazie alla 1. 3 aprile 1926 n. 563 —

la cui lettura, nelle intenzioni del legislatore fascista, si sarebbe

dovuta coniugare con le disposizioni della carta del lavoro —

l'organizzazione sindacale era mortificata ed avvilita al rango di

longa manus dell'apparato statuale mediante (anche) l'attribuzio

ne della personalità giuridica di diritto pubblico. Il costituente (art. 39) ha anch'egli previsto una procedura (la

registrazione) che consente ai sindacati di acquisire la personalità

giuridica (art. 39, 4° comma) la cui attribuzione, però, deve sem

pre avvenire sul presupposto della piena ed effettiva libertà del

l'organizzazione sindacale (art. 39, 1° comma). Rimasto inattuato, com'è noto, il progetto costituzionale di personificazione dei sin

dacati, la stragrande maggioranza della dottrina è concorde nel

ritenere l'inapplicabilità, altresì', della forma ordinaria di ricono

scimento prevista dall'art. 12 c.c. E se i sindacati, da un lato,

rifuggono dalla via civilistica di attribuzione della personalità, il

governo repubblicano, d'altro canto, nelle rarissime ipotesi in cui

è stato evocato, ha respinto la richiesta di riconoscimento (conf

commercio), stante la specialità della disciplina prevista dall'art.

39 Cost.

Dunque, se i sindacati non sono un nulla, per il diritto essi

non possono essere altri se non «centri d'imputazione giuridica», e cioè, data la loro natura plurisoggettiva, essi sono associazioni

non riconosciute di diritto comune; il che, dopo la fondamentale

sentenza della Suprema corte n. 4252 del 16 novembre 1976, (Fo ro it., 1977, I, 1482), non è certo un minus, bensì' è un modo

diverso, a fianco alle persone giuridiche, di essere parti attive

del mondo giuridico. La disciplina di queste formazioni sociali trova, pertanto, fon

te nella combinazione degli art. 36-38 c.c. con gli accordi sociali, a cui lo stesso art. 36 rinvia, oltre che nell'applicazione analogica di alcune norme previste in materia di persone giuridiche private

(art. 12 ss. c.c.) e che non siano incompatibili con il dato negati vo dell'assenza di personalità.

Se l'individuo è, già sul piano naturalistico, un'entità statica

ed immutabile nella sua unicità, le aggregazioni sociali, proprio

per la loro plurisoggettività, si presentano con una varietà di con

notazioni, volta a volta modellate alle diverse esigenze in cui il

soddisfacimento è la ragione stessa della loro esistenza; sicché

è constatabile un'ampia varietà fenomenica che va dall'associa

zione culturale o sportiva di quartiere, alle grandi forze politiche 0 sindacali nazionali che possono contare addirittura su milioni

di aderenti, ma sia l'una che le altre di fondano giuridicamente solo sulla disciplina normativa sopra schematizzata. È ovvio che

1 problemi, anche d'inquadramento giuridico, che pone l'una realtà

sono diversi da quelli posti dalle altre formazioni, specie se si

pensa al dato della diffusività territoriale di quest'ultime. La dottrina, fin da quando nella figura dell'associazione non

riconosciuta hanno dovuto trovare allocazione — invero ristretta — realtà complesse come i partiti e i sindacati, ha affrontato

il problema delle analisi della loro struttura e, quindi, del rappor to esistente fra le diverse istanze in cui essa si articola. Sulla pre messa che in materia sindacale — ma il discorso non muta se

si ha riguardo ai partiti — proprio perché trattasi di fenomeni

di aggregazione sociale, è erroneo andare alla ricerca di una solu

zione unitaria, sono state individuate, in base ai singoli casi emersi, le seguenti linee di tendenza, la cui validità va verificata in con

creto con riguardo alle singole strutture: a) il sindacato nazionale

è un'associazione primaria, cioè di essa fanno parte solo persone

fisiche; b) trattasi, invece, di un'associazione secondaria, a cui

aderiscono solo le articolazioni organizzative minori (es. sezioni), ciascuna delle quali avrebbe natura associativa; c) siamo di fron

te, al contrario ad un insieme di associazioni parallele, cioè ad

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

associazioni di persone cui si affiancano le diverse associazioni

periferiche. In linea di massima, la tesi più apprezzabile pare l'ultima in

quanto evita l'errore — in cui incorre la prima posizione — di

disconoscere autonomia alle articolazioni locali del partito o del

sindacato, da un lato, e, dall'altro, di negare — contrariamente

a quanto fa la seconda opzione — la realtà oggettiva secondo

cui, i singoli si sentono partecipi direttamente all'associazione na

zionale e non mediatamente tramite le strutture organizzative minori.

La giurisprudenza è orientata maggiormente verso l'ipotesi sub

ti) ma, invero, non consta che essa sia mai stata chiamata —

almeno in materia sindacale — a pronunciarsi in merito al rap

porto che lega il singolo all'organizzazione apicale, anche se alcu

ne pronunce (aventi però altro oggetto) non paiono mettere in

dubbio l'esistenza di un rapporto diretto (Cass. 15 marzo 1982, n. 1695, 30 marzo 1982, n. 1994 e 11 agosto 1982, n. 4506, id.,

Rep. 1982, voce Sindacati, nn. 64, 62, 59). Verifica in concreto, quindi, quella che deve condurre il giudi

cante al fine di individuare la natura, il tipo e l'intensità dei rap

porti che, nell'ambito di un'associazione complessa, legano le

diverse istanze in cui essa si articola. Il criterio fondamentale,

dunque, cui ispirarsi per accertare se la struttura c.d. di base sia

meramente un organo o un'articolazione di quella maggiore alla

quale la prima resta affiliata, ovvero sia un'associazione a sé stante, è quello dell'individuazione di elementi-spia che consentono di

affermare l'autonomia delle singole aggregazioni.

Questi elementi, che la dottrina sinteticamente identifica nel

l'autonoma imputabilità dei rapporti giuridici, sono stati indivi duati dalla Suprema corte (sent. n. 2895 del 7 settembre 1968,

id., Rep. 1968, voce Procedimento civile, n. 57): nel fine che

trascende i singoli componenti, nell'organizzazione collettiva, nella

costituzione di un fondo comune, nella mutevolezza dei compo

nenti, nella rappresentanza conferita ai dirigenti. Pertanto, nel

l'ambito di un'associazione, la presenza di tali requisiti in un suo

settore particolare fa di questo un centro autonomo di riferimen

to giuridico distinto sia dal fondo, inteso come mera comunione

(Cass. n. 4252/76, cit.), sia dalle altre strutture che presentano identiche caratteristiche e con le quali è unito per fini metagiuri

dici; i quali, a ben vedere, sono l'essenza stessa della loro ragione

d'essere, rappresentando la struttura in sé soltanto il necessario

tramite per il compimento di quelle attività negoziali indispensa bili per la vita giuridica di ogni soggetto. La dottrina sottolinea, a ragion veduta, che «è molto difficile costruire il rapporto fra

l'ente nazionale e le sue articolazioni politico-organizzative in ter

mini con formule consueti alla dommatica del diritto privato» ma l'opera non riesce impossibile, pur nell'inadeguatezza della

normativa, se si tiene costantemente ben distinto il profilo civili

stico da quello politico-istituzionale. Da questo punto di vista, dunque, si può dire che la Confede

razione generale italiana del lavoro, secondo lo statuto adottato

dal congresso confederale di Napoli del 28-31 gennaio 1945 e suc

cessive modifiche, risulta cosi articolata:

1) Innanzitutto è da notare che, a differenza dei precedenti

statuti, quello adottato al congresso di Livorno del 16-21 giugno 1969 (prodotto in atti e tuttora vigente) non prevede una discipli na di massima per l'organizzazione dei sindacati di categoria, in

fatti l'art. 32 rinvia espressamente agli «statuti delle rispettive federazioni (o sindacati) nazionali di categoria»; il che, più d'o

gni altro argomento, sottolinea afficacemente quale sia il grado d'intensità della volontà d'ingerenza dell'associazione complessa nella vita delle singole strutture affiliate.

2) L'art. 11, 1° comma, dello statuto C.g.i.l., in modo indub

biamente legittimo, in quanto inquadrato in un atto negoziale

aperto all'adesione dei terzi che ha per finalità essenziale la disci

plina dell'organizzazione dei lavoratori per il raggiungimento del

l'unità sindacale (art. 1,1° comma), prevede un'articolazione delle

strutture sindacali. Tale norma ha carattere evidentemente dispo

sitivo perché, avendo ad oggetto la disciplina di raggruppamenti

sociali, non può non prevedere la sua flessibilità ed il suo ade

guamento alle diverse realtà storiche su cui intende intervenire.

Pertanto, l'art. 12 dello statuto F.i.l.i.s. prevede che il sindacato

Il Foro Italiano — 1987 Parte 7-64.

sia cosi strutturato: a) consiglio dei delegati di fabbrica e sezioni

sindacali aziendali; b) federazione di comprensorio; c) federazio

ne regionale; d) federazione nazionale.

3) Lo statuto della C.g.i.l. prevede, altresì, nello stesso art.

11, un'organizzazione in senso orizzontale delle strutture affilia

te: a) la camera del lavoro zonale, frazionale o rionale, compren de i sindacati e le leghe zonali, comunali, frazionali o rionali (id

est: le componenti di base del sindacato); b) la camera confedera

le del lavoro, che comprende le camere del lavoro zonali, comu

nali, frazionali o rionali e tutti i sindacati (o federazioni)

provinciali; c) il comitato regionale.

Orbene, tutte le istanze testé indicate, «le confederazioni (o

sindacati) nazionali e le camere confederali del lavoro costituisco

no in via di associazione la C.g.i.l.», cosi recita la prima parte del 1° comma dell'art. 11 dello statuto C.g.i.l., ed è alla luce

di queste previsioni di auto-normazione (art. 36 c.c.) oltreché dei

principi su esposti, che bisogna verificare la natura delle singole

istanze, verticali ed orizzontali, ed il loro grado di autonomia

dell'organizzazione complessa o, nella specie, reciprocamente fra

loro.

Fin dai primi anni della rinascita costituzionale del paese, la

giurisprudenza ha avuto modo di affrontare questi problemi, in

misura più massiccia per quanto riguarda i partiti e in quantità

minore, ma considerevole, per i sindacati e la C.g.i.l., in partico lare. Guirisprudenza, invero, risalente nel tempo ma per il sem

plice fatto che la sistemazione della materia può considerarsi

raggiunta già intorno agli anni sessanta: cosi, sia i giudici di me

rito (App. Roma 29 gennaio 1963, id., Rep. 1963, voce Associa

zione non riconosciuta, n. 7; Trib. Termini Imerese 20 febbraio

1964, id., 1964, I, 1311; Trib. Avellino 3 giugno 1966, id., Rep. 1967, voce Partiti politici, n. 6) che quello di legittimità (Cass. 20 agosto 1954, n. 2981, id., Rep. 1954, voce cit., n. 3; 14 gen naio 1955, n. 50, id., Rep. 1955, voce cit., n. 1; 8 marzo 1955, n. 679, ibid., n. 2) sono ormai concordi nel ritenere che «le sezio

ni di un partito politico costituiscono organi autonomi nell'ambi

to della vita amministrativa e politica del partito, aventi un proprio fondo e, quindi, autonomia patrimoniale. Esse (sono) associazio

ni non riconosciute a sé stanti» (Cass. 4 luglio 1962, n. 1681,

id., Rep. 1962, voce Procedimento civile, n. 4). In merito alla materia che qui ci occupa — peraltro non dissi

mile, come detto, da quella testé citata — è da notare che le

organizzazioni sindacali storicamente si sono formate (in linea

generale) non dall'alto — come se si trattasse di imprese nate

in un luogo e diramatesi per via di rappresentanza — bensì' dal

basso, mediante la creazione autonoma e spontanea di associa

zioni locali le quali, federandosi con organismi analoghi di altri

luoghi che perseguissero uno scopo analogo, hanno dato vita al

l'associazione centrale in cui unico compito è, tuttora, quello di

direzione politico-sindacale e di un certo controllo anche ammini

strativo (art. 15, 1° comma, parte 2a, statuto C.g.i.l.) che non

raggiunge mai, però, il rango di ingerenza nella gestione delle

singole strutture. Infatti, è proprio il consiglio generale nazionale

della F.i.l.i.s., e non un organo della C.g.i.l. o delle singole ca

mere confederali del lavoro, che «delibera sull'entità dei contri

buti sindacali e sui criteri di ripartizione degli stessi fra le varie

istanze della federazione» (art. 23, 12° comma, statuto F.i.l.i.s.), il che — oltre a condurre al rilievo che finanziariamente sono

le strutture orizzontali a dipendere da quelle verticali e non vice

versa — fa constatare quanto «sindacati e camere del lavoro (e

C.g.i.l.) abbiano piena autonomia amministrativa e funzionale

e proprio fondo» (Trib. Treviso 10 luglio 1951, id., Rep. 1951,

voce Sindacati, n. 17; App. Brescia 18 maggio 1955, id., Rep.

1955, voce Associazione in genere, n. 15) alimentato da un con

tributo la cui unicità non è in contraddizione con l'autonomia

delle singole istanze (Cass. 6 giugno 1957, n. 2075, id., Rep. 1957,

voce Sindacati, nn. 9-11) conclamata sia dallo statuto F.i.l.i.s.

(art. 1, 5° comma: «La F.i.l.i.s. è giuridicamente e finanziaria

mente autonoma con un proprio fondo distinto da quello della

C.g.i.l.», e il principio è ribadito all'art. 15 per quanto riguarda

la F.i.l.i.s. comprensoriale) che da quello della C.g.i.l. (art. 15

statuto C.g.i.l.: «Le camere confederali del lavoro, i comitati re

gionali e federazioni (o sindacati) nazionali sono associazioni giù

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PARTE PRIMA

ridicamente e amministrativamente autonome, aventi ciascuna un

proprio fondo comune. La C.g.i.l. ha facoltà di esercitare su di

esse un controllo amministrativo ai fini della regolarità ed effica

cia della loro gestione»). La C.g.i.l. non risponde delle obbligazioni assunte dalle came

re confederali del lavoro, dai comitati regionali e dalle federazio

ni (o sindacati) nazionali e da qualsiasi altra organizzazione di

ogni grado ad essa aderente. Ed invero «il concetto di autonomia

è in antitesi con il rapporto di dipendenza (o, peggio, d'incorpo

razione) che lega l'organo all'organizzazione di cui è parte; men

tre, invece, tale concetto non è affatto in antitesi con il potere di controllo» riconosciuto sotto vari aspetti alle strutture orizzon

tali della C.g.i.l., infatti, questo non pare dissimile da quello «at

tribuito allo Stato nei confronti degli enti pubblici, minori, aventi

pure essi personalità giuridica» cioè, la massima espressione di

autonomia nel mondo giuridico (App. Firenze 14 novembre 1955,

id., Rep. 1956, voce Lavoro (rapporto), n. 129). «La camera confederale del lavoro comprende tutte le organiz

zazioni sindacali aderenti alla C.g.i.l. esistenti nell'ambito della

provincia» (art. 26, 1° comma, statuto C.g.i.l.); in base a tale

affermazione la camera confederale del lavoro di Pisa ritiene che

essa e non la F.i.l.i.s. (ad ogni livello) sia legittimata passivamen te nel presente giudizio, ma essa non tiene in debito conto, evi

dentemente, quale sia la portata del termine (di pregnanza non

giuridica) «comprendere». Esso ha un rilievo esclusivamente

politico-sindacale se è vero che può trovare spiegazione solo nelle

funzioni che per statuto sono affidate, nell'ambito della C.g.i.l., alle singole camere confederali del lavoro e che, specificatamente enucleate nel 3° comma dello stesso articolo, sono quelle di «di

rezione e coordinamento del movimento sindacale», di «tener vi

va una qualificata iniziativa dell'organizzazione sindacale», di

«favorire una sempre più elevata capacità autonoma dei sindaca

ti», e come possa darsi autonomia di un aggregato — peraltro

spontaneo — avendo la pretesa di rappresentarlo e, quindi, pri vandolo del potere di manifestare una propria volontà, non è

dato saperlo. Inoltre, dimentica la camera confederale del lavoro

di Pisa che, nella struttura della C.g.i.l., la camera confederale

del lavoro, a ben vedere, pur se di grande importanza storica, è giuridicamente un posterius rispetto al sindacato, dacché, ai

sensi del 2° comma dell'art. 11 (statuto C.g.i.l.), è questo ad

aderire alla C.g.i.l. sia per il tramite delle camere confederali del

lavoro, sia direttamente mediante la federazione nazionale. E se

è ben vero che la partecipazione alla C.g.i.l. delle camere confe

derali del lavoro (sintesi, a livello provinciale, di tutte le mozioni

sindacali) evita una spinta corporativa dell'intera struttura, è al

trettanto vero che la categoria mantiene la sua individualità par

tecipando direttamente alla gestione della C.g.i.l., tramite la

federazione (art. 26 statuto C.g.i.l.). Orbene, sul piano giuridico, ciò vuol dire non solo che le camere confederali del lavoro man

tengono la loro autonomia rispetto alla C.g.i.l. ma, altresì, che

10 stesso livello di indipendenza è da riconoscere sia alla federa

zione nazionale che a quella comprensoriale del sindacato F.i.l.i.s.

e questo per il valido motivo d'ordine logico che, «non può con

fondersi la parte con il tutto» (Trib. Chieti 30 giugno 1953, id.,

Rep. 1953, voce Associazione in genere, n. 11). Ma v'è di più. La petizione autonomistica contenuta nell'art. 15 statuto C.g.i.l.

— da sola già bastevole — trova puntuale riscontro nell'analisi

della struttura organizzativa delle singole istanze che si presenta no con propri organi in grado ciascuno di formare una volontà

indipendente e giuridicamente rilevante, come si evince dagli art.

27 e 29 statuto C.g.i.l. (congresso ed organi direttivi della camera

confederale di lavoro), da un lato, e dagli art. 18 ss., 31 ss. dello

statuto F.i.l.i.s., dall'altro.

«Questo rilievo conferma vieppiù l'autonomia reciproca delle

varie associazioni, rette e regolate da ordinamenti interni autono

mi formati sulla base degli accordi degli associati, di guisa che

sembra incompatibile ed inconcepibile una loro interdipendenza, o peggio ancora, una confusione dei due distinti patrimoni diver

samente formati, data anche la responsabilità personale e solidale

che, ex art. 38 c.c., avvince i singoli rappresentanti dell'una e

dell'altra associazione relativamente alle obbligazioni da essi as

sunte nei confronti dei terzi che possono far valere i loro diritti

11 Foro Italiano — 1987.

sul fondo comune e nei riguardi delle persone che hanno agito in nome e per conto delle associazioni» (Trib. Chieti 30 giugno

1953, cit.). D'altronde, all'affermata «autonomia patrimoniale corrispon

de un'effettiva autonomia di gestione» (Cass. 7 maggio 1957, n.

1571, id., 1957, I, 969) come si evince dall'esistenza del collegio dei sindaci sia nel sindacato che nelle camere confederali del lavoro.

Per quest'ultime si ricava dal 6° comma dell'art. 29 (statuto

C.g.i.l.) ove — essendo previsto che sia la segreteria della camera

confederale del lavoro (organo elettivo) a «dirigere i servizi della

camera confederale del lavoro e a nominare il personale addetto

vi» — le è riconosciuta un'autonomia patrimoniale cui corrispon dono impegni gestionali concreti che impongono l'applicazione dell'art. 17 (statuto C.g.i.l.) il quale disciplina la nomina e la

funzione del collegio dei sindaci per «ciascuna delle istanze che

costituiscono la struttura organizzativa della C.g.i.l., cui compete la gestione di un fondo».

Per il sindacato F.i.l.i.s., invece, la lettera statutaria è più im

mediata, prevedendo gli art. 28 e 42 un collegio dei revisori dei

conti per ciascuna delle istanze verticali (comprensoriale, regiona

le, nazionale), anche se è da rilevare — come puro dato letterale

ma non sistematico — che, di tutte le istanze, solo per la F.i.l.i.s.

comprensoriale è esplicitamente previsto che abbia «piena auto

nomia giuridica, patrimoniale ed amministrativa e che risponde delle obbligazioni assunte unicamente tramite il proprio segreta rio responsabile ed il proprio fondo» (art. 15, ult. parte, statuto

F.i.l.i.s.). Da tali considerazioni discende inevitabile la conclusio ne che la camera confederale del lavoro di Pisa non ha alcun

titolo per intervenire nella presente causa, correttamente e ritual

mente instaurata fra il Vernizzi e la Federazione italiana lavora

tori spettacolo e informazione, comprensoriale, regionale e

nazionale, peraltro non costituita in giudizio e, quindi, contumace.

PRETURA DI VERONA; sentenza 21 maggio 1986; Giud. D'A

scola; Bendazzoli ed altri (Avv. Sala) c. Rossi (Avv. Rigoli).

PRETURA DI VERONA;

Procedimento civile — Legge 392/78 — Immobile adibito ad uso

diverso dall'abitazione — Domanda di diniego di rinnovazione

alla prima scadenza — Domanda di annullamento del contrat

to — Pregiudizialità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 295;

1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili

urbani, art. 29). Locazione — Legge 392/78 — Immobile adibito ad uso diverso

dall'abitazione — Diniego di rinnovazione alla prima scadenza — Ricostruzione, integrale ristrutturazione o completo restau

ro dell'immobile — Autorizzazione del sindaco — Sufficienza — Condizioni — Gratuità — Irrilevanza (L. 27 luglio 1978 n.

392, art. 29). Locazione — Legge 392/78 — Immobile adibito ad uso diverso

dall'abitazione — Diniego di rinnovazione alla prima scadenza — Ricostruzione, integrale ristrutturazione o completo restau

ro dell'immobile — Licenza o concessione — Decadenza —

Effetti (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 29, 73).

Il giudizio con il quale il locatore di un immobile adibito ad uso

non abitativo chiede la declaratoria della cessazione del con

tratto alla prima scadenza contrattuale per diniego di rinnova

zione non deve essere sospeso, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., in

attesa della decisione del giudizio avente ad oggetto l'annulla

mento del contratto di locazione, non presentando questo giu dizio, rispetto al primo, carattere pregiudiziale. (1)

(1) Non constano precedenti in termini. Per la sussistenza del rapporto di pregiudizialità tra il giudizio nel qua

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