sentenza 19 giugno 1998, n. 212 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 giugno 1998, n. 25);Pres. Granata, Est. Ruperto; De Filippis c. Min. interno; interv. Pres. cons. ministri. Ord. TarPiemonte 9 aprile 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 36 del 1997)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 3475/3476-3479/3480Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192730 .
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3475 PARTE PRIMA 3476
il limite di età al di sotto di quello minimo contemplato nel
settore dell'impiego pubblico (per il quale esistono per talune
categorie anche limiti minimi di età più elevati).
Ugualmente non può assumere rilievo sul piano costituziona
le il fatto che il titolo di studio richiesto (abilitazione magistra
le) possa essere legittimamente acquisito in età inferiore, essen
do diverse le valutazioni, connesse al conseguimento del titolo
di studio (abilitante), rispetto a quelle inerenti ai requisiti di ammissione ad un concorso per l'accesso all'esercizio di funzio
ni pubbliche. Né il requisito del limite minimo di età fissato a 18 anni può
considerarsi ostativo al diritto al lavoro, potendo questo essere
liberamente esercitato nel settore privato o in tutte le forme
di lavoro autonomo, mentre nel settore pubblico vi sono esigen ze di requisiti minimi di accesso, che la stessa Costituzione prende in considerazione richiedendo l'intervento della legge (riserva
relativa). Allo stesso modo la tutela dei minori prevista dall'art. 37
Cost, è destinata a proteggere nel lavoro la loro posizione, non
certo ad assicurare a questi in ogni caso libertà di accesso al
pubblico impiego. 4. - Le anzidette considerazioni portano anche all'infondatez
za del profilo del riferimento alla data di scadenza dei termini
fissati per la domanda di concorso.
Il legislatore si è attenuto — come sopra sottolineato — ad
una tecnica procedimentale usuale, dettata dalla concorrente esi
genza di attuare una omogeneizzazione del sistema dei requisiti di accesso e di assicurare parità di trattamento per i partecipan
ti, con contestuale semplificazione dei meccanismi di verifica.
Del resto anche gli altri sistemi, alternativi a quello qui di
scusso, di agganciare il requisito dell'età alla data del bando
(r.d. 5 febbraio 1928 n. 577; d.leg. c.p.s. 21 aprile 1947 n. 373) 0 al 31 dicembre dell'anno solare del bando di concorso (1. 30
maggio 1965 n. 580) ovvero alla data di assunzione, presentano
gli stessi problemi: il primo di essi restringe ulteriormente il cam
po dei partecipanti, sottraendo dal termine utile il periodo di
tempo assegnato per la presentazione delle domande; il secondo
sistema può essere più o meno favorevole ai candidati a secon
da della data del bando prossima o meno al 31 dicembre; il
terzo infine può risolversi in una limitazione per i concorrenti
qualora vi sia un limite massimo di età e il superamento può
dipendere dal ritardo della stessa amministrazione.
In definitiva non è irragionevole che il legislatore abbia volu
to fissare un riferimento uniforme per la data di possesso dei
requisiti di accesso a pubblico concorso, coniugando uniformità
di trattamento e semplificazione nella verifica. Trattasi di op zione non obbligata sul piano costituzionale, essendo il legisla tore libero di scegliere altre soluzioni (che a seconda dei casi
possono restringere o incrementare le aspettative per gli aspi ranti all'impiego pubblico, come nel caso di limiti massimi o
requisiti di anzianità) anche differenziate tra i diversi requisiti,
purché sia garantito, per un verso, il trattamento uniforme tra
1 concorrenti e, per l'altro, la natura attitudinale del requisito. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale all'art. 8, 1° com
ma, d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417 (norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola mater
na, elementare, secondaria ed artistica dello Stato); dell'art. 402, 4° comma, d.leg. 16 aprile 1994 n. 297 (approvazione del testo
unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzio
ne, relative alle scuole di ogni ordine e grado) e dell'art. 2, 1° comma, n. 2, ed ultimo comma, d.p.r. 10 gennaio 1957 n.
3 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli im
piegati civili dello Stato), sollevata, in riferimento agli art. 3,
4, 35 e 37 Cost., dal Tar per la Sicilia-Catania, sezione III, con ordinanza indicata in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1998.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 giugno 1998, n. 212
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 giugno 1998, n. 25); Pres. Granata, Est. Ruperto; De Filippis c. Min. interno; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Piemonte 9 aprile 1997
(G.U., la s.s., n. 36 del 1997).
Pubblica sicurezza (amministrazione della) — Polizia di Stato — Agenti ausiliari — Assenza dal corso — Riammissione —
Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 4, 32, 97; d.l.
4 agosto 1987 n. 325, disciplina temporanea dei corsi per l'ac
cesso ai ruoli di polizia di Stato e provvedimenti urgenti a
favore del corpo nazionale dei vigili del fuoco, art. 4; 1. 3
ottobre 1987 n. 402, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 4 agosto 1987 n. 325).
È incostituzionale l'art. 4, punto 1, lett. d), e punto 5, d.l.
4 agosto 1987 n. 325, convertito in l. 3 ottobre 1987 n. 402, nella parte in cui non consente all'amministrazione di ammet
tere ad altro corso successivo gli agenti di polizia ausiliari
che siano stati assenti per più di quaranta giorni per infermità contratta durante il corso ed abbiano nel frattempo recupera to l'idoneità psicofisica. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 giugno 1998, n. 195
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 giugno 1998, n. 23); Pres. Granata, Est. Ruperto; Castaldo c. Min. interno; in
terv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Campania 19 dicembre
1995 (G.U., la s.s., n. 47 del 1996).
Pubblica sicurezza (amministrazione della) — Polizia di Stato — Commissari in prova — Assenza dal corso — Riammissio
ne — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1.
1° aprile 1981 n. 121, nuovo ordinamento dell'amministra
zione di pubblica sicurezza, art. 57).
È incostituzionale l'art. 57, lett. d), 1.1° aprile 1981 n. 121, nella parte in cui non consente all'amministrazione di ammet
tere ad altro corso successivo i commissari in prova che siano
stati assenti per più di novanta giorni per infermità contratta
durante il corso ed abbiano nel frattempo recuperato l'ido
neità psicofisica. (2)
I
Diritto. — 1. - Il Tar per il Piemonte denuncia l'art. 4, punto
1, lett. d), e punto 5, d.l. 4 agosto 1987 n. 325, convertito in
1. 3 ottobre 1987 n. 402, nella parte in cui prevede la cessazione
da ogni rapporto con l'amministrazione anche per gli agenti ausiliari della polizia di Stato che per motivi di malattia si as
sentano dal corso quadrimestrale per più di trenta giorni, impe dendo così agli stessi di partecipare ad uno dei successivi corsi.
A parere del rimettente, la norma si pone in contrasto: a) con l'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della disparità di trat
tamento rispetto alla situazione dell'agente ausiliario che non
partecipi ad alcun corso, per il quale non è prevista tale risolu
zione del rapporto; nonché dell'irragionevolezza, consistente nella
gravità delle conseguenze connesse al superamento, anche di un
(1-2) La corte modifica il giudizio sulla disciplina dei corsi per il re clutamento del personale di polizia espresso con la sent. 13 luglio 1994, n. 297 e l'ord. 27 aprile 1995, n. 140, Foro it., Rep. 1995, voce Pubbli ca sicurezza (amministrazione della), nn. 15, 16, nel senso della legitti mità delle disposizioni oggi censurate per le ragioni evidenziate in moti
vazione; l'ordinanza di rimessione Tar Campania, sez. I, 9 maggio 1996, n. 256, è massimata id., Rep. 1996, voce cit., n. 12. Altra eccezione di incostituzionalità dell'art. 4, punto 1, lett. b), d.l. 325/87, che preve de la dimissione dal corso per gli allievi che non siano riconosciuti ido nei al servizio, senza consentire la proroga di sei mesi in analogia con la normativa generale sul periodo di prova degli impiegati dello Stato, è stata dichiarata manifestamente infondata da Cons. Stato, sez. IV, 1° aprile 1993, n. 373, id., Rep. 1993, voce cit., n. 15; per riferimenti
generali sullo stato giuridico delle forze di polizia e dei carabinieri, v. note di richiami a Corte cost. 30 ottobre 1996, n. 363, id., 1997, I, 706, e Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 1997, n. 289, ibid., Ili, 297.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
solo giorno, del periodo massimo di assenza consentito; b) con
gli art. 4 e 32 Cost., perché implica l'alternativa tra la perdita del posto di lavoro per chi decida di curarsi ed il pregiudizio
per il diritto alla salute di chi trascuri la propria infermità pur di frequentare il corso; e) con l'art. 97 Cost, in quanto, impo nendo la cessazione del rapporto per un fatto morboso indipen dente dalla volontà dell'interessato e dell'amministrazione, non
consente a quest'ultima alcuna verifica circa l'eventuale recupe ro dell'idoneità fisica e la costringe a privarsi di un elemento
qualificato da una precedente esperienza professionale. 2. - La questione è fondata.
2.1. - Questa corte è già stata investita in due precedenti oc
casioni dello scrutinio concernente la denunciata norma, come
10 stesso giudice a quo ha ben presente. Ed entrambe le volte
è pervenuta ad una pronuncia di non fondatezza (v. sent. n.
297 del 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Pubblica sicurezza, n.
15, e ord. n. 140 del 1995, ibid., n. 16), traendo argomento
dalla manifesta inidoneità delle situazioni indicate quali termini
di confronto, ad essere assunte come tertia comparationis, in
quanto riconducibili a principi del tutto diversi. Si trattava, in
fatti, delle ipotesi in cui l'assenza venga determinata da infer
mità contratta a causa di un'esercitazione pratica ovvero, per
le allieve, da maternità.
Si era in proposito altresì accennato all'ampia latitudine della
discrezionalità nella selezione degli aspiranti, che andava rico
nosciuta al legislatore in un sistema di reclutamento transitorio,
ed alla non irrazionalità della scelta di accordare un più favore
vole trattamento a chi si assentasse per causa di servizio o di
maternità.
Il rimettente prospetta ora la questione adducendo, pur nel
l'identità delle fattispecie di causa, ulteriori termini di raffronto
e profili diversi, alla cui stregua va dunque condotto questo
nuovo scrutinio della stessa norma.
2.2. - Il 1° comma del denunciato art. 4 prevede che siano
dimessi gli allievi e gli agenti di polizia ausiliari rimasti «per qualsiasi motivo assenti dal corso per più di trenta giorni, an
che non consecutivi, ovvero quaranta giorni se l'assenza è stata
determinata da infermità contratta durante il corso». L'ultimo
comma, parimenti censurato, stabilisce poi che «la dimissione
dal corso comporta la cessazione di ogni rapporto con l'ammi
nistrazione».
I corsi in parola sono stati istituiti allo scopo di sostituire
11 sistema ordinario di reclutamento — destinato ad andare «a
regime» secondo la 1. 1° aprile 1981 n. 121 — solo per il perio
do di un quadriennio, successivamente prorogato dall'art. 5 d.l.
4 ottobre 1990 n. 276 e poi dall'art. 3 d.l. 23 ottobre 1996 n.
554 fino al 31 dicembre 1999. I corsi si differenziano quanto a durata: per gli agenti ausilia
ri è previsto un periodo di quattro mesi, che diventa di sei per
gli allievi agenti di polizia. Mentre di entrambi la finalità è quella
della selezione attitudinale, previo giudizio di idoneità al servi
zio di polizia: superati gli esami, quanti hanno frequentato il
corso compiono un periodo pratico, che in caso di giudizio sfa
vorevole sono ammessi a ripetere per una sola volta.
2.3. - Questa corte, con sentenza n. 195 del 1998, ha già rite
nuto manifestamente irragionevole una previsione analoga a quel
la della denunciata norma, che era riferita ai commissari di po
lizia in prova; conseguentemente dichiarando l'illegittimità co
stituzionale dell'art. 57, lett. d), 1. 1° aprile 1981 n. 121, nella
parte in cui non consente all'amministrazione di permettere la
partecipazione ad un corso successivo dei commissari stessi, ri
masti assenti per infermità oltre il previsto limite temporale,
ove sia accertato l'avvenuto recupero della loro idoneità psico
fisica.
La ratio argomentativa di tale sentenza circa la ragionevolez
za interna del sistema, nonché la considerazione dei nuovi pro
fili introdotti dal rimettente, insieme con la constatata ulteriore
proroga del sistema «transitorio», indirizzano il presente scruti
nio di costituzionalità secondo un'ottica diversa rispetto a quel
la in cui si ponevano le decisioni del 1994 e del 1995 sopra
richiamate, necessariamente circoscritte dai limiti delle prospet
tazioni allora sottoposte alla corte.
2.4. - Ebbene, manifestamente priva di alcuna giustificazione
deve ritenersi la conseguenza sanzionatoria, espressamente assi
milata all'espulsione, che la norma riconnette al provvedimento
di dimissione dal corso, ove la si confronti con la situazione
— addotta a paragone dal giudice a quo — dell'agente ausilia
II Foro Italiano — 1998.
rio non ancora ammesso al corso stesso, la cui assenza per in
fermità, pur protrattasi oltre i termini in detta norma indicati,
non comporta l'automatica cessazione di ogni rapporto con l'am
ministrazione.
L'irragionevolezza di codesto automatismo rimane conferma
ta dal rilievo che l'impossibilità per l'amministrazione — cui
nella specie viene dalla legge imposta l'adozione di un provvedi mento del tutto vincolato, non preceduto da alcuna istruttoria — di verificare l'eziologia e le conseguenze dell'infermità fini
sce col contraddire palesemente la discrezionalità di regola ad
essa riconosciuta quando entri in gioco un interesse generale, come nella specie sarebbe quello di non privarsi della professio nalità utile all'apparato statale, presumibilmente già acquisita nel suo precedente servizio dall'agente che abbia poi recuperato la sua idoneità psicofisica.
2.5. - Analogamente a quanto già constatato con riguardo
all'ipotesi scrutinata nella sentenza n. 195 del 1998, viene dalla
norma attribuito al mero dato della frequenza un valore addi
rittura preminente rispetto al rendimento. E ciò sino al punto di ricollegare alla assenza per infermità, protratta oltre un certo
termine, la cessazione automatica del rapporto di servizio; im
pedendo all'amministrazione di consentire — pur nel rispetto di ogni altro presupposto legalmente previsto — la partecipa zione dell'allievo, che abbia nel frattempo recuperato l'idoneità
psicofisica, ad un corso successivo. Quando poi, in base all'art.
48 1. n. 121 del 1981 (che detta il regime ordinario dei corsi
per la nomina ad agente di polizia), gli agenti in prova che
non abbiano superato gli esami di fine corso sono ammessi a
ripetere non più di una volta ir secondo semestre; e lo stesso
d.l. n. 325 del 1987, nell'art. 3, 5° comma, consente agli agenti in prova di ripetere il periodo pratico nel caso di giudizio sfavo
revole alla fine del periodo di prova cui siano ammessi al termi
ne del corso in argomento. 2.6. - Tanto basta per dichiarare l'illegittimità costituzionale
della denunciata norma, restando assorbita ogni ulteriore censura.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 4, punto 1, lett. d), e punto 5, d.l.
4 agosto 1987 n. 325 (disciplina temporanea dei corsi per l'ac
cesso ai ruoli di polizia di Stato e provvedimenti urgenti a favo
re del corpo nazionale dei vigili del fuoco), convertito in 1. 3
ottobre 1987 n. 402, nella parte in cui non consente all'ammini
strazione di ammettere ad altro corso successivo gli agenti di
polizia ausiliari che siano stati assenti per più di quaranta giorni
per infermità contratta durante il corso ed abbiano nel frattem
po recuperato l'idoneità psicofisica.
II
Diritto. — 1. - Il Tar per la Campania dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 57, lett. d), 1. 1° aprile 1981 n. 121, nella
parte in cui prevede che i vincitori del concorso per commissa
rio di polizia in prova, frequentatori dell'apposito corso che
è condizione per il conseguimento della nomina, vengano da
questo dimessi nel caso di assenza per infermità di durata supe riore a novanta giorni.
A parere del rimettente la norma, nel precludere all'interessa
to la partecipazione ad un corso successivo ove egli abbia recu
perato l'idoneità fisica, risulterebbe lesiva: a) dell'art. 3 Cost.,
per la disparità di trattamento rispetto a chi, non avendo supe
rato l'esame finale, può partecipare al corso successivo; b) del
l'art. 97 Cost., in quanto prescinde dalla possibilità di accertare
in concreto l'idoneità al servizio e di verificare l'addebitabilità
delle circostanze che hanno causato la sopravvenuta infermità.
2. - La questione è fondata.
2.1. - Dispone l'art. 55 1. n. 121 del 1981 che «l'assunzione
dei commissari di polizia» avviene: a) mediante pubblico con
corso, i vincitori del quale sono nominati commissari in prova;
b) all'esito di un corso di formazione teorico-pratico della dura
ta di nove mesi, che essi sono tenuti a frequentare presso l'isti
tuto superiore di polizia. Il successivo art. 56 prevede nel 5° comma che i commissari
in prova, i quali abbiano superato gli esami finali, siano nomi
nati commissari di polizia, e nel 7° comma che coloro i quali
non superino l'esame «possono partecipare al corso successivo»
e, solo «se l'esito di quest'ultimo è negativo, sono dimessi».
Infine la denunciata norma stabilisce che sono dimessi dal
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3479 PARTE PRIMA 3480
corso i commissari in prova, i quali siano «stati per qualsiasi motivo assenti dal corso per più di trenta giorni, anche se non
consecutivi, e di novanta giorni per infermità contratta durante il corso». Solo allorché l'infermità sia stata contratta a causa delle esercitazioni pratiche (o, trattandosi di donne, l'assenza sia dovuta alla maternità), è prevista la possibilità di partecipa re al primo corso successivo al riconoscimento della sua idonei tà psicofisica.
2.2. - Dunque la denunciata norma impone come obbligato ria l'adozione del provvedimento di dimissione dal corso ove ricorra uno dei due casi di assenza sopra indicati (trenta giorni, anche se non consecutivi, ovvero novanta per infermità contrat ta durante il corso), senza che all'amministrazione sia consenti ta alcuna valutazione circa le cause che hanno determinato l'as senza stessa. In particolare nella seconda ipotesi, che viene sot
toposta alla corte, l'amministrazione non ha neppure la facoltà di accertare l'eventuale perdita, in tutto o in parte, dell'idoneità allo svolgimento del servizio di polizia.
Trattasi, all'evidenza, di automatismo basato su una presun zione assoluta di inidoneità, manifestamente priva di ragione volezza e contrastante con l'interesse stesso della pubblica am ministrazione.
Appare illogico, infatti, ammettere ad un corso successivo i
commissari in prova che non abbiano superato l'esame finale, e invece precludere comunque all'amministrazione di consentire
analoga opportunità a chi sia stato assente per malattia, sia pu re all'esito di un'istruttoria circa l'eziologia e le conseguenze della malattia stessa.
È vero che al legislatore deve riconoscersi la più ampia di screzionalità nel privilegiare alcuni elementi di valutazione nelle
procedure di accesso all'impiego; ma il necessario limite della
ragionevolezza risulta superato allorché, accordata la possibilità di ripetere il corso a chi sia stato giudicato negativamente, la medesima venga poi negata nell'ipotesi in esame, così attribuen dosi alla frequenza un valore preminente rispetto al rendimento.
Del resto la stessa avvocatura dello Stato finisce col conveni re su tale conclusione, quando suggerisce una lettura della nor
ma, secondo cui non sarebbe preclusa l'ammissione al corso successivo anche al di fuori dei casi esplicitamente previsti. Let tura che tuttavia non può accettarsi, essendo il dato testuale
preciso e ineludibile nel senso indicato dal rimettente. L'ammis sione al «primo corso successivo», infatti, è prevista espressa mente solo per le due ipotesi di infermità «contratta a causa delle esercitazioni pratiche» e di assenza «determinata da ma
ternità»; mentre, d'altra parte, l'ultimo comma dello stesso art. 57 accomuna quoad effectum l'espulsione e la dimissione dal
corso, così accentuando il carattere ingiustificatamente sanzio natorio del provvedimento relativo a quest'ultima.
La coerenza del sistema, dunque, può e deve ottenersi solo attraverso la declaratoria d'illegittimità costituzionale della de nunciata norma.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 57, lett. d), 1. 1° aprile 1981 n. 121
(nuovo ordinamento dell'amministrazione di pubblica sicurez
za), nella parte in cui non consente all'amministrazione di am mettere ad un altro corso successivo i commissari in prova che siano stati assenti per più di novanta giorni per infermità con tratta durante il corso ed abbiano nel frattempo recuperato l'i doneità psicofisica.
Il Foro Italiano — 1998.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 giugno 1998, n. 197
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 giugno 1998, n. 23); Pres. Granata, Est. Ruperto; Torre c. Giacumbi ed altro. Ord. Cass. 10 ottobre 1995 (G.U., la s.s., n. 8 del 1997).
Consulente tecnico — Procedimento di liquidazione del com
penso — Ricorso — Fissazione dell'udienza — Comunicazio ne al ricorrente — Questione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art. 135, 136; 1. 13 giugno 1942 n. 794, onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile, art.
29; 1. 8 luglio 1980 n. 319, compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni ese
guite a richiesta dell'autorità giudiziaria, art. 11).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 29 l. 13 giugno 1942 n. 794, come richiamato dall'art. 11, 6° comma, l. 8 luglio 1980 n.
319, nella parte in cui, nel caso di ricorso avverso la liquida zione del compenso spettante al perito, per le operazioni peri tali espletate a richiesta dell'autorità giudiziaria, non prevede la comunicazione al ricorrente del decreto del presidente del tribunale in calce al ricorso, con cui viene fissata la compari zione delle parti davanti al collegio in camera di consiglio ed è determinato il termine per la notificazione del decreto e del ricorso stesso alla controparte interessata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
(1) I. - In motivazione, la corte precisa che, attraverso un'interpreta zione adeguatrice della denunciata normativa ai precetti costituzionali, è da escludere che l'inutile decorso del termine di notifica indicato nel decreto di fissazione dell'udienza emesso ai sensi dell'art. 29 1. n. 794 del 1942 comporti, pur in difetto della comunicazione del decreto stes so, la decadenza dell'impugnazione già tempestivamente proposta ai sensi dell'art. 11, 5° comma, 1. n. 319 del 1980.
In altri termini, la corte in primo luogo afferma l'impossibilità di collegare ad una inattività incolpevole (la mancata notifica per non ave re ricevuto avviso del provvedimento) la decadenza dal potere di impu gnare (da considerarsi invece già compiutamente esercitato con il depo sito del ricorso). In secondo luogo sostiene che, nonostante l'assenza di una specifica previsione ad opera del combinato disposto degli art. 29 1. n. 794, cit. e 11, 5° comma, 1. n. 319, cit., comunque deve ritener si operante anche nel caso in esame l'art. 136 c.p.c., individuato quale espressione di un generale principio di conoscenza per il compimento di attività per le quali sia previsto un termine di decadenza.
L'esclusione di conseguenze caducatorie collegate all'adempimento pro cedurale della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udien za di comparizione (che il presidente del collegio redige in calce al ricor so stesso ai sensi dell'art. 29, 1° comma, 1. n. 794, cit.) muove dalla considerazione che, da un lato, il ricorso è atto impugnatorio «che co stituisce espressione d'un diritto attribuito dalla norma col solo onere di osservare il termine di venti giorni dall'avvenuta comunicazione» e che, da altro lato, osservato tale termine, una decadenza dalla impu gnazione proposta potrebbe comunque ipotizzarsi «solo in quanto il ricorrente sia stato posto in condizione di conoscere il momento iniziale del termine entro cui provvedere agli adempimenti stessi».
La naturale e tradizionale assimilazione del procedimento di opposi zione in discorso al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (e quin di di natura impugnatoria) giustificano dunque, secondo la corte, il richiamo alla decisione resa (con sentenza additiva e non, come quella odierna, interpretativa di rigetto) da Corte cost. 14 gennaio 1977, n. 15, Foro it., 1977, I, 258, circa l'analogo caso della notifica del ricorso e del decreto all'appellato nel rito del lavoro ex art. 435, 2° comma, c.p.c., senza però poi farsi carico di esaminare le ulteriori affinità del caso di specie con il rito del lavoro (circa il trattamento di eventuali patologie della vocatio in ius in appello nel rito del lavoro, v., per ulteriori richiami, Cass., sez. un., 25 ottobre 1996, n. 9331, e 29 luglio 1996, n. 6841, id., 1997, I, 130, con nota di G. Baldacci; 4 ottobre 1996, n. 8707, ibid., 131, con riferimento alle modalità di proposizione dell'appello incidentale; 11 aprile 1996, n. 3373, id., 1996, I, 2411, con nota di A. Fortini).
Il dubbio di costituzionalità viene quindi definitivamente allontanato disconoscendo in radice l'assunto, posto a base della censura d'illegitti mità, della mancata previsione di una comunicazione del decreto. In proposito la corte osserva infatti che «la mancanza di una espressa pre visione dell'obbligo di comunicare il decreto di fissazione dell'udienza e del termine di notificazione del ricorso alla controparte si spiega in quanto trova applicazione il generale principio di cui all'art. 136 c.p.c.». In tal modo, se pure si è eluso il pericolo di una soluzione di continuità del procedimento camerale, tanto è stato fatto, tuttavia, sulla base di una non pacifica lettura dell'art. 136 c.p.c. (infatti, per l'opinione se condo cui le comunicazioni sono da effettuarsi, oltre i casi di- previo ordine del giudice, solo nei casi espressamente previsti dalla legge, cfr.
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