+ All Categories
Home > Documents > sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1998, n. 26);...

sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1998, n. 26);...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: nguyenngoc
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° luglio 1998, n. 26); Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Avv. Montaldo), Ania (Avv. Pace); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara). Ord. Tar Lazio, sez. III, 16 giugno 1993 e 23 ottobre 1996 (due) (G.U., 1 a s.s., nn. 6 e 26 del 1997) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3467/3468-3471/3472 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195226 . Accessed: 28/06/2014 09:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 09:58:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1998, n. 26); Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Avv. Montaldo), Ania (Avv. Pace); interv.

sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° luglio 1998, n. 26);Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Avv. Montaldo), Ania (Avv. Pace); interv. Pres.cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara). Ord. Tar Lazio, sez. III, 16 giugno 1993 e 23 ottobre1996 (due) (G.U., 1 a s.s., nn. 6 e 26 del 1997)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3467/3468-3471/3472Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195226 .

Accessed: 28/06/2014 09:58

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 09:58:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1998, n. 26); Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Avv. Montaldo), Ania (Avv. Pace); interv.

3467 PARTE PRIMA 3468

vati per l'esercizio «di un servizio di pubblica utilità» — l'ado

zione di «clausole relative ai rapporti di lavoro sostanzialmente

analoghe a quelle previste per i contratti pubblici».

Nell'impossibilità, perciò, di rinvenire nella sopra ricordata

convenzione una disciplina applicabile direttamente alla fatti

specie, sì da superare, per tal via, la questione sollevata dal

rimettente, si pone l'esigenza di verificare se la mancata previ

sione, da parte dell'art. 36, della ipotesi segnalata dall'ordinan

za — e cioè di un rapporto convenzionale fra regione e clinica

privata riconducibile sostanzialmente alla tipologia concessoria

di pubblico servizio, prevista dall'art. 44 1. n. 833 del 1978 —

sia espressione di legittima scelta del legislatore, ovvero frutto

d'irragionevole discriminazione, a fronte di una situazione omo

logabile alle altre tutelate dalla norma.

Diviene, dunque, decisiva la considerazione della ratio della

disposizione censurata, da rinvenire, secondo la prevalente giu

risprudenza, nell'esigenza che, ove nell'esercizio di una determi

nata attività imprenditoriale intervenga la pubblica amministra

zione (in quanto essa eroghi benefici di carattere finanziario

o creditizio ovvero affidi ad altri il compimento dell'attività stes

sa), sia assicurato uno standard minimo di tutela ai dipendenti coinvolti. Non è senza rilievo, peraltro, la circostanza che an

che coloro che, in via minoritaria, individuano lo scopo preci

puo della norma nella valorizzazione della dimensione collettiva

degli strumenti da essa considerati pongono, pur sempre, in evi

denza l'intimo collegamento che sussiste tra siffatto profilo e

quello dell'esigenza di tutela del lavoro subordinato, sottolinean

do, in tal modo, l'ispirazione e la funzione di garanzia che la

disposizione, in ogni caso, svolge in favore dei lavoratori utiliz

zati presso imprese private che hanno ottenuto benefici o appal

ti dallo Stato.

4. - A fronte di tale finalità della legge, v'è, ovviamente, pur

sempre da domandarsi se la figura giuridica dell'appalto di ope re pubbliche non sia espressiva, di per sé, di peculiari esigenze

che, nell'ambito della disposizione censurata, possano fungere, nonostante l'ampiezza della ratio cui si ispira la legge, da ragio nevole criterio di diversificazione rispetto alla situazione della

concessione di pubblici servizi.

In via di principio, non è dubbia la diversità tra appalto di

opere pubbliche e concessione di pubblico servizio, anche per il maggior rilievo tradizionalmente assunto, per la seconda, dal

momento provvedimentale-autoritativo. Ciò non può, tuttavia, far disconoscere, al di là del dibattito sulla definizione in gene rale dell'istituto, che anche le concessioni di pubblico servizio

partecipano di una regolamentazione c.d. «contrattuale» del con

tenuto dell'attività devoluta all'imprenditore privato; regolamen tazione che, nell'introdurre elementi di disciplina del diritto co

mune, si pone, già di per sé, in funzione latamente assimilativa

tra le due figure.

Inoltre, anche se pertiene indefettibilmente all'appalto il pro

filo, istituzionalizzato, «della scelta del contraente», finalizzata

alla migliore realizzazione dell'interesse pubblico, secondo i prin

cipi della concorrenza tra imprenditori (per ottenere la pubblica amministrazione le condizioni più favorevoli) e della parità di

trattamento dei concorrenti nella gara (per assicurare il miglior risultato della procedura concorsuale senza alterazioni e/o tur

bative), non si può certo ignorare che il principio di acquisizio ne della prestazione alle condizioni più favorevoli per la pubbli ca amministrazione non rimane estraneo neppure alle conces

sioni di pubblico servizio. E ciò in vista dell'esigenza della

migliore soddisfazione dell'interesse pubblico che l'imprendito re è tenuto a realizzare, attraverso una ricerca di mezzi adeguati e pertinenti allo scopo, tale da comportare una selezione tra

gli stessi (soprattutto in tempi di eliminazione dei regimi mono

polistici). In tal senso, anche i costi per le imprese, derivanti

dall'obbligo di «equo trattamento», concorrono alla migliore individuazione del soggetto idoneo e ciò vale, indubbiamente,

per entrambe le figure giuridiche in esame.

Aggiungasi, inoltre, che la parità di trattamento tra i concor

renti nella «gara» è — come esattamente nota il rimettente —

espressione, in ogni caso, del più generale principio d'imparzia

lità, ex art. 97 Cost., cui è sempre tenuta la pubblica ammini

strazione e che, come tale, è pervasivo dell'intera attività ammi

nistrativa, risultando necessariamente inerente anche a quella concessoria.

A questo proposito può, anzi, osservarsi che, non a caso, la giurisprudenza della Cassazione ha ricollegato all'inserzione

Il Foro Italiano — 1999.

della clausola sociale uno specifico interesse dell'amministrazio

ne alla «regolare esecuzione dell'opera nei termini contrattual

mente previsti», evitando così di rimanere «esposta alle conse

guenze dannose provocate dalla conflittualità e dalle rivendica

zioni che insorgono abitualmente a causa dell'inosservanza della

normativa collettiva» (Cass. n. 3640 del 1981, Foro it., Rep.

1983, voce Opere pubbliche, n. 126). 5. - La conclusione alla quale, in relazione a quanto detto,

occorre pervenire è, allora, nel senso che lo strumento utilizzato

per la scelta del contraente non viene ad introdurre, sotto lo

specifico profilo dell'inserzione della c.d. «clausola sociale»,

aspetti peculiarmente caratterizzanti l'appalto di opere pubbli che rispetto alla concessione di pubblici servizi e, soprattutto, non concorre ad enucleare la precipua ratio dell'art. 36 statuto

dei lavoratori, come, tra l'altro, avvalora la circostanza che detta

disposizione accomuna le ipotesi degli appalti di opere pubbli che a quelle dei «benefici finanziari e creditizi», rispetto ai qua li sono ben lungi dal rilevare le problematiche esaminate.

Acclarato, perciò, che lo scopo della norma è quello, entro

il quadro delineato dal principio d'imparzialità e buon anda

mento, di tutela del lavoro subordinato in situazioni nelle quali lo Stato è in grado d'influire direttamente o indirettamente, la

stessa ratio della disposizione ed il suo corretto collegamento

«soggettivo» con i «lavoratori subordinati» portano la corte a

ritenere ingiustificata l'esclusione, dal suo ambito di efficacia, dei lavoratori dipendenti da imprese che esercitano un pubblico servizio sulla base di concessione della pubblica amministrazione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 36 1. 20 maggio 1970 n. 300 (norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà

sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme

sul collocamento), nella parte in cui non prevede che, nelle con

cessioni di pubblico servizio, deve essere inserita la clausola espli cita determinante l'obbligo per il concessionario di applicare o

di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condi

zioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di

lavoro della categoria e della zona.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 giugno 1998, n. 215

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 1° luglio 1998, n. 26); Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Aw. Mon

taldo), Ania (Avv. Pace); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Fiumara). Ord. Tar Lazio, sez. Ili, 16 giugno 1993 e 23 ottobre 1996 (due) (G.U., la s.s., nn. 6 e 26 del

1997).

Corte costituzionale — Giudizio sulle leggi in via incidentale — Questione sollevata dallo stesso giudice nel corso dello stesso

giudizio — Inammissibilità — Fattispecie (Cost., art. 23, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzio

namento della Corte costituzionale, art. 23; 1. 24 dicembre

1969 n. 990, assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei

natanti, art. 11; d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, modifica della

disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei

natanti, art. 1; 1. 26 febbraio 1977 n. 39, conversione in leg

ge, con modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, art. 1). Assicurazione (imprese di) — Circolazione dei veicoli a motore

— Assicurazione della responsabilità civile — Tariffe dei pre mi e condizioni generali — Procedimento di approvazione —

Commissione ministeriale — Composizione — Questione in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 23, 41; 1. 24 dicem

bre 1969 n. 990, art. 11; d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, art.

1; 1. 26 febbraio 1977 n. 39, art. 1).

This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 09:58:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1998, n. 26); Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Avv. Montaldo), Ania (Avv. Pace); interv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale solle

vata dallo stesso giudice nell'ambito del medesimo procedi mento, dopo che identica questione era stata dichiarata inam

missibile dalla Corte costituzionale, in quanto sollevata da

giudice privo di poteri decisori per avere ormai definito la causa nel merito (fattispecie relativa all'art. 11, 6° comma, I. 24 dicembre 1969 n. 990, come modificato dalla l. 26 feb braio 1977 n. 39, in riferimento all'art. 23 Cost.). (1)

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

II, 6° comma, l. 24 dicembre 1969 n. 990, come modificato dalla l. 26 febbraio 1977 n. 39, nella parte in cui, nel prevede re, per l'approvazione delle tariffe dei premi e delle condizio ni generali per l'assicurazione della responsabilità civile deri

vante dalla circolazione dei veicoli a motore, l'intervento con

sultivo di un'apposita commissione ministeriale, sostitutiva della commissione centrale prezzi, ne determina la composi zione in maniera meno garantistica rispetto a quest'ultima, in riferimento all'art. 23 Cost. (2)

(1) La Corte costituzionale rileva come sia da ritenersi ius reception il fatto che il giudice a quo non possa risollevare la stessa questione nell'ambito dello stesso giudizio, in modo da evitare un bis in idem, che si risolverebbe in una sorta d'impugnazione della precedente deci sione della corte.

In realtà, il motivo di contrasto risiedeva nella valutazione operata dalla corte circa la rilevanza della questione, in quanto con la prima decisione essa aveva infatti dichiarato l'inammissibilità sul presupposto che il giudice a quo avesse ormai esaurito ogni potere decisorio in ordi ne alla controversia pendente davanti a lui. Il giudice, con la successiva ordinanza di rimessione, contestava tale giudizio, affermando di dover fare applicazione della disposizione impugnata al fine di risolvere il giu dizio principale. La vicenda rimanda quindi all'annosa, ed ancora non del tutto risolta, problematica circa il controllo da parte della corte del giudizio di rilevanza svolto dal giudice e di quale sia la posizione di quest'ultimo, rispetto al caso da decidere, qualora ritenga di non

poter condividere il giudizio della corte. A proposito della preclusione, per il giudice, a risollevare la Stessa

questione nel corso dello stesso giudizio, la corte ha avuto modo di

precisare, in maniera assai puntuale, che «l'effetto preclusivo alla ri

proposizione di questioni nel corso dello stesso giudizio deve ritenersi

operante soltanto allorché risultino identici tutti e tre gli elementi che

compongono la questione (norme impugnate, profili d'incostituzionali tà dedotti, argomentazioni svolte a sostegno della ritenuta incostituzio

nalità)» (v. sent. 8 giugno 1994, n. 225, Foro it., 1994, I, 2022, con nota di richiami).

Di recente, si sono avuti alcuni importanti interventi in proposito da parte della Corte costituzionale. Il più interessante appare il caso in cui la corte aveva dichiarato l'inammissibilità di una questione di costituzionalità in quanto riguardante scelte riservate alla discrezionali tà del legislatore, ma rivolgendo contemporaneamente un monito allo stesso affinché intervenisse in tempi rapidi a modificare una disciplina bisognosa di essere conformata ai principi costituzionali e ritenuta sen za mezzi termini in contrasto con la Costituzione (sent. 24 luglio 1995, n. 358, id., 1996, I, 3817, con nota di richiami). Lo stesso giudice, nell'àmbito del medesimo processo, ha rinviato nuovamente la stessa eccezione alla corte, fondando le ragioni della sua ammissibilità sull'os servazione che diversamente disposizioni palesemente incostituzionali re sterebbero in vigore «con il pericolo di grave sovvertimento dei valori costituzionali, di un'iperprotezione dell'inerzia del legislatore e di una abdicazione della funzione della Corte costituzionale come giudice delle

leggi». Il giudice aveva altresì allargato la questione alla sopravvenuta legge finanziaria, la quale non aveva risolto il problema, nonché ad altri parametri costituzionali.

La corte ha, forse troppo formalisticamente, dichiarato inammissibi le la questione, richiamandosi anche in questo caso allo ius receptum, secondo cui non è possibile risollevare la stessa questione nel corso del lo stesso giudizio, se non per motivi nuovi e diversi, cosa che non ha rinvenuto nella specie e, pur riconoscendo inadeguato il successivo in tervento legislativo, ha concluso che, sul piano processuale, la questio ne non poteva dirsi diversa dalla precedente, essendone una riformula zione «aggiornata» ai nuovi sviluppi, ma sfornita di un contesto nor mativo e argomentativo sostanzialmente nuovo (sent. 5 febbraio 1998, n. 12, id., Rep. 1998, voce Corte costituzionale, n. 47). In altra ipotesi invece il giudice aveva risollevato la questione con riguardo allo stesso

imputato, ma non facendo applicazione della norma impugnata (ord. 17 luglio 1998, n. 288, G.U., la s.s., n. 29 del 1998).

(2) La stessa questione era stata dichiarata inammissibile, in quanto sollevata da un giudice ormai privo di poteri decisori, da Corte cost. 8 luglio 1992, n. 315, Foro it., 1992, I, 2907, con nota di richiami. Il Tar Lazio aveva riproposto l'identica questione, non condividendo il giudizio della corte circa l'esaurimento del proprio potere decisorio e quindi della rilevanza della questione di costituzionalità: v. sez. III,

Il Foro Italiano — 1999.

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale sol

levata con le ordinanze in epigrafe riguarda la disposizione —

vigente prima del d.leg. 17 marzo 1995 n. 175 — dell'art. 11, 6° comma, 1. 24 dicembre 1969 n. 990 (assicurazione obbligato ria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei vei coli a motore e dei natanti), come modificato dalla 1. 26 feb braio 1977 n. 39, nella parte in cui, nel prevedere l'intervento

consultivo di un'apposita commissione ministeriale, sostitutiva

della commissione centrale prezzi, «ne determina la composi zione in maniera meno, garantistica rispetto a quest'ultima».

Secondo i giudici a quibus, che configurano le tariffe assicu

rative in questione come prestazioni patrimoniali «imposte», la

predetta norma viola l'art. 23 Cost., in quanto non assicura il rispetto delle relative garanzie incentrate sulla «riserva di leg ge», prevedendo, nel procedimento di fissazione delle tariffe stes

se, un organo istruttorio, in cui mancano i rappresentanti dei

principali dicasteri e dell'Istat e soprattutto i «rappresentanti

degli interessi delle categorie contrapposte». 2. -1 giudizi, riguardando la stessa norma e lo stesso parame

tro costituzionale, possono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

3. - In via preliminare va dichiarata inammissibile la questio ne di costituzionalità sollevata con l'ordinanza del 9-16 giugno 1993, poiché il Tar Lazio ripropone, nel corso dello stesso giu dizio e per gli stessi motivi, la medesima questione di legittimità costituzionale già sollevata con ordinanza 17 aprile 1991 e di

chiarata inammissibile da questa corte con sentenza n. 315 del 1992 (Foro it., 1992, I, 2907), in quanto il tribunale rimettente, con la sentenza parziale resa in pari data, aveva «definito quel lo che era l'unico oggetto del giudizio, esaurendo di conseguen za la propria cognizione». In proposito va ricordato che è ius

receptum che il giudice a quo non possa rimettere una seconda volta alla Corte costituzionale la medesima questione nel corso dello stesso grado del giudizio pendente fra le stesse parti, così da evitare un bis in idem, che si risolverebbe nell'impugnazione della precedente decisione della corte (cfr., da ultimo, sentenza n. 12 del 1998, id., Rep. 1998, voce Corte costituzionale, n. 47).

4. - Nel merito, la questione prospettata dalle altre due ordi nanze del Tar Lazio è infondata.

Le predette ordinanze di rimessione definiscono prestazioni patrimoniali «imposte», ai sensi dell'art. 23 Cost., le tariffe che

vengono inserite di diritto, in base all'art. 11, 6° comma, 1. n. 990 del 1969, nei contratti di assicurazione per la responsabi lità civile dei veicoli e dei natanti, la cui stipula è obbligatoria, ai sensi dell'art. 1 della medesima legge, per ogni possessore di veicolo a motore che intenda farlo circolare.

In proposito va ricordato che, nell'individuazione delle pre stazioni patrimoniali imposte che postulano la garanzia della

riserva di legge prevista dall'art. 23 Cost., ed i conseguenziali limiti alla discrezionalità della pubblica amministrazione, la giu risprudenza costituzionale ha subito un'evoluzione. In un pri mo tempo, infatti, si era fatto riferimento solo alla natura au

toritativa dell'atto che impone la prestazione. Successivamente

si è fatto invece riferimento a quel tipo di servizio, che, pur dando luogo ad un rapporto negoziale di diritto privato, «in

considerazione della sua particolare rilevanza venga riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare essenziale ai bisogni della vita» (sentenza n. 72 del 1969, id., 1969,1, 1402).

Nel complesso della giurisprudenza costituzionale, ai fini del

l'individuazione delle prestazioni patrimoniali imposte, non co

stituiscono pertanto profili determinanti né le formali qualifica zioni delle prestazioni (sentenza n. 4 del 1957, id., 1957, I, 202), né la fonte negoziale o meno dell'atto costitutivo (sentenza n. 72 del 1969), né l'inserimento di obbligazioni ex lege in contrat

ti privatistici (sentenza n. 55 del 1963, id., 1963, I, 1040). Va

invece riconosciuto — secondo questa corte — «un peso decisi

vo agli aspetti pubblicistici dell'intervento delle autorità ed in

particolare alla disciplina della destinazione e dell'uso di beni

o servizi, per i quali si verifica che, in considerazione della loro

ord. 29 novembre 1993, n. 1970, id., 1994, III, 206, con nota di richia

mi; la medesima eccezione era poi stata sollevata pure da Tar Lazio, sez. I, ord. 5 dicembre 1996, n. 2241, id., Rep. 1997, voce Assicurazio ne (imprese), n. 23.

La presente decisione è commentata da Manetti, in Giur. costit., 1998, 1713. [R. Romboli]

This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 09:58:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 19 giugno 1998, n. 215 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1998, n. 26); Pres. Granata, Est. Capotosti; Codacons e altri (Avv. Montaldo), Ania (Avv. Pace); interv.

3471 PARTE PRIMA 3472

natura giuridica (sentenze n. 122 del 1957, id., 1957, I, 1129,

e n. 2 del 1962, id., 1962, I, 169), della situazione di monopolio

pubblico o dell'essenzialità di alcuni bisogni di vita soddisfatti

da quei beni o servizi (sentenze n. 36 del 1959, id., 1959, I,

1069; n. 72 del 1969, cit.; n. 127 del 1988, id., 1988, I, 2528), la determinazione della prestazione sia unilateralmente imposta

con atti formali autoritativi, che, incidendo sostanzialmente sulla

sfera dell'autonomia privata, giustificano la previsione di una

riserva di legge» (sentenza n. 236 del 1994, id., Rep. 1994, voce

Demanio, n. 17). Alla stregua di questi criteri identificativi, non pare dubbio

che nella fattispecie in esame sia individuabile una prestazione

patrimoniale imposta, giacché la determinazione da parte del

Cip delle tariffe in oggetto costituisce un atto formale autorita

tivo che incide sostanzialmente sull'autonomia privata dell'u

tente, in riferimento ad un negozio — il contratto di assicura

zione — obbligatorio ex lege per il soddisfacimento di un rile

vante bisogno di vita, quale è la libertà di circolazione mediante

l'utilizzazione di veicoli. 5. - Ciò premesso, la norma censurata non viola l'art. 23

Cost., in quanto il principio della riserva di legge «va inteso

in senso relativo, ponendo l'obbligo per il legislatore di deter

minare preventivamente e sufficientemente criteri direttivi di base

e linee generali di disciplina della discrezionalità amministrati

va» (sentenza n. Ili del 1997, id., 1997, I, 2391).

Sotto questo profilo va rilevato che l'elaborazione della tarif

fa di mercato dei premi dell'assicurazione dei rischi di massa,

quale appunto si deve considerare l'assicurazione obbligatoria

della responsabilità civile per danni causati dalla circolazione

di veicoli, si basava essenzialmente, alla stregua della previgente

disciplina dell'art. 11 1. n. 990 del 1969 (come modificata dalla

1. n. 39 del 1977) e del relativo regolamento di esecuzione (d.p.r.

24 novembre 1970 n. 973), su dati tecnici derivanti da una com

plessa attività di rilevazione statistico-attuariale.

Tale attività conoscitiva iniziava con l'osservazione (risalente

almeno fino a cinque-dieci anni precedenti) del tasso di «fre

quenza dei sinistri» e con la determinazione del «costo medio»

di ciascun sinistro, sulla base dei risarcimenti già liquidati, ed

anche di quelli «riservati», in quanto accantonati a riserva, per ché non ancora certi ed esigibili a causa di procedure giudiziarie o sanitarie in corso.

Da tali dati si otteneva il c.d. «premio di rischio», cioè l'indi

ce probabilistico di avveramento degli eventi dannosi, al quale si aggiungeva un coefficiente di alea per quegli elementi impon derabili ed imprevedibili che potevano verificarsi in futuro du

rante il tempo di applicazione della tariffa in questione (tasso

d'inflazione, variazioni dei costi dei ricoveri ospedalieri, delle

riparazioni dei veicoli, ecc.). In questo modo si determinava

il «premio puro», ossia il costo del rischio per il periodo in

cui la tariffa doveva applicarsi. Al «premio puro», così calcola

to, andava poi aggiunto il c.d. «caricamento», che comprende va i costi di gestione dell'impresa di assicurazione, ossia le prov

vigioni d'intermediazione, le spese di amministrazione, nonché

gli eventuali utili. Sulla base quindi del «premio puro» e del

«caricamento» (più le tasse, indicate separatamente in polizza) si formava la tariffa del premio finale che il contraente doveva

pagare. Un apposito modulo procedimentale — che culminava con

il provvedimento del Cip su proposta del ministro per l'indu

stria, sentita una commissione ministeriale, composta da un rap

presentante della direzione generale delle assicurazioni private e di interesse collettivo, da un rappresentante dell'Ina, quale ente gestore del «conto consortile» e da cinque esperti nominati

dallo stesso ministro per l'industria — garantiva la corretta ela

borazione di questi dati tecnici. Ed infatti il «premio puro», che incideva in maniera preponderante sul premio finale, era

il risultato di studi statistici ed attuariali basati sull'esperienza

(premio di rischio) e sugli elementi nuovi da proiettare nel futu

ro (coefficiente di alea), mentre anche il «caricamento» era una

quota per buona parte predeterminata e incomprimibile, risul

tando composta da una data percentuale delle provvigioni d'in

termediazione e delle spese fisse del personale, legate a contrat

tazioni collettive.

Dalla disciplina in esame erano dunque desumibili criteri, li

miti e controlli che, delimitando in modo congruo la discrezio

II Foro Italiano — 1999.

nalità della pubblica amministrazione, escludevano la violazio

ne dell'art. 23 Cost., tanto più che era previsto un ulteriore

elemento garantistico, quale, secondo la costante giurispruden za di questa corte, l'esistenza di «un modulo procedimentale con il quale venga a realizzarsi la collaborazione di una plurali tà di organi al fine di escludere eventuali arbitri dell'ammini

strazione» (sentenze n. 157 del 1996, ibid., 3716; n. 507 del

1988, id., 1988, I, 2098; n. 67 del 1973, id., 1973, I, 1663). In questo contesto non appare neppure fondato il profilo del

la censura relativo all'assenza di un rappresentante dell'Istat,

sostituito da quello dell'Ina, giacché quest'ultimo aveva una com

petenza specifica nel settore, considerando che l'Ina, all'epoca,

amministrava il «conto consortile», che era una gestione specia

le, sul quale affluiva il due per cento di tutti i premi e di tutti

i sinistri pagati e «riservati», cosicché questa gestione speciale era in grado di rispecchiare, con maggiore precisione di qualsia

si altro strumento conoscitivo, il complessivo andamento del

mercato assicurativo per gli esercizi precedenti. Inoltre, la par

tecipazione, nella commissione in questione, di esperti delle va

rie discipline implicate nella fase di elaborazione della tariffa

medesima era un'ulteriore garanzia di un'adeguata ponderazio ne degli interessi coinvolti e di corretto esercizio della discrezio

nalità amministrativa, anche perché non appariva congrua la

presenza anche dei rappresentanti della categoria degli utenti

del servizio, trattandosi di una categoria non determinata, né

determinabile.

In definitiva, il carattere tecnico dei dati utilizzati e la com

pletezza delle relative valutazioni, garantita anche dalla plurali tà degli organi partecipanti al procedimento, facevano emerge

re, sia pure implicitamente, quei criteri, limiti e controlli suffi

cienti ad impedire che il potere di imposizione sconfinasse

nell'arbitrio. E proprio la plausibilità e l'adeguatezza del meto

do di rilevazione dei dati, la congruità dei presupposti rilevanti

per la formazione della tariffa, la qualificazione degli organi

tecnici consultivi costituivano indici sufficienti di oggettività nella

concreta determinazione dell'onere e di adeguata ponderazione tecnica dei molteplici elementi implicati nella valutazione. Valu

tazione che comunque presupponeva che fossero motivatamen

te indicati e comparati i costi reali e le tariffe, restando così

soggetta ai controlli, non escluso quello giurisdizionale, gene ralmente previsti per i provvedimenti determinativi della pubbli ca amministrazione (sentenza n. 180 del 1996, id., 1996, I, 2593).

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 11,6° comma, 1. 24 dicembre 1969 n. 990 (assicu razione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla

circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) così come modi

ficato dalla 1. 26 febbraio 1977 n. 39 (conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, concernente

modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della re

sponsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a mo

tore e dei natanti), sollevata, in riferimento all'art. 23 Cost.,

dal Tar Lazio con l'ordinanza del 9-16 giugno 1993 indicata

in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dello stesso art. 11, 6° comma, medesima 1. 24 dicembre 1969

n. 990, così come modificato dalla 1. 26 febbraio 1977 n. 39,

sollevata, in riferimento all'art. 23 Cost., dal Tar Lazio con

le due distinte ordinanze del 23 ottobre 1996 indicate in epigrafe.

This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 09:58:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended