Sentenza 19 maggio 1964; Pres. Dore P., Est. Speranza; C. (Avv. Battaglia, Mele) c. N. (Avv.Morvidi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 1247/1248-1251/1252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156197 .
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1247 P \RTE PRIMA 1218
Nè si vede quale diversa configurazione giuridica po trebbe essere ipotizzata perchè, escludendo l'appartenenza dei beni al comune, così come vorrebbe l'appellante, ed
escludendola, altresì, per ovvie ragioni conseguenti al vo
lontario abbandono, al cittadino che li deteneva, dovrebbe
concludersi che i detti oggetti rifiuti ed immodizie, anche
dopo la raccolta non appartengono ad alcuno ; il che evi
dentemente costituisce una conclusione inaccettabile alla
stregua dei principi che regolano la materia nel vigente codice civile.
Irrilevante, in proposito, si appalesa, poi, la distinzione
che l'appellante fa nelle sue difese tra rifiuti esterni e rifiuti
interni per affermare che la suddetta configurazione giuri dica potrebbe trovare applicazione per quel che riflette i
rifiuti esterni (art. 1, leti. 6, legge 20 marzo 1941), ma non
per i rifiuti interni i quali potrebbero essere distrutti ed
utilizzati dagli stessi privati ove costoro lo vogliano. Ma il problema non è da porsi nei termini in cui lo
prospetta l'appellante bensì si atteggia in ben altro aspetto in quanto si tratta di vedere a chi si appartenga il detto
rifiuto quando esso viene abbandonato per la raccolta.
In tale ipotesi non sembra possa aversi una configura zione giuridica diversa da quella prospettata e cioè che
anche in questo caso l'ente preposto alla raccolta acquista la disponibilità dei rifiuti che per legge deve smaltire at
traverso la sua utilizzazione, la dispersione e la distruzione.
Ora è evidente che il comune il quale esercita il più volte ricordato servizio pubblico, ha contezza, se non altro
in via approssimativa, del quantitativo di materiale che il
centro amministrato quotidianamente fornisce, ed è, inol
tre, a conoscenza della misura della utilizzazione che di
tale materiale di rifiuti può essere fatta sia a scopo indu
striale sia agricolo'e sa quale sia il notevole beneficio eco
nomico che da tale utilizzazione si ricava.
Sostenere in queste condizioni, secondo l'assunto del
l'appellante, che le immondizie ed i rifiuti non hanno alcun
valore economico e che tale valore soltanto acquistano a
seguito del processo di lavorazione eseguito a cura e spese
dell'appaltatrice, appare senz'altro un argomento ultroneo
e destituito di fondamento.
Infatti negare valore economico ai rifiuti ed alle immon
dizie sarebbe, se pur con le debite proporzioni, come negare valore economico ad una miniera in quanto per aversi il
minerale in essa esistente deve farsi luogo alla sua estra
zione attraverso una idonea e funzionale organizzazione. La massa dei rifiuti, invero, contiene in sè tutti gli
elementi utilizzabili e se tale utilizzazione può avvenire
soltanto in seguito ad un procedimento di separazione e di
convogliamento delle acque (ove si tratti di rifiuti liquidi), ciò non toglie che tutto il complesso degli oggetti, in esso
compreso le scorie che dovranno essere disperse e distrutte, abbia un valore economico in quanto ha in sè l'attitudine
di fornire una certa quantità di beni che potranno essere
utilizzati sotto il profilo industriale ed agricolo. Nè è da dirsi che la utilizazione dei detti rifiuti costitui
sce una mera eventualità, onde mancherebbe la certezza
dei proventi derivanti dalla detta utilizzazione, giacché, atteso che la legge più volte citata impone obbligatoria mente la raccolta dei rifiuti e la loro utilizzazione sia in
sede industriale s:a agricola, è evidente che il valore econo
mico del complesso dei rifiuti e delle immondizie raccolte
è per il raccoglitore un dato certo dal quale non può asso
lutamente prescindersi. La conseguenza delle svolte considerazioni che si rica
vano, ripetesi, dalle norme legislative vigenti si è che il
comune, avendo la disponibilità dei rifiuti e delle immon
dizie e, quindi, il diritto di far propri i proventi ricavati
dalla loro utilizzazione, quando concede in appalto l'eser
cizio del servizio, può anche negoziare e cedere quelle im
mondizie e quei rifiuti facendo, degli stessi, oggetti di
scambio, nel senso che essi vengono valutati in conside
razione della utilità economica che producono, ai fini della
determinazione, in tutto od in parte, del canone che dovrà
essere corrisposto alla impresa appaltatrice per l'espleta mento del servizio. Or è appunto lo scambio in natura tra
il comune e la S.a.s.p.i. che la polizia tributaria ha inteso
assoggettare alla imposta, perchè esso, in definitiva, costi
tuisce una maggiorazione del canone di appalto siccome
risulta evidente dall'art. 26 del documento contenente il
contratto.
Vanamente a tal proposito l'appellante si sforza di di
mostrare nelle sue difese che i proventi della utilizzazione
dei rifiuti non vennero dai contraenti presi in alcuna consi
derazione, perchè ciò è smentito per tabulas da quanto si
contiene nel citato art. 26 del contratto di appalto sotto
scritto anche dal legale rappresentante della società, nel
quale è detto che il canone annuo veniva determinato « te
nuto conto dei proventi, ecc. » ; il che ovviamente significa, secondo una corretta e logica interpretazione della volontà
delle parti, che l'entità dei proventi, ancorché non deter
minati in contratto, era presa in considerazione ai fini della
determinazione quantitativa del canone, che altrimenti
sarebbe stato fissato in misura diversa e certamente mag
giore. In altri termini può dirsi, alla stregua delle risultanze
documentali, che, nella specie, la prestazione dell'ente ap
paltante costituita dal pagamento del canone si sustan
ziava per una parte nel pagamento di una somma di denaro
e per una parte nella attribuzione dei rifiuti e delle immon
dizie dai quali traeva i proventi conseguenti alla loro uti
lizzazione. Ciò posto, poiché i rilievi messi dall'appellante a
sostegno del suo assunto appaiono infondati poiché per
quel che si è detto non può negarsi valore economico ai
rifiuti ed alle immondizie, che d'altronde la stessa S.a.s.p.i. si era impegnata ad utilizzare accettando di trattenere i
proventi ricavati da tale utilizzazione, in ciò conoscendo
l'esistenza di un loro valore economico ; né altresì può mettersi in dubbio che l'appellante, accettando che i detti
proventi, come è stato rilevato, venissero considerati ai
fini della determinazione del canone, ha riconosciuto in
tal modo che i rifiuti e le immondizie in quanto produttivi di economica utilità potevano formare oggetto di scambio, ne deriva che esattamente e secondo legge è stata dagli uffici fiscali richiesto il pagamento della imposta generale sulla entrata sull'importo di tale scambio in natura.
L'appello va, pertanto respinto e l'appellante va con
dannato al pagamento delle maggiori spese di questo grado. Per questi motivi, ecc.
I
TRIBUNALE DI VITERBO.
Sentenza 19 maggio 1964 ; Pres. Dorè P., Est. Speranza ; . C. (Avv. Battaglia, Mele) c. N. (Avv. Morvidi).
Separazione di coiiiii<|i — Udienza l'issala con ordi nanza presidenziale — Vlaneata iscrizione della
causa a ruolo — Riassunzione — Termini e mo dalità (Cod. proc. civ., art. 307, 309).
Se, a seguito della ordinanza, tempestivamente notificata, con
la quale il presidente del tribunale fissa la data dell'udienza
avanti il giudice istruttore designato, nessuna delle parti si costituisce, il procedimento di separazione personale dei coniugi non si estingue, ma la causa può essere riassun
ta, nel termine di un anno, avanti il giudice istruttore. (1)
II
TRIBUNALE DI VICENZA.
Sentenza 19 febbraio 1964 ; Pres. D'Alessandko P., Est.
De Anna ; B. L. (Avv. Tescari) e. L. M. (Avv. Galli).
Separazione di coniu<|i -— l'dicnza fissala con ordi
nanza presidenziale — Mancata iscrizione della
causa a ruolo — Riassunzione — Termini e moda
lità (Cod. proc. civ., art. 166, 307, 709).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILI
Se, a seguito dell'ordinanza, tempestivamente notificata, con la quale il presidente del tribunale fissa l'udienza avanti il giudice istruttore designato, nessuna delle parti si
costituisce, il procedimento di separazione personale dei
coniugi non si estingue, ma la causa pud essere riassunta, mediante comparsa avanti il giudice istruttore, entro un
anno dalla scadenza del termine fissato nell'art. 166 cod.
proc. civ. (2)
I
Il Tribunale, ecc. — Va innanzi tutto esaminato se il
giudizio ò stato ritualmente instaurato con la riassunzione entro l'anno dinanzi al giudice istruttore, già designato, ovvero se doveva essere promosso ex novo, per essersi il pre cedente giudizio estinto con la mancata iscrizione a ruolo
e non avvenuta costituzione delle parti. La soluzione della
questione, non attagliandosi alla fattispecie la recente deci
sione della Corte di cassazione (Sez. I del 29 ottobre 1963, Foro it., 1964, I, 548) che riflette una ipotesi del tutto di
versa, va ricercata nell'applicabilità o meno del disposto di cui all'art. 307. 1° comma, cod. proc. civ. allo speciale
procedimento relativo alla separazione personale dei coniugi, essendo incontestabile, a seguito della novella del 1950, cbe la notificazione della citazione non seguita dalla iscri
zione a ruolo della causa e dalla costituzione delle parti
importa l'onere della riassunzione entro l'anno e non la
estinzione del procedimento (Cass. 10 ottobre 1961, n.
2070, id., 1962. I, 1163). In particolare occorre accertare la natura, volontaria o
contenziosa, della fase presidenziale, ed in ogni caso il
momento d'insorgenza della fase contenziosa agli effetti
della applicazione della disposizione, di cui all'art. 307
cod. proc. civ., specifica del giudizio di cognizione.
Vigente il codice del 1865 due dottrine si contendevano
il campo circa l'inquadramento della fase presidenziale nel giudizio di separazione personale : quella tradizionale,
per la quale il presidente esplicherebbe funzioni di giuri sdizione volontaria con le ovvie conseguenze della recla
mabilità al presidente della corte d'appello dei provvedi menti presidenziali e dell'inizio della pendenza della lite
a decorrere dall'udienza di comparizione e non dal ricorso ;
l'altra, più recente, che ravvisa nell'attività del presidente un'attività del tutto assimilabile a quella contenziosa eser
citata in materia di misure cautelari ed urgenti, cui fa
seguito il giudizio di merito.
Ritiene il collegio che, vigente l'attuale codice di rito, debba essere accolto quest'ultimo indirizzo dottrinale, por tando le predette norme ad una immedesimazione più si
cura ed evidente della fase presidenziale nell'iter conten
zioso, tanto che, a tacer d'altro, la predetta fase si chiude
oggi non più con il decreto, ma con l'ordinanza, che è prov vedimento proprio del procedimento contenzioso (Cass. 22 febbraio 1957, n. 659, Foro it., Rep. 1957, voce Sepa razione di coniugi, n. 66 e 24 ottobre 1958, n. 3456, id.,
1959, I, 394). A favore della tesi della natura contenziosa concorrono
altresì la non revocabilità e non modificabilità della pre detta ordinanza ad opera dello stesso presidente ; la man
cata previsione di un reclamo alla autorità superiore ; la
non modificabilità ad opera del giudice istruttore se non
nella ipotesi di sopravvenuti mutamenti nelle circostanze
di fatto.
È d'altra parte indubitabile che il provvedimento pre sidenziale consegue ad una domanda che, sebbene proposta con ricorso, è diretta già inizialmente alla instaurazione di
un procedimento contenzioso ; che il provvedimento è
emesso, previa deliberazione sommaria, in contraddittorio
delle parti ; e che infine l'intervento del presidente è pur
sempre diretto a dirimere, almeno temporaneamente, un
conflitto fra opposte pretese. Tutto ciò importa esercizio di
funzioni proprie della giurisdizione contenziosa. L'unico
(1-2) La sentenza 29 ottobre 1963, n. 2886 della Cassa
zioni, sul significato della quale si diffondono i due tribunali, è riportata retro, 548, con nota di richiami.
caso di inefficacia della domanda (abbandono implicito) è
previsto dall'art. 707 cod. proc. civ., nella ipotesi in cui il ricorrente non si presenti. In ogni caso poi appare certo che dal momento in cui il presidente emette i provvedi menti di cui all'art. 708, e precisamente nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione, il procedimento
acquista inequivocabilmente carattere contenzioso, tanto da dover seguire la iscrizione a ruolo e la costituzione delle
parti secondo i principi del processo di cognizione. La fis sazione dell'udienza ad opera del presidente davanti alle
parti equivale dunque ad ogni effetto alla notificazione del l'atto di citazione ; così come a tale notificazione deve equi pararsi la notificazione dell'ordinanza al convenuto non
comparso ai sensi dell'art. 709.
Ne consegue pertanto che non iscritta la causa e non
costituitesi le parti, il giudizio può essere riassunto entro l'anno ai sensi del 1° comma dell'art. 307 cod. proc. civ., derivando al contrario l'estinzione immediata del giudizio nel solo caso di inosservanza del termine perentorio per la
notifica dell'ordinanza al convenuto non comparso ; e ciò in quanto previsto dal penult, capov. dell'art. 307.
In ogni caso la eventuale estinzione del procedimento non può essere rilevata d'ufficio, giacché, pur operando di
diritto, deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra difesa (307, ult. comma). E nella specie nes
suna eccezione in proposito è stata sollevata, accettandosi
il contraddittorio tra le parti. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
II
Il Tribunale, ecc. — 11 procedimento per la separazione
personale dei coniugi trova, nel vigente codice di rito, una regolamentazione particolare per quanto attiene sia
alla forma con cui esso viene incoato (art. 706 cod. proc. civ.), sia alla fase preliminare che, anche nell'ipotesi di
« separazione per colpa », deve precedere il normale svol
gimento contenzioso del processo, in relazione alle domande
proposte dalle parti. Ed invero, la domanda si propone, anziché con la normale forma della citazione, con ricorso
al tribunale del luogo della residenza o del domicilio del
coniuge convenuto, e la costituzione del rapporto giuridico
processuale si ha con la notificazione del ricorso stesso e del
decreto del presidente del tribunale adito, che fissa l'udienza
avanti a sè per la comparizione dei coniugi. La fase preli minare, poi, riguarda tale comparizione dei coniugi, l'espe rimento del tentativo di conciliazione e, in caso di esito
sfavorevole di questo, l'emissione, da parte del presidente del tribunale, dei provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole, nonché di quelli or
dinatori per l'ulteriore svolgimento del processo. Questo, quindi, si svolge con le forme ordinarie del giu
dizio di cognizione. Per quanto riguarda la prima fase, sono espressamente
previste due ipotesi, dalla cui verificazione discende la
pratica estinzione del processo, e cioè : a) se il ricorrente, senza giustificato motivo, non si presenta nell'udienza fis
sata dal presidente per la comparizione dei coniugi avanti
a sè, «la domanda non ha effetto» (art. 707, 2° comma, cod. proc. civ.), quindi, neppure il coniuge convenuto può chiedere che si proceda, in assenza del ricorrente (diversa mente da quanto dispone l'art. 181 cod. proc. civ.) ; b) se l'attore non si cura di notificare al convenuto non com
parso l'ordinanza con la quale il presidente fissa l'udienza
di comparizione davanti al giudice istruttore, e ciò nel
termine perentorio stabilito nell'ordinanza stessa (art. 709
cod. proc. civ.), il processo si estingue, trovando applica zione il disposto dell'art. 307, 3° comma, cod. proc. civ., in mancanza di diversa norma particolare.
Circa il passaggio dalla fase preliminare a quella del nor
male svolgimento del processo contenzioso, l'art. 708, 3°
comma, cod. proc. civ. dispone semplicemente che il pre sidente del tribunale « nomina il giudice istruttore e fissa
l'udienza di comparizione delle parti davanti a questo ».
È noto che, con circolare 29 aprile 1942 n. 2700, il guar
dasigilli ritenne opportuno mettere in risalto che, con la
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1251 PARTE PRIMA 1252
notificazione del ricorso e del decreto del presidente (art. 706"cod. proc. civ.) il convenuto veniva messo in grado di co
noscere la pretesa dell'attore e quindi poteva in seguito
predisporre e dedurre le proprie difese. « A tal fine, con
tinuava la circolare, è destinato il termine dilatorio pre visto nell'art. 708 da assegnarsi dal presidente, il quale può
disporre che, nel termine stesso, l'attore integri le sue'de
duzioni a norma dell'art. 163 e deve sempre disporre clie
il convenuto depositi comparsa di risposta a norma degli art. 166 e segg. Dopodiché il processo prosegue nelle forme
ordinarie ». "
È altresì noto che, pur non avendo tale circolare al
cuna efficacia cogente, si è ritenuto normalmente opportuno — nella prassi seguita dai presidenti di tribunale — as
segnare all'attore ed al convenuto i termini come sopra
consigliati, per cercare di ovviare ad una lacuna della norma
scritta. Ma è evidente che tali termini non possono che avere
carattere ordinatorio e giammai perentorio ; dal che di
scende che l'eventuale inosservanza di essi non può com
portare l'applicazione del disposto dell'art. 307, 3° comma
(estinzione del processo per inattività delle parti), che pre
suppone la inosservanza di un « termine perentorio stabi
lito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato
a fissarlo ».
Devesi, inoltre, ritenere che, in mancanza di diversa di
sposizione di legge, dopo l'esaurimento della speciale proce dura preliminare, con cui si inizia, il processo per la separa zione dei coniugi non può che proseguire col rito ordinario,
trovando, quindi, applicazione in particolare le norme di
cui agli art. 180 e segg. cod. proc. civ., per quanto riguarda la trattazione, l'istruzione e l'ulteriore corso del processo.
Per quanto concerne la costituzione delle parti, tenuto
conto del fatto che la comparizione dei coniugi innanzi al
presidente (per la quale non è prevista l'assistenza di difen
sore) non può considerarsi un equipollente, devesi ritenere
che essa debba avvenire dopo la pronuncia, da parte del
presidente, dei provvedimenti ordinatori per l'ulteriore svol
gimento del processo. E se non può negarsi che la partico larità del procedimento rende praticamente impossibile la
applicabilità, per l'attore, del termine di costituzione di
cui all'art. 165 cod. proc. civ. (salvo, forse, nell'ipotesi in
cui viene effettuata la notificazione di cui all'art. 709 cod.
proc. civ., in un certo senso equiparabile ad una integra zione dell'atto introduttivo del giudizio, dato che con essa
si procede praticamente anche alla vocatio in ius avanti
al giudice istruttore nominato) ; sembra, invece, evidente
possa trovare completa applicazione l'art. 166 cod. proc. civ. per il convenuto, il quale quindi, dovrà costituirsi in
giudizio almeno cinque giorni prima dell'udienza di com
parizione innanzi al giudice istruttore.
Ovviamente la causa deve essere iscritta a ruolo, a no
ma dell'art. 168 cod. proc. civ., all'atto della costituzione dell'attore (che, logicamente, deve avvenire non dopo la
scadenza del termine fissato per convenuto) o, in mancanza, del convenuto. Notisi che comunemente tale costituzione
avviene tenendosi conto dei termini ordinatori assegnati con l'ordinanza presidenziale.
Ciò posto, pare al collegio che, anche nel procedimento in discorso, debbano trovare applicazione le norme di cui
agli art. 171 e 307 cod. proc. civ. Ed invero, una volta ri
tenuto che, in applicazione delle norme comuni del pro cesso di cognizione, compatibili con l'iniziale specialità del procedimento de quo, le parti debbono costituirsi in
un termine stabilito, la ritardata o mancata costituzione delle parti stesse non può non comportare le conseguenze espressamente previste, in via generale, negli articoli citati, tanto più che, dalla logica coordinazione di questi, si de
sume che l'ultimo termine utile per la rituale costituzione
di almeno una delle parti è'quello di cui all'art. 166, e viene
così ad essere superata la perplessità'accennata circa il
termine di costituzione dell'attore. Conseguentemente deve
affermarsi, secondo il disposto dell'art. 307, prima parte cod. proc. civ., « che, se nessuna delle parti siasi costituita
entro il termine stabilito dall'art. 166», «il processo, salvo
il disposto del 2° comma dell'art. 181 e dell'art. 290, deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine
perentorio di un anno, eli e decorre (omissis) dalla scadenza
del termine per la costituzione del convenuto, a norma del
l'art. 166 (omissis) ; altrimenti il processo si estingue ».
Orbene, nella specie si è verificata detta ipotesi e cioè
la mancata costituzione delle parti entro il termine di cui
all'art. 166. Per cui legittimamente la convenuta ha prov veduto alla riassunzione del processo, nelle forme espressa mente previste dall'art. 125 disp. att. cod. proc. civ., e
col pieno rispetto del termine perentorio accennato.
Non ignora il collegio che, con recente decisione (sen tenza 29 ottobre 1963, n. 2886, Foro it., 1964, I, 548), la
Suprema corte ha ritenuto che « nel procedimento per se
parazione personale, quando, espletata la fase dinanzi al
presidente del tribunale, nessuno dei due coniugi abbia
iscritto la causa a ruolo e sia comparso davanti al giudice istruttore designato per il giudizio di merito, il processo si
estingue e non può aversi riassunzione, ai sensi dell'art. 307
cod. proc. civ., con l'atto che ripristina la fase presiden ziale e la conseguente emissione di nuovi e diversi prov vedimenti ». Senonchè, la fattispecie esaminata dal Supre mo collegio era ben diversa da quella di cui qui si discute, dato che in essa la pretesa « riassunzione » era avvenuta
con un nuovo ricorso, cui era seguita nuovamente la pro cedura speciale di cui agli art. 706 e segg. cod. proc. civ., con l'emissione di nuovi e diversi provvedimenti presiden ziali. Dal che poteva legittimamente e logicamente de
sumersi il palesamento della volontà di abbandonare, come estinta, la precedente procedura. Per cui, non avendo
la Suprema corte esaminato ex professo un caso analogo a quello de quo, non sembra possano trovare qui applica zione affermazioni incidentalmente riportate nella citata
sentenza, specie alla luce di tutte le considerazioni innanzi
svolte da questo collegio. D'altro canto, giova anche notare a) che una declara
toria di estinzione del processo non può essere pronunciata, se non nei casi espressamente previsti dalla le' ge ; b) che tale declaratoria, nella specie, non avrebbe senso, dato che la convenuta ha dimostrato attuosamente che non
intendeva affatto che il processo si estinguesse, facendo notificare la comparsa riassuntiva il giorno precedente quello in cui avrebbe dovuto essere tenuta la prima udienza di trattazione innanzi al giudice istruttore designato ; c) che una pronuncia di estinzione contrasterebbe col prin cipio della celerità dei processi, dato che essa avrebbe quale unica conseguenza quella di obbligare la L. ad iniziare un nuovo procedimento, con la inutile ripetizione della fase presidenziale già espletata di recente ; d) che palese mente infondato è l'assunto del B., secondo cui, col ri
corso introduttivo del giudizio, egli non avrebbe chiesto una pronuncia di separazione, tanto meno per colpa della
moglie, ma semplicemente l'emanazione dei provvedimenti presidenziali in ordine alla famiglia ed alla prole ; tale as sunto è in contrasto non solo con l'esplicito contenuto del ricorso (nel quale sono specificati gli asseriti elementi di
colpa della L. e si conclude con la richiesta di una pro nuncia di separazione dei coniugi), ma anche con l'or dinamento processuale vigente, che non prevede affatto un
procedimento per la semplice emanazione di provvedi menti ... « temporanei ed urgenti », avidso da quello nor male per la separazione dei coniugi.
In definitiva, quindi, respingendosi la istanza di decla ratoria di estinzione del processo, le parti vanno rimesse innanzi al giudice istruttore per l'ulteriore corso del pro cedimento.
ft appena il caso di notare che l'accennata decisione va adottata con sentenza, ai sensi dell'art. 279, n. 4, cod. proc. civ., dato che essa riguarda una questione pregiudiziale di rito (art. 279, n. 2), e poiché con la decisione stessa il pro cesso non viene definito, va pronunciata separata ordinanza
per la rimessione delle parti innanzi al giudice istruttore,
per l'ulteriore corso del processo stesso. Per questi motivi, ecc.
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