sentenza 19 marzo 1996, n. 80 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 27 marzo 1996, n. 13);Pres. Ferri, Est. Granata; Martinoli c. Provincia autonoma di Bolzano (Avv. Riz, Panunzio). Ord.App. Trento 25 luglio 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 43 del 1995)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 1933/1934-1939/1940Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190471 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi
bile la questione di legittimità costituzionale del combinato di
sposto degli art. 615, 623 e 624 c.p.c., sollevata, in riferimento
all'art. 24 Cost., dal giudice istruttore del Tribunale di Lecce, con l'ordinanza in epigrafe.
dell'avviso di cui all'art. 608 c.p.c. e non solo con l'accesso dell'ufficia le giudiziario sul luogo dell'esecuzione (cfr. in tal senso Oriani, op. cit., 343).
A ben vedere, dunque, l'accoglimento di quanto qui sostenuto consente:
à) di eliminare, o quantomeno di ridurre, gli inconvenienti (possibili tà che il diritto di procedere ad esecuzione forzata sia venuto meno) dovuti all'assenza nel nostro ordinamento di un controllo preventivo sulla legittimazione ad agire in executivis;
b) di recuperare la funzione cautelare della sospensione dell'esecuzio
ne, la quale consentirebbe così di prevenire un danno e non solo di eliminarlo (rectius: di evitare un suo aggravamento visto che l'elimina zione del danno sarà possibile solo con un risarcimento, peraltro esiguo vista la limitata portata applicativa dell'art. 96 c.p.c.);
c) di recuperare una maggior coerenza del sistema dell'esecuzione for zata nel suo complesso evitando incongruenze e disparità fra esecuzioni aventi ad oggetto titoli esecutivi diversi.
In ordine a quest'ultimo profilo v'è infatti da rilevare come in tal modo si evita anzitutto una disparità di trattamento tra art. 474 c.p.c., n. 1) e n. 2), o più precisamente fra esecuzione ordinaria (avente quale titolo esecutivo una sentenza) ed esecuzione cambiaria (sub specie di
possibilità di sospensione prima del pignoramento dell'esecuzione cam biaria e di impossibilità della stessa nell'esecuzione ordinaria) ed i con
seguenti dubbi di legittimità costituzionale della stessa. Né sembra osta re a tale soluzione il fatto che la cauzione sia facoltativa nell'esecuzione ordinaria e obbligatoria nell'esecuzione cambiaria; tale differenza può infatti giustificarsi in considerazione del fatto che le esigenze che ostano
alla sospensione sono più forti nell'esecuzione cambiaria (da ciò la ne cessarietà della cauzione) rispetto all'esecuzione ordinaria (dove dunque è giustificata l'attribuzione al giudice di un potere inerente non solo al quantum ed al quomodo della cauzione ma anche all'an della stessa). Ma si evita anche che vi sia una disparità fra art. 474, n. 1 (sentenze costituenti titolo esecutivo) e n. 3 (atto pubblico costituente titolo ese
cutivo) potendo esser sospesa, ove si seguisse la posizione qui avversa
ta, solo l'efficacia esecutiva delle prime (ex art. 373 c.p.c.) e non invece
quella dei secondi (per i quali una possibilità di sospensione si avrebbe solo dopo il pignoramento).
Ernesto Fabiani Ernesto Fabiani
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 marzo 1996, n. 80
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 1996, n. 13); Pres. Ferri, Est. Granata; Martinoli c. Provincia autonoma
di Bolzano (Aw. Riz, Panunzio). Ord. App. Trento 25 lu
glio 1995 (G.U., la s.s., n. 43 del 1995).
Trentino-Alto Adige — Provincia di Bolzano — Espropriazione
per pubblico interesse — Indennità — Determinazione — In
costituzionalità (D.p.r. 31 agosto 1972 n. 760, statuto specia le del Trentino-Alto Adige, art. 4, 8; 1. prov. Bolzano 15 aprile 1991 n. 10, espropriazione per causa di pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale, art. 8; d.l. 11 lu
glio 1992 n. 333, misure urgenti per il risanamento della fi
nanza pubblica, art. 5 bis).
È incostituzionale l'art. 8, 1° comma, l. prov. Bolzano 15 apri le 1991 n. 10, nella parte in cui accoglie un criterio di deter
minazione dell'indennità di espropriazione, commisurato al
valore venale, con abbattimento del venticinque per cento,
Il Foro Italiano — 1996.
difforme da quello previsto dalla legislazione statale con una
norma da considerarsi come fondamentale di riforma econo
mico sociale. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 8 maggio 1995, n. 153
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 maggio 1995, n. 20); Pres. ed est. Baldassarre; Soc. Stafe (Aw. De Luca, Con
te, Scoca) c. Assess, agricoltura e foreste della regione sici
liana. Ord. Trib. sup. acque 28 febbraio 1994 (G.U., la s.s., n. 44 del 1994).
Sicilia — Espropriazione per pubblico interesse — Indennità —
Determinazione — Incostituzionalità (R.d. leg. 15 maggio 1946
n. 455, statuto della regione siciliana, art. 14; 1. reg. sic. 18
novembre 1964 n. 29, nuove norme per l'acceleramento del
l'esecuzione e dei pagamenti delle opere pubbliche, art. 1; 1. reg. sic. 16 agosto 1974 n. 36, interventi straordinari nel
settore della difesa del suolo e della forestazione, art. 4; 1.
reg. sic. 29 dicembre 1975 n. 88, interventi per la difesa e
conservazione del suolo ed adeguamento delle strutture ope rative forestali, art. 3).
È incostituzionale il combinato disposto formato dall'art. 3 l.
reg. sic. 29 dicembre 1975 n. 88, dall'art. 4, 1° e 2° comma, l. reg. sic. 16 agosto 1974 n. 36 e dall'art. 1 l. reg. sic. 18
novembre 1964 n. 29, nella parte in cui prevede la determina
zione dell'indennità di espropriazione in misura pari al valore
venale dei suoli espropriati. (2)
(1-2) Per analoga questione di legittimità costituzionale, v. App. Trento, ord. 21 novembre 1995, n. 77, G.U., 1" s.s., n. 7 del 1996.
L'applicabilità del criterio di determinazione dell'indennità di espro priazione per pubblica utilità di cui all'art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333, la cui conformità alla Costituzione è già stata vagliata, sotto vari profili, in precedenti sentenze (Corte cost. 16 dicembre 1993, n.
442, Foro it., 1994, I, 4; 16 giugno 1993, n. 283, id., 1993, I, 2089, con commento di Gambaro), è estesa dalla Corte costituzionale anche alle regioni a statuto speciale, nell'ambito della loro competenza legisla tiva primaria, sul presupposto della qualificazione della norma in esa me come fondamentale di riforma economico sociale (Corte cost. 31 dicembre 1993, nn. 496 e 497, id., 1994, I, 672; 1° luglio 1993, n.
296, ibid., 673; 17 ottobre 1991, n. 385, id., 1992, I, 308). L'applicabi lità dell'art. 5 bis nella regione Trentino Alto-Adige era stata peraltro ritenuta, sotto il profilo della valutazione della edificabilità delle aree, da Cass. 9 luglio 1993, n. 7571, id., Rep. 1993, voce Espropriazione per p.i., n. 169, proprio nella considerazione del carattere di norma fondamentale vincolante la potestà legislativa regionale.
Con la sentenza 153/95 (annotata da Cavallaro-Pandolfo, in Cor riere giur., 1995, 1289 e da Morelli, in Giusi, civ., 1995, I, 1736), cui la 80/96 fa diretto riferimento, la corte sottolinea il carattere pro fondamente innovativo del contenuto normativo dell'art. 5 bis con con
seguente connotazione delle norme fondamentali come principi che esi
gono una attuazione uniforme sull'intero territorio nazionale (v., tutte citate in motivazione, Corte cost. 1° luglio 1993, n. 296, cit.; 27 luglio 1992, n. 366, Foro it., Rep. 1992, voce Parchi nazionali, nn. 12-35; 23 luglio 1992, n. 356, id., 1993, I, 1379; 22 aprile 1992, n. 188, id.,
Rep. 1993, voce Regione, nn. 336-342; 27 dicembre 1991, n. 493, id., 1992, I, 1070; 16 luglio 1991, n. 349, id., 1991, I, 2617) e la circostanza che la natura temporanea di una norma non è di ostacolo alla qualifica zione della stessa come «norma fondamentale di riforma economico sociale» (così Corte cost. 10 marzo 1988, n. 274, id., 1989, I, 1049; 27 dicembre 1991, n. 493, cit.; 31 dicembre 1993, nn. 496 e 497, cit.).
Sul comples; ~> e dibattuto problema circa il rapporto tra legge statale «successiva» re ante principi in grado di costituire limite all'esercizio della potestà legislativa regionale e legge regionale «anteriore» che si
ponga con essa certamente e direttamente in contrasto, v. Corte cost. 29 maggio 1974, n. 151, id., 1974, I, 2261, con osservazioni di Messeri
ni; 6 febbraio 1991, n. 50, id., 1991, I, 2940; 31 dicembre 1993, n.
498, id., Rep. 1994, voce Regioni, n. 275, e Regioni, 1994, 1811, con commento di Tosi, Sulla sorte della legislazione regionale anteriore ai nuovi principi. Su questo aspetto particolare, in dottrina, Morelli, In
costituzionalità sopravvenuta di legge regionale esclusiva per contrasto con legge statale successiva di grande riforma, in Corrire giur., 1994, 1009; Anzon, Mutamento dei «principi fondamentali» delle materie re
gionali e vicende della normazione di dettaglio, in Giur. costit., 1985, I, 1660.
In generale, in tema di vincoli paesaggistici e ancora in relazione ai limiti che derivano all'esercizio delle competenze legislative regionali dalla
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1935 PARTE PRIMA 1936
I
Diritto. — 1. - Viene denunciato, dalla Corte d'Appello di
Trento, l'art. 8, 1° comma, 1. prov. di Bolzano 15 aprile 1991
n. 10 — che assume a parametro di determinazione dell'inden
nizzo espropriativo il valore venale del bene con un abbattimen
to del venticinque per cento — dubitandosi che detta norma
sia divenuta costituzionalmente illegittima, in riferimento agli art. 3, 5, 42 Cost., oltreché 4 e 8 dello statuto di autonomia,
per contrasto con la sopravvenuta normativa statuale di grande riforma di cui all'art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333, inserito
in sede di conversione dalla 1. n. 359 del 1992 — che introduce
una ben più riduttiva disciplina di liquidazione di quell'inden nizzo — alla quale la provincia non si è spontaneamente «ade
guata» ai sensi e nel termine di cui all'art. 2 delle norme di
attuazione dello statuto (d.leg. n. 266 del 1992). 2. - Vanno preliminarmente respinte le eccezioni di inammis
sibilità sollevate dalla provincia. 2.1. - La prima eccezione ha riguardo proprio al riferito mec
canismo di adeguamento della legge provinciale di cui all'art.
2 delle norme di attuazione dello statuto di autonomia «concer
nenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali...».
La succitata disposizione — nel prevedere testualmente che
«...la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e limiti indicati dagli art. 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi
alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta ufficiale...» e che, decorso il termine di cui sopra, «le disposizioni non ade
guate... possono essere impugnate davanti alla Corte costituzio
nale ai sensi dell'art. 97 dello statuto, per violazione di esso...
entro novanta giorni» — effettivamente si ispira (come non a
torto sottolineato quindi dalla provincia) a ragioni di ulteriore
valorizzazione della autonomia speciale degli indicati enti terri
toriali attraverso la sostituzione del meccanismo caducatorio sub
art. 10 1. n. 62 del 1953 con un ricorso principale di nuovo
tipo (ma riconducibile alla previsione della richiamata norma
statutaria e quindi fruente di quella copertura costituzionale)
proponibile, per incostituzionalità sopravvenuta, solo in esito
al decorso di un termine di tolleranza all'interno del quale è
consentito all'ente interessato di «adeguare» spontaneamente la
propria legislazione, continuandosi nel frattempo ad applicare le disposizioni previgenti.
Ma ciò che dal meccanismo istituzionale così congegnato non
è consentito inferire è proprio il corollario cui la provincia, vi
ceversa, lega la prima eccezione di inammissibilità e cioè — co
me conclusivamente essa afferma — che ove il presidente del
consiglio dei ministri non abbia (come nella specie) impugnato in termini la legge [regionale o] provinciale «non adeguata», resterebbe preclusa la prospettabilità di questioni incidentali nei
riguardi della legge medesima, «dovendo il giudice ordinario
restare fuori da questo dialogo istituzionale».
Una tesi del genere — che si risolverebbe nella attribuzione
di una vis rinforzata alla legge provinciale (o regionale) non
impugnata in via principale — è stata, in realtà, pur prospettata nel corso dei lavori della commissione paritetica per la redazio
ne delle norme di attuazione di cui all'art. 107 dello statuto
(vedi verbale della seduta 13 marzo 1991), ma ad essa fu pron
considerazione della norma statale come espressiva di una grande rifor ma economico sociale, v. Corte cost. 29 gennaio 1996, n. 14 e 31 marzo
1994, n. 110, Foro it., 1996, I, 1538.
Per le problematiche relative all'applicazione dell'art. 5 bis 1. 8 ago sto 1992 n. 359, v., da ultimo, Cass. 28 marzo 1996, n. 2856, ibid., 1630, con nota di richiami, nonché, per l'estensione della norma alla determinazione del risarcimento da occupazione appropriativa, App. Sa lerno 13 febbraio 1996, ibid., 1810, con nota di S. Benini.
Sul limite costituito, dalle norme fondamentali di riforma economico
sociale, v. Morelli, La «cedevolezza» della legislazione regionale esclu siva alla legge nazionale successiva di grande riforma: tra abrogazione e incostituzionalità sopravvenuta, in Giust. civ., 1995, I, 1733; Calva
ri, Decreto legge e limiti alla potestà legislativa regionale posti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, in Giur. costit., 1994, 471; Bartole, in Commentario della Costituzione a cura di Bran
ca, Bologna-Roma, 1985, 111, sub art. 117. Per ulteriori riferimenti
dottrinali, v. la nota di richiami a Corte cost. 110/94, cit.
Il Foro Italiano — 1996.
tamente ed esattamente replicato che l'abolizione del controllo
diffuso dei giudici comuni, oltre a sopprimere una garanzia, si sarebbe posta irrimediabilmente in contrasto con il dettato
costituzionale.
E non a caso quindi nel testo finale dell'art. 2 in esame si
trova ribadito che «si applicano altresì la 1. cost. 9 febbraio
1948 n. 1 e l'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 87», vale a dire le
disposizioni che appunto prevedono e disciplinano l'incidente
di costituzionalità.
La questione odierna deve considerarsi per ciò ritualmente
sollevata.
2.2. - Del pari, va respinta anche la successiva eccezione di
irrilevanza alla stregua della consolidata giurisprudenza di que sta corte per cui non può rimettersi, in questa fase, in discussio
ne il giudizio di rilevanza quando esso risulti — come nella spe cie — non implausibilmente motivato dal giudice a quo.
3. - Nel merito la questione è fondata.
Il carattere di legge statale di grande riforma è già stato rico
nosciuto all'art. 5 bis introdotto dalla 1. n. 359 del 1992, che
ha ridefinito il criterio di liquidazione dell'indennizzo espropria tivo (anche al fine di recuperare alla collettività il plusvalore del fondo espropriato), sia (implicitamente) dalla sentenza n.
283 del 16 giugno 1993 (Foro it., 1993, I, 2089) — con cui
sono state, tra l'altro, respinte plurime censure di incostituzio
nalità formulate avverso la norma medesima — sia (esplicita
mente) dalla successiva pronunzia n. 153 dell'8 maggio 1995
(id., 1996, I, 1934) che ha dichiarato l'illegittimità costituziona le di leggi regionali siciliane proprio per la ragione che il criterio
indennitario ivi stabilito non più rispondeva a quello introdotto
dalla «norma fondamentale» del citato art. 5 bis.
La stessa provincia di Bolzano, in definitiva, non contesta
una tale valenza della richiamata disciplina statuale, ma — in
dividuandone il nucleo centrale nel disancoraggio della misura
dell'indennizzo espropriativo da quella del valore venale del be
ne espropriato — ne desume l'inesistenza di un effettivo contra
sto tra detta legge e la precedente propria normativa che, con la prevista decurtazione del 25% avrebbe anticipatamente at
tuato un analogo sganciamento della indennità in questione dal
prezzo di mercato dei suoli.
Un tale rilievo non può però condividersi, perché basato su
una interpretazione arbitrariamente riduttiva, e per ciò errata, della norma di riforma.
Questa infatti — a differenza dalla disposizione provinciale in comparazione — non si limita a prevedere un mero indice
di abbattimento del valore venale. Essa, invece, introduce un
differente e più complesso sistema di determinazione dell'inden
nità, risultante dalla concorrenza di più fattori complementari, e quindi non un mero correttivo del precedente criterio ma un
altro criterio, nella conformazione del quale è proprio la com
binazione prescelta tra i vari elementi (positivi e negativi) del
meccanismo liquidatorio che è, nel suo complesso, coessenziale
all'obiettivo perseguito dal legislatore statale di determinare l'in dennizzo espropriativo in misura particolarmente contenuta nella attuale congiuntura economica.
Il denunziato art. 8, 1° comma, 1. prov. 15 aprile 1991 n. 10 — recante un criterio indennitario molto più oneroso per l'amministrazione e comunque notevolmente difforme da quel lo introdotto dall'art. 5 bis inserito dalla sopravvenuta 1. n. 359 del 1992 — risulta pertanto in contrasto con gli art. 4 e 8 dello statuto speciale di autonomia che impongono alla legislazione regionale e provinciale, anche primaria od esclusiva, il rispetto del limite della normativa statuale di riforma economico-sociale. E per la violazione appunto dei predetti parametri statutari (as sorbita rimanendo ogni altra censura) la norma medesima va dichiarata quindi costituzionalmente illegittima in parte qua.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 8, 1° comma, 1. prov. Bolzano 15
aprile 1991 n. 10 (espropriazioni per causa di pubblica utilità
per tutte le materie di competenza provinciale), nella parte in cui determina l'indennità di espropriazione con criterio non ade
guato a quello stabilito dall'art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333 inserito dalla 1. statale 8 agosto 1992 n. 359.
II
Diritto. — 1. - Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha sollevato — in riferimento agli art. 3, 5 e 42 Cost, e all'art.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
14, lett. s), dello statuto della regione siciliana (r.d. leg. 15 maggio 1946 n. 455, convertito in 1. cost. 26 febbraio 1948 n. 2) —
questione di legittimità costituzionale del combinato disposto formato dall'art. 3 1. reg. 29 dicembre 1975 n. 88 (interventi
per la difesa e conservazione del suolo ed adeguamento delle
strutture operative forestali), dall'art. 4 1. reg. 16 agosto 1974
n. 36 (interventi straordinari nel settore della difesa del suolo
e della forestazione) e dall'art. 1 1. reg. 18 novembre 1964 n.
29, nella parte in cui, esigendo la determinazione dell'indennità
in misura pari al valore di mercato dei suoli espropriati, si por rebbe in contrasto con il principio contenuto nell'art. 5 bis 1.
8 agosto 1992 (recte: art. 5 bis d.l. 11 luglio 1992 n. 333, dal titolo «misure urgenti per il risanamento della finanza pubbli
ca», convertito, con modificazioni, dalla 1. 8 agosto 1992 n. 359). 2. - Vanno preliminarmente respinte le eccezioni d'inammissi
bilità proposte dalla parte privata. Con una prima eccezione tale parte ipotizza l'irrilevanza della
questione sulla base del rilievo che l'espropriazione in discussio
ne, cui si riferiscono le leggi regionali impugnate, avrebbe ad
oggetto aree non edificabili, mentre la norma statale di raffron
to, l'art. 5 bis d.l. n. 333 del 1992, come risultante dalla legge di conversione n. 359 del 1992, riguarderebbe soltanto l'espro
priazione di suoli edificatori. A dire il vero, l'argomento addot
to, il quale si basa sulPasserita non pertinenza delle norme sta
tali di raffronto, assunte come principi generali dell'ordinamen
to ovvero come norme fondamentali di riforma
economico-sociale, è in sostanza un argomento volto a dimo
strare l'infondatezza della dedotta questione, tanto che non sfiora
minimamente il problema — questo sì attinente alla rilevanza — dell'applicabilità nel giudizio principale delle leggi regionali oggetto di contestazione. E il discorso non muterebbe ove l'ec
cezione fosse interpretata estensivamente, nel senso di escludere
la comparabilità tra le norme regionali impugnate e l'art. 5 bis, in base al rilievo che le une e l'altro si riferirebbero a tipi diver
si di espropriazione. Ad analoga conclusione si deve pervenire anche riguardo alla
seconda eccezione d'inammissibilità, per la quale, nell'ipotesi che nel caso dedotto nel giudizio a quo si tratti di aree edifica
bili, non sarebbe applicabile l'art. 5 bis, 1° comma (che stabili
sce i criteri di determinazione dell'indennizzo), ma il 2° comma
dello stesso articolo, quale risulta a seguito dell'intervento addi
tivo compiuto con la sentenza n. 283 del 1993 di questa corte
(Foro it., 1993, I, 2089, che esclude la decurtazione del 40 per cento nel calcolo dell'indennizzo), rientrando il caso in esame
in quello dei soggetti, già espropriati al momento dell'entrata
in vigore della nuova disciplina, nei confronti dei quali l'inden
nizzo non sia divenuto ancora incontestabile. Pur ribadendo che
anche il rilievo ora esaminato attiene al merito — e, anzi, in
tal caso al merito del giudizio principale — è opportuno ram
mentare che l'art. 5 bis è invocato dal giudice a quo nell'insie
me delle sue disposizioni dirette a stabilire i criteri di determina
zione dell'indennizzo in relazione alle varie ipotesi ivi stabilite, includendo in questi anche i criteri per la valutazione dell'edifi
cabilità delle aree (3° comma). 3. - Nel merito la questione merita l'accoglimento, poiché
le disposizioni di legge regionale contestate risultano lesive dei
limiti che l'art. 14 dello statuto speciale per la regione siciliana
stabilisce all'esercizio della competenza legislativa di tipo esclu
sivo in materia di espropriazione per pubblica utilità (lettera
s). E a nulla rileva in proposito il fatto che il giudice a quo non menziona espressamente nell'ordinanza di rimessione l'art.
14 dello statuto, poiché tale mancanza può essere superata me
diante i poteri di interpretazione dell'ordinanza di rimessione
costantemente riconosciuti a questa corte di fronte a ipotesi,
come quella in esame, nelle quali il giudice a quo lamenta, fra
l'altro, la lesione di un limite apposto all'esercizio della potestà
legislativa regionale di tipo esclusivo.
3.1. - Nessun dubbio sussistere sul fatto che il criterio di de
terminazione dell'indennità di espropriazione desumibile dalle
leggi regionali ritenute applicabili nel giudizio a quo e quello
disposto dall'art. 5 bis d.l. n. 333 del 1992 siano diversi e fra
loro incompatibili. La disciplina normativa regionale sulla espropriazione, ogget
to di contestazione, deriva da un complesso di disposizioni pre cisamente indicato dal giudice rimettente. Prima di tutto, l'art.
3 1. reg. n. 88 del 1975 stabilisce che per gli interventi per la
difesa e la conservazione del suolo e per l'adeguamento delle
Il Foro Italiano — 1996.
strutture operative forestali si applica l'art. 4 1. n. 36 del 1974.
Quest'ultimo, ai primi due commi, dispone che «gli interventi
nel settore della forestazione saranno effettuati su terreni dema
niali della regione o di altri enti pubblici o comunque su terreni
da acquisire al demanio della regione» e che, in tal caso, per le espropriazioni relative alle opere di pubblica utilità previste «si applicano le disposizioni di cui alla 1. 25 giugno 1865 n.
2359 e sue successive modificazioni, nonché quelle di cui al tito
lo 11. reg. 18 novembre 1964 n. 29». A sua volta, quest'ultima, all'art. 1, stabilisce che «per le espropriazioni connesse alle ope re finanziate, in tutto o in parte, dalla regione, la stima della
indennità da offrirsi ai proprietari ai sensi dell'art. 24 1. 25 giu
gno 1865 n. 2359, che sia stata approvata dai competenti organi tecnici dell'amministrazione regionale, sostituisce, per tutti gli effetti dell'art. 48 della citata legge, le perizie previste dall'art.
32 della legge medesima».
Insomma, dall'insieme delle disposizioni regionali sopraindi
cate, rinvianti alla 1. n. 2359 del 1865, il giudice a quo non
implausibilmente desume che il criterio di determinazione del
l'indennizzo dovuto all'espropriato è costituito dal valore di mer
cato del suolo, vale a dire dal prezzo che l'immobile avrebbe
avuto in una libera contrattazione di compravendita. E lo stes
so giudice a quo nell'ordinanza di rimessione premette che, allo
stadio attuale del giudizio principale, risulta che alle aree, in
relazione alle quali dev'essere determinato l'indennizzo, ineri
scono valenze tali da indurre a considerarle come edificabili.
Al contrario, la norma statale di raffronto, cioè l'art. 5 bis
d.l. n. 333 del 1992, nel testo risultante dalla legge di conversio
ne n. 359 del 1992, ha non irragionevolmente fissato, come questa corte ha già affermato nella sentenza n. 283 del 1993, un diver
so criterio di determinazione dell'indennizzo — anch'esso di ge nerale applicazione quanto quello previsto nell'art. 24 1. n. 2359
del 1865 — riguardo alle aree destinabili a edificazione: un cri
terio costituito dalla semisomma del valore venale e del reddito
dominicale, ridotta del 40 per cento (1° comma). Inoltre, per effetto del ricordato intervento additivo operato da questa corte
con la sentenza n. 283 del 1993, i soggetti già espropriati al
momento dell'entrata in vigore della legge, che tuttavia abbiano
ancora pendente il contenzioso relativo all'indennità, sono am
messi al beneficio, previsto dal 2° comma dello stesso art. 5
bis, consistente nella non applicabilità della riduzione del 40
per cento.
In definitiva, è evidente che il criterio di determinazione del
l'indennizzo fissato dall'art. 5 bis è sostanzialmente difforme
da quello, consistente nel solo valore venale, desumibile dalle
disposizioni di legge regionale sottoposte al giudizio di questa corte e, implicando un medesimo campo di applicazione rispet to a queste ultime, comporta una situazione di incompatibilità fra le norme messe a confronto.
3.2. - Il citato art. 5 bis rientra fra le norme fondamentali
delle riforme economico-sociali, che, in base all'art. 14 dello
statuto speciale per la regione siciliana, costituiscono un limite
anche all'esercizio delle competenze legislative di tipo esclusivo.
Giova ricordare, innanzitutto, che il criterio di determinazio
ne dell'indennizzo stabilito dall'art. 5 bis si applica, per espres so disposto del 1° comma dello stesso articolo, a «tutte le espro
priazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da
parte o per conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei
comuni e degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche
non territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione di
opere o interventi dichiarati di pubblica utilità». Tale generaliz zata applicazione a tutte le espropriazioni riferita all'intero ter
ritorio nazionale, ancorché disposta con una norma tempora nea emanata in attesa di una disciplina organica della materia,
rientra, come ha già precisato questa corte nella già citata sen
tenza n. 283 del 1993, nell'ambito di provvedimenti urgenti vol
ti, non soltanto al perseguimento di scopi economico-sociali le
gati alla ripresa del settore fondamentale dell'edilizia pubblica, ma anche, e soprattutto, al risanamento della finanza pubblica, attraverso la decurtazione degli oneri addossati a carico dei bi
lanci pubblici in una situazione caratterizzata da un gravissimo debito pubblico.
Posto che, come questa corte ha più volte affermato (v. spec, sentenze nn. 497 e 296 del 1993, id., 1994, I, 672; 493 del 1991,
id., 1992, I, 1070; 274 del 1988, id., 1989, I, 1049), la natura di norma temporanea non può ritenersi preclusiva del riconosci
mento alla stessa della qualificazione di «norma fondamentale
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1939 PARTE PRIMA 1940
delle riforme economico-sociali», nel caso in esame si riscontra
no i caratteri propri di tale limite generale all'esercizio delle
competenze legislative delle regioni: l'incisiva innovatività del
contenuto normativo, tenuto anche conto delle finalità perse
guite dal legislatore in ordine a un fenomeno vasto di primaria
importanza nazionale; l'attinenza della disciplina dettata a un
problema di grande rilevanza per la definizione del rapporto fra proprietà privata e potere pubblico e, quindi, per la vita
economica e sociale della comunità intera; e, infine, la connota
zione delle norme considerate come principi che esigono un'at
tuazione uniforme su tutto il territorio nazionale (v., ad esem
pio, sentenze nn. 296 del 1993; 366 del 1922, id., Rep. 1992, voce Parchi nazionali, n. 35; 356 del 1992, id., 1993, I, 1379; 188 del 1992, id., Rep. 1992, voce Regione, n. 342; 493 del
1991; 386 del 1991, id., 1992, I, 308; 349 del 1991, id., 1991, I, 2617; 634 del 1988, id., Rep. 1988, voce Sicilia, n. 80).
3.3. - Questa corte ha più volte affermato che, ai sensi del
l'art. 10, 1° comma, 1. 10 febbraio 1953 n. 62, il sopravvenire nelle leggi statali di norme recanti principi, in grado di costitui
re un limite all'esercizio di competenze legislative regionali, com
porta, nei casi di accertata e diretta incompatibilità fra la legge
regionale e quella statale, l'effetto dell'abrogazione (v. spec, sen
tenze nn. 498 del 1993, id., Rep. 1994, voce Regione, n. 275; 497 del 1993; 50 del 1991, id., 1991, I, 2940; 151 del 1974, id., 1974,1, 2262). Ma, dal momento che il giudice a quo, com
petente a rilevare tale evenienza, afferma espressamente — sulla
base di una nozione di abrogazione di carattere dogmatico anzi
ché di una di diritto positivo — che le leggi regionali in esame
non debbono essere considerate abrogate, ragioni essenziali di
certezza del diritto inducono questa corte, di fronte a un diretto
contrasto tra le disposizioni di legge regionale impugnate e i
principi di riforma economico-sociale stabiliti dal ricordato art.
5 bis, a dichiarare l'illegittimità costituzionale delle norme sot
toposte al proprio giudizio. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale del combinato disposto formato dall'art. 3
1. reg. sic. 29 dicembre 1975 n. 88 (interventi per la difesa e
conservazione del suolo ed adeguamento delle strutture operati ve forestali), dall'art. 4, 1° e 2° comma, 1. reg. sic. 16 agosto 1974 n. 36 (interventi straordinari nel settore della difesa del
suolo e della forestazione) e dall'art. 1 1. reg. sic. 18 novembre
1964 n. 29 (nuove norme per l'acceleramento dell'esecuzione
e dei pagamenti delle opere pubbliche), nella parte in cui preve de la determinazione dell'indennità di espropriazione in misura
pari al valore venale dei suoli espropriati.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 marzo 1996, n. 79
{Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 1996, n. 13); Pres. Ferri, Est. Mirabelli; Comi ed altri (Aw. G. Roma
nelli), Comune di Carimate (Aw. Manzi), Comune di Can
tù (Aw. Sorrentino), Comune di Cerro Maggiore (Aw. Tra
vi, Lorenzoni) c. Soc. Gesam (Aw. Ferrari), Soc. Proge sam Ecosistemi (Aw. Ferrari, Caravita Di Toritto), Soc.
Simec (Aw. Mezzanotte). Ord. Tar Lombardia 14 giugno 1994 (G.U., la s.s., n. 19 del 1995); 8 marzo 1995 (G.U., la s.s., n. 28 del 1995); 11 maggio 1995, 17 maggio 1995
e 29 maggio 1995 (G.U., la s.s., n. 38 del 1995).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombardia — Rifiuti solidi urbani — Discarica — Autorizzazione regio nale — Procedimento — Previsione di un gruppo di valuta
zione — Incostituzionalità (Cost., art. 117; d.l. 31 agosto 1987
n. 361, disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei ri
fiuti, art. 3 bis; 1. 29 ottobre 1987 n. 441, conversione in leg
ge, con modificazioni, del d.l. 31 agosto 1987 n. 361; 1. reg. Lombardia 9 settembre 1989 n. 42, integrazioni e modifiche
alla 1. reg. 28 giugno 1988 n. 37, piano di organizzazione
Il Foro Italiano — 1996.
dei servizi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e norme
in materia di raccolta e smaltimento differenziati dei rifiuti
urbani, art. 3).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombardia — Rifiuti solidi urbani — Discarica — Autorizzazione regio nale — Procedimento — Questioni inammissibili di costitu
zionalità (Cost., art. 97, 117, 118; d.l. 31 agosto 1987 n. 361, art. 3 bis; 1. 29 ottobre 1987 n. 441; 1. reg. Lombardia 9 set
tembre 1989 n. 42, art. 3).
È incostituzionale l'art. 3, 8° e 9° comma, l. reg. Lombardia
9 settembre 1989 n. 42, nella parte in cui prevede che la giun ta regionale si avvale, per l'istruttoria del procedimento di
approvazione dei progetti di nuove discariche urbane, di un
gruppo di valutazione, composto dai responsabili dei servizi
regionali interessati, in luogo della conferenza di servizi, pre vista dall'art. 3 bis /. 29 ottobre 1987 n. 441. (1)
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del
l'art. 3, 8° e 9° comma, l. reg. Lombardia 9 settembre 1989
n. 42, non potendo il giudice a quo motivare la rilevanza delle questioni con mero richiamo ad una precedente ordi
nanza di rimessione, in riferimento agli art. 117, 1° comma, 118 e 97, 1° comma, Cost. (2)
(1-2) Sulla natura precettiva dell'art. 3 bis 1. 29 ottobre 1987 n. 441, norma di immediata applicabilità, indipendentemente dalle disposizioni regionali attuative: Tar Liguria, sez. I, 11 ottobre 1993, n. 347, Foro
it., Rep. 1994, voce Sanità pubblica, n. 470. Nel senso, però, che la legge citata è vincolante per le regioni, solo
quanto alle norme di principio, non anche per quelle di dettaglio: Cons.
Stato, sez. IV, 16 ottobre 1991, n. 838, id., Rep. 1992, voce cit., n. 433. La Corte costituzionale censura, sotto il profilo del contrasto con
l'art. 117 Cost., la 1. reg. Lombardia, nella parte in cui prevede che la regione si avvalga, per l'esame dei progetti di nuove discariche pub bliche, di un «gruppo di valutazione», organo tecnico-burocratico in terno all'amministrazione regionale, con partecipazione meramente con sultiva e comunque non necessaria dei rappresentanti degli enti locali
minori, laddove il legislatore statale ha stabilito, all'art. 3 bis 1. 441/87, che la regione giunga all'approvazione dei progetti in questione, sulla base delle risultanze di un'apposita conferenza di servizi, convocata con la partecipazione necessaria dei rappresentanti degli enti locali.
In motivazione si osserva che la previsione, in luogo della conferen
za, del suddetto gruppo di valutazione, finirebbe per mortificare la par tecipazione del comune in un procedimento che ha ad oggetto la realiz zazione e localizzazione di discariche sul suo territorio; limitazione, questa, tanto più grave, ove si consideri che l'approvazione regionale dei pro getti relativi costituisce, ove occorre, variante degli strumenti urbanisti
ci, con ciò incidendo in modo significativo sui poteri delle autonomie locali in materia di gestione del territorio.
Su tale effetto, e per l'esclusione, invece, di una efficacia sanante della suddetta approvazione, in relazione a precedenti provvedimenti adottati in contrasto con gli strumenti urbanistici: Tar Abruzzo 27 apri le 1992, n. 148, id., Rep. 1994, voce cit., n. 462.
Occorre comunque sottolineare che successivamente la stessa regione Lombardia si è adeguata alla legislazione statale, introducendo nuova mente la conferenza di servizi, con 1. 1° luglio 1993 n. 21, art. 24, su cui v. P. Giampietro, I rifiuti in Lombardia (commento alla I. reg. Lombardia 1° luglio 1993 n. 21), in Ambiente, 1994, fase. 1, 17.
Come si sottolinea in motivazione, il legislatore ha, di recente, fre
quentemente recepito l'istituto della conferenza di servizi, quale stru mento di semplificazione delle procedure e di raccordo tra le ammini strazioni interessate (v., da ultimo, gli art. 14 1. 241/90 e 27 1. 142/90). La stessa Corte costituzionale si è, in più di un'occasione, espressa fa vorevolmente in merito alla compatibilità di un siffatto «organo misto» con il sistema costituzionale delle competenze degli enti locali: sent. 31 gennaio 1991, n. 37, Foro it., 1991, I, 2330, in relazione alla confe renza prevista in materia di interventi anti-Aids; 16 febbraio 1993, n. 62, id., Rep. 1993, voce Opere pubbliche, n. 124, sulla conferenza pre vista dalla 1. 205/89, in tema di interventi pubblici connessi ai campio nati mondiali di calcio 1990, nonché, su quella istituita dalla 1. 35/92, ai fini dell'approvazione dei programmi di alienazione e gestione dei beni patrimoniali dello Stato; 28 luglio 1993, n. 348, id., 1994, I, 2064, con nota di richiami, anche su ulteriori riferimenti normativi in tema di conferenza di servizi.
Nelle sentenze cit., la corte, rigettando le eccezioni di incostituziona lità dell'istituto, ha però precisato che le determinazioni della conferen za devono essere adottate all'unanimità e con la necessaria partecipa zione di tutti i rappresentanti delle amministrazioni convocate, i quali devono disporre, per competenza propria o per delega, di poteri corri
spondenti all'atto del procedimento, per il quale l'amministrazione è stata convocata.
In senso analogo, v. Corte cost. 7 novembre 1995, n. 482, Cons.
Stato, 1995, II, 1927, sulla legittimità della previsione di conferenza
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