sentenza 2 marzo 1999; Giud. Conti; Min. finanze c. Soc. Ponte Tresa costruzioni (Avv. Varvaro,Racalbuto)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 1007/1008-1015/1016Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194216 .
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1007 PARTE PRIMA 1008
TRIBUNALE DI PALERMO; sentenza 2 marzo 1999; Giud.
Conti; Min. finanze c. Soc. Ponte Tresa costruzioni (Avv. Varvaro, Racalbuto).
TRIBUNALE DI PALERMO;
Concessioni governative (tassa sulle) — Tassa sulle società —
Rimborso — Termine triennale di decadenza (Direttiva 17 lu
glio 1969 n. 69/335/Cee del consiglio, concernente le imposte indirette sulla raccolta dei capitali, art. 10; d.p.r. 26 ottobre
1972 n. 641, disciplina delle tasse sulle concessioni governati ve, art. 13; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, misure di finanza
pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, art. 11). Concessioni governative (tassa sulle) — Tassa sulle società —
Importo annuale commisurato al costo del servizio di pubbli cità commerciale — Contrasto con la normativa comunitaria — Esclusione (Direttiva 17 luglio 1969 n. 69/335/Cee del con
siglio, art. 12; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, art. 11). Concessioni governative (tassa sulle) — Tassa sulle società —
Rimborso — Interessi — Disciplina — Contrasto con la nor
mativa comunitaria (L. 23 dicembre 1998 n. 448, art. 11). Concessioni governative (tassa sulle) — Tassa sulle società —
Rimborso — Interessi (L. 26 gennaio 1961 n. 29, norme per la disciplina della riscossione dei carichi in materia di tasse
e di imposte indirette sugli affari, art. 1, 5).
Ai sensi dell'art. 11, 2° comma, l. 23 dicembre 1998 n. 448
(collegato alla finanziaria 1999), alla domanda di rimborso
della tassa di concessione governativa per l'iscrizione delle so
cietà nel registro delle imprese pagata in contrasto con la di
rettiva 17 luglio 1969 n. 69/335/Cee del consiglio si applica il termine di decadenza triennale previsto dall'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 641, decorrente dal momento del pa
gamento. (1) È conforme alla normativa comunitaria l'art. 11, 1° comma,
l. 23 dicembre 1998 n. 448 (collegato alla finanziaria 1999) nella parte in cui determina, con efficacia retroattiva, gli im
porti dovuti per gli anni dal 1985 al 1992 dalle società a titolo
di tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel regi stro delle imprese. (2)
(1) L'applicazione alla materia dei rimborsi della tassa di concessione
governativa sull'iscrizione nel registro delle società del termine triennale
previsto dall'àrt. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 641 — seppure contrasta ta, quantomeno sino alle recenti pronunce della Corte di giustizia, da una parte della giurisprudenza di merito — è stata costantemente affer mata dalla Suprema corte (v., ex plurimis, Cass. 27 agosto 1998, n. 8522, Foro it., 1998, I, 2763, con nota di richiami, nonché Cass. 18 novembre 1998, n. 11601, id., Mass., 1214; 16 novembre 1998, nn.
11511-11514, ibid., 1206; 13 novembre 1998, nn. 11476, 11477, ibid., 1205; 12 novembre 1998, n. 11411, ibid., 1195; 12 novembre 1998, nn.
11413-11416, ibid., 1196; 11 novembre 1998, nn. 11372, 11376, 11377, ibid., 1191; 10 novembre 1998, n. 11295, ibid., 1181; 7 novembre 1998, n. 11248, ibid., 1174; 22 ottobre 1998, n. 10498, ibid., 1097; 16 ottobre 1998, nn. 10230, 10231, ibid., 1065; 8 ottobre 1998, n. 9963, ibid., 1038; 8 ottobre 1998, n. 9948, ibid., 1037; 29 settembre 1998, n. 9702, ibid., 1003; 25 settembre 1998, n. 9603, ibid., 992; 4 settembre 1998, n. 8791, ibid., 948; 27 agosto 1998, n. 8519, ibid., 913; 26 agosto 1998, n. 8492, ibid., 910; 13 agosto 1998, n. 7956, ibid., 864; 11 agosto 1998, n. 7872, ibid., 860; 6 agosto 1998, n. 7701, ibid., 844; 30 luglio 1998, n. 7480, ibid., 830; 25 giugno 1998, n. 6296, ibid., 712).
Sul punto, v. poi Corte giust. 15 settembre 1998, cause riunite C-279/96, C-280/96 e C-281/96, Ansaldo, id., 1998, IV, 369, e 15 set tembre 1998, causa C-260/96, Spac, ibid., e Bollettino trib., 1998, 1671, con nota di A. Voglino, per le quali uno Stato membro può, in linea generale, opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazio ne di una direttiva comunitaria un termine di decadenza che decorra dalla data del pagamento del tributo, anche se, a tale data, la direttiva non era stata ancora correttamente attuata nell'ordinamento nazionale, così come può, per le medesime azioni, stabilire un termine di decaden za meno favorevole rispetto a quello previsto per la disciplina generale dell'indebito tra privati, sempre che lo stesso termine di decadenza si applichi allo stesso modo tanto alle azioni di ripetizione di tributi fon date sul diritto comunitario, quanto a quelle fondate sul diritto interno.
In dottrina, v., da ultimo, P. Russo, La Corte di giustizia Ce si pro nuncia: compatibile con il diritto comunitario la decadenza triennale
per le domande di rimborso relative al versamento della tassa sulle so cietà, in Rass. trib., 1998, 1073.
L'art. 11, 2° comma, 1. 23 dicembre 1998 n. 448, Le leggi, 1999, I, 156, ha ora espressamente disposto che la restituzione della (parte di) tassa di concessione governativa sulle società indebitamente riscossa dall'amministrazione finanziaria è subordinata alla presentazione dell'i stanza di rimborso nei termini previsti dall'art. 13 d.p.r. n. 641.
(2) Nel passato, v'erano stati nella giurisprudenza di merito isolati tentativi di determinare — pur in assenza di una normativa del genere
Il Foro Italiano — 1999.
Contrasta con la normativa comunitaria — e va pertanto disap plicato — l'art. 11, 3° comma, l. 23 dicembre 1998 n. 448
(collegato alla finanziaria 1999), nella parte in cui stabilisce
che sulle somme dovute a titolo di rimborso della tassa di
concessione governativa pagata dalle società per l'iscrizione nel registro delle imprese sono dovuti gli interessi nella misu
ra del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della
stessa legge. (3) Sulle somme dovute a titolo di rimborso della tassa di conces
sione governativa pagata dalle società per l'iscrizione nel regi stro delle imprese sono dovuti gli interessi nella misura previ sta dagli art. 1 e 5 l. 26 gennaio 1961 n. 29 e successive modi
ficazioni, con decorrenza dall'istanza di rimborso. (4)
di quella applicata nel giudizio in epigrafe — l'entità di quei «diritti a carattere remunerativo» del servizio svolto dal registro delle imprese, la cui riscossione Corte giust. 20 aprile 1993, cause riunite, C-71/91 e C-178/91, Ponenti Carni, in Foro it., 1993, IV, 169, aveva ritenuto
legittima alla stregua dell'art. 12 direttiva 17 luglio 1969 n. 69/335: in tal senso, v. Trib. Venezia 21 marzo 1996, id., Rep. 1996, voce Con cessioni governative (tassa sulle), n. 53, per la quale l'illegittimità della tassa sulle società non comporta il diritto del contribuente alla sua resti tuzione integrale, non potendo essere ripetuti gli importi suscettibili di essere considerati come remunerativi del servizio di pubblicità commer
ciale, la cui entità può essere calcolata facendo riferimento alla tariffa di cui al d.l. 30 agosto 1993 n. 331.
Assolutamente prevalente, però, l'orientamento che riconosceva alla società il rimborso dell'intero importo pagato a titolo di tassa di con cessione governativa sul registro delle imprese.
Per ulteriori riferimenti sul carattere indebito dei versamenti de qui bus, v. Cass. 27 agosto 1998, n. 8522, cit. alla nota che precede.
Con sentenza 4 marzo 1999 (giud. Solinas; soc. Service c. Min. finan
ze) — di prossima pubblicazione su questa rivista — il Tribunale di Trento ha ritenuto compatibile con il diritto comunitario la previsione dell'art. 11 1. 23 dicembre 1998 n. 448 nella parte in cui ridetermina in lire 500.000
per gli anni dal 1985 al 1992 la tassa di prima iscrizione della società
(potendosi presumere che tale importo sia stato calcolato forfetariamen
te, ma pur sempre in base al costo dell'operazione). Per contro, lo stes so giudice ha concluso nel senso che «la tassa annuale di rinnovo, così come determinata nel 1° comma dell'art. 11 cit. 1. 448/98, rappresenta una remunerazione, la cui entità è priva di qualunque nesso con il costo del servizio concretamente reso, non apparendo in alcun modo calcolata in funzione del costo dell'operazione di cui essa costituisce il corrispetti vo e pertanto non può non essere considerata come un tributo che rica de sotto il divieto di cui all'art. 10 direttiva 17 luglio 1969 n. 69/335/Cee, con conseguente disapplicazione della normativa italiana».
(3) Il tribunale palermitano fa applicazione dei principi affermati da Corte giust. 15 settembre 1998, cause riunite C-279/96, C-280/96 e
C-281/96, cit. alla nota 1, che afferma non essere consentita ad uno Stato membro la previsione di criteri di determinazione degli interessi sulle somme dovute a titolo di rimborso di tributi riscossi in violazione della normativa comunitaria che siano meno favorevoli di quelli stabili ti per il rimborso di tributi riscossi in violazione della normativa nazionale.
V. anche Trib. Trento 4 marzo 1999, cit. alla nota che precede, che, data la specialità della norma di cui all'art. 11,3° comma, 1. 23 dicem bre 1998 n. 448 (che disciplina il pagamento degli interessi limitatamen te all'ipotesi del rimborso parziale della tassa previsto dal 1° comma dello stesso articolo), esclude che la stessa possa trovare applicazione nel caso del rimborso integrale delle tasse annuali di concessione gover nativa per il mantenimento dell'iscrizione nel registro delle imprese.
(4) Negli stessi termini, ma prima dell'entrata in vigore della 1. 23 dicembre 1998 n. 448, v. Cass. 29 agosto 1998, n. 8651, Foro it., 1998, I, 3162, ove però si fa menzione — tra le norme che, in epoca successi va all'introduzione della tassa sulle società, hanno modificato il tasso di interesse previsto dalla 1. 26 gennaio 1961 n. 29 — solamente del l'art. 1 1. 18 aprile 1978 n. 130 (che l'ha fissato al sei per cento per ogni semestre compiuto) e dell'art. 7, 4° comma, 1. 11 marzo 1988 n. 67 (che l'ha stabilito al 4,5 per cento).
Negli stessi termini, dopo l'entrata in vigore della 1. 448/98, cfr. Trib. Trento 4 marzo 1999, cit. alla nota 2.
V. anche, in tema di decorrenza degli interessi sulle somme dovute a titolo di rimborso di imposta indebitamente versata, Cass. 27 aprile 1998, n. 4276, id., 1999, I, 239, con nota di richiami.
La sentenza è redatta con la collaborazione dell'uditore giudiziario Gery Ferrara.
Sull'art. 11 1. 23 dicembre 1998 n. 448, v. la circolare del ministero delle finanze 12 febbraio 1999, n. 32, che si riporta qui di seguito.
* * *
Con la circolare n. 66/E del 5 marzo 97 sono state impartite istruzio ni nel senso di provvedere ai rimborsi della tassa sulle concessioni go vernative per l'iscrizione nel registro delle imprese in presenza di prov vedimenti giurisdizionali esecutivi di condanna dell'Amministrazione fi nanziaria, sempre che l'istanza di restituzione sia stata prodotta nel termine triennale di decadenza stabilito dall'art. 13, comma 2, del d.p.r. n. 641 del 1972.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 16 aprile 1998 il ministero delle finanze, in persona del mini
stro pro-tempore, convenne in giudizio innanzi a questo Tribu
nale la Ponte Tresa costruzioni s.r.l., in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, proponendo opposizione avverso
il decreto ingiuntivo emesso dal presidente del Tribunale di Pa
lermo il 4 marzo 1998, con il quale gli era stato ingiunto il
pagamento in favore della società convenuta della somma di
lire 11.700.000, oltre interessi al tasso legale, dovuta per la ripe tizione di somme indebitamente corrisposte all'erario a titolo
di tassa di concessione governativa per l'iscrizione annuale nel
registro delle imprese. In particolare, l'opponente, pur non contestando la prospet
tazione della società opposta secondo la quale la tassa in parola sarebbe stata illegittima perché in contrasto con l'art. 10 della
direttiva Cee 69/335, chiese tuttavia la revoca dell'ingiunzione sotto il profilo della intervenuta decadenza della pretesa credi
toria, rilevando che la domanda di rimborso, ai sensi dell'art.
13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 641, era stata proposta oltre il
termine triennale riconosciuto applicabile alla fattispecie in og
getto dalla sentenza della Cass., sez. un., 12 aprile 1996, n.
3458, Foro it., 1996, I, 1600.
Costituitasi in giudizio, la Ponte Tresa costruzioni s.r.l. chie
se il rigetto dell'opposizione osservando di avere tempestivamente avanzato domanda di rimborso con atto depositato presso l'in
tendenza di finanza di Palermo il 29 giugno 1991 e conseguen
La legge 23 dicembre 1998, n. 448, con una norma di interpretazione autentica recata dall'art. 11, ha ora precisato la misura della tassa sulle concessioni governative dovuta per gli anni dal 1985 al 1992 e ha stabi lito i criteri per procedere al rimborso delle somme pagate in eccedenza.
L'art. 11 della legge n. 448 del 1998, al comma 1, ha disposto quanto segue:
«L'art. 61, comma 1 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, con
vertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, va inter
pretato nel senso che la tassa sulle concessioni governative per le iscri zioni nel registro delle imprese, di cui all'art. 4 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, nel testo modificato dallo stesso articolo 61, è dovuta per gli anni 1985, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1991 e 1992, nella misura di lire cinque centomila per l'iscrizione dell'atto costitutivo e nelle seguenti misure forfetarie annuali per l'iscrizione degli altri atti sociali, per ciascuno
degli anni dal 1985 al 1992:
a) per le società per azioni e in accomandita per azioni, lire settecen
tocinquantamila; b) per le società a responsabilità limitata, lire quattrocentomila; c) per le società di altro tipo, lire novantamila». Il comma 2 dello stesso art. 11 ha, poi, stabilito che: «Le società che negli anni indicati al comma 1 hanno corrisposto
la tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle
imprese e quella annuale, ai sensi dell'articolo 3, commi 18 e 19, del
decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17, possono ottenere il rimborso della differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma del citato com ma 1, sempre che abbiano presentato istanza di rimborso nei termini
previsti dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641».
Il legislatore ha riconosciuto, in sostanza, la possibilità di rimborsare la differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma dell'art.
11, comma 1, della legge n. 448 del 1998, sempre che sia stata presenta ta istanza di rimborso nel termine triennale previsto dall'art. 13 del
d.p.r. n. 641 del 1972. La natura interpretativa della norma di cui all'art. 11 della legge 23
dicembre 1998, n. 448 impedisce l'integrale rimborso delle somme a suo tempo versate.
Pertanto, in presenza di istanze di rimborso presentate nel rispetto del l'anzidetto termine di decadenza, si prowederà al rimborso esclusivamente nei limiti stabiliti dal più volte citato art. 11 della legge n. 448 del 1998
e secondo le modalità definite dai commi 4 e 6 dell'art. 11 in esame, per le quali il Ministero si riserva di impartire specifiche istruzioni.
Per quanto riguarda le controversie pendenti in sede girisdizionale, in relazione ai rimborsi in argomento, si precisa — in conformità alle
istruzioni impartite dall'Avvocatura Generale dello Stato con circolare
n. 2/99 del 12 gennaio 1999 — quanto segue. In qualsiasi grado di giudizio dovrà dedursi lo ius superveniens (art.
11 della legge n. 448) che comporta la detrazione dalle somme corrispo ste dell'importo della tassa per la prima iscrizione (fissata in lire 500.000
per ogni tipo di società) e della tassa annuale per l'iscrizione di altri
atti sociali (liquidata in rapporto agli anni di iscrizione e al tipo di
società), nel rispetto dell'eccezione di decadenza triennale ex art. 13
del d.p.r. n. 641 del 1972, di esclusione della rivalutazione monetaria
e degli interessi anatocistici.
Il Foro Italiano — 1999.
temente di avere impedito il verificarsi della decadenza applica bile al caso di specie.
In via riconvenzionale chiese inoltre la corresponsione degli interessi moratori al tasso legale sulla somma portata dall'in
giunzione a far data dalla domanda di rimborso (29 giugno 1991) e sino all'effettivo soddisfo.
Indi, compiuta l'istruzione, la causa, sulle conclusioni delle
parti riportate in epigrafe, previa concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, ve
niva introitata per la decisione.
Motivi della decisione. — Ai fini di una più chiara compren sione della controversa vicenda relativa al rimborso della tassa
di concessione governativa per l'iscrizione delle società nel regi stro delle imprese, è necessario un breve excursus dell'evoluzio
ne normativa e giurisprudenziale in materia.
È noto che il d.l. 19 dicembre 1984 n. 853 ha introdotto la
tassa di concessione governativa sulle società per l'iscrizione nel
registro delle imprese da versare per la prima iscrizione e, poi, entro il giorno 30 giugno di ogni anno successivo.
In sede di conversione della normativa d'urgenza, con 1. n.
17 del 1985, il legislatore ha individuato l'ammontare della tas
sa — iniziale e di rinnovo annuale — in lire 5.000.000 per le
s.p.a., lire 1.000.000 per le s.r.l. ed in lire 100.000 per le società
di altro tipo — cfr. art. 18 e 19 1. cit.
Gli importi sopra indicati sono stati nel tempo oggetto di di
versi adeguamenti (1. 26 luglio 1988 n. 291) fino a culminare
Le sentenze già pronunciate dovranno essere impugnate non solo, come accadeva in passato, sul punto della decadenza triennale, della rivalutazione e degli interessi anatocistici, se su questi punti si fosse ottenuta una pronuncia sfavorevole, ma anche sulla deduzione dall'im
porto corrisposto delle somme dovute per l'iscrizione dell'atto costituti vo e degli altri atti societari.
Ciò premesso, al fine di assicurare l'uniformità di indirizzo nella trat tazione del contenzioso attualmente pendente, vorranno gli Uffici, in collaborazione con le Avvocature, promuovere le seguenti iniziative:
a) qualora siano pendenti procedimenti contenziosi in primo grado, sarà necessario proseguire il giudizio, deducendo lo ius superveniens di cui alle disposizioni dettate dall'art. 11 citato, senza provvedere al l'immediato rimborso, in quanto quest'ultimo altererebbe il criterio del l'ordine cronologico su cui si fonda la procedura di rimborso discipli nata dal comma 4 dello stesso art. 11. In tali situazioni si provvederà al rimborso con la procedura automatizzata che sarà predisposta in at tuazione del menzionato comma 4 dell'art. 11;
b) se sia stata pronunciata una sentenza di primo grado (o sia stato emesso un decreto ingiuntivo), si dovrà proporre impugnativa per l'ap plicazione della nuova normativa. Va precisato, comunque, che, essen do oggi la sentenza di primo grado titolo esecutivo, a seguito della mo difica dell'art. 282 del c.p.c., gli Uffici competenti dovranno, intanto, procedere al rimborso della differenza tra le somme corrisposte e l'im
porto della tassa per la prima iscrizione e della tassa annuale per l'iscri zione degli atti societari fissato dall'art. 11 della legge n. 448 del 1998, sempre nel rispetto del principio della decadenza triennale. Qualora, invece, si sia già provveduto al rimborso delle somme in esecuzione di sentenza di primo grado, senza tener conto della disciplina recata dall'art. 11 della legge n. 448 del 1998, dovrà, comunque, provvedersi alla tempestiva impugnazione al fine di recuperare la differenza tra gli ammontari rimborsati e quelli dovuti in base alla nuova disciplina;
c) se è già pendente il giudizio di secondo grado sarà sufficiente inte
grare le memorie difensive chiedendo l'applicazione delle citate disposi zioni dell'art. 11;
d) se, invece, è intervenuta una sentenza di condanna passata in giu dicato, si dovrà dare alla medesima integrale esecuzione.
Nelle ipotesi indicate alle lettere b), c) e d) non dovrà essere attivata la procedura automatizzata disciplinata dal comma 4 del menzionato art. 11.
Si evidenzia, inoltre, che il terzo comma dell'art. 11 della legge n. 448 del 1998 disciplina gli interessi dovuti sulle somme da rimborsare, fissandoli al tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della leg ge, e, quindi, per effetto del d.m. 10 dicembre 1998 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale dell'11 dicembre 1998, n. 289), al tasso del 2,50% con decorrenza dalla data della domanda di rimborso.
Conseguentemente, è da ritenersi superato l'orientamento espresso da
questa Direzione Centrale con la risoluzione n. 169/E del 5 novembre 1998.
Pertanto, dovranno essere impugnate le sentenze che riconoscano la
corresponsione degli interessi secondo la normativa di cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, e successive modifiche, o, comunque, secondo criteri diversi da quelli fissati dall'art. 11 citato.
Si precisa, infine, che per non alterare il ricordato ordine dei rimbor si stabilito dal comma 4 dell'art. 11 della ripetuta legge n. 448 del 1998, non dovranno più essere effettuati i rimborsi parziali per l'anno 1992, previsti dall'art. 61, comma 2, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, converti
to, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
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1011 PARTE PRIMA 1012
nell'art. 36, 8° comma, 1. 27 aprile 1989 n. 154, ove venne sta
bilito l'ammontare di lire 12.000.000 per le s.p.a. e di lire
3.500.000 per le s.r.l., mentre per il solo anno 1988 gli importi dovuti vennero fissati in lire 15.000.000 per le s.p.a. ed in lire 3.500.000 per le s.r.l.
È dato altrettanto acquisito che la Corte di giustizia delle Co
munità europee, con sentenza 20 aprile 1993, cause riunite
C-71/91 e C-178/91, Ponente Carni, id., 1993, IV, 169, ha di chiarato l'illegittimità della tassa di concessione governativa nel
l'ordinamento italiano per contrasto della normativa interna con
gli art. 10 e 12 della citata direttiva 69/335.
A seguito della pronunzia della Corte di giustizia, il legislato re nazionale ha poi provveduto all'emanazione del d.l. 131/93, reiterato nel d.l. 30 agosto 1993 n. 331, a sua volta convertito
in 1. 29 ottobre 1993 n. 427, con cui è stato soppresso il tributo
annuale e previsto il pagamento della tassa per la prima iscri
zione nella misura di lire 500.000 e per gli altri atti sociali in
lire 250.000 — cfr. art. 4 lett. a) della tariffa delle concessioni
governative annesse al d.p.r. 641/72, come modificato dall'art.
61 1. ult. cit.
Acclarato dunque che la tassa di concessione governativa per l'iscrizione delle società nel registro delle imprese nella misura
originariamente fissata è stata soppressa dall'art. 61 1. 427/93 — che ha pure provveduto all'eliminazione della reiterazione
del tributo per gli anni successivi all'iscrizione — permane il
problema, che involge poi la decisione dell'odierno giudizio, della
sorte delle somme versate dalla società opposta nel lasso di tem
po anteriore all'anno 1993 in ossequio ad un tributo contra
stante con il diritto comunitario e della correlativa pretesa alla
ripetizione delle stesse.
Ora, è noto che le sezioni unite della Cassazione hanno stabi
lito che nel vigente sistema tributario la restituzione delle tasse
erroneamente pagate è soggetta alla decadenza triennale dal gior no del pagamento e che a tale regime non sfugge la tassa in
esame — cfr. Cass., sez. un., 12 aprile 1996, n. 3548, cit. —
principi ai quali questo giudice, pur avendo deciso in modo dif
forme altri precedenti controversie, si è adeguato.
Peraltro, la Corte di giustizia delle Comunità europee con
la sentenza 15 settembre 1998, cause riunite C-279/96, C-280/96
e C-281/96, Ansaldo, id., 1998, IV, 369, ha ritenuto non con
trastante con i principi comunitari la previsione di un termine
triennale di decadenza, riconoscendo allo Stato nazionale il di
ritto di stabilire, per il recupero delle imposte dichiarate in con
trasto con la normativa comunitaria, termini per l'azione di ri
petizione diversi da quelli previsti in materia di indebito civile
decorrenti a prescindere dall'epoca in cui lo stato interno si è
adeguato ai principi comunitari.
A sgombrare definitivamente il campo da ogni dubbio sul
l'applicabilità alla fattispecie in questione del termine di deca
denza triennale decorrente dal momento del pagamento del tri
buto è poi intervenuto l'art. 11,2° comma, 1. 448/98, entrata
in vigore il 1° gennaio 1999, che prevede espressamente la pos sibilità per le società che hanno corrisposto la tassa sulle con
cessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese di «ottenere il rimborso della differenza tra le somme versate
e quelle dovute a norma del citato 1° comma, sempre che ab
biano presentato istanza di rimborso nei termini previsti dal
l'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 641».
La medesima norma, peraltro, nel tentativo di porre un freno
all'imponente contenzioso derivante dalle richieste di rimborso
della tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel regi stro delle imprese, ha pure introdotto una disposizione di «in
terpretazione autentica» dell'art. 61, 1° comma, d.l. 30 agosto 1993 n. 331, convertito, con modificazioni, dalla 1. 29 ottobre
1993 n. 427, stabilendo che «la tassa sulle concessioni governa tive per l'iscrizione nel registro delle imprese, di cui all'art. 4
della tariffa annessa al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 641, nel testo
modificato dallo stesso art. 61, è dovuta per gli anni 1985, 1986,
1987, 1988, 1989, 1990, 1991 e 1992, nella misura di lire 500.000 per l'iscrizióne dell'atto costitutivo e nelle seguenti misure for
fetarie annuali per l'iscrizione degli altri atti sociali, per ciascu
no degli anni dal 1985 al 1992: a) per le società per azioni e
in accomandita per azioni, lire 750.000; b) per le società a re
sponsabilità limitata, lire 400.000; c) per le società di altro tipo, lire 90.000» — cfr. art. 11, 1° comma, 1. 448/98.
Ciò posto, giova preliminarmente ribadire che l'art. 61 ult.
cit. aveva, da un lato, modificato la tassa per l'iscrizione e,
dall'altro, provveduto alla definitiva abolizione della tassa an
II Foro Italiano — 1999.
nuale sulle società; tassa, poi, definitivamente soppressa, a de
correre dal 1° gennaio 1998, per effetto delle disposizioni con
tenute nel comma 138 dell'art. 3 1. n. 549 del 1995.
Orbene, dal dettato della norma traspare con immediatezza
la ratio sottesa alla disposizione in questione, diretta ad indivi
duare una soluzione a livello legislativo per una vicenda contro
versa, coinvolgente in rilevante misura sia gli interessi facenti
capo alle finanze pubbliche che i diritti dei cittadini-contribuenti, e ciò in considerazione del numero delle controversie tuttora
pendenti e dell'entità economica delle restituzioni da effettuare; un «intervento normativo risolutivo finalizzato a chiudere defi
nitivamente la questione e volto a rendere il più possibile con
forme alle statuizioni dell'organo giurisdizionale comunitario il
quadro normativo attuale» — cfr. relazione al progetto di legge n. 5267 del 30 settembre 1998 in XIV commissione (politiche dell'Unione europea), camera dei deputati.
Sicché, se non può porsi in dubbio che la norma anzidetta
«riconosce la giustezza delle richieste dei contribuenti finalmen
te dopo tredici anni e pone termine ad una ingiustizia posta in essere nel 1985, quando si obbligarono le società a pagare una tassa definita di sopravvivenza che confliggeva con la nor
mativa dell'Unione europea» (cfr. atti della discussione alla ca
mera dei deputati del d.d.l n. 5267, seduta n. 438 del 17 novem
bre 1998), non può peraltro sottacersi che tale disposizione, for
malmente di interpretazione autentica — di una norma che in
realtà non regolava in alcun modo la sorte dei tributi versati
ante 1991 — ma in realtà di indubbia valenza retroattiva —
che comunque non ne inficia la legittimità costituzionale non
risultando in materia costituzionalizzato il principio di irretroat
tività — si sottrae, ad una prima lettura, anche ad un giudizio di irrazionalità, poiché la relativa disciplina — seppure destina
ta ad incidere su situazioni giuridiche esaurite e precedentemen te tutelate attraverso la disapplicazione della norma interna in
contrasto con quella comunitaria — si inscrive in una situazio
ne di sostanziale vuoto normativo (relativamente al periodo an
tecedente l'emanazione dell'art. 61 cit.) prodotta dalla nota sen
tenza Ponente Carni, cit., e mira a colmarlo e regolamentarlo nel rispetto dei principi più volte espressi a livello comunitario.
Ed infatti, la Corte di giustizia, dalla già citata sentenza Po
nente Carni (20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91) fino alla sentenza Fantask (2 dicembre 1997, causa C-188/95),
pur evidenziando che «una remunerazione la cui entità sia priva di qualunque nesso con il costo del servizio concretamente reso
ovvero sia calcolata in funzione non del costo dell'operazione di cui essa costituisce il corrispettivo, bensì dell'insieme dei co
sti di gestione e d'investimento del servizio incaricato della det
ta operazione, dev'essere considerata come un tributo che può solo ricadere sotto il divieto di cui all'art. 10 della direttiva»
ha, però, sancito la compatibilità con il diritto comunitario sia
della previsione di una tassa per l'iscrizione iniziale nel registro delle imprese sia del pagamento di un diritto a carattere remu
nerativo (in linea con quanto disposto dall'art. 12, lett. e, diret
tiva 69/335), comprendente, per l'appunto, le remunerazioni ri
scosse all'atto della registrazione o annualmente, la cui entità
sia calcolata in base al costo del servizio reso o determinabile,
nell'ipotesi in cui risulti difficile individuare in concreto il costo
di tale servizio, anche in via forfetaria.
Sicché il legislatore, volendosi adeguare a tale principio, ha
rimodulato la tassa in oggetto stabilendo che essa risulta dovuta
per gli anni 1985-1992 sia per l'iscrizione iniziale nel registro delle imprese (nella misura di lire 500.000) che per il servizio
di iscrizione di quegli altri atti sociali che il codice civile impone di rendere pubblici di cui le società possono fruire, in una misu
ra, in quest'ultimo caso, determinata annualmente ed in via for
fetaria e differenziata, tra l'altro, secondo il tipo di società.
Sembra dunque che la norma rimanga al riparo da possibili censure sul piano della non conformità alla disciplina comuni
taria, ove si consideri che la stessa Corte di giustizia ha, a più
riprese, affermato la legittimità della determinazione forfetaria
dell'importo dei diritti a carattere remunerativo quando risulti
difficile determinare il costo di talune operazioni, come l'iscri
zione di una società, poiché in casi del genere la valutazione
deve essere compiuta «con criteri di ragionevolezza, prendendo in considerazione segnatamente il numero e la qualifica delle
persone addette, il tempo da queste impiegato ed i diversi costi
materiali necessari per il compimento dell'operazione» (cfr. Corte
giust. Ponente Carni e Fantask, cit.), residuando, in tal caso, soltanto l'onere per lo Stato di verificare ad intervalli regolari
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che gli importi continuino a non superare il costo medio delle
operazioni in oggetto.
Ora, è ben chiaro che in parte qua non si ricadrebbe nell'al
veo dei tributi vietati, in quanto sussiste comunque un nesso
tra un servizio di cui le imprese possono fruire (nell'interesse
proprio ed in quello generale) ed il pagamento di un diritto
remunerativo dello stesso.
Ma è anche sotto un altro duplice profilo che la recente di
sposizione sembra compatibile con il quadro normativo e giuris
prudenziale delineatosi a livello comunitario prima e recepito a livello nazionale poi.
Va infatti rilevato, per un verso, che l'ammontare di tale di
ritto è stato estremamente contenuto rispetto alla normativa pre
vigente nella quale la «macroscopica sproporzione tra l'ammon
tare della tassa e quello dei diritti applicati negli altri Stati membri
della Comunità per formalità dello stesso tipo» aveva secondo
la corte di legittimità eliso in radice la possibilità di ricondurre
il tributo nella categoria dei diritti a carattere remunerativo (cfr.
Cass., sez. un., 12 aprile 1996, n. 3458, cit.). Per altro verso, la prevista differenziazione delle somme da
pagare secondo il tipo di società appare in linea con quanto divisato dalla Corte di giustizia e poi dalle sezioni unite della
Cassazione che hanno evidenziato come nessuna disposizione della direttiva vieta agli Stati membri di fissare importi diversi
per l'iscrizione delle società per azioni e delle società a respon sabilità limitata, purché nessuno degli importi richiesti avesse
travalicato il costo dell'operazione di iscrizione, «anche se de
terminato in misura forfetaria» per i motivi sopra specificati.
Appare di immediata evidenza, quindi, che così costruita la
fattispecie non impinge in alcun modo nel divieto di cui all'art.
10 della direttiva, ricadendo piuttosto nell'alveo dei «diritti di
carattere remunerativo» previsti dall'art. 12, lett. e), della nor
mativa comunitaria; una categoria, come evidenziato dall'avvo
cato generale nel parere reso nella sentenza Ponente Carni, che
non può «essere così ampia da includere tutte le tasse, che finan
ziano i pubblici servizi incaricati di porre in essere le condizioni
di pubblicità richieste per le società di capitali e di cui deve
essere data una interpretazione restrittiva piuttosto che lata . . .
estesa solo agli oneri aventi il carattere di una remunerazione
per i servizi prestati, sia che tali servizi vengano prestati unica
mente nell'interesse del beneficiario, sia che vengano resi con
formemente a prescrizioni di legge». Alla luce di quanto sopra precisato, dunque, si manifesta con
pregnanza l'intenzione perseguita dal legislatore di agganciare 11 pagamento di un diritto alla prestazione di un servizio reso
nell'interesse sia pubblico che privato e che si concretizzerebbe, nello specifico, con l'iscrizione nel registro delle imprese di altri
atti sociali di cui l'ordinamento impone la pubblicità. Siffatta interpretazione appare vieppiù confortata dai lavori
parlamentari, ed in particolare sia dalla relazione di accompa
gnamento al progetto di legge presentata alla camera ove si leg
ge testualmente che «la soluzione prospettata, in sostanza, ridi
mensiona gli importi da corrispondere per gli anni dal 1985 al
1992, fermo restando che la tassa è da intendersi 'come un tri
buto remunerativo del servizio reso per l'assolvimento' delle ope razioni connesse all'iscrizione», sia nella già menzionata rela zione in commissione,, ove viene riconosciuta «la debenza della
tassa di concessione governativa anche per gli anni nei quali è stata in vigore la tassa annuale, poiché in effetti le società
hanno fruito di un servizio di pubblica utilità, reso mediante
l'iscrizione nel registro delle imprese di quegli atti societari che
il codice civile impone di rendere pubblici».
Depone in tal senso, infine, anche il 2° comma dell'art. 11,
cit., disciplinante le modalità di rimborso, ove si consideri che
dalla lettera della norma («le società . . . possono ottenere il
rimborso della differenza fra le somme versate e quelle dovute
a norma del citato 1° comma») emerge, con evidenza, l'intento
deflattivo del contenzioso pendente nella materia in oggetto per
seguito dal legislatore attraverso la previsione di un sostanziale
automatismo nel calcolo delle somme da rimborsare, individua
bili sulla base di una semplice differenza tra le somme pagate da un lato e l'ammontare della tassa di iscrizione iniziale e del
diritto forfetario per l'iscrizione degli altri atti sociali secondo
il tipo di società e per ogni anno di riferimento dall'altro —
v. sul punto anche la relazione tecnica al progetto di legge n.
5267, sub art. 11.
Orbene, tornando al caso di specie, considerato che la società
opposta, costituita con atto in notar Purpura del 26 marzo 1984,
Il Foro Italiano — 1999.
ha indicato e prodotto in giudizio una domanda di rimborso
presentata all'intendenza di finanza di Palermo il 29 giugno 1991
(acquisita al prot. a.g. n. 22500 del 29 giugno 1991), relativa
esclusivamente ai versamenti effettuati per il pagamento della
tassa annuale nel triennio 1988-1991, va disposto in favore della
stessa il rimborso della somma versata a titolo di tributo annua le per l'iscrizione nel registro delle imprese negli anni 1988-1991
(pari a lire 11.700.000) detraendo dalla stessa l'importo della
contribuzione dovuta in forza del disposto di cui all'art. 11, 1° comma, 1. 448/98 che si quantifica complessivamente, trat
tandosi di s.r.l., in lire 1.600.000. Conseguentemente, il ministero delle finanze va condannato
al pagamento in favore della società opposta della somma di
lire 10.100.000. Relativamente agli interessi dovuti su tali somme, liquidati
in decreto ingiuntivo al tasso legale e solitamente calcolati da
questo giudice, in fattispecie analoghe, al saggio «speciale» pre visto dal combinato disposto degli art. 1 e 5 1. 29/61 ed a de
correre dalla presentazione dell'istanza di rimborso, è ugual mente intervenuto il più volte citato art. 11 1. 448/98 stabilen
do, al 3° comma, che «sull'importo da rimborsare sono dovuti
gli interessi nella misura del tasso legale vigente alla data di
entrata in vigore della presente legge, a decorrere dalla data
di presentazione dell'istanza», tasso che, in forza del d.m. 10
dicembre 1998 (pubblicato in G.U. 11 dicembre 1998, n. 298), risulta fissato nella misura annua del 2,5 per cento a partire dal 1° gennaio 1999.
Ora, mette conto rilevare che l'iter parlamentare di tale di
sposizione, anch'essa palesemente ispirata ad esigenze di politi ca di bilancio, fu particolarmente travagliato, come è dato infe
rire dai lavori preparatori nel corso dei quali vennero formulate
numerose proposte dirette a modificare la norma contenuta nel
progetto di legge, e ciò nella consapevolezza che pur trattandosi
di una norma finalizzata a ridurre l'esborso erariale per il paga mento dei rimborsi, occorreva tuttavia considerare che i relativi
versamenti erano stati effettuati tra il 1985 ed il 1992, quando il costo del denaro era notevolmente elevato, sicché le imprese si sarebbero viste rimborsare una cifra calcolata in base ad un
tasso di interesse risibile, determinando così «una sostanziale
penalizzazione per il contribuente» (cfr. atti della seduta n. 438
del 17 novembre 1998 della camera dei deputati). Né può sottacersi che proprio con riferimento all'art. 11 del
progetto di legge n. 5267 A, la commissione finanze invitò la
commissione di merito a valutare «l'opportunità di definire un
criterio più equo di calcolo degli interessi dovuti ai contribuenti ai quali spetti il rimborso, considerato che il riferimento al tas
so legale vigente alla data di entrata in vigore della legge po trebbe tradursi in un non irrilevante pregiudizio patrimoniale».
Ritiene peraltro questo giudice che proprio sulla scorta di tali
argomentazioni la norma suaccennata potrebbe prestarsi ad un
vaglio critico in termini di razionalità, finendo con lo scaricare
immotivatamente sul contribuente gli effetti economici negativi
prodotti dall'adempimento di una pretesa tributaria introdotta
in violazione del diritto comunitario.
Ma prima ancora che ad una valutazione sotto il profilo ge nerico dell'equità e razionalità, tale norma va sottoposta ad un
giudizio di compatibilità e conformità ai principi fondamentali del diritto comunitario espressi in materia dalla Corte di giustizia.
In proposito, giova rilevare che di recente la Corte di giusti zia, ancora una volta chiamata da un giudice nazionale a diri
mere in via pregiudiziale i contrasti interpretativi sulla discipli na interna in materia di rimborso della tassa di concessione go vernativa per l'iscrizione delle società e segnatamente sull'am
montare degli interessi — determinabile, secondo la difesa era
riale espressa in quel caso, nella misura del tre per cento a se
mestre maturato a decorrere dalla data di presentazione della
domanda giudiziale qualora venga accertata la buona fede del
l'amministrazione, ferma restando la facoltà, riconosciuta al mi
nistro delle finanze dall'art. 3 d.l. 25 marzo 1994 n. 307, con
vertito nella 1. 22 luglio 1994 n. 457 di determinare, con proprio
decreto, i tassi di interesse da corrispondere ai titolari di rap
porti di debito e di credito verso lo Stato, con riferimento al
l'andamento del mercato monetario e finanziario — ha ribadito
che in mancanza di disciplina comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro de
signare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario,
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1015 PARTE PRIMA 1016
ma ha al contempo chiarito che «dette modalità non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendere pratica mente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei dirit ti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)» — cfr. sentenza 15 settembre 1998, cause riunite
C-279/96, C-280/96, C-281/96, Ansaldo, cit. In particolare, per quel che concerne il principio di «equiva
lenza» la Corte di giustizia, richiamando altre due sentenze rese
in pari data — 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis; 15
settembre 1998, causa C-260/96, Spac, ibid. — nonché una pro
pria precedente giurisprudenza con la quale si era stabilito che
in mancanza di disposizioni comunitarie in materia di restitu
zione di canoni indebitamente riscossi in base a regolamenti co
munitari dichiarati illegittimi, spetta alle autorità nazionali ri
solvere tutte le questioni accessorie a detta restituzione, come
il pagamento di interessi, applicando le norme interne relative
al tasso e alla decorrenza degli stessi (Corte giust. 12 giugno
1980, causa 130/79, Express Dairy Foods, id., 1982, IV, 166;
21 maggio 1976, causa 26/14, Roquette, id., 1976, IV, 329) ha
precisato che «il diritto comunitario non osta a che la normati
va di uno Stato membro preveda in materia di interessi, per la restituzione di imposte indebitamente riscosse, modalità di
calcolo meno favorevoli di quelle vigenti per la ripetizione del
l'indebito tra privati, purché le modalità di cui trattasi si appli chino indifferentemente alle azioni fondate sul diritto interno
e a quelle fondate sul diritto comunitario».
Solo in questo caso, pertanto, risulta pienamente rispettato il principio di equivalenza sopra menzionato e, conseguentemente,
compatibile con i principi-cardine del diritto comunitario la di
sciplina di diritto interno.
Ed allora si comprende che la Corte di giustizia, proprio con
riferimento alla disciplina sugli interessi richiamata dall'avvoca
tura distrettuale dello Stato, finalizzata «in via generale» non
a regolare situazioni già cristallizzate ma piuttosto a consentire
un adeguamento delle statuizioni normative alla mutevole realtà
economica ed alle variazioni del costo del denaro, non ebbe
difficoltà alcuna a riconoscere la compatibilità della normativa
interna col principio di equivalenza poiché la stessa, pur preve dendo un saggio di interesse inferiore a quello previsto nei rap
porti interprivati, «non riguardava soltanto la categoria di azio
ni fondate sul diritto comunitario» — cfr. punto 30 sent.
Ansaldo.
Ora, volendo applicare i principi anzidetti alla recente dispo sizione introdotta con il c.d. collegato alla legge finanziaria,
poiché né dal dettato della norma controversa né alla stregua di altri canoni ermeneutici, risulta che la stessa sia riferibile ad
altre categorie di crediti tributari (disciplinati dal diritto inter
no) o che la relativa disciplina si estenda, quantomeno, a «tut
te» le tasse di concessione governativa, non sembra potersi re
vocare in dubbio che la stessa, disciplinando in via esclusiva
il saggio di interesse per il rimborso della tassa di concessione
governativa dovuta per l'iscrizione nel registro delle imprese e
fissando tale saggio per un periodo precedente alla sua entrata
in vigore al 2,5 per cento — e quindi in misura inferiore rispet to alla disciplina generale in tema di restituzione di tributi indi
retti (art. 7, 4° comma, 1. 11 marzo 1988 n. 67) — determina
una vera e propria «rottura» del sistema pregiudicando in mo
do indiscutibile le azioni fondate su violazioni del diritto comu
nitario.
Sulla scorta di tali considerazioni, non può dubitarsi del con
trasto del 3° comma dell'art. 11 1. 448/98 con i principi di equi valenza ed effettività, consacrati come principi-cardine dell'or
dinamento comunitario, ed a fortiori di quello interno, in nu
merosissime sentenze della Corte di giustizia involgenti tutti gli ambiti in cui il diritto comunitario vive ed opera (cfr. sentenza
9 febbraio 1999, causa C-343/96, Dilexport, in tema di principi
generali del diritto comunitario; sentenza 21 gennaio 1999, Upj
hon, in tema di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati mem
bri; sentenza 12 gennaio 1999, Levez, in tema di politica socia
le; sentenza 17 novembre 1998, Aprile-, sentenza 22 ottobre 1998,
Kellinghuse, in materia di agricoltura; sentenza 12 febbraio 1997,
Dafeki, in materia di libera circolazione delle persone; sentenza
22 ottobre 1997, SCK e FNK/Commissione, in materia di con
correnza e diritto istituzionale). Se dunque tale giurisprudenza costante e consolidata dell'or
gano giurisdizionale comunitario (risalente alla nota sentenza
Il Foro Italiano — 1999.
19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich,
id., 1992, IV, 145: cfr. Corte giust. 10 luglio 1997, causa
C-261/95, Palmisani, id., 1998, IV, 215) fa assurgere i principi suindicati a fondamentali parametri di valutazione dell'operato del legislatore nazionale allorché lo stesso intervenga, come nel
caso di specie, a dettare norme incidenti su situazioni giuridiche riconosciute e tutelate proprio in forza della normativa sovra
nazionale, non può che concludersi, in conformità con il sum
menzionato principio della diretta applicabilità nell'ordinamen
to dello Stato membro dei principi fondamentali del diritto co
munitario sanciti nelle sentenze della Corte di giustizia, per la
disapplicazione della normativa nazionale di cui all'art. 11, 3°
comma, 1. 448/98.
Alla luce di quanto fin qui esposto, gli interessi dovuti sulle
somme da restituire a titolo di rimborso per il tributo annuale
per l'iscrizione nel registro delle imprese devono essere calcolati
al saggio previsto dal combinato disposto degli art. 1 e 5 1.
29/61 e successive modifiche — art. 1 1. 18 aprile 1978 n. 130
e art. 7, 4° comma, 1. 11 marzo 1988 n. 67 — computati a
far data dalla presentazione dell'istanza di rimborso e fino al
soddisfo.
Conseguentemente, il decreto ingiuntivo deve essere revocato
ed il ministero delle finanze, in persona del ministro pro-tempore, va condannato al pagamento in favore della società opposta della somma di lire 10.100.000 con gli interessi di cui si è detto.
TRIBUNALE DI BOLOGNA; sentenza 4 maggio 1998; Pres.
De Robertis, Est. Dallacasa; Perla (Aw. Dati) c. Soc. Tec
nosail e altri (Avv. Alessandri, Ronzani).
TRIBUNALE DI BOLOGNA;
Società — Società di capitali — Deliberazione di azzeramento
e ricostituzione del capitale — Impugnazione — Socio non
sottoscrittore del nuovo capitale — Legittimazione (Cod. civ., art. 2377, 2378, 2446, 2447).
Società — Società di capitali — Deliberazione di azzeramento
e ricostituzione del capitale — Deposito della situazione pa trimoniale — Inosservanza del termine di otto giorni — An
nullabilità (Cod. civ., art. 2446, 2447). Società — Società di capitali — Riduzione del capitale per per
dite — Situazione patrimoniale — Contenuto (Cod. civ., art.
2446, 2447).
È legittimato ad impugnare la delibera assembleare di azzera
mento e ricostituzione del capitale il soggetto che, non avendo
sottoscritto il nuovo capitale, non è più socio della società. (1)
(1) La sentenza si pone nel solco dell'orientamento espresso da Cass. 13 gennaio 1988, n. 181, Foro it., 1989, I, 2927 (nonché, Società, 1988, 350, con nota di E. Protetti, e Nuova giur. civ., 1988, I, 635, con nota di L. Delie Vergini), ove, con riferimento all'impugnazione ex art. 2377 c.c. esperita da un socio escluso dalla cooperativa contro la delibera assembleare istitutiva di un obbligo di garanzia il cui mancato
adempimento da parte dell'opponente era stato causa dell'esclusione, si è affermato che il socio escluso è legittimato ad impugnare una deli bera assembleare, qualora sia titolare di un diritto attuale che risulti leso dalla delibera stessa (secondo la Suprema corte, infatti, negare al l'ex socio la possibilità di impugnare una delibera da questi reputata illegittima, significherebbe «negargli la possibilità concreta di far valere
quel diritto medesimo, con evidente compromissione del più elementare senso di giustizia»).
Il principio espresso dalla Suprema corte costituisce, per E. Protet
ti, op. cit., 352, un'interpretazione evolutiva della materia relativa al
l'impugnativa delle delibere assembleari, in quanto estende al socio escluso la possibilità di impugnare non solo le deliberazioni nulle, ai sensi del l'art. 2379 c.c., ma anche quelle annullabili, quando sussista un interes se concreto e ancora attuale del medesimo. Dello stesso avviso è anche L. Delle Vergini, op. cit., 645, il quale parla al riguardo di apertura di «un nuovo capitolo di quella vera e propria creazione giurispruden ziale del diritto che è caratteristica ormai delle delibere assembleari in valide».
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