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sentenza 2 novembre 1984; Pres. Lo Turco, Est. Lapertosa; Soc. Consorzio F.i.r. (Avv. Caprotti) c....

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Page 1: sentenza 2 novembre 1984; Pres. Lo Turco, Est. Lapertosa; Soc. Consorzio F.i.r. (Avv. Caprotti) c. Soc. Vico Conti arredamenti

sentenza 2 novembre 1984; Pres. Lo Turco, Est. Lapertosa; Soc. Consorzio F.i.r. (Avv. Caprotti)c. Soc. Vico Conti arredamentiSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1985), pp. 2087/2088-2089/2090Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177821 .

Accessed: 25/06/2014 07:16

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2087 PARTE PRIMA 2088

TRIBUNALE DI COMO: ordinanza 7 gennaio 1985; Pres.

Nessi; Comune di Cantù c. Conservatore dei registri immobi

liari di Como.

TRIBUNALE DI COMO:

Comune e provincia — Segretario comunale — Potere di rogare contratti del comune — Fattispecie (Cod. civ., art. 2657; r.d. 3

marzo 1934 n. 383, t.u. legge comunale e provinciale, art. 87, 89).

Le convenzioni tra comune e privati riguardanti l'attuazione di

piani di lottizzazione e recupero rientrano negli « acquisti » di

cui all'art. 89 t.u. della legge comunale e provinciale e quindi

possono essere rogati dal segretario comunale. (1)

Per l'art. 89 t.u. della legge comunale e provinciale i segretari comunali possono rogare nell'esclusivo interesse del comune gli atti ed a contratti riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere.

Nei casi in esame, a giudizio del conservatore dei registri

immobiliari, gli atti menzionati non rientrerebbero nella elenca

zione tassativa fatta dalla legge e mancherebbe inoltre il requisito dell'esclusivo interesse del comune; di qui la mancanza dei

requisiti di cui all'art. 2657 c.c. in quanto rogati da pubblico ufficiale non autorizzato.

La tesi del conservatore non può essere accolta. Se da un lato

si deve riconoscere, alla luce della consolidata giurisprudenza, che

l'elencazione di cui all'art. 87 va considerata come tassativa,

dall'altra è innegabile che le convenzioni dedotte rientrino nel

l'ampio concetto di' contratti riguardanti « acquisti ».

Si deve infatti osservare che il tenore letterale usato dalla legge non fa riferimento ai tipici negozi del diritto civile corrispondenti

(in tale caso avrebbe usato il termine compravendita) ma richia

ma, per cosi dire, gli effetti dell'atto (l'alienazione e gli acquisti) con ciò significando l'ampia portata della disposizione applicabile ad ogni fattispecie nella quate derivasse in qualsiasi modo un

trasferimento di proprietà in favore del comune.

Il fatto che l'art. 87 preveda « i contratti di comuni riguardan

(1) Non constano precedenti editi in termini.

Cfr., comunque, Cass. 15 febbraio 1963, n. 329, Foro it., 1963, I, 1190, con nota di richiami, che inficia di nullità l'atto di donazione di bene del comune, rogato dal segretario comunale, anziché dal

notaio. Sulla questione affrontata in motivazione circa la tassatività dell'art.

87 t.u. legge comunale e provinciale v. Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio

1955, n. 194, id., Rep. 1955, voce Comune, n. 121, a cui dire « l'elencazione dei contratti comunali contenuti nell'art. 87 t.u. 3 marzo 1934 non ha carattere tassativo »; contra App. Lecce 3 giugno 1955, id., Rep. 1956, voce cit., n. 90, secondo cui « l'elencazione di cui

all'art. 87 t.u. 1934, per gli atti che possono rogare i segretari comunali, ha carattere tassativo e non esemplificativo ». Si ricorda inoltre l'interpretazione estensiva che l'amministrazione ha dato al su citato art. 87 attraverso alcune circolari ministeriali: sono rogabili dal

segretario comunale verbali di asta di conferimento di esattoria-tesore ria (circ. min. int. 15 febbraio 1889), contratti di enfiteusi e di

concessioni precarie sui beni del demanio comunale, verbali di ami chevole determinazione delle indennità di espropriazione (circ. min.

int. 4 marzo 1888 in esplicazione dell'art. 26 1. 25 giugno 1865

n. 2359), i contratti di interesse delle aziende municipalizzate (art. 55 del regolamento 10 marzo 1904 n. 108) (le circolari sono ricordate da

Paviolo, Il commento teorico pratico della legge comunale e provinciale, Borgo S. Dalmazio, 1949, 189).

La dottrina non ha trattato direttamente la questione discussa nella

sentenza in epigrafe. V., comunque, circa l'impossibilità di annoverare la donazione tra gli atti rogabili dal segretario comunale, Sui limiti del

potere di rogito dei segretari comunali e provinciali, a cura di Consiglio nazionale del notariato, in Riv. notariato, 1961, 547, 550; contra, Soardi, Legge comunale e provinciale, Brescia, 1959, 138, nota 118.

Per la tassatività delle ipotesi previste dall'art. 87 t.u. 1. 383/34, si

pronunciano in senso positivo, Mammini, I contratti dei comuni e la

competenza rogatoria del segretario, in Corriere amm., 1960, 1321,

1322, e Sui limiti, cit., 547, 549; in senso negativo v. invece

Evangelisti, I contrattti dei comuni e la competenza rogatoria del segretario, in Corriere amm., 1961, 65; La Torre, Errori di testi unici e contratti dei comuni, in Ammin. it., 1960, 833, 836

(il quale rileva che « fu fatta un'indebita aggiunta dai compilatori limitando la potestà di rogare contratti con l'aggiunta:

* contratti cui all'art. 183 '

'[oggi, di cui all'art. 87], Essendo tale aggiunta ' di cui

all'art. 183 ' indebita essa non ha valore; per me i segretari comunali

possono rogare tutti i contratti »). Da notare, infine, come l'affermazio ne contenuta in motivazione secondo cui « il tenore letterale usato dalla legge non fa riferimento ai tipici negozi del diritto civile

corrispondenti ma richiama, per cosi dire, gli effetti dell'atto » sia

condivisa dalla unanime dottrina: v. Evangelisti, Competenza del

segretario comunale a rogare contratti riguardanti mutui e competenza

per territorio, in Corriere amm., 1960, 1015, 1016; Mannini, cit.,

1327; Sui limiti, cit., 549.

Il Foro Italiano — 1985.

ti... » induce poi a ritenere che la possibilità di rogare per il

segretario non sia limitata ai negozi aventi come contenuto

esclusivo l'alienazione o l'acquisto ma possa estendersi a tutti

quegli atti aventi anche diversa causa ma che contengono, quale elemento non trascurabile, anche l'effetto giuridico del trasferi

mento di proprietà. Cosi, interpretata la legge, è evidente che le convenzioni di

lottizzazione possono essere rogate dal segretario comunale in

quanto in virtu di esse il comune acquista le aree necessarie per le opere di urbanizzazione nonché le opere di urbanizzazione.

Lo stesso dicasi per le convenzioni per l'attuazione dei piani di

recupero le quali comprendono a loro volta per l'art. 30 1. 5

agosto 1978 n. 457 le convenzioni di lottizzazione concernenti

l'acquisto da parte del comune delle aree per le opere di urbanizzazione.

È infine di tutta evidenza, considerate le finalità degli strumenti urbanistici dell'ente, che le convenzioni stipulate soddisfano con crete esigenze di natura economica o giuridica realizzando cosi l'esclusivo interesse del comune.

I titoli in forza dei quali l'amministrazione comunale ha chiesto la trascrizione hanno quindi i requisiti di cui all'art. 2657 c.c.

TRIBUNALE DI MONZA; sentenza 2 novembre 1984; Pres. Lo

Turco, Est. Lapertosa; Soc. Consorzio F.i.r. (Avv. Caprotti) c. Soc. Vico Conti arredamenti.

TRIBUNALE DI MONZA;

Consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi —

Società consortili — Liquidazione — Contributi in danaro —

Obbligo di versamento — Insussistenza.

Salvo diverso accordo contrattuale, deve escludersi che il liquida tore di un consorzio costituito in forma di società a responsabi lità limitata possa richiedere ai consorziati versamenti eccedenti l'ammontare delle quote. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione notìficata il 25

gennaio 1983 la s.r.l. Consorzio F.i.r. in liquidazione conveniva davanti a questo tribunale la consorziata « Vico Conti arreda menti », in persona del titolare Ludovico Conti, chiedendone la

condanna, con sentenza provvisoriamente esecutiva, al pagamento della somma di lire 4.800.000, oltre interessi e rivalutazione, quale quota dovuta ex art. 2615 ter c.c. per la sistemazione delle

pendenze verso terzi emerse nella fase liquidativi del consorzio. Il convenuto, benché ritualmente citato, non si costituiva. (O

missis) Motivi della decisione. — È documentalmente provata la quali

tà di socio-consorziato rivestita dal convenuto in conseguenza della sua partecipazione all'atto costitutivo della s.r.l. Consorzio F.i.r.

È altresì dimostrato che il 9 marzo 1981 l'assemblea straordina ria della predetta società consortile, con volontà unanime di tutti

gli aderenti, ne ha deliberato lo scioglimento c la successiva messa in liquidazione.

Sulla base di tali premesse il liquidatore del consorzio ha chiesto la condanna del convenuto al pagamento della somma di lire 4.800.000, inutilmente richiesta con lettera del 3 luglio 1981 e

posta forfettariamente a carico di ogni socio « allo scopo di sistemare tutte le pendenze della F.i.r. ».

Per giustificare la fondatezza della pretesa cosi dedotta, l'attore si è richiamato ai poteri azionabili in virtù dell'art. 2615 ter c.c. e dall'art. 8 dello statuto sociale.

L'art. 2615 ter, che disciplina i consorzi con attività esterna costituiti in forma di società, dispone, al 2° comma, che « l'atto

(1) Non risultano precedenti in termini. In dottrina si sono pronunciati nel senso delia invalidità di una

clausola dell'atto costitutivo che prevede l'obbligo dei soci di ripianare tutte le perdite della società consortile di capitali, perché incompatibili con il principio della responsabilità limitata: MarasA, Prime valuta zioni sulla nuova normativa in tema di consorzi, in Riv. dir. civ., 1977, II, 553 ss.; Id., Le « società » senza scopo di lucro, 1984, 245 ss.; Niccolini, Il capitale sociale minimo, 1981, 20.

Hanno invece sostenuto la legittimità di una clausola siffatta: Borgioli, Consorzi e società consortili, 1985, 168 ss.; Spolidoro, Le società consortili, 1984, 176 ss.; Volpe Putzolu, Società consortili, in Dizionari del diritto privato, Diritto commerciale e industriale, a cura di Carnevali, 1981, 828 ss.; Id., I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, in Trattato di dir. comm. e di dir. pubbl. dell'economia, diretto da Galgano, 1981, IV, 436.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di versare contributi in

denaro ».

È peraltro evidente che le contribuzioni, proprio perché previ ste in aggiunta ai conferimenti destinati alla costituzione del

capitale sociale, non possono avere la finalità di ampliare la

responsabilità patrimoniale dei consorziati1 per i debiti contratti dal consorzio verso terzi, poiché un'eventualità siffatta sarebbe

incompatibile con l'adozione di un tipo sociale al quale sia

connaturato il beneficio della limitazione di responsabilità nel

l'ambito della quota di partecipazione al capitale stesso.

Deve, perciò, ritenersi che la speciale disposizione dell'art.

2615 ter, 2° comma, si riferisca, salvo diverso accordo contrattuale, ai contributi necessari per il « funzionamento » dell'organizzazione consortile, restando invece inoperante quando, intervenuta la fase

di liquidazione, occorra provvedere alla definizione dei debiti

sociali.

Ammettere l'esigibilità di apporti ulteriori da parte del liquida tore significherebbe ampliare la garanzia patrimoniale offerta dai

soci in contrasto con lo schema negoziale da essi prescelto e

senza che possa neppure invocarsi la norma dell'art. 2615, 2°

comma, ex., il quale, secondo autorevole dottrina, consentirebbe

una speciale deroga ai principi dettati in materia di società,

relativamente peraltro alla diversa ipotesi, qui non dedotta, di

« obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei

singoli consorziati ». Né la pretesa creditoria vantata dall'attore

può trarre fondamento dall'art. 8 dello statuto sociale, secondo

cui « in considerazione delle finalità consortili della società il

rimborso di tutte le spese ed oneri per il suo funzionamento è

stabilito in modo vincolante, nelle forme più opportune dal

consiglio di amministrazione anche con richiesta di versamento di

quote in via preventiva ».

Tale clausole, invero, si inserisce perfettamente nello schema

dell'art. 2615 ter come innanzi illustrato, ma, proprio per questo,

può valere solo in relazione al raggiungimento delle « finalità

consortili », evidentemente non perseguibili una volta che la

società sia stata sciolta e messa in liquidazione. L'esattezza di questo convincimento appare confermata da un

ulteriore ordine di considerazioni.

È noto che il rapporto corrente tra la società ed il liquidatore è analogo al rapporto di amministrazione e tuttavia la relativa

disciplina giuridica non è perfettamente identica.

Infatti l'art. 2276, richiamato dagli art. 2452 e 2497 per le

società di capitali, si limita a disporre che « gli obblighi e la

responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle disposizioni stabi

lite per gli amministratori in quanto non sia diversamente dispo

sto dalle norme seguenti o dal contratto sociale ».

Benché l'art. 2276 sia per lo più interpretato in senso estensivo

con riferimento al complesso delle disposizioni che regolano il

rapporto di amministrazione, non si dubita che la recezione trovi

un limite insuperabile nella natura del processo liquidativo e, in

particolare, nelle speciali norme di legge o del contratto sociale al

riguardo previste, come è fatto palese, del resto, dalla riserva

contenuta nell'ultima parte della citata norma.

Tra tali diverse disposizioni speciali è certamente ricompreso

l'art. 2280 che fissa l'ambito dei poteri azionabili dai liquidatori

di società personali per il pagamento dei debiti sociali.

Senonché il 2° comma dell'art. 2280 c.c. — che attribuisce

appunto il potere di richiedere ad soci proporzionali versamenti

eccedenti le rispettive quote, ove il patrimonio sociale sia in

sufficiente per il soddisfacimento dei creditori sociali — non è

volutamente richiamato dall'art. 2452, che recepisce invece il solo

1° comma dell'art. 2280.

La ragione di tale parziale recezione normativa è offerta dallo

stesso art. 2452 il quale, al 3° comma, regola direttamente il

potere dei liquidatori in materia, limitandolo espressamente alla

richiesta dei versamenti nell'ambito della quota di capitale assun

ta dal socio.

Stando cosi le cose, deve escludersi che il liquidatore di un

consorzio costituito in forma di società a responsabilità limitata

possa avvalersi dei poteri di legge attribuiti ex art. 2276 ai

liquidatori delle società a base personale e che egli « ai fini

della sistemazione delle pendenze del consorzio » possa cosi

richiedere ai consorti versamenti eccedenti l'ammontare delle

quote che siano state — come nella specie — interamente versate.

Nulla toglie, peraltro, che un potere siffatto possa derivare dal

regolamento contrattuale posto in essere dai consorziati.

Ma, nel caso in esame, l'art. 8 dello statuto sociale conferiva

un analogo potere agli amministratori del consorzio e nulla

stabiliva per la fase della liquidazione. Per contro, risulta che, all'atto di scioglimento della società, i

consorti stabilirono espressamente di affidare al liquidatore ivi

Il Foro Italiano — 1985 — Parte I-134.

nominato « i poteri di legge » (ed essi soli), senza richiamare

espressamente l'art. 8 dello statuto. E poiché un richiamo « implicito » della clausola statutaria non

può evincersi dalle altre dispos&ioni negoziali1 e va in via di

principio escluso per le ragioni già illustrate in ordine ad limiti di

compatibilità della fase liquidativa con la disciplina inerente al

rapporto di amministrazione, lappare .indubbio che nella fattispe cie concreta manca quella speciale disposizióne di legge o del

contratto sociale che, sola, potrebbe derogare alla disciplina

prevista dall'art. 2452, ampliandone la portata. Pertanto la pretesa dedotta dall'attore, essendo stata esplicita

mente correlata con la necessità di definire le pendenze del

consorzio Fji.r., risulta priva di fondamento e va quindi rigetta ta. (Omissis)

I

TRIBUNALE DI FIRENZE; ordinanza 17 ottobre 1984; Pres. Palazzolo, Est. Massetani; I.n.a.d.e.l. (Aw. Castelfranco, Andreani) c. Raddi e altri (Avv. Fidolini, Torrini).

TRIBUNALE DI FIRENZE;

Danni in materia civile — Ratei arretrati di prestazioni previden ziali — Svalutazione monetaria — Criterio automatico di risarcimento — Esclusione — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. civ., art. 1224; cod. proc. civ., art. 429).

Non è manifestamente infondata la question,? di legittimità costi tuzionale del combinato disposto dell'art. 1224, 2° comma, c.c. e dell'art. 429, 3" comma, c.p.c. in quanto esclude un criterio automatico per il risarcimento del danno da svalutazione in caso di tardivo pagamento di crediti previdenziali, in riferimento all'art. 3 Cost. ( 1)

II

PRETURA DI FIRENZE; sentenza 17 gennaio 1985; Giud.

Chiari; Grassi (Avv. Bellotti) c. I.n.p.s. (Avv. Manna, Tre

sca, Boni).

Danni in materia civile — Controversie previdenziali — Ratei ar retrati di pensione — Svalutazione monetaria — Rilevanza non automatica — Prova del danno — Criteri di valutazione (Cod. civ., art. 1224).

In caso di ritardato pagamento da parte dell'ente previdenziale della

prestazione pensionistica, la svalutazione monetaria prodottasi durante la mora del debitore non giustifica il risarcimento automatico nella misura della svalutazione stessa, bensì un risarcimento commisurato all'effettivo pregiudizio patrimoniale del creditore in relazione all'impiego che egli avrebbe presumi bilmente fatto del denaro, ove lo avesse tempestivamente rice

vuto, secondo un criterio personalizzato di normalità; ed a tal

fine è utilizzabile ogni mezzo di prova, compreso il notorio

acquisito alla comune esperienza e le presunzioni desumibili dalle condizioni e qualità personali del creditore. (2)

(1-2) La giurisprudenza stenta ancora a trovare una soluzione unita ria del problema della rivalutazione delle prestazioni previdenziali corrisposte con ritardo dagli enti di assistenza, e di tali ' tentennamen ti ' ampia e puntuale testimonianza offrono entrambe le riportate decisioni, concernenti la prima l'indennità premio di servizio erogata dall'I.n.a.d.e.l. (la cui funzione previdenziale ed assistenziale è stata espressamente riconosciuta da Corte cost. 25 giugno 1981, n. 110, Foro it., 1981, I, 2106) e la seconda il trattamento pensionistico corrisposto dall'I.n.p.s.

Da un canto l'ordinanza in epigrafe concretizza quell'insofferenza, prepotentemente affiorata tra i giudici di merito, nei confronti degli stretti (e spesso iniqui) limiti escgetico-applicativi imposti non solo dalla Cassazione (sent. 28 aprile 1984, n. 2674, id., 1984, I, 1521, con nota critica di S. Casamassima, nonché, più di recente, sent. 10 luglio 1984, n. 4030, 19 luglio 1984, n. 4220, 20 luglio 1984, n. 4269, id., Rep. 1984, voce Danni civili, nn. 158, 155, 152; 30 ottobre 1984, n. 5548, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 341), ma anche dalla stessa Consulta (v. Corte cost. 29 dicembre 1977, n. 162, id., 1978, I, 7) nella valutazione dei danni subiti dal fruitore di una prestazione previdenziale erogata con ritardo.

Nel caso di specie i giudici fiorentini hanno rimesso all'esame della corte la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 1224, 2° comma, c.c. e 429, 3° comma, c.p.c. in quanto esclude un criterio automatico per il risarcimento del danno da svalutazione, ritenendo

' irrazionale ' la disparità di trattamento che,

alla luce dell'art. 3 Cost., verrebbe a crearsi tra creditori previdenziali applicando le norme suddette ai crediti in parola.

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