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sentenza 20 aprile 1994; Pres. Morgia, Est. Vagliasindi; Lanza (Avv. Sangiorgi) c. Tricomi ealtro; Tricomi e altro (Avv. Maglia) c. LanzaSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 681/682-685/686Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188860 .
Accessed: 28/06/2014 09:01
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il giudice delegato, letti gli atti, sciogliendo la riserva che pre
cede; ritenuto in fatto che Paolo Santececchi, premesso di aver
acquistato da Vittorio Rossi il 31 dicembre 1991 l'esercizio di
Bar - Tavola calda - laboratorio di pasticceria e gelateria sito
in Roma, via di S. Giovanni in Laterano 44, angolo via Ostilia,
per il prezzo di 535 milioni; che nei primissimi giorni del mese di maggio 1994 il Rossi
aveva aperto in piazza del Colosseo 3, a 170 metri di distanza
dall'esercizio ceduto, un negozio di Snack Bar - Tavola calda
del tutto simile al primo, in evidente violazione del disposto dell'art. 2557 c.c.;
che da quel momento l'affluenza di clientela nel suo bar era
diminuita verticalmente; che il danno da lui subito era gravissimo ed irreparabile; tut
to ciò premesso, ha chiesto ordinarsi al Rossi la chiusura imme
diata del suo esercizio:
che il convenuto si oppone alle pretese attrici, assumendo di
non aver iniziato una nuova impresa ma di aver rilevato una
preesistente azienda, che aveva proprie attrezzature e clientela;
che l'acquisto era avvenuto dopo più di due anni dalla cessio
ne dell'azienda, quando l'esercizio del Santececchi si trovava
già in fase di decozione; che nella zona vi erano almeno trenta esercizi che sommini
stravano bevande, pasti, panineria, tavola calda e prodotti simi
lari, di cui dodici nel medesimo isolato in cui operava il ri
corrente; di non aver acquisito nemmeno in minima parte la clientela
dell'azienda dell'attore che era invece crollata per la cattiva ge
stione del Santececchi che aveva soppresso la somministrazione
di gelateria e pasticceria artigianale preferendo rifornirsi di pro dotti industriali;
osserva in diritto: la domanda di provvedimenti di urgenza
appare fondata.
Ed invero, non sembra potersi dubitare che la espressione
Cass. 20 dicembre 1991 n. 13762, Foro it., Rep. 1993, voce Azienda, n. 15; Trib. Milano 6 giugno 1991, ibid., n. 18; Trib. Vicenza 8 novem bre 1990, ibid., n. 17; Pret. Roma, ord. 5 febbraio 1991, id., 1993,
I, 633, con nota di richiami, cui adde, Trib. Torino 12 ottobre 1981, Giur. dir. ind., 1990, 1074 (s.m.); Trib. Vicenza 31 gennaio 1978, ibid., 1073 (m.); Trib. Milano 24 settembre 1979, Foro it., Rep. 1981, voce
cit., n. 17; Trib. Modena 24 febbraio 1979, Giur. dir. ind., 1979, 374.
Tra i parametri ritenuti rilevanti dalla giurisprudenza vi sono l'ubica
zione e 1 atività esercitata, in quanto suscettibile di ledere l'avviamento commerciale «soggettivo». In ordine al primo, si è ritenuto illecito l'e
sercizio di impresa non solo di fronte al precedente esercizio commer
ciale (cosi Trib. Vicenza 8 novembre 1990, cit.; Trib. Milano 24 settem
bre 1979, cit.), ma anche ad una distanza in concreto valutata vicina:
per l'odierna ordinanza e per Trib. Vicenza 31 gennaio 1978, cit., essa
è pari a duecento metri. In ordine all'attività esercitata, si è considerata lecita l'apertura di
un centro di riparazione dei medesimi prodotti: cfr. Trib. Torino 12
ottobre 1981, cit. Sul piano soggettivo, poi, se manca il presupposto della totale estra
neità dell'acquirente rispetto alla nuova impresa dell'alienante, l'art.
2557 c.c. è inapplicabile: cfr. Pret. Roma 6 marzo 1992, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 19.
In dottrina, v. V. Franceschelli, Pizza e concorrenza (richiami in
tema di divieto di concorrenza e cessione di azienda), in Riv. dir. ind.,
1981, II, 394; Cottino, Diritto commerciale, Padova, 1986, 2a ed.,
257; Auletta-Salanitro, Diritto commerciale, Milano, 1987, 5a ed., 455 s.; Sordelli, Divieto di concorrenza nell'alienazione di azienda:
norme italiane e coordinamento comunitario, in Riv. dir. ind., 1988,
I, 202; Delia Ventura, Cessione d'azienda e trasferimento autonomo
della clientela come «valore di avviamento», in Giust. civ., 1989, II, 444.
Circa il concetto di alienazione, la Suprema corte lo ha accolto da
ultimo nella sua accezione più ampia, sino a ritenere che v'è estensione
del divieto di concorrenza all'affittuario cessante a tutela del proprieta
rio, quando l'azienda gli sia stata ritrasferita dall'affittuario: cfr. Cass.
20 dicembre 1991, n. 13762, cit. In dottrina, è concorde, con precisa
zioni, G. Verdirame, Successione nei contratti e divieto di concorrenza
al termine dell'affitto d'azienda, in Nuova giur. civ., 1993, I, 4 ss.,
spec. 7.
L'eccezionalità della norma è invece affermata in tema di società,
nel senso della inestensibilità del divieto al caso di alienazione di quota sociale: cfr., da ultimo, App. Torino 2 aprile 1986, Giur. dir. ind.,
1990, 1074 (s.m.); Trib. Ferrara 3 maggio 1979, ibid. In dottrina, per
tutti, v. Verdirame, op. cit., 10.
Per l'ammissibilità della tutela cautelare, cfr. Pret. Roma, ord. 5 feb
braio 1991, cit.; in dottrina, v. M.S. Spolidoro, Provvedimenti provvi sori di diritto industriale, in Riv. dir. ind., 1994, 359 s., spec. 406 s.
Il Foro Italiano — 1995.
«iniziare una nuova impresa» di cui all'art. 2557 c.c. debba
essere intesa in senso soggettivo e non oggettivo, avendo voluto
evitare il legislatore, con il divieto di cui alla citata norma, che
il cedente si riappropriasse di un bene (avviamento commercia
le) facente parte integrante dell'azienda e la cui valutazione ha
concorso alla determinazione del prezzo (cfr., in termini, Pret.
Roma 5 febbraio 1991, Foro it., 1993, I, 633; Trib. Torino 20
dicembre 1982, id., Rep. 1985, voce Azienda, n. 6). Né vale obiettare che l'azienda rilevata ha già una propria
clientela giacché tale circostanza non è certo idonea ad impedire l'effetto di attrazione della clientela dell'azienda ceduta.
Tanto premesso, osserva il giudicante che la nuova impresa,
per la sua ubicazione nelle immediate vicinanze di quella ceduta
e per la identità della attività esercitata, deve ritenersi idonea
a sviare la clientela del ricorrente.
Né vale in contrario osservare che l'attività del Santececchi
sarebbe stata già compromessa dalla sua incapacità o che in
zona vi siano trenta aziende concorrenti, perché le suddette cir
costanze — ammesso che corrispondano al vero — sono del
tutto estranee alla fattispecie legislativa che prevede soltanto la
potenzialità astratta della nuova impresa a danneggiare quella
ceduta e non un danno già concretizzatosi (senza considerare
che una situazione deteriorata ben può essere suscettibile di ul
teriore aggravamento). È appena il caso di osservare, comunque, che il danno che
la disposizione in esame mira a evitare non è quello derivante
dalla normale presenza di aziende concorrenti ma quello insito
nella concorrenza (considerata sleale) di chi, dopo aver ceduto
l'azienda ed aver riscosso il prezzo dell'avviamento, tenti di sot
trarre la clientela dell'azienda ceduta, avvalendosi dei rapporti di conoscenza e fiducia instaurati in precedenza e che il legisla
tore presume esistenti per almeno cinque anni.
Trattandosi di controversia relativa a situazioni, tuttora in
atto, di carattere assoluto, garantite da norme di rango anche
costituzionale, e comunque relative a beni, quali l'avviamento
commerciale, che difficilmente, una volta perduti, possono es
sere recuperati, il periculum in mora e la irreparabilità del pre
giudizio devono ritenersi in re ipsa. Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve quindi
accogliersi la domanda di provvedimenti cautelari e, per l'effet
to, ordinarsi al resistente, Rossi Vittorio, la immediata chiusura
dell'esercizio commerciale di Snack bar - Tavola calda sito in
Roma, piazza del Colosseo 3.
Ai sensi dell'art. 669 octies c.p.c. va fissato termine per l'ini
zio del giudizio di merito.
TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 20 aprile 1994; Pres.
Morgia, Est. Vagliasindi; Lanza (Avv. Sangiorgi) c. Trico
mi e altro; Tricomi e altro (Avv. Maglia) c. Lanza.
TRIBUNALE DI CATANIA:
Successione ereditaria — Testamento — Legato — Onere —
Distinzione (Cod. civ., art. 647, 649, 651, 652). Successione ereditaria — Testamento — Legato — Cosa dell'o
nerato — Esecuzione in forma specifica — Ammissibilità (Cod.
civ., art. 651, 652, 2932).
Nel legato, il vantaggio del terzo è direttamente considerato dal
testatore come scopo della disposizione, mentre nell'onere mo
dale, il vantaggio del terzo non costituisce scopo diretto del
de cuius, ma solo un effetto eventuale e secondario. (1)
(1-2) Nel tracciare la linea di confine fra legato ed onere modale,
il tribunale concorda con l'opinione, prevalente in dottrina, secondo
la quale nel legato è possibile rinvenire una volontà testamentaria voi
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PARTE PRIMA
Posto che il legato di cosa dell'onerato non è immediatamente
traslativo della proprietà ma ha efficacia solo obbligatoria,
nell'ipotesi di inadempienza dell'onerato è ammissibile il ri
corso, da parte del beneficiario, all'esecuzione in forma spe
cifica dell'obbligo di contrarre prevista dall'art. 2932 c.c. (2)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
in data 10 giugno 1991, Lanza Maria (procedimento n. 3089/91
r.g.) conveniva in giudizio innanzi a questo tribunale Tricomi
Massimo e Tricomi Alessia per sentir dichiarare l'obbligo dei
convenuti, in ossequio all'onere loro imposto dal testatore Tri
comi Rosario, di trasferire in favore di essa attrice la proprietà della metà indivisa dell'appartamento sito in Catania via Princi
pe Nicola 41, primo piano, nonché l'usufrutto della metà del
vano garage n. 6, ubicato al piano cantinato dello stesso immo
bile, di loro pertinenza e per sentire, per l'effetto, statuire, con
sentenza, il trasferimento in favore di essa attrice ai sensi degli
ta in via principale a conferire un vantaggio economico al destinatario, mentre nell'onere il vantaggio del terzo non costituisce scopo diretto del de cuius, ma solo effetto eventuale, secondario e strumentale all'in teresse del testatore (v. C.M. Bianca, Diritto civile, Milano, 1993, II, 628); non si menzionano, tuttavia, altre differenze, pure sottolineate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, come l'impossibilità nel modus di individuare i soggetti beneficiari della disposizione, se non in via
piuttosto generica (v., in questo senso, G. Bonilini, Legato, voce dei
Digesto civ., Torino, 1993, X, 509, e, per la giurisprudenza, App. Na
poli 15 luglio 1988, Foro it., Rep. 1990, voce Successione ereditaria, n. 91, e Dir. e giur., 1989, 547; Cass. 11 giugno 1975, n. 2306, Foro
it., 1976, I, 759) o come la necessaria patrimonialità del legato a fronte di una maggiore varietà di contenuto dell'onere, o la natura di disposi zione autonoma e diretta del legato contro quella di obbligazione acces soria dell'onere modale ad altra disposizione principale (v. F.P. Lops, Il legato, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, Padova, 1994, 987; Cass. 28 novembre 1984, n. 6194, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 60; 26 gennaio 1981, n. 576, id., Rep. 1981, voce cit., n. 57).
Nella specie, veniva in considerazione un legato di cosa dell'onerato. Secondo parte della dottrina, detto tipo di legato avrebbe efficacia im mediatamente traslativa della proprietà (v. Bianca, cit., 612), per la cui realizzazione, dunque, non occorrerebbe l'esecuzione in forma spe cifica dell'obbligo di contrarre, concessa invece in questa occasione. Altra dottrina, invero maggioritaria, ritiene che il legato di cosa altrui, cosi come quello di cosa dell'onerato, abbia effcacia solo obbligatoria (v. A. Trabucchi, Legato, voce del Novissimo digesto, Torino, 1963, IX, 609; A. Masi, Legato, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XVIII; G. Criscuoli, Le obbligazioni testamentarie, Va
rese, 1980, 84; Lops, cit., 1040). Quanto dire che in legatario acquista un diritto di credito ad ottenere dall'onerato il trasferimento della pro prietà e, in caso di inottemperanza, può ricorrere ad una sentenza costi tutiva che produca gli effetti del negozio traslativo (v. G. Capozzi, Suc cessioni e donazioni, Varese, 1982, II, 653).
L'obbligazione di contrarre derivante da testamento s'iscrive, dun que, nel novero dei casi in cui è ammessa l'esecuzione in forma specifi ca dell'obbligo di contrarre, pur in assenza di un contratto preliminare (cfr. L. Bigliazzi Gerì, F. D. Busnelli, R. Ferrucci, Della tutela dei diritti, in Commentario Utet, Torino, 1980, voi. 6, tomo IV, 376). Vi rientra altresì' l'obbligo nascente da mandato senza rappresentanza, in
adempimento del quale il mandatario deve ritrasferire al mandante beni immobili o mobili registrati acquistati per suo conto (v. P. De Lise, L. Cossu, Della tutela dei diritti, in Commentario al cod. civ. a cura di V. De Martino, Roma, 1981, 385 e, per la giurisprudenza, Cass. 20 marzo 1982, n. 1814, Foro it., Rep. 1982, voce Contratto in genere, n. 151).
Obbligo di concludere un contratto derivante da fonte legale è inoltre riconosciuto nell'art. 2597, a carico del monopolista (v. R. Sacco, G. De Nova, Il contratto, Torino, 1993, 287; nonché, per un interessante caso giurisprudenziale in tema di diritto d'autore, Trib. Roma 21 mar zo 1991, Foro it., 1991, I, 2893, con nota di commento di R. Simone).
Seppure con notevoli oscillazioni della giurisprudenza, l'applicabilità del 2932 c.c. è stata ammessa anche in materia di lavoro (senza alcuna
pretesa di completezza in un settore in cui vivacissimo è il contrasto giurisprudenziale, ci limitiamo a segnalare: Cass. 8 luglio 1992, n. 8320, id., Rep. 1993, voce Assicurazione (impresa), n. 24; 22 gennaio 1979, n. 487, id., 1979, I, 1463; e, in tema di professionismo sportivo, Cass. 23 dicembre 1988, n. 7037, id., Rep. 1989, voce Sport, n. 39).
Si è infine riconosciuto che l'esecuzione in forma specifica dell'obbli go di contrarre può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa per la costruzione di alloggi da assegnare ai soci (v. Cass. 22 gennaio 1993, n. 781, id., 1993, I, 1890; 21 febbraio 1992, n. 2120, id., Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 312; Trib. Monza 4 ottobre 1990, ibid., n. 67).
Il Foro Italiano — 1995.
art. 648 e 2932 c.c. della porzione di immobile e dei diritti pre
detti, con ordine al conservatore dei registri immobiliari di pro cedere alla trascrizione della sentenza e con l'ulteriore declara
toria del diritto di essa attrice alla restituzione, oltre rivaluta
zione monetaria e interessi, delle somme corrisposte e da
corrispondere per aumenti, tassa di registro, volture catastali
ecc., il tutto con vittoria di spese e compensi di causa. (Omìssis) Motivi della decisione. — Giova, preliminarmente, rilevare
in punto di fatto che, in data 9 giugno 1990, decedava il sig. Tricorno Rosario, il quale, con testamento pubblico redatto I'll
gennaio 1990 innanzi al notaio Ernesto Yacirca da Catania e
registrato il 24 novembre 1990, aveva istituito eredi universali
i due nipoti Tricomi Massimo e Tricomi Alessia, figli del pro
prio figlio premorto.
Leggesi testualmente in tale testamento, tra le altre disposi zioni la seguente: «Lego alla sig.na Lanza Maria in piena pro
prietà la metà indivisa a me spettante sull'appartamento in Ca
tania via Principe Nicola, 35, ...».
«Alla stessa lego e lascio l'usufrutto sua vita naturai durante
sulla metà indivisa del vano garage n. 6 ubicato al piano canti
nato...». «Voglio che l'altra metà indivisa dell'appartamento in piena proprietà sopra citato e l'usufrutto sua vita naturai
durante sull'altra metà indivisa del vano garage, come sopra
indicato, quote indivise che si appartengono ai miei nipoti, sia
assegnata dai miei due nipoti alla signorina Lanza Maria e con
seguentemente faccio carico agli istituiti miei eredi universali
di far conseguire la titolarità di quanto legato». «Preciso che
le disposizioni in favore della sig.na Lanza Maria, sono state
disposte anche al fine di ricompensarla dei servigi resi in favore
di tutta la mia famiglia e della dedizione dimostrata». (Omissis) Ciò posto e passando all'esame della domanda proposta dalla
Lanza nei confronti dei germani Tricomi nel procedimento n.
3089/91 r.g., occorre affrontare preliminarmente in punto di
diritto la questione relativa alla qualificazione giuridica della
disposizione testamentaria e, in particolare, se essa sia sussumi
bile nella fattispecie del legato o dell'onere.
Al riguardo, giova puntualizzare che sussiste legato se il van
taggio del terzo è stato direttamente considerato dal testatore
come scopo della disposizione; si ha invece un onere modale
qualora il vantaggio del terzo non costituisca lo scopo diretto
del de cuius.
Nel caso in questione la fattispecie, a parere del collegio, ap pare sussumibile nel parametro normativo del legato di cosa
propria per una parte e di cosa altrui per le quote dei nipoti istituiti eredi.
Il de cuius, infatti, ha disposto in favore della Lanza un lega to del diritto di proprietà di cui era titolare sulla metà indivisa
dell'appartamento meglio indicato nel testamento, e, costituito, in favore delle Lanza, usufrutto sulla metà indivisa, pure di
sua spettanza, del garage, nel testamento indicato. In ordine all'altra metà indivisa dell'appartamento e all'usu
frutto sulla metà indivisa del garage, quote indivise nella titola rità dei germani Tricomi, il testatore ha disposto che i nipoti, istituiti eredi uiversali, facessero conseguire alla Lanza la titola rità di quanto legato cioè piena proprietà e usufrutto su tali
quote. A prescindere dal dato letterale, appare evidente, pertanto,
che nella specie la volontà propria di testatore è stata quella di favorire la Lanza facendole conseguire la proprietà dell'inte
ro appartamento e l'usufrutto sull'intero vano garage. Il legato in questione che è legato di specie per la chiara indi
viduazione dell'oggetto, è immediatamente traslativo per le quote di spettanza del testatore, mentre ha efficacia obbligatoria per le quote in proprietà degli eredi.
Giova allora richiamare l'art. 652 c.c. che, testualmente, di
spone che «se al testatore appartiene una parte della cosa legata o un diritto sulla medesima il legato è valido solo relativamente a questa parte o a questo diritto salvo che risulti la volontà del testatore di legare la cosa per intero, in conformità all'arti colo precedente». L'art. 651 c.c. dispone, poi, che «il legato di cosa dell'onerato o di un terzo è nullo, salvo che dal testa mento o da altra dichiarazione scritta dal testatore risulti che
questi sapeva che la cosa legata apparteneva all'onerato o ad un terzo». Ai fini, pertanto, della piena validità ed efficacia del legato di cosa altrui, qual è in parte quello in questione, occorre la manifestazione della volonà di legare la cosa per in
tero, e, altresì, la consapevolezza risultante dal testamento o
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
da altra dichiarazione scritta del testatore, della parziale alienità
della cosa legata. La conoscenza nel testatore dell'appartenenza della cosa ad
altri è, poi, requisito di validità, indifferentemente, sia che si
tratti di cosa di proprietà dell'onerato, sia che si tratti di cosa
di proprietà di un terzo, mentre nelle corrispondenti disposizio ni del codice abrogato (art. 837 e 838), il regolamento non era
uniforme per le due ipotesi. Il legato di cosa appartenente all'onerato (legatario o erede),
infatti, al contrario di quanto era richiesto per il legato di cosa
altrui, era valido indipendentemente dalla scienza del testatore
dell'alienità della cosa.
Un'altra differenza notevole tra la precedente e l'attuale di
sciplina del legato di cosa altrui è che, mentre la scienza del
testatore dell'alienità della cosa dovuta, doveva essere espressa
nel testamento (art. 837 c.c. abr.), ora, invece, è sufficiente che
essa risulti, oltre che dal testamento, da altra dichiarazione scritta
del testatore che non deve necessariamente essere successiva al
testamento, potendo, invece, essere anche anteriore. Nel caso
in specie, devono comunque ritenersi sussistenti entrambi i re
quisiti richiesti per la validità del legato di cosa altrui e cioè
la volontà del testatore di legare la cosa per intero, chiaramente
desumibile dal complesso della disposizione e comunque la pie
na consapevolezza in capo al testatore della alienità di una par
te dei beni oggetto del legato.
Ne consegue l'acquisto in capo al legatario, relativamente a
tali quote, di una ragione di credito nei confronti degli eredi
onerati, i quali, tra l'altro, trattandosi di legato di cosa deter
minata, sono obbligati a trasferirne la proprietà al legatario,
mentre nell'ipotesi di «cosa legata di proprietà di un terzo» l'o
nerato può liberarsi dall'obbligo pagando il giusto prezzo della
cosa legata. La facoltatività dell'obbligazione che caratterizza la diversa
fattispecie di «cosa legata di proprietà di un terzo non ricorre,
infatti, nella diversa ipotesi «di cosa di proprietà dell'onerato».
Dalla ricostruzione giuridica prospettata discende, pertanto, a parere del collegio, la piena validità del legato in questione
e la piena ammissibilità del ricorso da parte del beneficiario
all'azione prevista dall'art. 2932 c.c. nell'ipotesi di inadempien
za dell'onerato.
Il lagatario, infatti, di cosa appartenente all'onerato, non ac
quista la proprietà o il diritto sulla cosa se non per effetto della
stipulazione del contratto cui l'onerato è tenuto. L'obbligo di
concludere un contratto, come è stato osservato anche da quali
ficata dottrina, può sorgere, d'altronde, nel nostro ordinamen
to, non esistendo alcun principio contrario al riguardo, anche
per atto di ultima volontà, oltre che per mezzo di un contratto
preliminare o per disposizione di legge. Fonte generatrice dell'obbligo di concludere un contratto può
essere, quindi, anche una disposizione testamentaria.
Appare evidente, poi, che a fronte di un legato di specie avente
ad oggetto un bene di proprietà dell'onerato, la tutela più effi
cace per il beneficiario è proprio quella di cui all'art. 2932 c.c.,
esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, poi
ché è solo in virtù di tale tutela che il beneficiario disporrà
di un valido strumento per ovviare all'inadempienza dell'onera
to. L'attuazione della tutela è legittimata, d'altronde, non dalla
sola volontà del testatore, ma anche da quella del chiamato al
l'eredità che accettandola ha accettato anche l'obbligazione re
lativa alla attuazione del legato. Per compiutezza d'analisi, si osserva che in dottrina è stata
affermata l'ammissibilità della tutela ex art. 2932 c.c. anche
ai fini di ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di costitu
zione dell'usufrutto.
Giova, anzi, ricordare, a conferma dell'ammissibilità della co
stituzione di usufrutto con sentenza, che vi è un'ipotesi in cui
tale ammissibilità è normativamente sancita e trattasi dell'ipote
si di cui all'art. 194 c.c. che prevede il potere del giudice di
costituire, in relazione alle necessità della prole e all'affidamen
to di essa a favore di uno dei coniugi, l'usufrutto su una parte
dei beni spettante all'altro coniuge.
In accoglimento della domanda attrice va, pertanto, disposto
ex art. 2932 c.c. il trasferimento in favore di Lanza Maria della
metà indivisa dello appartamento sito in Catania via Principe
Nicola n. 35, primo piano, composto di quattro vani ed acces
II Foro Italiano — 1995.
sori, in catasto alla partita 65283 foglio 18 mappale 142 sub
12 cat. A/2 classe 5 vani 7 r.c. f. 3.318 di proprietà dei conve
nuti Tricomi Alessia e Tricomi Massimo.
Va altresì, cotituito in favore della Lanza Maria l'usufrutto
sulla metà indivisa dell'autorimessa al piano cantinato, sita in
Catania via principe Nicola 35 pure di proprietà dei predetti
germani Tricomi, in catasto alla partita 65283 foglio 18 mappa
le 142 sub 64 p.s. 1° categoria C/6 classe 9 r.c. f. 238. (Omissis)
TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO; ordi nanza 11 febbraio 1994; Giud. istr. Minutoli; Consoni c.
Soc. Geas assicurazioni.
TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO:
Procedimento civile — Costituzione tardiva delle parti — Ecce
zione preliminare del convenuto — Cancellazione della causa
dal ruolo (Cod. proc. civ., art. 165, 166, 171, 307).
Ove l'attore si sia costituito tardivamente, ed il convenuto, an
ch 'egli tardivamente costituitosi, eccepisca preliminarmente ad
ogni altra difesa la tardività della costituzione dell'attore, il
giudice deve disporre la cancellazione della causa dal ruolo. (1)
(1) Il principio generale in tema di tardiva costituzione delle parti,
pacifico in giurisprudenza, è quello secondo cui il giudice non deve
cancellare la causa dal ruolo ove le parti, nonostante il mancato rispet to dei termini di costituzione, abbiano dimostrato di accettare il con
traddittorio difendendosi nel merito; la regola vale sia in primo grado sia in appello in quanto l'art. 347 c.p.c. richiama, per le forme ed i
termini della costituzione, gli articoli relativi al procedimento davanti
al tribunale. Cfr. in tal senso Cass. 6 luglio 1973, n. 1924, Foro it.,
Rep. 1974, voce Procedimento civile, n. 185, e Giusi, civ., 1974, I,
297; 5 febbraio 1972, n. 367, Foro it., Rep. 1973, voce Appello civile,
n. 121; 11 febbraio 1972, n. 388, id., Rep. 1972, voce Procedimento
civile, n. 180; Trib. Roma 5 dicembre 1969, id.. Rep. 1970, voce cit., n. 260; Cass. 22 marzo 1969, n. 921, id., Rep. 1969, voce cit., n. 390; 2 gennaio 1968, n. 11, id., Rep. 1968, voce cit., n. 252; 1° luglio 1967,
n. 1617, id., Rep. 1967, voce Appello civile, n. 135; App. Napoli 6
giugno 1967, ibid., voce Procedimento civile, n. 185; App. Roma 4
agosto 1966, ibid., n. 186; Cass. 12 ottobre 1967, n. 2440, id., Rep.
1967, voce cit., n. 326; Cass. 27 febbraio 1964, n. 436, id., Rep. 1964,
voce cit., n. 400; 12 ottobre 1961, n. 2096, id., Rep. 1962, voce Appello
civile, n. 226; App. Milano 12 dicembre 1962, ibid., voce Procedimento
civile, n. 242 bis; Cass. 27 agosto 1962, n. 2686, ibid., n. 243; 12 otto
bre 1961, n. 2096, id., Rep. 1961, voce Appello civile, n. 137; 14 aprile
1961, n. 803, ibid., n. 138; App. Firenze 21 giugno 1961, ibid., voce
Procedimento civile, n. 206; Cass. 7 marzo 1959, n. 657, id., Rep. 1959,
voce Appello civile, n. 153; 18 aprile 1958, n. 1289, id., Rep. 1958,
voce cit., n. 265; 10 febbraio 1958, n. 413, ibid., n. 271; 24 marzo
1958, n. 987, ibid., n. 274; 6 febbraio 1958 n. 356, ibid., nn. 276,
277; App. Firenze 6 marzo 1958, ibid., n. 286; Cass. 16 maggio 1958,
n. 1583, ibid., voce Procedimento civile, n. 233; 27 aprile 1957, ibid.,
n. 234; 31 marzo 1958, n. 1123, ibid., n. 235; 15 febbraio 1958, n.
483, ibid., n. 236; App. Lecce 10 febbraio 1958, ibid., n. 242; App. Messina 28 dicembre 1957, ibid., n. 244; Cass. 16 ottobre 1957, n. 3859,
id.. Rep. 1957, voce cit., n. 204; 17 agosto 1957, n. 3404, ibid., nn.
207, 208; 30 luglio 1957, n. 3221, ibid., n. 209; 18 luglio 1957, n. 2988,
ibid., n. 210; 4 luglio 1957, n. 2612, ibid., n. 213; 11 giugno 1957,
n. 2183, ibid., n. 214; 6 giugno 1957, n. 2063, ibid., nn. 215, 216;
23 maggio 1957, n. 1882, ibid., n. 217; 18 maggio 1957, n. 1816, ibid., n. 218; 27 aprile 1957, n. 1425, ibid., n. 219; 17 aprile 1957, n. 1327,
ibid., n. 220; 21 maggio 1956, n. 1740, id., 1956, I, 1016, con nota
di richiami. In senso conforme, ma per il caso di tardiva costituzione delle parti
in seguito a riassunzione del processo, cfr. Cass. 2 luglio 1988, n. 4411,
id., Rep. 1988, voce Appello civile, n. 74. Ancora in senso parzialmente
conforme, cfr. Cass. 6 dicembre 1982, n. 6651, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 124, nonché Cass. 8 gennaio 1981, n. 165, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 137: la tardiva costituzione delle parti in appello, non dà luogo
ad improcedibilità dell'appello ex art. 348 c.p.c. bensì a cancellazione
della causa dal ruolo.
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