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sentenza 20 dicembre 1982; Pres. Palmisano, Est. P. Izzo; Banca nazionale dell'agricoltura (Avv....

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Page 1: sentenza 20 dicembre 1982; Pres. Palmisano, Est. P. Izzo; Banca nazionale dell'agricoltura (Avv. Cappelli) c. Coop. edilizia Teledomus in l.c.a. (Avv. Paone)

sentenza 20 dicembre 1982; Pres. Palmisano, Est. P. Izzo; Banca nazionale dell'agricoltura (Avv.Cappelli) c. Coop. edilizia Teledomus in l.c.a. (Avv. Paone)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 3 (MARZO 1983), pp. 787/788-789/790Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174496 .

Accessed: 24/06/2014 23:25

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PARTE PRIMA

naie dell'art. 12, che qualche giudice di merito ha ritenuto invece

di sollevare (Pret. Borgo S. Lorenzo 28 maggio 1979, id., 1980,

I, 551) sulla base di un preteso contrasto con gli art. 3 e 24 Cost.

La norma in parola non viola i richiamati principi di eguaglian za e di difesa, appunto perché deve ritenersi che il legislatore abbia voluto di proposito escludere, per tutte le considerazioni

sopra accennate, dal beneficio della cancellazione dall'elenco dei

protesti il traente di un assegno bancario protestato perché emesso

a vuoto, anche se pagato nel termine di cinque giorni dalla le

vata del protesto.

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 20 dicembre 1982; Pres.

Palmisano, Est. P. Izzo; Banca nazionale dell'agricoltura (Avv.

Cappelli) c. Coop, edilizia Teledomus in l.c.a. (Avv. Paone).

TRIBUNALE DI ROMA

Società — Società di capitali — Poteri degli amministratori —

Atti di assunzione di obbligazioni cambiarie — Limitazioni

statutarie — Inopponibilità ai terzi (Cod. civ., art. 1993, 2384;

r. d. 14 dicembre 1933 n. 1669, norme sulla cambiale e sul

vaglia cambiario, art. 11, 12).

A norma dell'art. 2384, 2" comma, c.c., non sono opponibili ai

terzi le limitazioni statutarie ai poteri di rappresentanza degli amministratori di società di capitali in materia di assunzione

di obbligazioni cambiarie. (1)

Motivi della decisione. — Deve premettersi che le pretese cre

ditorie in ordine alle quali il tribunale ha ritenuto necessaria una

ulteriore istruzione e che ora vengono sottoposte alla valutazione

del collegio sono tutte fondate su cambiali emesse dal presidente della cooperativa Teledomus III Ciccarese Francesco in favore

della immobiliare Cussy s.r.l. (appaltatrice dei lavori) e da que sta girate agli odierni opponenti.

Trattasi, più precisamente, di un credito per lire 60.445.585

vantato dalla Banca nazionale del lavoro, di un credito di lire

538.500 vantato dal Banco di Santo Spirito, di un credito di lire

1.200.000 della Banca popolare dell'Alto Lazio, di un credito per lire 68.952.521 vantato dal Savina Luigi ed infine di un credito

di lire 83.459.720, vantato da Panci Vincenzo.

(1) La questione ha ricevuto soluzioni contrastanti nei due soli pre cedenti che, a quanto consta, hanno preso esplicita posizione sull'ar

gomento concernente il coordinamento tra l'art. 21 1. cambiaria e l'art. 2384 c.c., nel testo modificato dall'art. 5 d. p. r. 29 dicembre 1969 n. 1127, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria per l'armo nizzazione delle legislazioni nazionali in materia di società di capitali. Nello stesso senso della sentenza riportata v. Trib. Torino 11 novem bre 1977, Foro it.. Rep. 1978, voce Società, n. 187, che, in tema di avallo cambiario, ha ritenuto applicabili gli art. 2384 e 2384 bis c.c. escludendo che possano opporsi ai terzi le limitazioni statutarie ai

poteri di rappresentanza cambiaria degli amministratori o l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale, salva l'ipotesi dell'exceptio doli. L'opponi bilità ai terzi è stata invece affermata da Trib. Roma 24 marzo 1981, id., Rep. 1981, voce cit.. n. 185, secondo cui l'art. 21 1. cambiaria costituisce lex specialis che regola tendenzialmente l'intera materia e

rispetto alla quale « le norme generali costituiscono fonti meramente

sussidiarie, destinate a soccombere in caso di conflitto ». Le premesse della soluzione accolta dalla sentenza in epigrafe pos

sono essere ricondotte alle indicazioni emergenti dalla giurisprudenza della Cassazione che — con la sent. 2 marzo 1978, n. 1045, id., 1978, I, 1981, con nota di Lovecchio — ha ritenuto applicabile l'art. 1396

c.c., in tema di modificazioni e di estinzione della procura, anche in materia cambiaria, osservando che non sussiste una « assoluta apriori stica impossibilità di utilizzare per la soluzione di questioni cambiarie

qualsiasi altra norma che non sia di diritto cambiario » e richiamando

(sia pure in obiter in quanto la fattispecie era anteriore all'entrata in

vigore del d.p.r. n. 1127 del 1969) il nuovo testo dell'art. 2384 c.c., a

termini del quale « oggi la tutela del terzo di buona fede tende ad

imporsi come una esigenza a tal punto primaria dell'ordinamento, da

superare, in taluni casi, anche l'antico principio secondo cui in buona

fede non possa considerarsi chi abbia ignorato una situazione pur co

noscibile attraverso un sistema di pubblicità legale ». In generale, sui poteri di rappresentanza degli amministratori in

materia cambiaria, in base al rapporto organico, v. Cass. 3 dicembre 1981, n. 6393, id., Rep. 1981, voce Titoli di credito, n. 21, e 9 novem bre 1979, n. 5770, id., 1980, I, 358.

La dottrina risulta unanimemente schierata sulle stesse posizioni della decisione in epigrafe: v. D'Alessandro, Amministratore di so cietà di capitali e potere di rappresentanza cambiaria (nota a Trib. Roma 24 marzo 1981, cit.), in Giust. civ., 1981, I, 3072; Libertini, La rappresentanza cambiaria, in Banca, borsa, ecc., 1978, I, 431; Mar

torano, Lineamenti generali dei titoli di credito e titoli cambiari, Na

poli, 1979, 277. Per utili riferimenti cfr. altresì Lovecchio in nota a Cass. n. 1045/1978 cit., Foro it., 1978, I, 1981.

Muovendo dal presupposto che il consiglio di amministrazione

della cooperativa ebbe ad autorizzare il presidente ad emettere

cambiali fino all'importo di 220 milioni di lire e che gli effetti

azionati in giudizio dai vari opponenti non sono fra quelli per i

quali era intervenuta detta autorizzazione, sostiene la difesa della

liquidazione coatta la nullità delle obbligazioni cambiarie appa rentemente assunte dalla cooperativa, sotto il profilo della inca

pacità ad obbligarsi dell'amministratore e della conseguente posi zione di falsus procurator da lui assunta. La relativa eccezione,

ad avviso della liquidazione, sarebbe opponibile ai terzi sulla

base del disposto degli art. 11 e 12 1. cambiaria e 1993 c.c. i quali — siccome lex specialis — prevarrebbero sulla normativa di cui

all'art. 2384 c.c. che, nel testo come novellato dal d.p.r. 29 dicem

bre 1969 n. 1127, stabilisce — per contro — la inopponibilità ai

terzi delle limitazioni dei poteri rappresentativi degli amministra

tori sociali (pure risultanti dall'atto costitutivo o dallo statuto e

pubblicate), a meno che non sia provato che i terzi medesimi

abbiano intenzionalmente agito a danno della società. Una sif

fatta prova, sostiene sempre — anche se in via subordinata —

la difesa della liquidazione, sarebbe comunque acquisita agli atti

onde, pure sotto tale profilo, le proposte opposizioni dovrebbero

essere respinte: In punto di fatto, è pacifico (v. art. 31 e 32 dello statuto) che

spettava al consiglio di amministrazione della cooperativa l'as

sunzione di mutui e di « ogni altra obbligazione di qualsiasi ge nere e specie», mentre al presidente del consiglio di amministra

zione spettava « la rappresentanza legale e la firma sociale ». La

istruttoria espletata sulla base delle indicazioni della sentenza

parziale ha poi consentito di accertare con tranquillante attendi

bilità, attraverso le dichiarazioni dei testi Puleo, Bianchi, Zamasi

ed Aloisi che il presidente della cooperativa Francesco Ciccarese

fu effettivamente autorizzato dal consiglio di amministrazione ad

emettere cambiali nei limiti di complessive lire 220.500.000 in fa

vore della s.r.l. immobiliare Cussy. Sempre dalle medesime depo sizioni testimoniali emerge con univoca sicurezza che tutte le

cambiali autorizzate dal consiglio di amministrazione furono da

Coni Amerigo — legale rappresentante della s.r.l. immobiliare

Cussy — restituite, in uno stock di cambiali per lire 824.000.000,

ai rappresentanti della cooperativa succeduti al Ciccarese, onde

le cambiali oggetto delle pretese creditorie degli opponenti (in loro possesso) non possono che essere quelle per le quali non in

tervenne autorizzazione. Circostanze tutte del resto già oggetto di

accertamento nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta

a carico del Ciccarese e del Coni, di tale reato ritenuti responsa bili con sentenza 6 marzo 1981 della VII sezione penale di questo tribunale.

Ciò premesso in punto di fatto ed essendo pacifico quindi che le cambiali in possesso degli opponenti furono emesse dal Cicca rese in violazione dei limiti impostigli dal consiglio di ammini strazione della cooperativa, eccedendo cosi i limiti stessi, deve stabilire il tribunale se il principio della inopponibilità a terzi

(salvo il dolo di costoro) delle limitazioni ai poteri degli ammi

nistratori di società di capitali e di cooperative (art. 2384 c. c.,

applicabile alle società cooperative a responsabilità limitata sulla base del disposto dell'art. 2516) sia o meno applicabile agli atti di assunzione di obbligazioni cambiarie.

La tesi dell'opponibilità ai terzi di buona fede degli eventuali eccessi di potere rappresentativo cambiario degli amministratori di società o di cooperative, che abbiano quindi oltrepassato i limiti

loro imposti dall'organo deliberativo, tesi vivacemente ed acuta

mente svolta dalla difesa della liquidazione coatta, è stata soste nuta facendo innanzitutto richiamo all'art. 12 1. cambiaria, secon

do cui « la facoltà generale di obbligarsi in nome e per conto di un commerciante comprende anche quella di obbligarsi cambia

riamente, salvo che l'atto di rappresentanza, pubblicato a norma

dell'art. 2206 c. c., non disponga diversamente » (norma questa

sempre interpretata come applicabile non solo al rappresentante volontario dell'imprenditore commerciale individuale ma anche al

l'amministratore di società commerciali). Muovendo dalla premessa della sussistenza di un conflitto tra

tale norma e quella dell'art. 2384, 2° comma, c. c. (che, nel testo

novellato, stabilisce la inopponibilità ai terzi, salvo il loro dolo, delle limitazioni, anche pubblicate, al potere di rappresentanza degli amministratori sociali), si è sostenuta la prevalenza della

disciplina cambiaria siccome complesso normativo speciale rego lante tendenzialmente la stessa materia, rispetto al quale la nor mativa generale è destinata a soccombere nel caso in cui — come nella specie — la concreta fattispecie appaia sussumibile sotto due distinti e contrastanti schemi normativi.

Di siffatta tesi il collegio non condivide, innanzitutto, la pre messa della incompatibilità tra normativa cambiaria (art. 12) e normativa del codice civile (art. 2384). Invero, perché possa cor

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

rettamente porsi un problema di compatibilità fra due diverse

fattispecie normative è necessario che le medesime, nella loro

struttura e nelle loro finalità, non abbiano differenti campi di

applicazione; in definitiva, che disciplinino una stessa materia:

solo allora, per dirimere il conflitto ed individuare la norma

applicabile alla fattispecie concreta, sarà legittimo il ricorso al

principio di specialità. Nella specie, una attenta lettura dell'art. 12 1. cambiaria e del

l'art. 2384, 2° comma, c. c. consente di stabilire che le due nor

me non regolano affatto la stessa materia. Invero, funzione e fina

lità dell'art. 12 vanno individuate nello stabilire se i poteri rap

presentativi generali ricomprendano anche — a prescindere da

specifiche indicazioni — il potere di obbligare cambiariamente il

rappresentato (la soluzione normativa è positiva nel caso di rap

presentato imprenditore commerciale; è negativa nel caso di pre

ponente privo di tale qualifica) onde è stato acutamente osser

vato che detta norma profila una ipotesi di interpretazione legale della volontà privata afferente all'ampiezza dei poteri rappre sentativi o, con più diretto riferimento al caso che ne occupa,

organici. Ben diverse sono invece funzione e finalità dell'art. 2384 c.c.

nel nuovo testo introdotto col d.p.r. 29 dicembre 1969 n. 1127,

funzione e finalità che vanno individuate, per un verso, nel ri

conoscimento del principio dei pieni poteri legali degli ammini

stratori di società di capitali, e per altro verso (con riferimento

al 2° comma dell'articolo) nella statuizione del principio del

l'inopponibilità ai terzi di buona fede delle eventuali limitazioni,

anche se pubblicate, di quei poteri. In altri termini le due nor

mative in discorso hanno finalità distinte e funzioni inconfondi

bili, regolando l'art. 12 1. cambiaria la materia della latitudine

dei poteri dei rappresentanti generali (o degli organi) e l'art. 2384,

2° comma, c. c. la materia dell'efficacia nei confronti dei terzi,

e quindi dell'opponibilità ai medesimi delle eventuali limitazioni

dei poteri stessi. In definitiva le due norme non regolano la iden

tica materia, hanno struttura, finalità e quindi campi di applica zione differenziati onde non sono in conflitto ma ben possono tro

vare applicazione congiunta; di conseguenza il ricorso al princi

pio di specialità, per individuare quale delle due sia applicabile, è concettualmente errato e concretamente superfluo.

Sotto diversa prospettiva normativa resiste il commissario li

quidatore alle pretese creditorie degli opponenti invocando il

disposto dell'art. 1993 c.c. — correlato all'art. 11 1. cambiaria —

secondo il quale l'eccezione di difetto di rappresentanza è oppo nibile a qualsiasi possessore della cambiale. Nel conflitto tra disci

plina cambiaria e disciplina di cui al 2° comma dell'art. 2384 c.c.

la prevalenza — ad avviso del commissario liquidatore — spet terebbe alla prima, sulla base del principio di specialità.

Al riguardo, deve innanzitutto osservarsi che la posizione del

presidente di una cooperativa (il Ciccarese, nella specie) non è

riconducibile — come sembra sostenere la liquidazione — a

quella del falsus procurator.

Invero, alla qualifica in parola è riconnessa per legge (art.

2384, 1° comma, c.c.) la piena capacità rappresentativa dell'ente, anche — per ciò che principalmente ne occupa — sotto il profilo della capacità di obbligare cambiariamente l'ente medesimo, salva

diversa volontà dell'organo deliberante (art. 12 1. cambiaria) onde

mai il titolare di tale qualifica (quanto meno in riferimento agli atti

rientranti nell'oggetto sociale) può essere considerato falsus pro curator dell'ente medesimo. Ove poi la volontà dell'organo deli

berante abbia — come nella specie — imposto limitazioni alla

latitudine legale del potere di rappresentanza, si porrà un pro

blema non di difetto di potere rappresentativo ma di eccesso di

quel potere in riferimento alle limitazioni imposte. Comunque,

anche riguardato il problema sotto tale più corretto profilo (del

l'eccesso, cioè, di potere rappresentativo), la relativa eccezione

è pur sempre tra quelle che, secondo la più accreditata interpre tazione degli art. 1993 c. c. e 11 1. cambiaria, sono opponibili a

qualsiasi possessore della cambiale. Posta in tali termini la que

stione, appare evidente — a differenza di quanto si è osser

vato in riferimento all'art. 12 — che ricorre nella specie una

ipotesi di conflitto, avendo entrambe le normative — art. 1933

c.c. e 11 da un lato e 2384, T comma, c.c. dall'altro — la fun

zione di disciplinare la materia dell'opponibilità ai terzi delle

limitazioni (e quindi dell'eccesso) dei poteri rappresentativi od

organici. Un siffatto conflitto non può peraltro essere risolto nel

senso sostenuto dalla liquidazione secondo cui la normativa cam

biaria — siccome speciale — resisterebbe alle disposizioni poste riori di carattere più generale (art. 2384, 2° comma, c. c. nel testo

novellato dal d.p.r. 29 dicembre 1969 n. 1127). Una conclusione del genere potrebbe infatti essere sostenuta

solo limitandosi a considerare i profili oggettivi delle rispettive

fattispecie, arrestandosi quindi al rilievo che mentre l'una ipo

tesi riguarda soltanto l'esercizio del potere rappresentativo di

rilevanza cambiaria, l'altra riguarda ogni manifestazione di quel potere. Ma un siffatto argomentare trascura di considerare che le

ipotesi de quibus sono caratterizzate non solo da elementi ogget tivi ma pure da fattori soggettivi e che sotto tale angolazione i

rapporti tra le due normative sono esattamente invertiti riguar dando l'art. 2384 c. c. (rappresentanza organica delle società di

capitali) un settore più circoscritto, del tutto ricompreso nel

l'area normativa di cui agli art. 1993 c. c. e 11 1. cambiaria (rap ptesentanza di qualsiasi soggetto).

Cosi', ed in definitiva, è l'art. 2384, T comma, c. c. che costi

tuisce norma speciale rispetto alla normativa, in subiecta materia, contenuta negli art. 1993 c.c. e 11 1. cambiaria, con la conseguen za che è la prima norma quella applicabile nella specie.

La diversa ed opposta conclusione, patrocinata dalla liquida zione, condurrebbe del resto al risultato di negare valore inno

vativo, in una materia particolarmente significativa, al regime dei

poteri rappresentativi spettanti agli amministratori di società di

capitali quale delineato dalla direttiva del Consiglio delle Comu

nità europee in data 9 marzo 1968 n. 151 che, in applicazione dell'art. 54, n. 3, lett. g), del trattato di Roma, conteneva una

serie di principi volti ad armonizzare alcuni aspetti delle norma

tive nazionali in materia societaria obbligando gli Stati membri

(art. 13) ad introdurre nelle rispettive legislazioni le innovazioni necessarie all'adeguamento (cui l'Italia ha provveduto con il più volte ricordato d.p.r. 29 dicembre 1969 n. 1127 emanato in

virtù della delega di cui alla 1. 15 ottobre 1969 n. 740). Sem

pre la tesi della liquidazione difficilmente appare sostenibile an che sotto il profilo della valutazione comparativa degli interessi in conflitto. Posto, che innegabilmente il nuovo regime dei po teri rappresentativi societari mira alla massima tutela del terzo,

restringendo l'ambito di inefficacia degli atti compiuti dagli am

ministratori, apparirebbe certo singolare l'affievolimento di quella tutela proprio là dove la sua necessità è massimamente avvertita, come nel caso del rapporto cambiario nel cui ambito — per la

rapidità di circolazione del titolo e per la normale mancanza di contatto tra emittente e possessore — estremamente difficoltoso è il controllo in ordine ai poteri dei sottoscrittori.

Deve quindi concludersi che il principio dell'inopponibilità ai terzi (salvo il dolo di costoro) dei limiti statutari ai poteri degli amministratori di società di capitali e di cooperative a responsa bilità limitata si applica anche agli atti di assunzione di obbli

gazioni cambiarie. (Omissis)

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 3 dicembre 1982; Pres. ed est.

Palmisano; Soc. Spei Leasing (Avv. Rinaldi) c. Fall. soc.

I.l.g.a. (Avv. Di Gravio).

Contratto in genere — « Leasing » finanziario — Risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore — Conseguenze — Clausola di

acquisizione da parte del concedente dei canoni pagati — Pote re di riduzione — Sussistenza (Cod. civ., art. 1322, 1526).

Contratto in genere — «Leasing» finanziario — Risoluzione —

Obblighi reciproci delle parti (Cod. civ., art. 1460).

Nell'ipotesi di risoluzione di un contratto di « leasing » per ina

dempimento dell'utilizzatore successivamente fallito, il conce dente ha diritto alla restituzione del bene e, qualora sia stata

concordata una clausola penale di ritenzione dei canoni pagati, ha altresì diritto ad acquisire detti canoni, salva la restituzio ne alla curatela della somma determinata dal giudice nell'eser cizio del potere di riduzione previsto dal 2° comma dell'art. 1526 c.c. per la vendita con riserva della proprietà. (1)

In sede di accertamento giudiziale della risoluzione di un con

tratto di « leasing » finanziario e delle sue conseguenze, il

giudice non può subordinare la restituzione del bene alla con dizione sospensiva del rimborso, da parte del concedente, della

somma determinata a norma del 2° comma dell'art. ,1526 c. c.,

pur potendo ciascuna delle parti rifiutare di adempiere la pro

pria obbligazione di fronte all'altrui inadempimento. (2)

(1-2) La sentenza, nel confermare l'orientamento della giurispru denza di merito favorevole alla collocazione del « leasing » <o loca zione finanziaria) nella categoria dei contratti atipici, risolve una delle questioni di più frequente dibattito in sede giudiziaria, individuando le reciproche posizioni soggettive delle parti nell'ipotesi di risoluzione del « leasing » per inadempimento dell'utilizzatore. Con specifico rife rimento alla sorte dei canoni versati al concedente v., nel senso del

l'applicabilità al «leasing» delle disposizioni contenute nell'art. 1526

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