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sentenza 20 giugno 1980; Giud. Fuzio; imp. LeonardiSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 411/412-415/416Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172623 .
Accessed: 25/06/2014 06:25
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PARTE SECONDA
319/1976 del 10 maggio 1976, caratterizzandosi per il suo conte
nuto ad relationem delle disposizioni di legge vigenti.
Orbene, a ben riflettere, l'unico obbligo che poteva scaturire a
carico dell'imputato, in quanto espressamente previsto dalla legge Merli, era quello di non determinare un aumento dell'inquinamen to rispetto alla situazione del giugno 1975, epoca del primo
prelievo, posto che il termine iniziale di efficacia della tabella C.,
allegata alla legge, era stato prorogato. Sicché, pur restando
immutato il fatto, appare più corretto qualificarlo ai sensi dell'art.
22 legge. Che gli scarichi della Colortex abbiano determinato un
incremento dell'inquinamento non appare revocabile in dubbio, sulla base delle caratteristiche riscontrate nel referto di analisi del
19 settembre 1979 e della successiva relazione in data 25 settem
bre 1979 del 1. p. i. p., documenti dai quali risulta il superamento dei limiti della tabella C ed il correlativo peggioramento delle
caratteristiche quali-quantitative dello scarico rispetto all'anno
1975.
Elementi di prova ai quali si aggiunge la percezione visiva ed
olfattiva intensificatasi negli ultimi due anni degli abitanti di
Mapello, di mutazione di colore del Dordo (richiamanti i colori
utilizzati nella Colortex) e di miasmi di natura organica prove nienti dal torrente (ricollegabili almeno in parte alle sostanze
utilizzate dalla ditta). Dal punto di vista processuale, va rilevato per inciso, che
all'imputato è stata contestata nel corso dell'interrogatorio la
inottemperanza alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione del
21 dicembre 1976, e che il Rota ha dimostrato di essere a
conoscenza del fatto, difendendosi adeguatamente, per cui, ad
avviso del giudicante, non sussiste alcuna nullità in relazione alla
corrispondenza tra sentenza ed accusa contestata ex art. 477 cod.
proc. penale.
Ciò premesso l'imputato deve essere dichiarato colpevole e
condannato a congrua pena, per la rilevanza sociale del caso.
Possono tuttavia essergli concesse le circostanze attenuanti generi
che, in considerazione del leale comportamento processuale e del
fatto che ha provveduto, nelle more del giudizio, ad attivare un
nuovo impianto di depurazione. Stimasi equa la pena di lire
5.000.000 di ammenda (p.b. lire 7.500.000 — lire 2.500.000 ex
art. 62 bis cod. penale). Consegue per legge la condanna al
pagamento delle spese processuali.
L'imputato deve essere anche condannato al risarcimento dei
danni a favore delle parti civili.
A tal proposito rileva che non può disconoscersi il diritto del
singolo alla tutela dell'integrità dell'ambiente nel quale vive, per le conseguenze negative che possono derivarne alla sua salute e
alla sua proprietà. Orbene nel caso de quo è stato accertato che
le precarie condizioni di degrado in cui versa il torrente Dordo
sono dovute essenzialmente a due fattori, identificabili negli scari
chi fognari di Mapello e di Ambivere, che si riversano nel suo
letto, a cielo aperto nel territorio del paese e allo scarico della
Colortex, contenente sostanze organiche, il cui macero provoca esalazioni simili a quelle delle fogne.
L'assunto trova riscontro in modo particolare nella deposizione del direttore del laboratorio di igiene e profilassi di Bergamo che
ha consentito di escludere altri apporti concausali, nonché nella
testimonianza dell'ufficiale sanitario di Mapello. Quest'ultimo, pur dichiarando di non aver riscontrato casi di epidemie o malattie
infettive ascrivibili allo stato di inquinamento del corso d'acqua, ha affermato di aver fatto rilevare da circa 5 o 6 anni al sindaco
che il Dordo poteva costituire un pericolo per la salute pubblica e ha aggiunto che le cause dell'inquinamento sono da ricercare
negli scarichi fognari ed in quello industriale.
Non sussistono dubbi quindi circa il collegamento causale
(anche se parziale) tra lo scarico di sostanze inquinanti della
Colortex e i danni lamentati dai cittadini costituitisi parte civile; danni non patrimoniali, individuabili nella sofferenza fisica e nel
turbamento psichico, consistiti nella sopportazione del cattivo
odore, nella costrizione a tenere ben chiusi gli infissi delle proprie abitazioni, nella rinunzia ad attività motorie all'interno del paese, o meglio alla normale vita di relazione e nel persistente timore di
vedere minacciata la propria salute; danni patrimoniali consistenti
nel deprezzamento del valore degli immobili prospicienti il corso
d'acqua, con conseguente diminuzione della facoltà di godimento, nonché nella riduzione dell'attività commerciale dei titolari di
imprese.
Ciò premesso, ritiene il pretore che mentre non vi sono difficol
tà ad accogliere l'istanza di risarcimento dei danni morali nella
misura di lire 50.000 pro capite, non cosi' può dirsi di quelli
patrimoniali per i quali ritiene necessaria un'approfondita ed
analitica valutazione, che deve essere rimessa al prudente apprez zamento del giudice civile competente.
L'imputato deve essere infine condannato alla rifusione delle
spese di costituzione e agli onorari di parte civile che si liquidano
complessivamente, in via equitativa, in lire 500.000.
Per questi motivi, ecc.
PRETURA DI SALÒ; sentenza 20 giugno 1980; Giud. Fuzio;
imp. Leonardi.
PRETURA DI SALÒ
Acque pubbliche e private — Tutela dall'inquinamento — Legge n. 319/1976 — Efficacia abrogativa — Limiti — Immissione
inquinante — Contravvenzione ex art. 6 t. u. sulla pesca —
Sussistenza — Fattispecie (R. d. 8 ottobre 1931 n. 1604, t. u.
delle leggi sulla pesca, art. 6, 33; legge 10 maggio 1976 n. 319, norme per la tutela delle acque dall'inquinamento, art. 26).
Anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 319/1976 (la cui
efficacia abrogativa ha portata limitata e riguarda esclusivamen
te le norme disciplinanti la materia dell'inquinamento da scari
chi di insediamenti produttivi e civili) è punibile ai sensi
dell'art. 6, 1° comma, t. u. sulla pesca — se idonea a porre in
pericolo la sopravvivenza dell'ittiofauna — l'immissione di so
stanze inquinanti che non presenti le caratteristiche della no
zione di scarico descritta dall'art. 1, lett. a), legge n. 319/1976
(nella specie, scarico colposo privo degli elementi della perma nenza e della continuità). (1)
(1) Sull'ambito di applicazione della fattispecie abrogativa di cui
all'art. 26 legge n. 319/1976, v. Cass. 24 febbraio 1977, Maggiorelli, Foro it., 1978, II, 69, con nota di richiami di A. M. Marini, secondo
la quale devono ritenersi abrogate le norme di cui « lo scarico e
l'inquinamento conseguente costituiscano l'oggetto unico e inscindibile
della disciplina normativa che li riguardi » (come l'art. 9 t. u. sulla
pesca). Viceversa devono considerarsi attualmente in vigore quelle
disposizioni « che costituiscono bensì' tutela dall'inquinamento — come
gli art. 6 t. u. sulla pesca e 15, lett. e), legge sulla pesca marittima —
ma come conseguenza collegata occasionalmente, non necessariamente,
ad unico scarico ».
Ha ritenuto abrogato, a seguito dell'entrata in vigore della legge n.
319/1976, l'art. 6 t. u. sulla pesca (come pure gli art. 9 t. u. cit., 226 e
227 t.u. leggi sanitarie e 635 cod. pen.) Cass. 23 febbraio 1977, Prada,
id., Rep. 1979, voce Acque pubbliche, n. 123. Per Trib. Potenza 3
febbraio 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 140 (annotata da Lepore, in
Foro nap., 1978, II, 42) l'art. 6 t.u. sulla pesca risulta abrogato dalla
legge « Merli » sia per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le
precedenti, sia perché la nuova legge ha regolato l'intera materia, già
regolata dalla legge anteriore, in maniera completamente diversa.
Sull'abrogazione dell'art. 9 r. d. n. 1604/1931 v. Cass. 7 novembre
1977, Di Giorgio, Foro it., Rep. 1978, voce cit., nn. 114, 142; per
l'incompatibilità con la legge « Merli » del reato di cui all'art. 635
cod. pen., si è pronunciato Trib. Pavia 17 giugno 1980, id., 1980, II,
691, con nota di richiami.
La sentenza che si riporta è conforme all'orientamento dottrinale
prevalente secondo il quale i limiti dell'efficacia abrogativa della legge n. 319/1976 sono segnati dalla materia oggetto di regolamentazione, cioè, sostanzialmente, gli scarichi di qualsiasi tipo da insediamento
civile o produttivo. Osserva al riguardo P. Giampietro, Delimitazione
dell'efficacia abrogativa della legge « Merli » ai sensi dell'art. 26, 1°
e 2° comma, in Giur. merito, 1977, 468, che la legge n. 319/1976
appare destinata a caducare solo quelle norme incriminatrici che
« direttamente » ed « effettivamente » e non già « praticamente »
erano state utilizzate per colpire gli scarichi abusivi e il conseguente
inquinamento. L'art. 26 non riguarda allora tutte quelle disposizioni —
disseminate nel nostro ordinamento e poste a presidio dei beni più vari
(ad es. l'ittiofauna) — che erano state sottoposte a manipolazione
interpretativa dalla magistratura ordinaria per colpire, indirettamente, il
fenomeno dell'inquinamento, e che torneranno a giocare il loro ruolo
originario, senza più alcuna forzatura.
Anche per Amendola, La nuova legge sull'inquinamento delle acque, 1977, 74 ss., « non tutte le fattispecie di reato connesse con l'inquina mento delle acque configurabili prima della legge « Merli » devono ritenersi abrogate, ma solo quelle ove il precetto sia ricollegabile anche indirettamente alla disciplina degli scarichi (e del conseguente inquina
mento) ».
Diventa allora essenziale, secondo questa impostazione, delimitare esattamente il concetto di scarico di cui all'art. 1 legge n. 319/1976. Secondo Latagliata-Mazza, L'attuale disciplina delle acque e le prece denti incriminazioni dei fatti d'inquinamento, in Giur. agr. it., 1977,
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GIURISPRUDENZA PENALE
Il Pretore, ecc. — Fatto. — Il giorno 3 maggio 1979 questo
pretore constatava personalmente che le acque del fiume Chiese
risultavano di colore bianco in località Gavardo e disponeva
indagini al fine di accertare l'entità e le cause dell'inquinamento.
I carabinieri di Salò svolgevano immediati accertamenti e risa
lendo il corso d'acqua prima del Chiese e successivamente del
torrente Vrenda (le cui acque affluiscono nel Chiese), individuava
no la causa dell'inquinamento in una immissione di sostanza di
colore bianco proveniente dallo stabilimento di lavorazione del
marmo di proprietà di Leonardi Curzio e localizzato in comune
di Vallio Terme. I verbalizzanti effettuavano prelievi di acqua e
con rapporto del 25 ottobre 1979 comunicavano i risultati delle
analisi compiute dal laboratorio provinciale di igiene e profilassi di Brescia. L'esito dell'analisi evidenziava « acqua con moderato
inquinamento organico ma contenente materiale solido sedimenta
ble, riconoscibile come polvere di marmo, in quantità superiore a
quella prevista dalla tabella C legge 10 maggio 1976 n. 319».
Precisavano inoltre i carabinieri che l'immissione della sostanza
biancastra nelle acque del Vrenda era stata determinata da un
« guasto della vasca adibita alla raccolta delle acque di scarico
della lavorazione del marmo, guasto che si era verificato in
quanto la stessa era costruita con materiale non impermeabile e
soggetto a tali infiltrazioni » e soggiungevano infine che « lo
scarico della polvere di marmo aveva imbrattato una intera
vallata boschiva deturpando l'ambiente naturale circostante ».
A dimostrazione delle loro conclusioni i verbalizzanti avevano
corredato il rapporto con ampio servizio fotografico che illustrava
la posizione dello stabilimento, le vasche di raccolta della sostan
135, costituisce scarico « ogni versamento di rifiuti avente carattere di continuità e regolarità proveniente o da un insediamento produttivo o da un insediamento civile »; conforme Agnoli, Successione di leggi penali e concorso di altri reati con le fattispecie di scarichi e
d'inquinamento previste dalla legge 10 maggio 1976 n. 319, in Giur.
merito, 1978, 447, sulla base del rilievo che il sistema delle autorizza zioni introdotto dalla nuova normativa non appare compatibile con
quelle immissioni che non siano caratterizzate da una certa continuità di versamento.
In giurisprudenza sottolinea la necessità che lo scarico sia effettuato con una certa continuità di tempo, Pret. Ancona 28 dicembre 1977, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 124; contra Pret. Conegliano 4 luglio 1977, L'ambiente e il diritto, 1978, 83, che sostiene la punibilità ai
sensi della legge 319/1976 anche degli scarichi occasionali, nonché, sembra, Pret. Forlì' 21 giugno 1978, Foro it., Rep. 1980, voce cit., nn.
93, 118, 124, citata in motivazione, secondo la quale costituiscono « scarichi » anche singole ed episodiche immissioni inquinanti che, pur essendo distinte dagli scarichi propriamente detti, abbiano tuttavia una certa consistenza quantitativa e cronologica.
Da ultimo sulla problematica relativa al concetto di scarico v.
Amendola, Inquinamento idrico e legge penale, 1980, 44 ss.
Per i fatti d'inquinamento verificatisi anteriormente all'entrata in
vigore della legge 319/1976, un ulteriore problema interpretativo attiene al coordinamento tra la fattispecie abrogativa di cui all'art. 26 e la causa di non punibilità di cui all'art. 25, ult. comma, applicabile, in presenza di determinate condizioni, ai « fatti connessi con l'inqui namento delle acque di cui all'art. 1, lett. a), previsti come reato di
precedenti disposizioni di legge »; sul punto cfr. Cass. 24 febbraio
1977, Maggiorelli, cit.; Cass. 24 febbraio 1977, Bianco, Foro it., Rep.
1979, voce cit., nn. 109, 117, 122; Trib. Forlì' 18 febbraio 1977, id., 1978, li, 69, con nota di richiami di A. M. Marini; Trib. Venezia 10
gennaio 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 114 e in Giur. merito, 1978,
610, con nota di Fortuna. In dottrina v. Agnoli, op. cit., 447 ss.; P.
Giampietro, L'ambito di operatività della legge Merli in relazione alla causa di non punibilità di cui all'art. 25, in Giur. merito, 1978, 461 ss.;
Cicala, La tutela dell'ambiente nel diritto amministrativo, penale e
civile, 1976, 170 ss., e da ultimo Amendola, Inquinamento idrico, cit., 18 ss.
Hanno sollevato la questione di costituzionalità dell'art. 26 legge «Merli»; Pret. Padova 22 giugno 1976, Foro it., 1977, II, 72, con nota di richiami; Pret. Vigevano 6 marzo 1978, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 99; v. anche le ordinanze pretorili citate da Amendola, op. ult.
cit., 140.
Sull'art. 6 t. u. sulla pesca, e sull'art. 15 legge n. 963/1965 v. Cass.
4 aprile 1978, Baldacci, Foro it., Rep. 1979, voce Pesca, n. 5; 13
ottobre 1975, Tamburini, id., 1977, II, 115, con nota di richiami; Pret.
Modena 30 giugno 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 31, e in Giur.
merito, 1977, 103, con nota di Pighi.
Sullo sforzo interpretativo compiuto dalla giurisprudenza e dalla
dottrina anteriori all'entrata in vigore della legge « Merli » al fine di
individuare, nel codice penale e nelle leggi speciali, norme incrimina
trici utilizzabili in prospettiva di tutela delle acque dall'inquinamento, v. Jannuzzi (a cura di), Rassegna sulla tutela penale delle acque e
dell'atmosfera, 1975, nonché Baino, L'evoluzione della giurisprudenza in materia di tutela delle acque, in Riv. it. dir. proc. pen., 1978, 829.
za inquinante, il punto dell'infiltrazione, lo scarico nella vallata e
le acque del torrente.
Leonardi Curzio veniva pertanto tratto a giudizio per risponde re della contravvenzione di immissione nelle acque del torrente
Vrenda di sostanze nocive per la ittiofauna. (Omissis)
Diritto. — In via preliminare deve esaminarsi l'astratta applica bilità alla fattispecie, oggetto del presente procedimento, della
contravvenzione di cui all'art. 6, 1° comma, parte seconda, t. u.
sulla pesca r. d. 8 ottobre 1931 n. 1604.
Con l'entrata in vigore della legge 10 maggio 1976 n. 319 si è
infatti introdotta una nuova organica normativa in materia di
inquinamento delle acque e si è espressamente stabilita l'abroga zione di tutte le altre norme che, direttamente e indirettamente,
disciplinano la materia degli scarichi in acqua, sul suolo o nel
sottosuolo e del conseguente inquinamento (art. 26, 1° comma).
Orbene in proposito si è subito cercato di chiarire il significato e la portata dell'abrogazione introdotta ed è ormai opinione comune che l'art. 26 abbia esplicato una efficacia abrogativa molto limitata poiché la legge 319/1976 ha avuto la funzione di
colmare un vuoto legislativo. Tanto la dottrina che la giurisprudenza di merito e di legittimi
tà hanno avuto modo di affermare la permanenza nel nostro
ordinamento giuridico di molte norme comuni e speciali (art. 6
t. u. sulla pesca, art. 635, 674 cod. pen., ecc.) pur riconoscendo la
loro inapplicabilità futura a fenomeni di inquinamento collegati a
scarichi da insediamenti produttivi e civili.
Ad esclusione della norma dell'art. 9 t. u. della pesca (r.d. 8
ottobre 1931 n. 1604) per la quale sarebbe intervenuta una vera
abrogazione espressa, tutte le altre norme speciali o contenute nel
codice penale e finora applicate in via interpretativa al fenomeno
dell'inquinamento, ritornerebbero (per rimanere in tema di acqua) nel loro alveo naturale e troverebbero applicazione esclusivamente
le volte in cui sia leso il bene patrimoniale, estetico, ambientale, ecc. oggetto diretto della tutela predisposta dall'ordinamento con
l'indicata normativa.
In pratica più che di abrogazione di norma si sarebbe avuta
un'« abrogazione » di un'interpretazione della norma.
Tant'è che non può negarsi che il più delle volte la nuova
normativa coesisterà con le altre ipotesi di reato dando luogo ad
un normale concorso di reati.
Il discorso abrogativo perciò si sposta a quello interpretativo e
precisamente a quello di individuazione dell'ambito di applicabili tà della nuova normativa e del suo concetto-base quale appunto
quello di «scarico» considerato come l'oggetto della disciplina della legge n. 319/1976 (art. 1, lett. a).
In proposito si indicano tre elementi caratterizzanti lo scarico:
a) l'oggetto: rifiuti, liquidi, acque residue; b) provenienza da
insediamento produttivo o civile; c) continuità.
Dalla definizione che si accetta di ciascuno di essi discenderà
l'applicazione o meno della nuova normativa in concorrenza o in
sostituzione con le precedenti norme.
Quanto all'oggetto, ad esempio, vi è chi ritiene che lo scarico
possa essere di qualsiasi sostanza liquida o solida, chi parla invece solo di scarico di natura liquida e chi infine preferisce
parlare di scarico di acque residue, ed è evidente che accogliendo l'uno o l'altro concetto si determina l'applicabilità o meno della
nuova normativa anche agli scarichi di rifiuti solidi urbani, o agli scarichi di nafta pura o solo agli scarichi di acque che residuano
da lavorazioni industriali e che contengono le sostanze di cui alle
tabelle A e C.
Alla stessa maniera andrà individuato con esattezza il concetto
di insediamento produttivo o civile (secondo le indicazioni del
l'art. 1 quater legge 8 ottobre 1976 n. 690) e il carattere continuo
dello scarico per determinare l'applicabilità della legge 319/1976 alle singole fattispecie concrete.
A questo punto occorre determinare se e quale normativa
applicare alle ipotesi in cui si sia verificato uno sversamento con
caratteristiche tali da non farlo rientrare nella nozione di scarico
sopradelineata.
Orbene, nel caso di specie, è fuori dubbio che le acque residuate dalla lavorazione del marmo si sono sversate occasio
nalmente nel torrente Vrenda non per deliberata decisione del
titolare dello stabilimento bensì' per una sua condotta negligente nella vigilanza e nella manutenzione delle vasche di raccolta.
Prescindendo dall'esame della questione relativa all'assimilabilità
dello scarico in vasche ricavate nel terreno dello scarico diretto
sul suolo (sanzionabile ex art. 21 se non autorizzato), può affermarsi che lo scarico attuato dall'imputato non rientra nella
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PARTE SECONDA
nozione di scarico di cui alla legge 319/1976 in quanto si tratta
di scarico colposo privo dell'elemento della permanenza e conti
nuità.
Al riguardo si è affermato in dottrina che, ricorrendo i presup
posti dello scarico soggetto ad autorizzazione, è punibile anche lo
sversamento provocato per leggerezza poiché anche lo scarico che
avviene per colpa, in assenza di richiesta di autorizzazione,
configura un reato perfetto anche sotto il profilo dell'elemento
soggettivo.
Senonché, a nostro avviso, tale conclusione appare affrettata e
può comportare effetti non condividibili totalmente.
Infatti, o quando si parla di scarichi colposi ci si riferisce a
scarichi che si verificano in maniera difforme dall'autorizzazione,
ed allora si è nel giusto ma con la precisazione che si tratta
d'ipotesi che presuppongono già uno scarico esistente e sottoposto alla normativa della legge Merli; oppure ci si riferisce anche a
scarichi nuovi che si verificano per la prima volta ed occasional
mente, ma in questo caso non è possibile applicare la disciplina della legge 319/1976 poiché lo scarico è privo dell'elemento della
continuità e periodicità. In altre parole si vuol dire che può parlarsi di scarico colposo
solo nei limiti in cui si faccia riferimento ad uno scarico già esistente e per il quale si verifichino: a) delle difformità rispetto alle prescrizioni contenute nel provvedimento di autorizzazione
(art. 22 legge 319/1976) o stabilite dalle regioni o dagli enti locali
(art. 25) oppure b) il superamento, per colpa, dei limiti di
accettabilità (art. 21, 3° comma). L'elemento della colpa viene in rilievo esclusivamente nelle
contravvenzioni sopraindicate e cioè tutte le volte in cui uno
scarico sia già esistente ed abbia le caratteristiche (oggetto,
provenienza e stabilità) per essere assoggettato alla normativa della legge 319/1976.
In tutte le altre ipotesi contravvenzionali previste nella legge 319 l'elemento della colpa non può assumere alcun rilievo poiché
se, per leggerezza e negligenza, si verifica uno scarico non
previsto e quindi non autorizzato, quel tipo di sversamento non
potrà rientrare nella nozione di scarico di cui alla legge indicata in quanto si tratta di scarico nuovo, occasionale, non permanente e quindi, per ciò stesso, escluso dall'applicabilità della nuova
disciplina. Se infatti gli sversamenti colposi non fossero occasionali, episo
dici ed accidentali non potrebbero che essere voluti; nessuno può dubitare del fatto che uno sversamento periodico, sia pur privo di condutture specifiche, debba essere considerato come scarico qua lificato soggettivamente dal dolo almeno nella forma eventuale
(previsione dell'evento ed accettazione del rischio del suo ve
rificarsi). Si pensi, ad es., all'ipotesi di tracimazione mensile di acque
raccolte in vasche a tenuta.
Chiarito che pertanto uno scarico nuovo verificatosi per legge rezza o negligenza non può che essere uno scarico occasionale ed isolato (non potendo, giuridicamente e logicamente, ammettersi una negligenza continua o periodica) resta da ribadire la necessità dell'elemento della continuità, o quanto meno della periodicità, dello scarico di cui all'art. 1, lett. a), legge 319.
Il carattere della stabilità è infatti richiesto espressamente non
già con riferimento allo scarico bensì' riguardo all'insediamento (art. 1 quater legge 8 ottobre 1976 n. 690) ma, forse, è l'elemento caratterizzante dello scarico sul quale è concorde tutta la dottrina.
La disciplina amministrativa e finanziaria prevista dalla legge 319, gli oneri posti a carico dei titolari degli scarichi, la struttura stessa degli insediamenti produttivi e civili, la gradualità della
depurazione presuppongono necessariamente scarichi aventi il ca rattere della permanenza o della periodicità (come è possibile desumere dal fac-simile della scheda tecnica contenuta nella circo lare del comitato dei ministri del 29 dicembre 1976 e da allegare alla domanda di autorizzazione, in cui, al punto 19 e in tema di variabilità nel tempo dello scarico, allorché si fa riferimento allo scarico saltuario si richiede l'indicazione della « frequenza dello stesso nel mese di massima produzione »).
Da quanto esposto, appare erronea, nella sua generica esposi zione, l'affermazione contenuta nella sentenza del Pretore di Forlì 21 giugno 1978 (Foro it., Rep. 1980, voce Acque pubbliche, nn.
93, 118, 124) secondo la quale «si configurano come scarichi in senso tecnico, quanto meno ai fini dell'applicazione degli art. 22 e
25, anche fenomeni, più circoscritti nel tempo, di singole o
episodiche immissioni, rientrando nell'ambito della punibilità an che la condotta meramente colposa».
La tesi infatti da un lato sembra estendere l'applicazione delle
contravvenzioni degli art. 21 e 23 anche ai fenomeni indicati e
dall'altro non s'avvede che le immissioni episodiche non possono che equipararsi a degli scarichi nuovi, per i quali non possono trovare applicazione le norme degli art. 22 e 25 legge 319/1976
che invece presuppongono scarichi già esistenti.
La pur lodevole preoccupazione di estendere la tutela in mate
ria di acque non può consentire l'applicazione di norme penali a
fattispecie di inquinamento (immissioni episodiche) che fuoriesco
no dalla disciplina normativa della legge 319/1976 per mancanza
dell'elemento della continuità.
Parimenti non può trovare accoglimento la tesi esposta in
dottrina, per la quale uno scarico che si verifichi da parte di
un insediamento produttivo che solitamente ricicla le proprie
acque senza scaricarle e che sia provocato per colpa, andrà
sanzionato, in assenza della richiesta di autorizzazione, dall'art.
21. Anche in questo caso infatti lo scarico, per quanto esposto, andrà reputato come scarico occasionale a meno che non si provi la periodica ricorrenza di tali sversamenti. Se è vero che il divieto
sanzionato riguarda la autorizzazione e lo scarico, quest'ultimo va
sempre valutato in relazione alla sua nozione-base.
In conclusione può dirsi che aveva colto nel segno quell'autore
che, su un articolo di un quotidiano apparso subito dopo la
pubblicazione della legge 319, prospettava seri dubbi sulla difesa
delle acque dagli scarichi che avvengono per colpa.
La legge 319/1976 perciò appare carente sia riguardo agli scarichi saltuari ed occasionali sia per quelli colposi ad essi
equiparabili per la loro episodicità. Occorre allora determinare la normativa applicabile alle ipotesi
di scarico che non rientrino nell'ambito di applicazione della
legge 319. Ad avviso di questo giudicante tornano a giuocare tutto il loro ruolo le norme sopravvissute all'abrogazione dell'art.
26 legge 319/1976 e, in particolare, l'art. 6 t. u. 8 ottobre 1931 n.
1604, se lo scarico avviene in acqua.
Tale norma del testo non potrà essere ritenuta applicabile solo
agli scarichi compiuti nell'esercizio della pesca, per gli stessi
motivi per cui già in precedenza era applicata anche agli scarichi
industriali.
Simile conclusione ci appare obbligata e non illogica conside
rando che l'abrogazione dell'art. 26, abbiamo già visto, non può che limitarsi ad influire sulle norme incompatibili con la nuova
disciplina, che riguarda, esclusivamente, gli scarichi con determi
nate caratteristiche.
Al fine di armonizzare la disciplina degli scarichi è certo
preferibile che si pervenga ad una modifica legislativa, ma, de
iure condito, l'interpretazione fornita è l'unica che offra la possi bilità di sanzionare fenomeni che altrimenti dovrebbero sfuggire alla nuova regolamentazione con un'evidente diminuzione della
tutela delle acque rispetto al regime precedente.
Quanto alla concreta responsabilità del Leonardi, il giudicante osserva che le risultanze processuali escludono la ricorrenza nella
specie del caso fortuito o della forza maggiore che, comunque, devono essere oggetto di prove rigorose da parte di chi le
invoca.
Le modalità con le quali si è verificata la immissione delle
acque e le concrete caratteristiche delle vasche, i cui bordi erano
costituiti da semplici rialzi di terreno (vedi documentazione foto
grafica), non lasciano dubbi sulla negligenza dimostrata dall'impu
tato, facendo, al contrario, dubitare della stessa occasionalità dello
sversamento.
Infine circa la concreta idoneità della polvere di marmo, fine
mente sospesa nell'acqua, a porre in pericolo la sopravvivenza
dell'ittiofauna, basta ricordare che l'intorbidamento dell'acqua
produce la morte per asfissia degli animali acquatici per il
deposito di particelle solide negli organi di respirazione degli stessi.
Riconoscendo all'imputato le attenuanti generiche, Leonardi
Curzio va perciò condannato alla pena di lire 40.000 di ammenda
oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. lire 60.000—1/3). Il condannato è meritevole della concessione di entrambi i
benefici di legge. Per questi motivi, ecc.
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