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sentenza 20 giugno 1984, n. 172 (Gazzetta ufficiale 27 giugno 1984, n. 176); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 20 giugno 1984, n. 172 (Gazzetta ufficiale 27 giugno 1984, n. 176); Pres. Elia, Rel. Ferrari; ric. Ospedale civile di Forlimpopoli; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Angelini Rota). Ord. Comm. trib. II grado Forlì 28 dicembre 1974 (cinque) (Gazz. uff. 8 marzo 1978, n. 67) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1984), pp. 1765/1766-1767/1768 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177193 . Accessed: 24/06/2014 21:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.82 on Tue, 24 Jun 2014 21:33:51 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 20 giugno 1984, n. 172 (Gazzetta ufficiale 27 giugno 1984, n. 176); Pres. Elia, Rel. Ferrari; ric. Ospedale civile di Forlimpopoli; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello

sentenza 20 giugno 1984, n. 172 (Gazzetta ufficiale 27 giugno 1984, n. 176); Pres. Elia, Rel.Ferrari; ric. Ospedale civile di Forlimpopoli; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoAngelini Rota). Ord. Comm. trib. II grado Forlì 28 dicembre 1974 (cinque) (Gazz. uff. 8 marzo1978, n. 67)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1984), pp. 1765/1766-1767/1768Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177193 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

scimento della effettiva capacità contributiva dei soggetti perei

pienti i redditi ivi previsti, i quali dunque, sussistendo i requisiti indicati nei comma successivi, sono titolari di « un vero e proprio diritto perfetto » a tale riduzione, non condizionato ad alcuna

facoltà discrezionale dell'amministrazione finanziaria, e tutelato

dagli art. 3 e 53 Cost. Ne consegue — ha ancora affermato ila

stessa Corte di cassazione — che l'onere della esplicita richiesta

della deduzione nei termini indicati dall'ult. comma dell'art. 7, non ha carattere categorico, non essendo oltretutto accompagnato da esplicita comminatoria di alcuna decadenza. La deduzione

può, pertanto, venir richiesta anche successivamente alla scadenza

dei termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi, allorché sia comunque portata a conoscenza del contribuente, in

concreto, la pretesa impositiva. Il che avviene, o con la emissione

e notifica dell'avviso di accertamento o, in mancanza dell'accer

tamento, con la pubblicazione del ruolo e la notificazione al

contribuente della cartella esattoriale. In questa seconda ipotesi,

infatti, è stata riconosciuta l'ammissibilità del ricorso contro il

ruolo per far valere motivi sostanziali relativi all'accertamento.

Nel caso, poi, dell'autotassazione, i-1 contribuente può ricorrere, a

norma dell'art. 16 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, contro il rifiuto,

esplicito o implicito, opposto dall'amministrazione finanziaria alla

restituzione di quanto pagato in più, per ottenere l'accertamento

del suo diritto alla deduzione. In tutti i suddetti casi, pertanto, l'accertamento sui presupposti della riduzione dell'imponibile, non

effettuato in sede di verifica della dichiarazione da parte dell'uf

ficio, può essere eseguito in sede contenziosa avanti le commis

sioni tributarie.

Questa sopra riferita è, dunque, la interpretazione che va data

all'impugnata norma, in senso opposto a quella accolta dai

giudici a quibus. Interpretazione che attualmente ben può consi

derarsi « diritto vivente », ed alla quale si è anche adeguata la

stessa amministrazione finanziaria, invitando gli uffici delle impo ste dirette, con circolare 29 ottobre 1981, n. 35/7/3210, ad

astenersi dal .coltivare ulteriormente le relative controversie an

cora pendenti. 4. - Posto ciò, resta da considerare il dedotto profilo della

inserzione nella norma delegata dell'onere della richiesta, in

relazione alla mancata previsione di tale onere nella legge di

delega, che, nell'aut. 4, m. 5, detta appunto i criteri per le

deduzioni in parola. Una volta acclarato che i termini indicati

dall'impugnata norma per la richiesta della deduzione, non hanno

carattere perentorio, la corte non ravvisa nell'introduzione di

siffatto onere nella normativa delegata alcuna violazione degli art.

76 e 77, 1° comma, Cost. Ed invero le leggi di delega — come

giustamente ha obiettato l'avvocatura dello Stato — dettano

principi e criteri direttivi che, come tali, non debbono necessa

riamente estendersi sino a coprire l'intera area della regolamenta zione demandata al legislatore delegato, al quale compete pur

sempre di stabilire le modalità della loro concreta applicazione. Nel caso in esame la previsione, nella legge delegata, della

richiesta da parte del contribuente si spiega — come rilevato

anche dalla richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione — con la considerazione che la riduzione dell'imponibile i.l.o.r., sancita dal 1° comma dell'art. 7 d.p.r. n. 599/73, spetta solo ove

ricorrano determinati presupposti, attinenti alla particolare natura

del reddito, come previsto dai successivi comma dello stesso art.

7. Ditailehé la richiesta medesima assolve esclusivamente alla

funzione di sollecitare l'ufficio impositore all'indagine sulla sussi

stenza dei presupposti della riduzione, .mediante la puntuale indicazione di quelle peculiari circostanze (che il soggetto presti la propria opera nell'impresa, che tale prestazione costituisca la

sua occupazione prevalente, e via dicendo), le quali, non essendo

nelle singole fattispecie note all'ufficio e non costituendo una

caratteristica costante dei redditi tassati, devono necessariamente

essere, prima o poi, dichiarate dagli interessati. In siffatta prospet

tiva, l'aver previsto che le deduzioni vengano richieste dagli

aventi diritto nella dichiarazione annuale, ovvero, se esonerati

dall'obbligo della dichiarazione, con apposito denuncia all'ufficio

delle imposte dirette, contribuisce indubbiamente, nell'ili quod

plerumque accidit, alla più spedita definizione del rapporto tra

fisco e contribuente.

Infine, quanto all'ulteriore argomento addotto, e cioè che la

legge di delega per la riforma tributaria — mentre nel richiamato

n. 5 dell'art. 4 non prevede la richiesta de qua agitur — nel

successivo n. 6 dello stesso art. 4, per le stesse deduzioni ivi

accordate a favore di singoli soci di cooperative, e per la

riduzione dell'aliquota di imposta nello stesso numero accordata

alle cooperative, contempla, invece, espressamente la richiesta del

contribuente, la carte osserva che da ciò non può certo desumer

si la volontà del legislatore delegante di escludere, nel n. 5, la

richiesta in parola. Nella ipotesi disciplinata dal n. 6 dell'art. 4,

infatti, sono previste due possibili agevolazioni offerte in alterna

tiva agli aventi .diritto, e dunque la previsione, nella stessa legge di delega, delia richiesta che ve avanzata a seguito della operata

scelta, trae adeguata giustificazione da una peculiare esigenza, che

per il caso in questione non si pone. 5. - Per te considerazioni che precedono, la corte, accolta

l'interpretazione sopra riferita del denunciato ult. comma dell'art.

7 djp.r. n. 599/73, reputa non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria di primo

grado di Palermo e dalla Commissione tributaria .di secondo

grado di Nuoro con le ordinanze di cui in narrativa.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 436, 488, 489, 490, 491 r.o. 1977, e nn. 51, 52, 53,

54, 55, 56, 57, 58, 59 e 60 r.o. 1981, dichiara non fondata, nei

sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzio

nale dell'ultimo comma dell'art. 7 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599

(istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi), nella parte in cui, in relazione alle deduzioni di cui ai comma precedenti, stabilisce l'onere della richiesta da parte degli aventi diritto, all'atto o comunque nei termini previsti per la dichiarazione dei

redditi, sollevata, in riferimento agli art. 76 e 77, 1" comma,

Cost., con le ordinanze emesse il 13 aprile 1977 (r.o. nn. 488,

489, 490 e 491 del 1977) ed il 18 aprile 1977 (r.o. n. 436 del

1977) dalla Commissione tributaria di primo grado di Palermo, ed

il 9 marzo 1979 (r.o. nn. da 51 a 60 del 1981) dalla Commissione

tributaria di secondo grado di Nuoro.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 giugno 1984, n. 172

(Gazzetta ufficiale 27 giugno 1984, n. 176); Pres. Elia, Rei.

Ferrari; ric. Ospedale civile di Forlkriipopoli; interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato Angelini Rota). Ord. Comm.

trib. II grado Forlì 28 dicembre 1974 (cinque) (Gazz. uff. 8

marzo 1978, n. 67).

Ricchezza mobile (imposta sulla) — Pubblici ospedali — Avanzi

di gestione — Tassabilità — Esclusione — Questione infondata

di costituzionalità (Cost., art. 76; d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, t.u. delle leggi sulle imposte dirette, art. 105, 109, 119).

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

105, 109 e 119 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, nella parte in cui

comprenderebbero, nella sfera dei soggetti tassabili ai fini dell'im

posta di ricchezza mobile, cat. B, i pubblici ospedali, in riferi mento all'art. 76 Cost. (1)

Diritto. — La questione sollevata dalla Commissione tributaria

provinoiaile di Forlì, con le cinque ordinanze in epigrafe di identico contenuto e di pari data, è se l'assoggettamento dei

pubblici ospedali all'imposta di ricchezza mobile, categoria B, in

quanto non previsto, né dalla legge di delegazione (5 gennaio

(1) All'epoca (si era nel 1974; ma l'accertamento risale al 1967) in cui fu emessa la raffica di ordinanze della Commissione tributaria di li grado di Forlì, massimate in Foro it., 1978, III, 336, l'assog gettabilità degli avanzi di gestione degli enti ospedalieri all'imposta di ricchezza mobile poteva apparire ancora controversa.

La Cassazione si era, sì, pronunciata, pochi mesi addietro, per la negativa (sent. 4 marzo 1974, n. 594, id., 1974, I, 1368, con nota di M. Gagliardi; anche in Giust. civ., 1974, I, 1068, con nota di M. R. Morelli, e in Ammin. it., 1974 1447, con nota di G. Pifferi); ma l'orientamento dei giudici di legittimità urtava contro un radicato convincimento della Commissione centrale, che avrebbe avuto modo di esprimersi anche in seguito (cfr. dee. 18 febbraio 1975, n. 2358, Foro it., Rep. 1976, voce Ricchezza mobile, n. 11; 18 febbraio 1975, n. 2362, ibid., n. 12; 26 settembre 1977, n. 11042, id., Rep. 1978, voce cit., n. 58; 7 aprile 1978, n. 6654, ibid., n. 60), sino a sollecitare (v. Comm. trib. centrale 13 marzo 1978, n. 1318, id., Rep. 1979, voce cit., n. 13) l'esame delle sue sezioni unite. Nel frattempo, però, la Cassazione aveva accumulato caterve di precedenti — tre nel 1975, uno l'anno dopo, un altro ancora nel 1977, e ben 18 nel 1978 — tutti conformi al primo giudicato. Quanto bastava, in tutta evidenza, perché le oscillazioni cessassero: la stessa amministrazione finanziaria — come ricordano i giudici della Consulta — finì col gettare la spugna. A far tempo da Comm. trib. centrale 7 giugno 1979, n. 7304, id., Rep. 1980, voce cit., n. 36, e 14 giugno 1979, n. 7678, id., Rep. 1979, voce cit., n. 12, non c'è più storia: cfr., a mo' di ' ultimi fuochi ', Cass. 17 gennaio 1980, nn. 386-389, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 30-33; Comm. trib. centrale 9 febbraio 1980, n. 1666, ibid., n. 35; 12 febbraio 1980, n. 1780, ibid., n. 34; Cass. 14 aprile 1980, n. 2408, id., Rep. 1981, voce cit., n. 66; 27

aprile 1981, nn. 2501-2508, ibid., nn. 58-65; 28 marzo 1983, nn. 2197 2202, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 30-35. Conclusione obbligata: il ' dirit to vivente '

appare, a due lustri di distanza, tutto diverso da quello ipo tizzato dall'autorità remittente, sì che il dubbio di legittimità costituziona le non ha ragione di porsi (cfr. Corte cost. 20 giugno 1984, n. 178, che

precede; e 11 aprile 1984, n. 104, Foro it., 1984, I, 1176, ivi, in nota, ulteriori riferimenti).

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Page 3: sentenza 20 giugno 1984, n. 172 (Gazzetta ufficiale 27 giugno 1984, n. 176); Pres. Elia, Rel. Ferrari; ric. Ospedale civile di Forlimpopoli; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello

1767 PARTE PRIMA 1768

1956 n. 1), né dalla legislazione a questa anteriore, ma egualmen te introdotto dal decreto delegato (art. 105, 109 e 119 t.u. n.

645/58 sulle imposte dirette), possa considerarsi costituzionalmen te legittimo in riferimento all'art. 76 Cost.

Premesso che l'impugnazione degli art. 105 e 109, concernenti non già l'ari, ma il quantum, e dell'art. 119, concernente l'accer tamento, presuppone l'applicabilità dell'art. 8 t.u. n. 645/58, va al

riguardo preliminarmente osservato che nessuna delle disposizioni denunciate — e nessuna delle altre disposizioni dello stesso testo normativo — indica nominatim gli enti ospedalieri quali soggetti passivi del rapporto tributario in parola. È in via di interpreta zione, pertanto, che la commissione, sostanzialmente adeguan dosi sul punto all'indirizzo dell'ufficio distrettuale delle im

poste, perviene al riconoscimento della tassabilità in ricchezza

mobile, cat. B, dei pubMioi ospedali, affermando testualmente che proprio « da questa interpretazione deriva la rilevanza della questione di legittimità costituzionale ». Senoniché, già anteriormente alla data di emissione delle cinque ordinanze de quibus, le sezioni unite della Corte di cassazione avevano statuito (sent. 4 marzo 1974, n. 594, Foro it., 1974, I, 1368) che « i proventi netti degli ospedali civili non rientrano nella nozione di reddito tassabile con imposta di ricchezza mobile », dovendosi ravvisare nella disciplina normativa quel « vincolo legale di

destinazione dei proventi degli ospedali dipendenti da enti pub blici », che toglie a tali proventi « il carattere di ricchezza autonoma » ed induce perciò ad « escludere dalla nozione di reddito mobiliare imponibile i proventi di attività che realizzano

servizi continuativi di pubblico interesse »; tanto più che la

disciplina normativa degli ospedali, già secondo l'« ordinamento

disposto con la 1. 12 febbraio 1968 n. 132, s'è evoluta con l'accentuazione della considerazione pubblicistica dei servizi ospe dalieri, anche nei riguardi tributari, essendo stati equiparati a tali effetti gli enti ospedalieri alle amministrazioni dello Stato ». Tale

interpretazione, confermata da altre pronunce della stessa Corte

di cassazione, è stata successivamente accolta dalle sezioni unite della Commissione tributaria centrale e fatta propria persino dal

ministero delle finanze, che con apposita nota della competente direzione generale delle imposte dirette (20 aprile 1978, n.

11/679) ha comunicato ai dipendenti uffici «l'inopportunità di

procedere agli accertamenti ai fini dell'imposta di ricchezza mobi

le e dell'imposta sulle società per gli avanzi di gestione degli enti

ospedalieri », disponendo che pertanto « devono essere abbando

nate tutte le contestazioni pendenti relativamente alle quali non

sono intervenute decisioni passate in giudicato ».

Da quanto precede si deduce che nella specie non si configura già una questione di legittimità costituzionale — quella, appunto, secondo cui « il governo sarebbe andato oltre ai poteri delegatigli dal parlamento con l'art. 63 1. 5 gennaio 1956 n. 1 », così violando l'art. 76 Cost. — bensf di interpretazione, ila quale può essere risolta alla luce del diritto vivente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli art. 105, 109 e 119 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte dirette) sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., dalla Commissione tributaria di secondo grado di Forlì con cinque ordinanze emesse il 28 dicembre 1974 (r.o. 595, 596, 597, 598 e 599 del 1977)

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 giugno 1984, n. 154

(Gazzetta ufficiale 13 giugno 1984, n. 162); Pres. Elia, Rei.

Paladin; ric. Fidelio; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello

Stato Angelini Rota). Ord. Comm. trib. I grado Ragusa 26 ottobre 1981 (due) (Gazz. uff. 7 settembre 1983, n. 246); Comm. trib. I grado Ragusa 26 ottobre 1981 (quattro) (id. 14 settembre 1983, il. 253).

Tributi in genere — Revisione del contenzioso tributario —

Composizione delle commissioni tributarie di I grado — Que

stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 102; d.p.r. 26

ottobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del contenzioso

tributario, art. 4).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, relativo alla composizione delle commissioni tributarie, in riferimento all'art. 102 Cost. (1)

(1) Le sei ordinanze di remissione della Commissione tributaria di I grado di Ragusa, a tutt'oggi non massimate, possono leggersi in Gazz. uff. 7 settembre 1983, n. 246, e 14 settembre 1983, n. 253.

La sentenza in epigrafe affronta (per l'ennesima occasione in modo deludente) la questione della legittimità costituzionale del d.p.r. 636/72,

Diritto. — Data l'identità delle impugnative proposte alla corte

e degli argomenti che molto sinteticamente le sorreggono, i sei

giudizi instaurati dalla Commissione tributaria di primo grado di

Ragusa vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

Malgrado i termini della questione sollevata dalle ordinanze in

relativo alla disciplina del contenzioso tributario. Essa si inquadra perfettamente nell'ambito di un preciso orientamento seguito dalla corte ormai da alcuni anni e tendente, nell'ottica del favor aerarli, a preservare, nella sua integrità, la funzionalità degli organi del conten zioso tributario.

Tale inequivoco atteggiamento può riscontrarsi in una serie di decisioni, e precisamente in: 1) Corte cost. 27 dicembre 1974, n. 287 (Foro it., 1975, I, 1, con nota di richiami e osservazioni di V. Andrioli), secondo cui il d.p.r. 636/72, in attuazione della VI disp. trans. Cost., ha assicurato alle commissioni tributarie la struttura, le funzioni e le finalità che sono connaturali ai veri e propri organi giurisdizionali; 2) Corte cost. 3 agosto 1976, n. 215 (id., 1976, I, 2057), che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del d.p.r. 636/72, limitatamente alla istituzione delle com missioni tributarie, in riferimento agli art. 24, 102, 2° comma, e VI disp. trans. Cost.; 3) Corte cost. 25 marzo 1982, n. 57 (id., 1982, I, 3011), secondo cui è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 d.p.r. 636/72 nella parte in cui attribuisce alla Commissio ne tributaria centrale competenza anche sulle questioni di fatto, escluse quelle relative a valutazione estimativa e alla misura delle pene pecuniarie, in riferimento all'art. 76 Cost.; 4) Corte cost. 1° aprile 1982, n. 63 (ibid., 1216, con nota di A. Proto Pisani, In tema di significato costituzionale della tutela cautelare e di potere di sospen sione dei giudici tributari), che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità degli art. 15, 39 e 54 d.p.r. 636/72 nella parte in cui escludono che le commissioni tributarie possano disporre la sospensione dei procedimenti di riscossione dei tributi, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost.; 5) Corte cost. 24 novembre 1982, n. 196 e 16 dicembre 1982, n. 217 (id., 1983, I, 533, con nota di richiami e osservazioni critiche di A. Proto Pisani), entrambe richiamate in motivazione, che hanno dichiarato: a) manifestamente infondata la questione di legitti mità costituzionale dell'intero d.p.r. 636/72, in riferimento agli art. 24, 2° comma, 102, 2° comma, e alla VI disp. trans. Cost.; b) infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 2 e 3 d:p.r. 636/72, relativi alla composizione delle commissioni tributarie di I e II grado, in riferimento all'art. 108, 2° comma, Cost.; c) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del d.p.r. 636/72 (oltre che dell'art. 10, n. 14, 1. 9 ottobre 1971 n. 825), in riferimento agli art. 24, 102, 113, 1° e 2° comma, e alla VI disp. trans. Cost.; d) manifestamente infondata la questione dì legittimità costituzionale dell'art. 2 d.p.r. 636/72, relativo alla composizione delle commissioni tributarie di I grado, in riferimento all'art. 108, 2° comma, Cost.; 6) Corte cost. 28 luglio 1983, n. 247, id., 1984, I, 379, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 16 e 19 d.p.r. 636/72, in riferimento agli art. 24 e 27 Cost.

Orbene, vista da una parte la gran copia di giudizi promossi a verifica della legittimità costituzionale della legislazione in materia di contenzioso tributario, e dall'altra il riferito monolitico atteggiamento della Consulta, non può che concludersi nel senso innanzi detto, e cioè di una sorta di vera e propria « protezione » offerta dalla corte ai giudici tributari, il tutto sulla base di argomentazioni alle quali non è sempre agevole aderire.

In tale ottica si inquadra, come già dicevasi, anche l'odierna decisione che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.p.r. 636/72, in riferimento all'art. 102 Cost. Come può rilevarsi dalle ordinanze di rimessione, il giudice a quo aveva eccepito l'incostituzionalità di detta norma che, con riguardo alla composizione delle commissioni tributarie, « prevede sia per la presidenza come per i componenti giudici assolutamente al di fuori dell'ordinamento giurisdizionale e senza i requisiti richiesti dall'art. 102 Cost, in relazione al dettato costituzionale per i giudici togati ». La Consulta respinge l'eccezione dichiarando essere sufficienti i requisiti richiesti dalla legge per la nomina dei giudici tributari; ma l'iter argomentativo usato non è certo di quelli che possono far rallegrare. Infatti, tra le righe dell'affermazione contenuta in motivazione, secondo cui « rimangono le molte deficienze del contenzioso tributario, ampia mente segnalate in dottrina e dagli operatori del settore, per le quali il parlamento è ora chiamato a porre rimedio », traspare il convincimen to della corte per cui è da ritenere appropriato all'attuale traballante sistema tributario un altrettanto traballante (e deficitario) contenzioso: in altre parole, il contribuente ha il giudice (ed il processo) tributario che merita. In tale prospettiva, dunque, ben possono estendersi all'attua le giudicato le numerose e motivate critiche già avanzate da A. Proto Pisani (id., 1983, I, 533) nei riguardi di tale (purtroppo) consolidato orientamento.

Ai margini della suddetta problematica, nel senso dell'attribuzione al giudice amministrativo delle controversie in materia di requisiti per la nomina a componenti delle commissioni tributarie, v. T.A.R. Lazio, sez. II, 15 luglio 1981, n. 759, id., Rep. 1982, voce Tributi in genere, n. 569.

Circa i requisiti dei componenti della Commissione tributaria centra le, v. Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1982, n. 309, id., 1983, III, 6, secondo cui ne è sufficiente la sussistenza al momento della nomina dei componenti, non assumendo rilevanza il sopravvenuto collocamento a riposo nella categoria di provenienza.

S. Casamassima S. Casamassima

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