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sentenza 20 giugno 1995, n. 269 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 28 giugno 1995, n. 27); Pres....

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sentenza 20 giugno 1995, n. 269 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 giugno 1995, n. 27); Pres. Baldassarre, Est. Cheli; Verusio (Avv. Guarino), Pierangeli (Avv. Clarizia) e Beyeler (Avv. P. Guerra, Caravita di Toritto) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Cass., sez. un., 11 novembre 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 28 del 1994) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 807/808-811/812 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190835 . Accessed: 25/06/2014 00:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 00:08:39 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 20 giugno 1995, n. 269 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 28 giugno 1995, n. 27); Pres. Baldassarre, Est. Cheli; Verusio (Avv. Guarino), Pierangeli (Avv. Clarizia) e Beyeler

sentenza 20 giugno 1995, n. 269 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 giugno 1995, n. 27);Pres. Baldassarre, Est. Cheli; Verusio (Avv. Guarino), Pierangeli (Avv. Clarizia) e Beyeler (Avv.P. Guerra, Caravita di Toritto) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Cass., sez.un., 11 novembre 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 28 del 1994)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 807/808-811/812Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190835 .

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PARTE PRIMA

siasi titolo dallo Stato alla regione confluiscono nel bilancio,

salvo talune eccezioni, senza vincolo a specifiche destinazioni.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale della legge della re

gione Campania, riapprovata il 2 dicembre 1994 (definizione

dei rapporti con la società Italsiel per la lettura automatica delle

prescrizioni farmaceutiche a tutto il 31 ottobre 1994), sollevata,

in riferimento agli art. 81 e 97 Cost., dal presidente del consi

glio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 giugno 1995, n. 269

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 giugno 1995, n. 27);

Pres. Baldassarre, Est. Cheli; Verusio (Aw. Guarino), Pie

rangeli (Avv. Clarizla) e Beyeler (Avv. P. Guerra, Caravi

ta di Toritto) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Fer

ri). Ord. Cass., sez. un., 11 novembre 1993 (G.U., la s.s., n. 28 del 1994).

Antichità e belle arti — Bene assoggettato a vincolo — Aliena

zione — Denunzia irregolare — Prelazione — Questione in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 42; 1. 1° giugno 1939

n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico o storico, art.

31, 32, 61).

È infondata la questione di legittimità costituzionale del dispo sto coordinato dagli art. 61, 31, 32 l. 1° giugno 1939 n. 1089,

nella parte in cui, in mancanza di regolare denuncia dell'alie

nazione di bene vincolato, consente in ogni tempo l'esercizio

della prelazione statale su cose di interesse storico-artistico

al prezzo dichiarato nell'atto di alienazione, in riferimento

agli art. 3 e 42 Cost. (1)

(1) La sentenza prende posizione in ordine al consolidato orienta

mento giurisprudenziale, dal quale muove la stessa ordinanza di rimes sione (Cass., sez. un., 19 marzo 1994, n. 228, Foro it., Rep. 1994, voce Antichità, n. 57, e Nuova giur. civ., 1994, I, 739, con nota di

Cozzuto Quadri, Principi costituzionali e prelazione artistica), che co

stituisce la prelazione artistica come negozio di diritto pubblico, inqua drandolo nella categoria degli atti espropriativi in senso lato (Cass. 26

giugno 1956, n. 2291, Foro it., 1957, 1, 1244; 21 agosto 1962, n. 2613,

id., 1963, I, 303; 17 gennaio 1985, n. 117, id., 1985, I, 1070; sez. un. 1° luglio 1992, n. 8079, id., Rep. 1992, voce cit., n. 73; Cons. Stato, sez. VI, 10 giugno 1987, n. 400, id., Rep. 1987, voce cit., n. 51; 30

gennaio 1991, n. 58, id., 1991, III, 345. Valorizzando il collegamento dell'istituto ad un atto di iniziativa privata (il trasferimento del bene a titolo oneroso), ne esclude qualsiasi assimilazione agli ordinari prov vedimenti espropriativi, pur tuttavia ribadendone la sostanza ablatoria e la prevalenza, nella peculiare fattispecie di cui all'art. 61, del profilo autoritativo su quello negoziale.

La netta differenziazione della prelazione dai provvedimenti espro priativi si riverbera sulla disciplina del prezzo che lo Stato deve erogare, non equiparabile, secondo l'indirizzo della corte, ad un indennizzo espro priativo ed individuato in quello negozialmente dichiarato. Sul princi pio della corrispondenza del prezzo della prelazione a quello indicato nell'atto di trasferimento anche nell'ipotesi regolata dall'art. 61, v. Tar Toscana 14 febbraio 1984, n. 84, id., 1984, III, 448 (che in un caso

di più vendite non denunziate ha affermato la legittimità dell'acquisto al prezzo, più vantaggioso, pattuito nella prima alienazione); Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 1987, n. 802, id., Rep. 1988, voce cit., n. 40, che

esclude una possibilità di adeguamento del prezzo dichiarato a quello venale, anche ad iniziativa della stessa amministrazione; Tar Lazio, sez.

II, 26 gennaio 1990, n. 224, id., 1991, III, 37, e Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 1991, n. 58, cit., entrambe relative alla vicenda traslativa

che ha occasionato l'esame della questione di legittimità sottoposta alla corte. Viceversa, Tar Lazio, sez. II, 17 ottobre 1983, n. 900, id., Rep. 1984, voce cit., n. 44, riconosce all'amministrazione la facoltà di disco starsi dal prezzo contrattuale, quando sia manifestamente illogico per eccesso, oppure simulato, sempre per eccesso, e di determinarlo auto nomamente con l'ausilio dei propri organi consultivi.

Sul carattere sanzionatorio della prelazione ex art. 61 non constano

precedenti in termini, essendosi l'attenzione della giurisprudenza foca lizzata sulla prestazione pecuniaria prevista dall'art. 64 1. n. 1089 per l'ipotesi, ivi prevista, che dalla violazione dell'obbligo di denunzia del trasferimento della cosa d'arte derivi la perdita di questa (la natura

Il Foro Italiano — 1996.

Diritto. — 1. - Con l'ordinanza in esame le sezioni unite civili

della Corte di cassazione sollevano questione di legittimità co

stituzionale, per violazione degli art. 3 e 42 Cost., nei confronti

del disposto coordinato degli art. 61, 31 e 32 1. 1° giugno 1939

n. 1089 (tutela delle cose di interesse artistico e storico).

L'art. 61 della legge in questione dispone, al 1° comma, che

«le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, com

piuti contro i divieti stabiliti dalla presente legge e senza l'osser

vanza delle condizioni e modalità da essa prescritte sono nulli

di pieno diritto» e, al 2° comma, che «resta sempre salva la

facoltà del ministro (per i beni culturali e ambientali) di eserci

tare il diritto di prelazione a norma degli art. 31 e 32». A loro

volta, gli art. 31 e 32 regolano le condizioni e le modalità per

l'esercizio del diritto di prelazione, che, nell'ipotesi ordinaria — collegata all'avvenuta denuncia al ministro dell'alienazione

del bene da parte del proprietario — deve essere esercitata nel

termine di due mesi dalla data della stessa denuncia (v. art.

32, 1° comma, in relazione all'art. 30). Ad avviso della Cassazione le norme impugnate risulterebbe

ro lesive degli art. 3 e 42 Cost, sotto due profili e cioè: a) per

l'«illimitata compressione del diritto reale dell'alienante, ingiu

stificatamente sottoposto ad un trattamento diverso da quello

riservato ad ogni altro espropriato, essendo data facoltà all'am

ministrazione di porre in essere l'atto ablativo in ogni momen

to, con correlativa incertezza, del pari illimitata nel tempo, cir

ca l'effettivo assetto dei rapporti giuridici concernenti il bene»;

b) per la «mancata garanzia per l'espropriato di un adeguato

indennizzo, in quanto la corresponsione di somme pari al prez

zo contrattuale ben si attaglia alla sola ipotesi di prelazione eser

citata nel breve lasso di due mesi, ma non anche a quella eserci

tabile in ogni tempo». Nel prospettare la questione, l'ordinanza muove da alcuni pre

supposti interpretativi, condivisi negli orientamenti prevalenti

della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa: in particola

di sanzione amministrativa è ritenuta da Cass. 3 maggio 1974, n. 1235,

id., 1974, I, 2334, laddove la funzione risarcitoria, già adombrata da Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 1965, n. 128, id., 1965, III, 463, in rela

zione all'analoga misura contemplata dall'art. 59 1. n. 1089, è netta

mente affermata da Cass. 26 gennaio 1994, n. 728, id., 1994, I, 1053, e Nuova giur. civ., 1994, I, 447, con nota di Cozzuto Quadri, In

tema di sanzioni per l'omessa denunzia di vendita di cosa d'arte). In relazione, poi, agli altri temi accennati nel corso della motivazione

della sentenza e, partendo dalla denunzia prevista dall'art. 30, che deve avere i requisiti stabiliti dall'art. 57 r.d. 30 gennaio 1913 n. 363 (Cons.

Stato, sez. VI, 7 ottobre 1987, n. 802, Foro it.. Rep. 1988, voce cit., n. 38; e, quindi, nell'ipotesi di alienazione a mandatario senza rappre sentanza, anche gli estremi del contratto di mandato: Tar Lazio, sez.

II, 26 gennaio 1990, n. 224, cit.; Cass. 26 gennaio 1994, n. 728, cit.), la cui perdurante vigenza si fonda sul richiamo dell'art. 73 1. n. 1089

(Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 1984, n. 26, id., Rep. 1984, voce cit., n. 6, e 30 gennaio 1991, n. 58, cit.), la giurisprudenza concorda

nel ritenere che, ove le parti non adempiano al relativo obbligo, la fa

coltà dello Stato di esercitare la prelazione è svincolata dal rispetto del

termine bimestrale fissato dall'art. 32 (sulla scadenza del quale, v. Cass. 6 maggio 1994, n. 4386, id., 1995, I, 895, con nota di richiami) in

relazione ad atto ritualmente denunziato (Cons. Stato, sez. VI, 23 mar zo 1982, n. 129, id., 1982, III, 285; 31 gennaio 1984, n. 26, cit.; 30

gennaio 1991, n. 58, cit.; 3 aprile 1992, n. 226, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 71). Isolata è invece rimasta la posizione di Tar Lazio, sez.

II, 28 ottobre 1981, n. 1021, id., Rep. 1982, voce cit., n. 36, secondo

cui anche nell'ipotesi di prelazione esercitata ai fini dell'art. 61 debba

essere rispettato il termine perentorio di due mesi, che va computato dalla data della piena conoscenza del contratto di alienazione acquisita dall'amministrazione.

Per quanto riguarda, poi, la nullità sancita dall'art. 61 per gli atti

di alienazione non denunziati, la giurisprudenza, fin dalla più risalente, la configura come ipotesi di nullità relativa, che soltanto lo Stato, e non anche i privati contraenti, sarebbe facultato a far valere (Cass. 14 aprile 1947, n. 554, id., 1948, I, 32; 17 giugno 1967, n. 1429, id., 1967, I, 2381; 15 maggio 1971, n. 1440, id., 1971, I, 2829; 24 novembre

1989, n. 5070, id., Rep. 1989, voce cit., n. 50; 12 giugno 1990, n. 5688, id., Rep. 1990, voce cit., n. 22). È da segnalare, tuttavia, il recente

revirement della Cassazione, la quale, nella sentenza 7 aprile 1992, n.

4260, id., 1992, I, 2402, ha per la prima volta affermato che la nullità

ex art. 61 è da ritenere assoluta perché in contrasto con norme impera tive dirette ad impedire il depauperamento del patrimonio artistico na zionale ed è, pertanto, opponibile al terzo acquirente, anche se di buo na fede, il quale, ove trattasi di beni mobili, non può avvalersi del

principio di cui all'art. 1153 c.c.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

re, dalla considerazione che l'art. 61, 2° comma, consente, nei

casi di omessa o irregolare denuncia, l'esercizio della prelazione senza limiti temporali e che la stessa prelazione storico-artistica,

per i suoi caratteri differenziati dalla prelazione di diritto co

mune, va ricondotta nella categoria generale degli atti espro

priativi (e questo tanto più quando la prelazione venga esercita

ta, come nel caso del 2° comma dell'art. 61, in relazione a ne

gozi riconosciuti nulli). 2. - Vanno in primo luogo esaminate le eccezioni di inammis

sibilità prospettate dalla difesa statale.

Ad avviso dell'avvocatura dello Stato, la questione sarebbe

inammissibile per non avere esattamente individuato l'oggetto del giudizio (cioè la norma impugnata), nonché per il fatto di

aver enunciato due diverse soluzioni di accoglimento indicate

in via alternativa.

Né l'una né l'altra di tali eccezioni possono essere accolte.

In primo luogo va rilevato che dal contenuto dell'ordinanza — e, in particolare, dalla connessione tra il dispositivo e la mo

tivazione della stessa — l'individuazione dell'oggetto del giudi

zio emerge chiara senza dar luogo a dubbi.

Tale oggetto investe, nel suo nucleo centrale, la previsione

dell'esercizio del diritto di prelazione senza limiti temporali di

sciplinata nel 2° comma dell'art. 61, norma il cui contenuto

risulta specificato e integrato — oltre che attraverso la connes

sione con il 10 comma dello stesso articolo — dal richiamo espres

so agli art. 31 e 32.

Il riferimento al «disposto coordinato» degli art. 61 e 32,

espresso nel dispositivo dell'ordinanza, anziché rendere incerti,

serve, pertanto, a completare e meglio definire i termini della

questione. Né assume maggiore valore l'eccezione relativa al presunto

carattere alternativo della questione proposta.

Tale carattere viene riferito al fatto che nell'ordinanza risulta

prospettata la possibilità di un duplice esito del giudizio e cioè

sia la caducazione totale del 2° comma dell'art. 61 sia la dichia

razione d'illegittimità delle norme denunciate nella parte in cui

non prevedono che il termine stabilito dall'art. 32, 1° comma,

debba decorrere, nel caso di prelazione esercitata ai sensi del

l'art. 61, dalla data in cui l'amministrazione abbia acquisito

la piena conoscenza dei dati dei quali è obbligatoria la denun

cia. Tale prospettazione viene, peraltro, enunciata soltanto nel

la motivazione relativa alla rilevanza della questione, al fine

di argomentare che la rilevanza stessa — collegata ad un giudi

zio sulla giurisdizione — sarebbe destinata a permanere anche

nell'ipotesi di un accoglimento parziale della questione quale

quella sopra richiamata. Si tratta, quindi, di una formulazione

limitata ad un passaggio della motivazione, che non viene mini

mamente a incidere sul carattere unitario della questione propo

sta, quale si desume dal dispositivo dell'ordinanza il cui peti

tum risulta incentrato sulla dichiarazione d'illegittimità del «di

sposto coordinato» degli art. 61, 31 e 32 1. n. 1089 del 1939.

3. - Nel merito, la questione non è fondata.

Per quanto concerne l'asserita lesione dell'art. 3 Cost., l'or

dinanza, muovendo dal riconoscimento del carattere di «prov vedimento espropriativo» della prelazione storico-artistica — tan

to più se esercitata, ai sensi dell'art. 61, 2° comma, 1. n. 1089,

nel caso di nullità del negozio di trasferimento del bene —,

contesta la disparità di trattamento che il soggetto colpito da

tale misura viene a subire rispetto a tutti gli altri soggetti sotto

posti a procedimenti espropriativi. Ad avviso del giudice a quo, chi subisce la prelazione in que

stione, oltre a percepire un «indennizzo calcolato in modo del

tutto diverso da quanto previsto in materia di espropriazione

e senza possibilità di revisione in sede amministrativa o giudi

ziaria», è sottoposto, in relazione ai limiti temporali, ad «un

trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a colui che sia

assoggettabile all'ordinario procedimento espropriativo»: e que

sto in relazione al fatto che «mentre tutte le leggi in tema di

espropriazione per pubblica utilità assegnano all'espropriarne ri

gorosi termini decadenziali, la prelazione ex art. 61 non solo

non è sottoposta a decadenza, ma non soggiace nemmeno al

limite della prescrizione» (che potrebbe decorrere soltanto a se

guito di regolare denuncia).

Un ulteriore profilo di disparità viene, poi, denunciato po nendo a confronto la situazione di chi abbia effettuato una de

nuncia irregolare, tenuto a percepire il prezzo denunciato —

che, per il tempo decorso al momento della prelazione, potreb

II Foro Italiano — 1996.

be risultare del tutto inadeguato — con quella di chi, invece,

abbia omesso di fare la denuncia, che, in assenza di un prezzo

denunciato, potrebbe — ad avviso del giudice a quo — percepi

re un indennizzo calcolato ai sensi dell'art. 31, 3° comma, 1.

n. 1089 (in base cioè al valore attuale del mercato): con un

conseguente, ingiustificato trattamento più favorevole concesso

al soggetto responsabile dell'inadempienza più grave.

Tali argomentazioni non possono essere condivise, perché tra

scurano di considerare il carattere del tutto peculiare del regime

giuridico fissato per le cose di interesse storico e artistico dalla

1. n. 1089 del 1939 e, nell'ambito di tale regime, dell'istituto

della prelazione storico-artistica: un regime che trova nell'art.

9 Cost, il suo fondamento e che si giustifica nella sua specificità

in relazione al fine di salvaguardare beni cui sono connessi inte

ressi primari per la vita culturale del bene.

L'esigenza di conservare e di garantire la fruizione da parte

della collettività delle cose di interesse storico e artistico — che

siano state sottoposte a notifica ai sensi dell'art. 3 1. n. 1089 — giustifica, di conseguenza, per tali beni l'adozione di parti

colari misure di tutela che si realizzano attraverso poteri della

pubblica amministrazione e vincoli per i privati differenziati dai

poteri e dai vincoli operanti per altre categorie di beni, sia pure

gravati da limiti connessi al perseguimento di interessi pubblici.

Questo porta ad escludere la comparabilità delle procedure abla

tive connesse al settore della tutela artistica e storica con le or

dinarie procedure espropriati ve previste per beni di diversa natura.

Ciò vale, in particolare, per la prelazione storico-artistica, che,

pur manifestando — quanto meno nel caso contemplato dal

2° comma dell'art. 61 — una sostanza ablativa, è istituto ben

distinto dagli ordinari provvedimenti di natura espropriativa. Basti solo considerare che, a differenza di quanto accade nelle

ordinarie procedure espropriative, la prelazione viene a colle

garsi ad una iniziativa (trasferimento a titolo oneroso) che non

è attivata dalla parte pubblica, bensì dalla parte privata, titola

re del bene: e questo nonostante che la stessa prelazione, ove

sia esercitata in conseguenza della violazione di un preciso ob

bligo imposto al privato (denuncia del trasferimento), venga chia

ramente a configurarsi come istituto in cui prevale, sul profilo

negoziale, il profilo autoritativo.

Non sussiste, dunque, alcun elemento che consenta di compa

rare, sotto il profilo della violazione del principio di eguaglian

za, le modalità della prelazione storico-artistica — e, in partico

lare, le modalità temporali del suo esercizio — con quelle pro

prie degli ordinari istituti espropriativi. Né può valere il richiamo, operato nella ordinanza sempre

sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost., alla disparità

di trattamento tra i soggetti che hanno effettuato una denuncia

irregolare e quelli che non hanno fatto alcuna denuncia. Tale

disparità non sussiste, perché la corretta lettura della disciplina

posta in tema di prelazione (e, in particolare, nell'art. 31, 1°

comma) induce a ritenere che anche per questa seconda catego

ria di soggetti il prezzo da erogare non possa essere altro che

quello pattuito all'atto del trasferimento e non quello corrispon

dente al valore venale del bene all'atto della prelazione. Il prez

zo in questione, ove non conosciuto, andrà, pertanto, indivi

duato attraverso l'adozione di idonei mezzi di prova, riferiti

al valore del bene in relazione alle condizioni esistenti nel mer

cato all'atto del trasferimento.

4. - Infondata si presenta anche la censura formulata con

riferimento all'art. 42 Cost. Tale censura, nell'ordinanza di ri

messione, viene prospettata in relazione all'assenza di un «ade

guato indennizzo per l'espopriato», dal momento che l'esercizio

della prelazione senza limiti temporali non potrebbe non con

durre alla conseguenza di alterare il rapporto tra prezzo erogato

(riferito alla data dell'alienazione non denunciata o irregolar

mente denunciata) e valore di mercato del bene (riferito alla

data dell'esercizio della prelazione).

Ora, non si può certo dubitare del fatto che l'esercizio della

prelazione a distanza di molto tempo dalla alienazione possa

determinare — in conseguenza sia della svalutazione monetaria

che della rivalutazione del bene sul mercato — uno scarto an

che elevato tra prezzo corrisposto e valore reale del bene «espro

priato» con conseguente danno economico per il venditore sot

toposto a prelazione tardiva (e questa è, del resto, l'ipotesi che,

in concreto, ricorre nella fattispecie che ha dato luogo al giudi

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PARTE PRIMA

zio a quo): ma da tale premessa non si può anche trarre la

conseguenza che l'ordinanza di rimessione intende affermare in

ordine alla illegittimità costituzionale della prelazione storico

artistica di cui al 2° comma dell'art. 61 1. n. 1089 del 1939

per inadeguatezza dell'indennizzo.

In proposito due sono i profili che vanno rilevati.

Il primo attiene, ancora una volta, alla peculiarità dell'istitu

to della prelazione storico-artistica che — pur manifestando,

nell'ipotesi di cui al 2° comma dell'art. 61, una sostanza ablati

va — viene, come sopra si accennava, a differenziarsi sensibil

mente dagli istituti connessi agli ordinari procedimenti espro

priativi. Questo punto induce, in primo luogo, a sottolineare

la difficoltà di operare una piena assimilazione — quale quella

operata nell'ordinanza di rinvio — tra prezzo della prelazione e indennità di esproprio. Si aggiunga che il prezzo della prela zione — quand'anche potesse ritenersi assimilabile alla indenni

tà di esproprio, in quanto riferito ad un atto dichiarato «nullo

di pieno diritto» — risulta pur sempre collegato ad un elemento

negoziale rimesso alla libera contrattazione delle parti, elemen

to che, almeno nella normalità dei casi (riferibili all'esercizio

della prelazione entro un arco temporale contenuto), non può assumere le connotazioni di un compenso, oltre che ridotto ri

spetto al valore reale del bene, del tutto irrisorio e simbolico

e, pertanto, lesivo dei criteri desumibili in tema di indennizzo

dall'art. 42 Cost.

II secondo profilo attiene alla stessa natura della prelazione storico-artistica prevista dal 2° comma dell'art. 61, che la 1.

n. 1089 del 1939 viene a inquadrare nel capo III, dedicato alle

sanzioni. In proposito, il punto decisivo che va rilevato è che

il danno economico che i contraenti vengono a subire in conse

guenza dell'esercizio ritardato della prelazione da parte dell'am

ministrazione non è altro che la conseguenza diretta dell'ina

dempimento realizzato dagli stessi contraenti a seguito della man

cata presentazione di una denuncia regolare: inadempimento suscettibile di dar luogo ad una situazione di illiceità, che può

essere, peraltro, rimossa in ogni momento da parte del privato mediante la presentazione tardiva della stessa denuncia.

I rischi che in conseguenza dell'omessa o dell'irregolare de

nuncia (equiparate negli effetti ai sensi dell'art. 57 r.d. 30 gen naio 1913 n. 363, richiamato dall'art. 73 1. n. 1089) possono determinarsi ai fini della conservazione del bene al patrimonio culturale nazionale vengono, d'altra parte, a giustificare il par ticolare rigore della disciplina in esame: rigore che conduce a

sanzionare l'inadempienza del privato non solo sul piano delle

norme penali (art. 63), ma anche su quello delle norme di natu

ra civilistica, attraverso la previsione della nullità (necessaria) dell'atto di alienazione compiuto in violazione delle prescrizioni in tema di denunzia (art. 61, 1° comma) e della prelazione (even tuale) del bene pur in presenza di un negozio nullo. Né — a

differenza di quanto si afferma nell'ordinanza di rimessione —

il carattere sanzionatorio di quest'ultima misura può ritenersi

in contrasto con il suo esercizio discrezionale, dal momento che

la misura stessa viene a operare su di un piano che non può essere equiparato a quello proprio delle sanzioni penali e delle sanzioni amministrative.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale del disposto coordi

nato degli art. 61, 31 e 32 1. 1° giugno 1939 n. 1089 (tutela delle cose di interesse artistico e storico), sollevata, in relazione

agli art. 3 e 42 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 giugno 1995, n. 245

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 giugno 1995, n. 26); Pres. Baldassarre, Est. Guizzi; Palillo; interv. Pres. giunta

reg. Sicilia. Ord. Corte conti, sez■ giur. reg. sic., 4 ottobre

1994 (G.U., la s.s., n. 3 del 1995).

Sicilia — Deputati dell'assemblea regionale — Indennità mensi

le e diaria — Sequestro e pignoramento — Esclusione totale — Incostituzionalità (Cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 545; statuto della regione siciliana, art. 14, 17; 1. 31 ottobre 1965

n. 1261, determinazione della indennità spettante ai membri

del parlamento, art. 5, 6; 1. reg. sic. 30 dicembre 1965 n.

44, provvedimenti relativi all'assemblea regionale siciliana, art.

1).

È incostituzionale l'art. 1, 2° comma, l. reg. sic. 30 dicembre

1965 n. 44, nella parte in cui fa assoluto divieto di sequestro e di pignoramento dell'indennità mensile e della diaria corri

sposte ai deputati dell'assemblea regionale siciliana, anziché

prevedere il sequestro ed il pignoramento delle stesse nella

misura di un quinto. (1)

Diritto. — 1. - La Corte dei conti, sezione giurisdizionale

per la regione siciliana, solleva questione di legittimità costitu zionale della 1. reg. sic. 30 dicembre 1965 n. 44, nella parte in cui — richiamando l'art. 5 1. statale 31 ottobre 1965 n. 1261 — esclude il sequestro dell'indennità e della diaria corrisposte ai deputati dell'assemblea regionale siciliana, ritenendo che vi

sia lesione dell'art. 3 Cost, (per la diversa posizione dell'assem

blea regionale siciliana rispetto a quella delle camere) e degli art. 14 e 17 dello statuto speciale della regione, giacché la legge

regionale inciderebbe sulla tutela di diritti patrimoniali e, quin

di, su materia che rientra nei rapporti di diritto privato, per i quali la regione non è competente.

2. - La regione eccepisce che l'ordinanza di rimessione non

indica specificamente la disposizione sospettata di incostituzio

nalità, né è assistita da autonoma motivazione, dal momento

che fa rinvio — peraltro in forma dubitativa — ai rilievi formu

lati dal procuratore regionale. Entrambe le eccezioni sono da disattendere.

Esaminata nel suo complesso, l'ordinanza individua chiara

mente la norma regionale oggetto di censura: la questione di

legittimità viene sollevata con riguardo alla 1. reg. n. 44

(1) La Corte costituzionale, escludendo l'identità tra le funzioni svol te dai deputati regionali rispetto ai parlamentari, afferma che per i pri mi deve valere la regola generale del limite di un quinto per la pignora bilità dell'indennità mensile e della diaria, anziché quella speciale della esclusione totale, valida per i secondi.

Per la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 1 1. reg. sic. appro vata il 23 giugno 1965, nella parte in cui disponeva che l'indennità par lamentare stabilita per i deputati regionali fosse esente da ogni tributo e non potesse essere comunque computata agli effetti dell'accertamento del reddito imponibile e della determinazione dell'aliquota, per qualsia si tributo dovuto sia allo Stato che ad altri enti, v. Corte cost. 17 aprile 1968, n. 24, Foro it., 1968, I, 1113, con nota di richiami, commentata da Contini, Qualche osservazione sui privilegi parlamentari, in Giur.

costit., 1968, 442. L'affermazione secondo cui l'analogia tra le attribuzioni delle assem

blee regionali e quelle delle assemblee parlamentari non significa identi tà e non toglie che le prime si svolgano a livello di autonomia, anche se costituzionalmente garantita, e le seconde, invece, a livello di sovra

nità, è stata di recente ribadita da Corte cost. 2 giugno 1994, n. 209, Foro it., Rep. 1994, voce Responsabilità contabile, n. 1029.

In ordine al principio generale, fissato dall'art. 545 c.p.p., relativo alla sequestrabilità ed alla pignorabilità, entro il limite di un quinto, degli stipendi e delle indennità di fine rapporto, v. Pret. Salerno - Eboli 27 aprile 1993, id., 1995, I, 2005, con nota di richiami, secondo cui il debitore esecutato ha l'onere di proporre opposizione all'esecuzione

per ottenere la declaratoria di impignorabilità dello stipendio o di altro emolumento similare in misura superiore al quinto, non potendo il giu dice dell'esecuzione surrogarsi, con attività d'ufficio, nell'espletamento di tale compito; Corte cost. 19 marzo 1993, n. 99, id., 1993, I, 2129, con nota di richiami; Pret. Modena, ord. 25 luglio 1991, id., 1992, I, 570, con nota di richiami.

Costante è la giurisprudenza costituzionale nel senso di escludere la

competenza legislativa regionale nella sfera dei rapporti di diritto priva to: da ultimo, v. Corte cost. 7 novembre 1994, n. 379, id., 1995, I, 21, con nota di richiami e osservazioni di Fuzio.

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