sentenza 20 luglio 1994, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 agosto 1994, n. 33);Pres. Pescatore, Est. Vari; Costa c. Intendenza di finanza di Ravenna; D'Apice c. Intendenza difinanza di Salerno; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Bafile). Ord. Comm. trib. Igrado Ravenna 1° aprile 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 48 del 1993); Comm. trib. I grado Salerno 8novembre 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 13 del 199 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 27/28-31/32Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189191 .
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PARTE PRIMA
dimento della proprietà privata, riservato dalla Costituzione esclu
sivamente alla legge statale.
Il Pretore di Salerno aggiunge — in tal modo implicitamente invocando il parametro di cui all'art. 42, 3° comma, Cost. —
l'ulteriore rilievo che il vincolo imposto dalla norma censurata
sottopone la proprietà ad una compressione indefinita nel ter
mine finale, che, come tale, dovrebbe essere correlata ad un
indennizzo; compressione non determinata da una legge, né da
un atto amministrativo, ma soltanto dall'inerzia dell'ammini
strazione, sotto la specie della mancata adozione — o del man
cato adeguamento — dei piani regolatori generali. Il che deter
minerebbe un procrastinarsi infinito del vincolo in questione. 7.1. - Al riguardo, la corte rileva anzitutto che, se è vero
che le regioni non hanno competenza a legiferare in materia
di diritto privato, tale preclusione concerne i rapporti intersog
gettivi da cui i diritti stessi derivano, mentre, per quanto attiene
alla normazione conformativa del contenuto dei diritti di pro
prietà allo scopo di assicurarne la funzione sociale, la riserva di legge stabilita dall'art. 42 Cost, può trovare attuazione anche
in leggi regionali nell'ambito delle materie indicate dall'art. 117
Cost. (cfr. sent. n. 391 del 1989, id., 1990, I, 1806). Del resto, nella specie, è una legge statale, la 1. n. 431 del
1985, e, in particolare, una norma in essa contenuta — quella che aggiunge l'art. 1 bis al d.l. n. 312 del 1985, che, per ammis
sione degli stessi rimettenti, costituisce principio fondamentale, ai sensi dell'art. 117 Cost. — a stabilire il potere, ed anzi il
dovere, per le regioni, di redazione di piani urbanistico-territoriali;
piani che, avendo per oggetto la disciplina del territorio, com
portano limiti al diritto di proprietà. Tali limiti rientrano tra
quelli previsti dall'art. 42, 2° comma, Cost., non potendosi du
bitare del collegamento di essi con la funzione sociale della pro
prietà. 7.2. - Illegittima sarebbe l'imposizione dei predetti vincoli al
la utilizzazione edilizia dei suoli se, comportando la assoluta
inedificabilità — in via definitiva, o anche in via temporanea ma senza alcuna prefissione del termine finale di durata — non
prevedesse la corresponsione di un indennizzo.
Ma, come già accennato, la censurata restrizione del diritto
di proprietà derivante dall'art. 5 1. reg. Campania n. 35 del
1987 cede rispetto a quantificate categorie di opere e a costru
zioni perseguenti anche finalità pubbliche, e non è indefinita
nel tempo. Sotto il primo profilo, va osservato che la norma, sin dall'o
rigine, ha escluso dal divieto di rilascio di concessioni quelle relative ad opere di edilizia pubblica (residenziale, scolastica,
sanitaria, ecc.). Nella formulazione conseguente alle modifiche
apportate con 1. reg. 1° luglio 1993 n. 22, la esclusione si esten
de alle «concessioni relative agli interventi costruttivi delle coo
perative edilizie dotate di finanziamento...», a quelle relative
agli interventi in aree agricole ed insediamenti residenziali e pro
duttivi, nonché agli interventi a rete (illuminazioni, acquedotti, fognature).
7.3. - Né può affermarsi, infine, che il divieto di rilascio di
concessioni disposto dalla norma sia temporalmente illimitato.
Secondo quanto affermato da questa corte (sent. nn. 186 del
1993, id., 1993, I, 1748; 141 del 1992, id., 1992, I, 2052; 1164 del 1988, id., Rep. 1989, voce Trentino-Alto Adige, n. 92), i
vincoli che comportino l'inedificabilità delle aree assumono ca
rattere sostanzialmente espropriativo se non sono adeguatamen te delimitati nel tempo: pertanto, le norme che li prevedono, ove non ne dispongano l'indennizzabilità, debbono circoscriver
ne la durata entro limiti ragionevoli. Nella specie, la temporaneità dei vincoli risulta dalla congiun
ta operatività della legislazione regionale e di quella statale, che
prevedono una serie di misure, dall'obbligatorio adempimento di attività amministrative sino ai poteri sostitutivi nei confronti
degli enti inadempienti, idonee ad assicurare che comunque, en
tro un ragionevole limite temporale, il termine di validità della
norma di salvaguardia si compia con la realizzazione degli stru
menti urbanistici richiesti.
L'art. 35 della stessa 1. reg. Campania n. 35 del 1987 obbliga,
infatti, i comuni, i cui territori ricadono in tutto o in parte nell'ambito del piano urbanistico territoriale, ad adeguare alle
prescrizioni in esso contenute, entro centottanta giorni dalla pub blicazione della legge, i piani regolatori generali vigenti, preve dendo, in caso di inadempimento, un potere sostitutivo «del
l'ente delegato competente» (e cioè, a norma dell'art. 23 1. n.
Il Foro Italiano — 1995.
54 del 1980, le comunità montane, e, per i comuni non compre si in esse, le province).
Per il caso di mancata adozione del piano regolatore generale
comunale, la legislazione statale prevedeva forme e modalità
di esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei comuni ina
dempienti, indicando, all'art. 8 1. n. 1150 del 1942, nel prefetto
l'organo competente alla nomina di un commissario. L'adozio
ne di tali misure è stata, poi, trasferita alle regioni con l'art.
1 d.p.r. n. 8 del 1972.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell'art. 5 1. reg. Campania 27 giugno 1987 n. 35 (piano urbani
stico territoriale dell'area sorrentino-amalfitana), sollevate, in
riferimento agli art. 117, 1° comma, e 42, 2° comma, Cost., dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Sa
lerno, e in riferimento agli art. 117, 1° comma, e 42, 2° e 3°
comma, Cost., dal Pretore di Salerno - sezione distaccata di
Cava dei Tirreni con le ordinanze in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 luglio 1994, n. 315
0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 agosto 1994, n. 33); Pres. Pescatore, Est. Vari; Costa c. Intendenza di finanza
di Ravenna; D'Apice c. Intendenza di finanza di Salerno; in
terv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Bafile). Ord.
Comm. trib. I grado Ravenna 1° aprile 1993 (G.U., la s.s., n. 48 del 1993); Comm. trib. / grado Salerno 8 novembre
1993 (G.U., la s.s., n. 13 del 1994).
Redditi (imposte sui) — Redditi diversi — Plusvalenze da pro cedimenti espropriativi — Tassazione — Retroattività — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; 1. 30
dicembre 1991 n. 413, disposizioni per ampliare le basi impo
nibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di
accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il con
tenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari
pendenti; delega al presidente della repubblica per la conces
sione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di
assistenza fiscale e del conto fiscale, art. 11).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
11, 9° comma, l. 30 dicembre 1991 n. 413, nella parte in
cui dispone la retroattività della imposizione delle plusvalenze
percepite in conseguenza di cessioni, anche volontarie, inter
venute nel corso di procedimenti espropriativi, in base ad atti
o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988
e fino alla data di entrata in vigore della medesima l. 413/91, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (1)
(1) I. - Le ordinanze di rimessione, Comm. trib. 1 grado Ravenna 1° aprile 1993 e Comm. trib. 1 grado Salerno 8 novembre 1993, sono massimate in Bollettino trib., 1994, 339; di tale ultima commissione consta — in quanto pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, la s.s., 13 apri le 1994, n. 16 (e, più di recente, Fisco, 1994, 11044) — altra analoga ordinanza di rimessione, emessa in pari data: la stessa, però, non risul ta essere stata presa in esame dalla Corte costituzionale.
Analoga questione di incostituzionalità dell'art. 11, 5°, 6°, 7°, 8°, 9° e 10° comma, 1. 413/91, per violazione degli art. 53, 3, 42 Cost., è stata sollevata da Comm. trib. I grado Reggio Calabria 12 maggio 1993, Foro it., Rep. 1993, voce Redditi (imposte sui), n. 348. Per un suo esame, v. E. De Mita, Sulla indennità di esproprio un prelievo illogico e ingiusto, in II Sole 24 Ore dell'11 maggio 1994; della costitu zionalità dell'art. 11, 9° comma, 1. 413/91 dubita anche, in riferimento
agli art. 3, 53 e 97 Cost., Comm. trib. 1 grado Milano 2 giugno 1994, Corriere trib., 1995, 62.
La Corte costituzionale si è più volte pronunciata sulla legittimità
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - I giudizi in epigrafe vanno riuniti per essere
decisi con un'unica sentenza.
2. - La corte è chiamata a giudicare nella legittimità costitu
zionale dell'art. 11,9° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 413, che
estende le disposizioni sulla tassazione delle plusvalenze conse
guite in occasione di procedimenti ablatori ovvero a seguito di cessioni volontarie di aree nel corso dei procedimenti stessi, alle
«somme percepite in occasione di atti anche volontari o provve dimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla
data di entrata in vigore della legge». Ad avviso di entrambi i giudici rimettenti, la norma conflig
gerebbe con l'art. 53 Cost., in quanto assoggetterebbe ad impo sizione tributaria situazioni già esaurite, risultando spezzato il
rapporto tra capacità contributiva e imposizione. Secondo la sola Commissione tributaria di primo grado di
Ravenna sussisterebbe, inoltre, violazione dell'art. 3 Cost, per
l'irragionevole trattamento riservato agli indennizzi sugli espro
pri già percepiti e consumati in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge.
3. - Prima di passare all'esame del merito, la corte ritiene
opportuno premettere brevi cenni sul contesto normativo nel
l'ambito del quale la questione viene a collocarsi.
L'art. 11, 1° comma, lett. f), 1. 31 dicembre 1991 n. 413, modificando l'art. 81, 1° comma, lett. b), d.p.r. 22 dicembre
1986 n. 917 (contenente il testo unico delle imposte sui redditi)
dispone la tassabilità — accanto alle plusvalenze realizzate me
diante cessione a titolo oneroso dei beni immobili acquistati o
costruiti da non più di cinque anni, salvo talune eccezioni —
delle «plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo onero
so di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione».
Lo stesso art. 11 stabilisce, al 5° comma, che le disposizioni del predetto art. 81, 1° comma, lett. b), ultima parte, si appli
della retroattività di una imposizione, ritenendo che la legge può incide re sulla capacità contributiva esistente in un momento anteriore alla sua emanazione, ponendo come limite l'esigenza che la capacità stessa sia ancora sussistente al momento dell'imposizione (ord. 21 gennaio 1988, n. 51, Foro it., 1988, I, 2465). In ordine alla necessità del «carattere attuale» della capacità contributiva, v. anche Corte cost. 22 aprile 1980, n. 54, id., 1980, I, 1557.
Con la sentenza in epigrafe, la Consulta, richiamando la propria pre cedente giurisprudenza, afferma che di per sé la retroattività della tas sazione non costituisce violazione del principio della capacità contribu
tiva, essendo, invece, necessario verificare se la legge, «nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto c una situazione passati, abbia
spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità stes sa». Nel caso di specie, la «prevedibilità» dell'imposta, che, ad avviso della corte, è sufficiente a rendere legittima l'imposizione «retroattiva», è stata riconosciuta facendo riferimento al completamento del «quadro ordinatore generale» delle plusvalenze tassabili come redditi diversi (in base all'art. 81 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, modificato dall'art.
11, 1° comma, lett./, 1. 413/91) ed al dibattito intervenuto in materia, che, già prima della legge «sospettata» di incostituzionalità, sosteneva la tassabilità di tali somme, nonché, infine, rilevando il «breve lasso di tempo entro il quale tale retroattività è destinata ad operare».
In dottrina, criticano la decisione in epigrafe: E. De Mita, Plusva lenze da terreno espropriato: la Consulta legittima l'imposizione, in So le 24 Ore del 27 settembre 1994, 19, per il quale il criterio della «preve dibilità» dell'imposta, cosi come delineato in sentenza, «è un criterio che mal sì concilia con la nozione di capacità contributiva elaborata dalla corte in tema di retroattività. Un conto è dire che permane la
capacità contributiva quando da essa derivi una disponibilità di somme attuale per far fronte all'imposta; un conto è dire che c'è capacità con tributiva perché una imposizione purchessia poteva essere prevista nel momento in cui si era verificato il fatto»; C. Pino, Per la Consulta è legittima la tassazione retroattiva delle plusvalenze da esproprio, in Corriere trib., 1994, 2382, afferma che la sentenza appare logicamente «forzata», in quanto non sarebbe fondato il ragionamento della corte «sulla prevedibilità dell'imposizione delle plusvalenze, derivanti da pro cedimenti ablativi: la tassabilità di tali plusvalenze era al contrario del tutto imprevedibile, data la precedente legislazione in materia, e, so
prattutto, data l'impossibilità (derivante direttamente dall'adozione del
metodo casistico) di 'indovinare', negli anni per i quali è stata disposta la retroattività della norma, quali avrebbero potuto essere le fattispecie in futuro attratte a tassazione, mancando appunto un logico e coerente
schema impositivo in materia di 'redditi diversi' previsti dall'art. 81
del testo unico». In generale, sulla retroattività della legge tributaria, v. F. Moschet
ti, Capacità contributiva, voce dell 'Enciclopedia giuridica Treccani, 1988,
V, 15, ad avviso del quale «poiché la norma tributaria retroattiva colpi sce una forza economica passata senza consentire al contribuente la
Il Foro Italiano — 1995.
cano anche alle plusvalenze conseguenti alla percezione, da par te di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di inden
nità di esproprio o di somme di cessioni volontarie nel corso
di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque do
vute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupa zioni d'urgenza divenute illegittime, relativamente a terreni, de
stinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all'interno
delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al d.m. 2 aprile
1968, definite dagli strumenti urbanistici, ovvero ad interventi
di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui
alla 1. 18 aprile 1962 n. 167, e successive modificazioni.
Allo stesso regime d'imposizione, proprio dei «redditi diver
si», sono ricondotte, per effetto del 6° comma del medesimo
art. 11, le indennità di occupazione e gli interessi comunque dovuti sulle somme sopra menzionate, mentre il successivo 7°
comma definisce le modalità di tassazione dei redditi di cui
trattasi.
Infine, la disposizione denunciata, vale a dire il 9° comma
del predetto art. 11, fa retroagire il nuovo regime impositivo,
ricomprendendovi anche le somme percepite in conseguenza di
atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al
31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della leg
ge, se l'incremento di valore non è stato assoggettato all'Invim.
4. - Passando al merito delle questioni, è da ricordare, a pro
posito del lamentato contrasto della norma con l'art. 53 Cost., che questa corte ha affermato ripetutamente che una legge tri
butaria retroattiva non comporta di per sé violazione del princi
pio della capacità contributiva, occorrendo, invece, verificare, di volta in volta, se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati, abbia spez zate il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità
stessa, violando cosi il precetto costituzionale sopra richiamato.
prova dell'eventuale non permanenza nel presente, è ad essa connatura ta la possibilità di colpire ricchezze non più esistenti; se è dunque ille
gittima la presunzione assoluta di esistenza della capacità contributiva
(. . .), tale illegittimità vale anche per la norma retroattiva. Né può aggiungersi, a giustificazione della norma retroattiva, la sua eventuale
prevedibilità, in quanto un progetto di imposizione è pur sempre un'im
posizione inesistente e quindi non vincolante»; A. Amatucci, Legge tributaria, id., 1990, XVIII, 3, dopo aver esaminato la giurisprudenza della Corte costituzionale, sostiene che da essa si desume «un principio inaccettabile, in base al quale la legge tributaria potrebbe accentuare retroattivamente l'imposizione, in quanto prenderebbe in tal caso in
considerazione situazioni già sintomi di capacità contributiva. Deve ri
tenersi, invece (. . .), illegittima la legge tributaria retroattiva, tanto che
colpisca situazioni non ritenute precedentemente espressioni di capacità contributiva, quanto se accentui il carico fiscale in rapporto ad eventi
già considerati; difatti, nella seconda ipotesi sarebbe violato il principio di certezza del diritto, che si esprime anche in termini di fiducia del
contribuente, costituzionalmente tutelata». Sul problema della costituzionalità delle previsioni di legge aventi ef
ficacia retroattiva, v. anche A. Cerri, Spunti in tema di retroattività della legge, in Foro it., 1994, I, 1772.
II. - Sulla applicazione della norma si vedano: Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 1993, n. 447, Foro it., Rep. 1993, voce Espropriazione per p.i., n. 209, ad avviso del quale «il 9° comma dell'art. 11 1. 30 dicem bre 1991 n. 413, nell'estendere retroattivamente l'ambito oggettivo di
applicazione della ritenuta alle indennità di espropriazione e di occupa zione, lo limita, tuttavia, alle somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre
1988»; Comm. trib. I grado Benevento 4 settembre 1993, ibid., voce Redditi (imposte sui), n. 347, che ha ritenuto necessario, per l'applica zione della tassazione retroattiva, che le somme fossero percepite nel
periodo dal 31 dicembre 1988 al 1 "gennaio 1992 e che gli atti o i prov vedimenti fossero emessi nello stesso periodo.
In dottrina, per un'analisi della disciplina, si vedano: M. Beghin,
Aspetti di irrazionalità ed incoerenza nella discipina tributaria delle plu svalenze realizzate a seguito di procedimenti ablativi, in Dir. e pratica trib., 1993, I, 415; F. Brighenti, Indennità di espropriazione: le condi
zioni per la tassazione retroattiva, in Bollettino trib., 1993, 1748; C.
Berliri, Cessioni ed espropriazioni di aree fabbricabili, in Fisco, 1992,
7583; L. Bellini, Indennità di esproprio di terreni edificabili, in Corrie re trib., 1992, 1569; A. Uricchio, La tassazione delle plusvalenze deri
vanti dalla cessione di aree fabbricabili e da provvedimenti espropriati vi, in Riv. dir. trib., 1992, I, 773; S. Gradi, Novità in materia di ces
sioni di terreni edificabili, in Fisco, 1992, 5634; G. Fanzini, Il nuovo
regime impositivo delle plusvalenze realizzate in seguito a cessioni di
terreni fabbricabili e ad espropri per opere pubbliche, in Bollettino trib.,
1992, 573; F. Napoli, Ritenute su indennità di esproprio di enti locali, in Corriere trib., 1994, 330.
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PARTE PRIMA
Alla stregua di detto principio, la questione sollevata con le
ordinanze in epigrafe va dichiarata infondata.
Si deve, infatti, ritenere che le descritte innovazioni introdot
te, sul piano legislativo, con l'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n.
413, valgano a completare un quadro ordinatore generale già
desumibile dall'art. 81 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, il quale sotto il capo VII dedicato ai «redditi diversi», aveva considera
to come cespiti tassabili tra le plusvalenze — da intendere come
incremento del valore di scambio di un bene fra il momento
in cui esso entra nel patrimonio del soggetto e quello in cui
ne esce — quelle realizzate a seguito di lottizzazione di terreni
o di esecuzione di opere intese a renderli edificabii, con succes
siva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici, come
pure quelle realizzate, salvo alcune eccezioni, mediante cessione
a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non
più di cinque anni.
In questo quadro, l'assoggettamento ad imposizione fiscale
anche delle plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni suscet
tibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbani
stici, giusta la nuova ipotesi di cui all'art. 11, 1° comma, lett.
f), 1. n. 413 del 1991, come pure quella, sicuramente connessa,
sotto il profilo concettuale, alla prima, delle plusvalenze deri
vanti da indennità di esproprio o da corrispettivi da cessione
volontaria nel corso di procedimenti ablatori, ulteriormente dal
5° comma dell'art. 11 della predetta legge, vale a determinare
una più compiuta, più rigorosa, disciplina della materia, con
la previsione di nuove fattispecie, sostanzialmente riconducibili
alla medesima ratio di quelle già disciplinate. In sostanza, la norma impugnata configura in maniera più
esauriente l'ambito della disciplina di cui trattasi, accogliendo,
per quel che concerne più specificamente la questione qui in
esame, un orientamento, emerso talora nei dibattiti in materia,
secondo il quale i trasferimenti onerosi coattivi all'esito di pro
cedimenti posti in essere dalla pubblica amministrazione pote
vano già in passato farsi rientrare nella disciplina delle plusva
lenze connesse alla cessione di immobili.
È dato cosi rinvenire, nella vicenda normativa in esame, un
elemento di prevedibilità dell'imposta che questa corte, altre volte,
ha reputato significativo sotto il profilo della permanenza della
capacità contributiva e che, pertanto, è da considerarsi rilevante
per giudicare della conformità all'art. 53 Cost, della retroattivi
tà conferita dall'art. 11, 9° comma, 1. n. 413 del 1991, alla
norma sulla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione
volontaria di terreni sottoposti ad espropriazione, specie se si
tiene conto del breve lasso di tempo entro il quale tale retroatti
vità è destinata ad operare. D'altro canto, la corte non ritiene che, in senso contrario
a quanto testé osservato, possa valere l'argomento della man
canza di una facoltà di prova da parte del contribuente circa
la sorte che, nel frattempo, possano aver subito le plusvalenze
in termini di reimpiego o di consumo. Come si è già avuta oc casione di precisare, il principio sancito nel 1° comma dell'art.
53 Cost, ha carattere oggettivo, perché si riferisce ad indici rive
latori di ricchezza e non già a stati soggettivi del contribuente
(sentenza n. 143 del 1982, Foro it., 1982, I, 2712). Ne consegue
che, se la capacità contributiva è da intendere come attitudine
ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla con
creta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione è collegata, non può non es
sere indifferente la sorte che possano aver subito medio tempo re i ricavi conseguiti. Difatti, la prova che eventualmente venis
se fornita dal contribuente circa la non più presente disponibili tà in concreto della somma realizzata, a causa dell'avvenuto
consumo e del reimpiego, non servirebbe certo a dimostrare la
mancanza di quella capacità contributiva che è legittimamente
presunta in relazione al fatto in sé della percezione della somma.
Le stesse considerazioni sopra esposte, nel momento in cui
escludono la menzionata lesione dell'art. 53 Cost., portano a
ritenere non fondata l'altra censura sollevata dalla Commissio
ne tributaria di primo grado di Ravenna, in riferimento all'art.
3 Cost., sotto il profilo dell'irragionevolezza del trattamento
riservato alle plusvalenze percepite e consumate in epoca ante
cedente all'entrata in vigore della legge, non risultando addotti,
da questo punto di vista, profili argomentativi diversi od ulte
riori rispetto a quelli sopra esaminati.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11,9° com
II Foro Italiano — 1995.
ma, 1. 30 dicembre 1991 n. 413 (disposizioni per ampliare le
basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'atti
vità di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbliga
toria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il
contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti urbani
tributari pendenti; delega al presidente della repubblica per la
concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri
di assistenza fiscale e del conto fiscale), sollevata, in riferimen
to agli art. 3 e 53 Cost., con ordinanza 1° aprile 1993 della
Commissione tributaria di primo grado di Ravenna (r.o. n. 696
del 1993) e, in riferimento all'art. 53 Cost., con ordinanza 8
novembre 1993 della Commissione tributaria di primo grado di Salerno (r.o. n. 146 del 1994).
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 luglio 1994, n. 308
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 agosto 1994, n. 32);
Pres. Casavola, Est. Vassalli; Ulargiu; interv. Pres. cons,
ministri. Ord. Trib. Roma 16 dicembre 1992 (G.U., la s.s.,
n. 19 del 1993).
Misure di sicurezza — Internati affetti da Aids conclamata —
Sospensione della misura di sicurezza detentiva — Mancata
previsione — Scelte discrezionali del legislatore — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art.
146, 147, 212; d.l. 14 maggio 1993 n. 139, disposizioni urgen
ti relative al trattamento di persone detenute affette da infe
zione Hiv e di tossicodipendenti, art. 2; 1. 14 luglio 1993 n.
222, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 14 mag
gio 1993 n. 139, art. 1).
È inammissibile, in quanto rientrante nella scelta discrezionale
del legislatore, la questione di legittimità costituzionale degli
art. 146, 147 e 212 c.p., nella parte in cui non prevedono
la sospensione della misura di sicurezza privativa della libertà
personale per i soggetti affetti da Aids conclamata o da grave
deficienza immunitaria o da gravi infermità comunque incom
patibili con il regime detentivo, in riferimento agli art. 3, 27
e 32 Cost. (1)
(1) Con l'odierna pronuncia la Consulta sembra (almeno per il mo
mento) aver posto fine all'impeto rimessivo con il quale numerosi tribu
nali di sorveglianza italiani hanno salutato le disposizioni urgenti con
cernenti il trattamento di detenuti affetti da infezione Hiv — introdotte dalla 1. 222/93 (cfr. Corte cost. 2 giugno 1994, n. 210 e 3 marzo 1994, n. 70, in questo fascicolo, I, 46, con nota di U. Izzo, Un difficile test
per la Consulta: l'Aids, le leggi ed i giudici fiduciosi, alla quale si ri
manda per riferimenti dottrinali e giurisprudenziali sul tema). L'eccezione sollevata dal tribunale di sorveglianza capitolino scova
va, infatti, un ulteriore profilo di incostituzionalità nella novella appe na citata, laddove quest'ultima, sancendo l'incompatibilità tra momen
to custodiale (detentivo o cautelare) e status clinico di Aids conclamata
o di grave deficienza immunitaria, non prevede l'estensibilità di tale
assunto normativo ai soggetti sottoposti a misura di sicurezza detenti
va. Dall'appunto omissivo mosso al legislatore, il giudice a quo traeva
deduttivamente i due quesiti di legittimità respinti nell'odierna senten
za: la lesione del principio di uguaglianza originata dal diverso tratta
mento riservato a detenuti ed internati, nonché la compromissione del
diritto alla salute di questi ultimi e la ravvisata contrarietà di tale tratta
mento al senso di umanità al quale anche le misure di sicurezza dovreb
bero ispirarsi. Ancora una volta, la risposta della Consulta si gioca sul filo (sottile)
dell'intangibilità della discrezionalità legislativa, posto che per la corte
le disposizioni di legge «impugnate» dal giudice rimettente assumono
la veste di ius singulare, ovvero di un provvedimento normativo urgente formulato dal legislatore per fronteggiare l'allarmante situazione gene ratasi negli istituti di pena in conseguenza della drammatica interazione
di due fenomeni: l'endemica sovrappopolazione delle strutture carcera
rie e la diffusiva presenza di detenuti affetti da infezione Hiv.
Su questa base, argomenta la corte, la specifica (ed eccezionale) va
lenza teleologica della legge in questione non può essere valutata analo
gicamente e, di conseguenza, non può essere additivamente applicata ad una situazione custodiale strutturalmente (ed oggettivamente) diver
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