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sentenza 20 luglio 1994, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 agosto 1994, n. 33); Pres....

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sentenza 20 luglio 1994, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 agosto 1994, n. 33); Pres. Pescatore, Est. Vari; Costa c. Intendenza di finanza di Ravenna; D'Apice c. Intendenza di finanza di Salerno; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Bafile). Ord. Comm. trib. I grado Ravenna 1° aprile 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 48 del 1993); Comm. trib. I grado Salerno 8 novembre 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 13 del 199 ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 27/28-31/32 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189191 . Accessed: 25/06/2014 07:03 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 07:03:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 20 luglio 1994, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 10 agosto 1994, n. 33); Pres. Pescatore, Est. Vari; Costa c. Intendenza di finanza di Ravenna; D'Apice c. Intendenza

sentenza 20 luglio 1994, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 agosto 1994, n. 33);Pres. Pescatore, Est. Vari; Costa c. Intendenza di finanza di Ravenna; D'Apice c. Intendenza difinanza di Salerno; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Bafile). Ord. Comm. trib. Igrado Ravenna 1° aprile 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 48 del 1993); Comm. trib. I grado Salerno 8novembre 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 13 del 199 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 27/28-31/32Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189191 .

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PARTE PRIMA

dimento della proprietà privata, riservato dalla Costituzione esclu

sivamente alla legge statale.

Il Pretore di Salerno aggiunge — in tal modo implicitamente invocando il parametro di cui all'art. 42, 3° comma, Cost. —

l'ulteriore rilievo che il vincolo imposto dalla norma censurata

sottopone la proprietà ad una compressione indefinita nel ter

mine finale, che, come tale, dovrebbe essere correlata ad un

indennizzo; compressione non determinata da una legge, né da

un atto amministrativo, ma soltanto dall'inerzia dell'ammini

strazione, sotto la specie della mancata adozione — o del man

cato adeguamento — dei piani regolatori generali. Il che deter

minerebbe un procrastinarsi infinito del vincolo in questione. 7.1. - Al riguardo, la corte rileva anzitutto che, se è vero

che le regioni non hanno competenza a legiferare in materia

di diritto privato, tale preclusione concerne i rapporti intersog

gettivi da cui i diritti stessi derivano, mentre, per quanto attiene

alla normazione conformativa del contenuto dei diritti di pro

prietà allo scopo di assicurarne la funzione sociale, la riserva di legge stabilita dall'art. 42 Cost, può trovare attuazione anche

in leggi regionali nell'ambito delle materie indicate dall'art. 117

Cost. (cfr. sent. n. 391 del 1989, id., 1990, I, 1806). Del resto, nella specie, è una legge statale, la 1. n. 431 del

1985, e, in particolare, una norma in essa contenuta — quella che aggiunge l'art. 1 bis al d.l. n. 312 del 1985, che, per ammis

sione degli stessi rimettenti, costituisce principio fondamentale, ai sensi dell'art. 117 Cost. — a stabilire il potere, ed anzi il

dovere, per le regioni, di redazione di piani urbanistico-territoriali;

piani che, avendo per oggetto la disciplina del territorio, com

portano limiti al diritto di proprietà. Tali limiti rientrano tra

quelli previsti dall'art. 42, 2° comma, Cost., non potendosi du

bitare del collegamento di essi con la funzione sociale della pro

prietà. 7.2. - Illegittima sarebbe l'imposizione dei predetti vincoli al

la utilizzazione edilizia dei suoli se, comportando la assoluta

inedificabilità — in via definitiva, o anche in via temporanea ma senza alcuna prefissione del termine finale di durata — non

prevedesse la corresponsione di un indennizzo.

Ma, come già accennato, la censurata restrizione del diritto

di proprietà derivante dall'art. 5 1. reg. Campania n. 35 del

1987 cede rispetto a quantificate categorie di opere e a costru

zioni perseguenti anche finalità pubbliche, e non è indefinita

nel tempo. Sotto il primo profilo, va osservato che la norma, sin dall'o

rigine, ha escluso dal divieto di rilascio di concessioni quelle relative ad opere di edilizia pubblica (residenziale, scolastica,

sanitaria, ecc.). Nella formulazione conseguente alle modifiche

apportate con 1. reg. 1° luglio 1993 n. 22, la esclusione si esten

de alle «concessioni relative agli interventi costruttivi delle coo

perative edilizie dotate di finanziamento...», a quelle relative

agli interventi in aree agricole ed insediamenti residenziali e pro

duttivi, nonché agli interventi a rete (illuminazioni, acquedotti, fognature).

7.3. - Né può affermarsi, infine, che il divieto di rilascio di

concessioni disposto dalla norma sia temporalmente illimitato.

Secondo quanto affermato da questa corte (sent. nn. 186 del

1993, id., 1993, I, 1748; 141 del 1992, id., 1992, I, 2052; 1164 del 1988, id., Rep. 1989, voce Trentino-Alto Adige, n. 92), i

vincoli che comportino l'inedificabilità delle aree assumono ca

rattere sostanzialmente espropriativo se non sono adeguatamen te delimitati nel tempo: pertanto, le norme che li prevedono, ove non ne dispongano l'indennizzabilità, debbono circoscriver

ne la durata entro limiti ragionevoli. Nella specie, la temporaneità dei vincoli risulta dalla congiun

ta operatività della legislazione regionale e di quella statale, che

prevedono una serie di misure, dall'obbligatorio adempimento di attività amministrative sino ai poteri sostitutivi nei confronti

degli enti inadempienti, idonee ad assicurare che comunque, en

tro un ragionevole limite temporale, il termine di validità della

norma di salvaguardia si compia con la realizzazione degli stru

menti urbanistici richiesti.

L'art. 35 della stessa 1. reg. Campania n. 35 del 1987 obbliga,

infatti, i comuni, i cui territori ricadono in tutto o in parte nell'ambito del piano urbanistico territoriale, ad adeguare alle

prescrizioni in esso contenute, entro centottanta giorni dalla pub blicazione della legge, i piani regolatori generali vigenti, preve dendo, in caso di inadempimento, un potere sostitutivo «del

l'ente delegato competente» (e cioè, a norma dell'art. 23 1. n.

Il Foro Italiano — 1995.

54 del 1980, le comunità montane, e, per i comuni non compre si in esse, le province).

Per il caso di mancata adozione del piano regolatore generale

comunale, la legislazione statale prevedeva forme e modalità

di esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei comuni ina

dempienti, indicando, all'art. 8 1. n. 1150 del 1942, nel prefetto

l'organo competente alla nomina di un commissario. L'adozio

ne di tali misure è stata, poi, trasferita alle regioni con l'art.

1 d.p.r. n. 8 del 1972.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale

dell'art. 5 1. reg. Campania 27 giugno 1987 n. 35 (piano urbani

stico territoriale dell'area sorrentino-amalfitana), sollevate, in

riferimento agli art. 117, 1° comma, e 42, 2° comma, Cost., dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Sa

lerno, e in riferimento agli art. 117, 1° comma, e 42, 2° e 3°

comma, Cost., dal Pretore di Salerno - sezione distaccata di

Cava dei Tirreni con le ordinanze in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 luglio 1994, n. 315

0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 agosto 1994, n. 33); Pres. Pescatore, Est. Vari; Costa c. Intendenza di finanza

di Ravenna; D'Apice c. Intendenza di finanza di Salerno; in

terv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Bafile). Ord.

Comm. trib. I grado Ravenna 1° aprile 1993 (G.U., la s.s., n. 48 del 1993); Comm. trib. / grado Salerno 8 novembre

1993 (G.U., la s.s., n. 13 del 1994).

Redditi (imposte sui) — Redditi diversi — Plusvalenze da pro cedimenti espropriativi — Tassazione — Retroattività — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; 1. 30

dicembre 1991 n. 413, disposizioni per ampliare le basi impo

nibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di

accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il con

tenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari

pendenti; delega al presidente della repubblica per la conces

sione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di

assistenza fiscale e del conto fiscale, art. 11).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

11, 9° comma, l. 30 dicembre 1991 n. 413, nella parte in

cui dispone la retroattività della imposizione delle plusvalenze

percepite in conseguenza di cessioni, anche volontarie, inter

venute nel corso di procedimenti espropriativi, in base ad atti

o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988

e fino alla data di entrata in vigore della medesima l. 413/91, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (1)

(1) I. - Le ordinanze di rimessione, Comm. trib. 1 grado Ravenna 1° aprile 1993 e Comm. trib. 1 grado Salerno 8 novembre 1993, sono massimate in Bollettino trib., 1994, 339; di tale ultima commissione consta — in quanto pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, la s.s., 13 apri le 1994, n. 16 (e, più di recente, Fisco, 1994, 11044) — altra analoga ordinanza di rimessione, emessa in pari data: la stessa, però, non risul ta essere stata presa in esame dalla Corte costituzionale.

Analoga questione di incostituzionalità dell'art. 11, 5°, 6°, 7°, 8°, 9° e 10° comma, 1. 413/91, per violazione degli art. 53, 3, 42 Cost., è stata sollevata da Comm. trib. I grado Reggio Calabria 12 maggio 1993, Foro it., Rep. 1993, voce Redditi (imposte sui), n. 348. Per un suo esame, v. E. De Mita, Sulla indennità di esproprio un prelievo illogico e ingiusto, in II Sole 24 Ore dell'11 maggio 1994; della costitu zionalità dell'art. 11, 9° comma, 1. 413/91 dubita anche, in riferimento

agli art. 3, 53 e 97 Cost., Comm. trib. 1 grado Milano 2 giugno 1994, Corriere trib., 1995, 62.

La Corte costituzionale si è più volte pronunciata sulla legittimità

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - I giudizi in epigrafe vanno riuniti per essere

decisi con un'unica sentenza.

2. - La corte è chiamata a giudicare nella legittimità costitu

zionale dell'art. 11,9° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 413, che

estende le disposizioni sulla tassazione delle plusvalenze conse

guite in occasione di procedimenti ablatori ovvero a seguito di cessioni volontarie di aree nel corso dei procedimenti stessi, alle

«somme percepite in occasione di atti anche volontari o provve dimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla

data di entrata in vigore della legge». Ad avviso di entrambi i giudici rimettenti, la norma conflig

gerebbe con l'art. 53 Cost., in quanto assoggetterebbe ad impo sizione tributaria situazioni già esaurite, risultando spezzato il

rapporto tra capacità contributiva e imposizione. Secondo la sola Commissione tributaria di primo grado di

Ravenna sussisterebbe, inoltre, violazione dell'art. 3 Cost, per

l'irragionevole trattamento riservato agli indennizzi sugli espro

pri già percepiti e consumati in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge.

3. - Prima di passare all'esame del merito, la corte ritiene

opportuno premettere brevi cenni sul contesto normativo nel

l'ambito del quale la questione viene a collocarsi.

L'art. 11, 1° comma, lett. f), 1. 31 dicembre 1991 n. 413, modificando l'art. 81, 1° comma, lett. b), d.p.r. 22 dicembre

1986 n. 917 (contenente il testo unico delle imposte sui redditi)

dispone la tassabilità — accanto alle plusvalenze realizzate me

diante cessione a titolo oneroso dei beni immobili acquistati o

costruiti da non più di cinque anni, salvo talune eccezioni —

delle «plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo onero

so di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione».

Lo stesso art. 11 stabilisce, al 5° comma, che le disposizioni del predetto art. 81, 1° comma, lett. b), ultima parte, si appli

della retroattività di una imposizione, ritenendo che la legge può incide re sulla capacità contributiva esistente in un momento anteriore alla sua emanazione, ponendo come limite l'esigenza che la capacità stessa sia ancora sussistente al momento dell'imposizione (ord. 21 gennaio 1988, n. 51, Foro it., 1988, I, 2465). In ordine alla necessità del «carattere attuale» della capacità contributiva, v. anche Corte cost. 22 aprile 1980, n. 54, id., 1980, I, 1557.

Con la sentenza in epigrafe, la Consulta, richiamando la propria pre cedente giurisprudenza, afferma che di per sé la retroattività della tas sazione non costituisce violazione del principio della capacità contribu

tiva, essendo, invece, necessario verificare se la legge, «nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto c una situazione passati, abbia

spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità stes sa». Nel caso di specie, la «prevedibilità» dell'imposta, che, ad avviso della corte, è sufficiente a rendere legittima l'imposizione «retroattiva», è stata riconosciuta facendo riferimento al completamento del «quadro ordinatore generale» delle plusvalenze tassabili come redditi diversi (in base all'art. 81 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, modificato dall'art.

11, 1° comma, lett./, 1. 413/91) ed al dibattito intervenuto in materia, che, già prima della legge «sospettata» di incostituzionalità, sosteneva la tassabilità di tali somme, nonché, infine, rilevando il «breve lasso di tempo entro il quale tale retroattività è destinata ad operare».

In dottrina, criticano la decisione in epigrafe: E. De Mita, Plusva lenze da terreno espropriato: la Consulta legittima l'imposizione, in So le 24 Ore del 27 settembre 1994, 19, per il quale il criterio della «preve dibilità» dell'imposta, cosi come delineato in sentenza, «è un criterio che mal sì concilia con la nozione di capacità contributiva elaborata dalla corte in tema di retroattività. Un conto è dire che permane la

capacità contributiva quando da essa derivi una disponibilità di somme attuale per far fronte all'imposta; un conto è dire che c'è capacità con tributiva perché una imposizione purchessia poteva essere prevista nel momento in cui si era verificato il fatto»; C. Pino, Per la Consulta è legittima la tassazione retroattiva delle plusvalenze da esproprio, in Corriere trib., 1994, 2382, afferma che la sentenza appare logicamente «forzata», in quanto non sarebbe fondato il ragionamento della corte «sulla prevedibilità dell'imposizione delle plusvalenze, derivanti da pro cedimenti ablativi: la tassabilità di tali plusvalenze era al contrario del tutto imprevedibile, data la precedente legislazione in materia, e, so

prattutto, data l'impossibilità (derivante direttamente dall'adozione del

metodo casistico) di 'indovinare', negli anni per i quali è stata disposta la retroattività della norma, quali avrebbero potuto essere le fattispecie in futuro attratte a tassazione, mancando appunto un logico e coerente

schema impositivo in materia di 'redditi diversi' previsti dall'art. 81

del testo unico». In generale, sulla retroattività della legge tributaria, v. F. Moschet

ti, Capacità contributiva, voce dell 'Enciclopedia giuridica Treccani, 1988,

V, 15, ad avviso del quale «poiché la norma tributaria retroattiva colpi sce una forza economica passata senza consentire al contribuente la

Il Foro Italiano — 1995.

cano anche alle plusvalenze conseguenti alla percezione, da par te di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di inden

nità di esproprio o di somme di cessioni volontarie nel corso

di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque do

vute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupa zioni d'urgenza divenute illegittime, relativamente a terreni, de

stinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all'interno

delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al d.m. 2 aprile

1968, definite dagli strumenti urbanistici, ovvero ad interventi

di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui

alla 1. 18 aprile 1962 n. 167, e successive modificazioni.

Allo stesso regime d'imposizione, proprio dei «redditi diver

si», sono ricondotte, per effetto del 6° comma del medesimo

art. 11, le indennità di occupazione e gli interessi comunque dovuti sulle somme sopra menzionate, mentre il successivo 7°

comma definisce le modalità di tassazione dei redditi di cui

trattasi.

Infine, la disposizione denunciata, vale a dire il 9° comma

del predetto art. 11, fa retroagire il nuovo regime impositivo,

ricomprendendovi anche le somme percepite in conseguenza di

atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al

31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della leg

ge, se l'incremento di valore non è stato assoggettato all'Invim.

4. - Passando al merito delle questioni, è da ricordare, a pro

posito del lamentato contrasto della norma con l'art. 53 Cost., che questa corte ha affermato ripetutamente che una legge tri

butaria retroattiva non comporta di per sé violazione del princi

pio della capacità contributiva, occorrendo, invece, verificare, di volta in volta, se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati, abbia spez zate il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità

stessa, violando cosi il precetto costituzionale sopra richiamato.

prova dell'eventuale non permanenza nel presente, è ad essa connatura ta la possibilità di colpire ricchezze non più esistenti; se è dunque ille

gittima la presunzione assoluta di esistenza della capacità contributiva

(. . .), tale illegittimità vale anche per la norma retroattiva. Né può aggiungersi, a giustificazione della norma retroattiva, la sua eventuale

prevedibilità, in quanto un progetto di imposizione è pur sempre un'im

posizione inesistente e quindi non vincolante»; A. Amatucci, Legge tributaria, id., 1990, XVIII, 3, dopo aver esaminato la giurisprudenza della Corte costituzionale, sostiene che da essa si desume «un principio inaccettabile, in base al quale la legge tributaria potrebbe accentuare retroattivamente l'imposizione, in quanto prenderebbe in tal caso in

considerazione situazioni già sintomi di capacità contributiva. Deve ri

tenersi, invece (. . .), illegittima la legge tributaria retroattiva, tanto che

colpisca situazioni non ritenute precedentemente espressioni di capacità contributiva, quanto se accentui il carico fiscale in rapporto ad eventi

già considerati; difatti, nella seconda ipotesi sarebbe violato il principio di certezza del diritto, che si esprime anche in termini di fiducia del

contribuente, costituzionalmente tutelata». Sul problema della costituzionalità delle previsioni di legge aventi ef

ficacia retroattiva, v. anche A. Cerri, Spunti in tema di retroattività della legge, in Foro it., 1994, I, 1772.

II. - Sulla applicazione della norma si vedano: Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 1993, n. 447, Foro it., Rep. 1993, voce Espropriazione per p.i., n. 209, ad avviso del quale «il 9° comma dell'art. 11 1. 30 dicem bre 1991 n. 413, nell'estendere retroattivamente l'ambito oggettivo di

applicazione della ritenuta alle indennità di espropriazione e di occupa zione, lo limita, tuttavia, alle somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre

1988»; Comm. trib. I grado Benevento 4 settembre 1993, ibid., voce Redditi (imposte sui), n. 347, che ha ritenuto necessario, per l'applica zione della tassazione retroattiva, che le somme fossero percepite nel

periodo dal 31 dicembre 1988 al 1 "gennaio 1992 e che gli atti o i prov vedimenti fossero emessi nello stesso periodo.

In dottrina, per un'analisi della disciplina, si vedano: M. Beghin,

Aspetti di irrazionalità ed incoerenza nella discipina tributaria delle plu svalenze realizzate a seguito di procedimenti ablativi, in Dir. e pratica trib., 1993, I, 415; F. Brighenti, Indennità di espropriazione: le condi

zioni per la tassazione retroattiva, in Bollettino trib., 1993, 1748; C.

Berliri, Cessioni ed espropriazioni di aree fabbricabili, in Fisco, 1992,

7583; L. Bellini, Indennità di esproprio di terreni edificabili, in Corrie re trib., 1992, 1569; A. Uricchio, La tassazione delle plusvalenze deri

vanti dalla cessione di aree fabbricabili e da provvedimenti espropriati vi, in Riv. dir. trib., 1992, I, 773; S. Gradi, Novità in materia di ces

sioni di terreni edificabili, in Fisco, 1992, 5634; G. Fanzini, Il nuovo

regime impositivo delle plusvalenze realizzate in seguito a cessioni di

terreni fabbricabili e ad espropri per opere pubbliche, in Bollettino trib.,

1992, 573; F. Napoli, Ritenute su indennità di esproprio di enti locali, in Corriere trib., 1994, 330.

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PARTE PRIMA

Alla stregua di detto principio, la questione sollevata con le

ordinanze in epigrafe va dichiarata infondata.

Si deve, infatti, ritenere che le descritte innovazioni introdot

te, sul piano legislativo, con l'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n.

413, valgano a completare un quadro ordinatore generale già

desumibile dall'art. 81 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, il quale sotto il capo VII dedicato ai «redditi diversi», aveva considera

to come cespiti tassabili tra le plusvalenze — da intendere come

incremento del valore di scambio di un bene fra il momento

in cui esso entra nel patrimonio del soggetto e quello in cui

ne esce — quelle realizzate a seguito di lottizzazione di terreni

o di esecuzione di opere intese a renderli edificabii, con succes

siva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici, come

pure quelle realizzate, salvo alcune eccezioni, mediante cessione

a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non

più di cinque anni.

In questo quadro, l'assoggettamento ad imposizione fiscale

anche delle plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni suscet

tibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbani

stici, giusta la nuova ipotesi di cui all'art. 11, 1° comma, lett.

f), 1. n. 413 del 1991, come pure quella, sicuramente connessa,

sotto il profilo concettuale, alla prima, delle plusvalenze deri

vanti da indennità di esproprio o da corrispettivi da cessione

volontaria nel corso di procedimenti ablatori, ulteriormente dal

5° comma dell'art. 11 della predetta legge, vale a determinare

una più compiuta, più rigorosa, disciplina della materia, con

la previsione di nuove fattispecie, sostanzialmente riconducibili

alla medesima ratio di quelle già disciplinate. In sostanza, la norma impugnata configura in maniera più

esauriente l'ambito della disciplina di cui trattasi, accogliendo,

per quel che concerne più specificamente la questione qui in

esame, un orientamento, emerso talora nei dibattiti in materia,

secondo il quale i trasferimenti onerosi coattivi all'esito di pro

cedimenti posti in essere dalla pubblica amministrazione pote

vano già in passato farsi rientrare nella disciplina delle plusva

lenze connesse alla cessione di immobili.

È dato cosi rinvenire, nella vicenda normativa in esame, un

elemento di prevedibilità dell'imposta che questa corte, altre volte,

ha reputato significativo sotto il profilo della permanenza della

capacità contributiva e che, pertanto, è da considerarsi rilevante

per giudicare della conformità all'art. 53 Cost, della retroattivi

tà conferita dall'art. 11, 9° comma, 1. n. 413 del 1991, alla

norma sulla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione

volontaria di terreni sottoposti ad espropriazione, specie se si

tiene conto del breve lasso di tempo entro il quale tale retroatti

vità è destinata ad operare. D'altro canto, la corte non ritiene che, in senso contrario

a quanto testé osservato, possa valere l'argomento della man

canza di una facoltà di prova da parte del contribuente circa

la sorte che, nel frattempo, possano aver subito le plusvalenze

in termini di reimpiego o di consumo. Come si è già avuta oc casione di precisare, il principio sancito nel 1° comma dell'art.

53 Cost, ha carattere oggettivo, perché si riferisce ad indici rive

latori di ricchezza e non già a stati soggettivi del contribuente

(sentenza n. 143 del 1982, Foro it., 1982, I, 2712). Ne consegue

che, se la capacità contributiva è da intendere come attitudine

ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla con

creta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione è collegata, non può non es

sere indifferente la sorte che possano aver subito medio tempo re i ricavi conseguiti. Difatti, la prova che eventualmente venis

se fornita dal contribuente circa la non più presente disponibili tà in concreto della somma realizzata, a causa dell'avvenuto

consumo e del reimpiego, non servirebbe certo a dimostrare la

mancanza di quella capacità contributiva che è legittimamente

presunta in relazione al fatto in sé della percezione della somma.

Le stesse considerazioni sopra esposte, nel momento in cui

escludono la menzionata lesione dell'art. 53 Cost., portano a

ritenere non fondata l'altra censura sollevata dalla Commissio

ne tributaria di primo grado di Ravenna, in riferimento all'art.

3 Cost., sotto il profilo dell'irragionevolezza del trattamento

riservato alle plusvalenze percepite e consumate in epoca ante

cedente all'entrata in vigore della legge, non risultando addotti,

da questo punto di vista, profili argomentativi diversi od ulte

riori rispetto a quelli sopra esaminati.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11,9° com

II Foro Italiano — 1995.

ma, 1. 30 dicembre 1991 n. 413 (disposizioni per ampliare le

basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'atti

vità di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbliga

toria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il

contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti urbani

tributari pendenti; delega al presidente della repubblica per la

concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri

di assistenza fiscale e del conto fiscale), sollevata, in riferimen

to agli art. 3 e 53 Cost., con ordinanza 1° aprile 1993 della

Commissione tributaria di primo grado di Ravenna (r.o. n. 696

del 1993) e, in riferimento all'art. 53 Cost., con ordinanza 8

novembre 1993 della Commissione tributaria di primo grado di Salerno (r.o. n. 146 del 1994).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 luglio 1994, n. 308

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 agosto 1994, n. 32);

Pres. Casavola, Est. Vassalli; Ulargiu; interv. Pres. cons,

ministri. Ord. Trib. Roma 16 dicembre 1992 (G.U., la s.s.,

n. 19 del 1993).

Misure di sicurezza — Internati affetti da Aids conclamata —

Sospensione della misura di sicurezza detentiva — Mancata

previsione — Scelte discrezionali del legislatore — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art.

146, 147, 212; d.l. 14 maggio 1993 n. 139, disposizioni urgen

ti relative al trattamento di persone detenute affette da infe

zione Hiv e di tossicodipendenti, art. 2; 1. 14 luglio 1993 n.

222, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 14 mag

gio 1993 n. 139, art. 1).

È inammissibile, in quanto rientrante nella scelta discrezionale

del legislatore, la questione di legittimità costituzionale degli

art. 146, 147 e 212 c.p., nella parte in cui non prevedono

la sospensione della misura di sicurezza privativa della libertà

personale per i soggetti affetti da Aids conclamata o da grave

deficienza immunitaria o da gravi infermità comunque incom

patibili con il regime detentivo, in riferimento agli art. 3, 27

e 32 Cost. (1)

(1) Con l'odierna pronuncia la Consulta sembra (almeno per il mo

mento) aver posto fine all'impeto rimessivo con il quale numerosi tribu

nali di sorveglianza italiani hanno salutato le disposizioni urgenti con

cernenti il trattamento di detenuti affetti da infezione Hiv — introdotte dalla 1. 222/93 (cfr. Corte cost. 2 giugno 1994, n. 210 e 3 marzo 1994, n. 70, in questo fascicolo, I, 46, con nota di U. Izzo, Un difficile test

per la Consulta: l'Aids, le leggi ed i giudici fiduciosi, alla quale si ri

manda per riferimenti dottrinali e giurisprudenziali sul tema). L'eccezione sollevata dal tribunale di sorveglianza capitolino scova

va, infatti, un ulteriore profilo di incostituzionalità nella novella appe na citata, laddove quest'ultima, sancendo l'incompatibilità tra momen

to custodiale (detentivo o cautelare) e status clinico di Aids conclamata

o di grave deficienza immunitaria, non prevede l'estensibilità di tale

assunto normativo ai soggetti sottoposti a misura di sicurezza detenti

va. Dall'appunto omissivo mosso al legislatore, il giudice a quo traeva

deduttivamente i due quesiti di legittimità respinti nell'odierna senten

za: la lesione del principio di uguaglianza originata dal diverso tratta

mento riservato a detenuti ed internati, nonché la compromissione del

diritto alla salute di questi ultimi e la ravvisata contrarietà di tale tratta

mento al senso di umanità al quale anche le misure di sicurezza dovreb

bero ispirarsi. Ancora una volta, la risposta della Consulta si gioca sul filo (sottile)

dell'intangibilità della discrezionalità legislativa, posto che per la corte

le disposizioni di legge «impugnate» dal giudice rimettente assumono

la veste di ius singulare, ovvero di un provvedimento normativo urgente formulato dal legislatore per fronteggiare l'allarmante situazione gene ratasi negli istituti di pena in conseguenza della drammatica interazione

di due fenomeni: l'endemica sovrappopolazione delle strutture carcera

rie e la diffusiva presenza di detenuti affetti da infezione Hiv.

Su questa base, argomenta la corte, la specifica (ed eccezionale) va

lenza teleologica della legge in questione non può essere valutata analo

gicamente e, di conseguenza, non può essere additivamente applicata ad una situazione custodiale strutturalmente (ed oggettivamente) diver

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