sentenza 20 luglio 1999, n. 327 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 luglio 1999, n. 30);Pres. Granata, Est. Mirabelli; Bergamino e altri (Avv. Vacirca) c. Fondo gestione istituticontrattuali lavoratori portuali; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Russo). Ord. Cass.26 febbraio 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 40 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 365/366-369/370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195441 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
le esigenze che egli stesso ravvisi e colga a seconda dell'anda
mento della procedura, ovvero comunicando con il proprio di
fensore.
Questa corte ha infatti costantemente affermato che «la pe culiare natura del processo penale e degli interessi in esso coin
volti richiede la possibilità della diretta e personale partecipa zione dell'imputato», onde l'autodifesa, che «ha riguardo a quel
complesso di attività mediante le quali l'imputato è posto in
grado di influire sullo sviluppo dialettico del processo», costi
tuisce «diritto primario dell'imputato, immanente a tutto l'iter
processuale, dalla fase istruttoria a quella di giudizio» (sentenza n. 99 del 1975, id., 1975, I, 1613; e cfr. anche sentenze n. 205
del 1971, id., 1972, I, 302; n. 186 del 1973, id., 1974, I, 307). 3. - Se normalmente questi diritti dell'accusato sono resi ef
fettivi attraverso la garanzia della possibilità di presenziare alle
udienze (salvo esserne allontanato solo se ne impedisce il rego lare svolgimento: art. 475 c.p.p.) e di rendere «in ogni stato
del dibattimento» le dichiarazioni che ritiene opportune, purché si riferiscano all'oggetto dell'imputazione e non intralcino l'i
struzione dibattimentale (art. 494 c.p.p.), avendo per ultimo la
parola (art. 523, 5° comma, c.p.p.), nonché attraverso la «fa
coltà di conferire con il proprio difensore tutte le volte che lo
desideri, tranne che durante l'interrogatorio o prima di rispon dere a domande rivoltegli» (sentenza n. 9 del 1982, cit.; e cfr.
anche sentenza n. 216 del 1996, id., 1997, I, 1718), forme spe ciali di tutela sono richieste allorquando l'accusato, a causa di
sue particolari condizioni personali, non sia in grado di com
prendere i discorsi altrui o di esprimersi essendo compreso. La più comune di tali condizioni è rappresentata dalla non
conoscenza della lingua in cui si svolge il processo, ed è per
questo che le norme delle convenzioni internazionali sui diritti
prevedono espressamente fra i diritti dell'accusato quello di «farsi
assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o
non parla la lingua usata in udienza» (art. 6, n. 3, lett. e, della
convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali; e analogamente art. 14, 3° com
ma, lett. /, del patto internazionale di New York relativo ai
diritti civili e politici del 19 dicembre 1966). Allo stesso modo il legislatore italiano del codice ha preso
in specifica considerazione la situazione dell'imputato che non
conosce la lingua italiana, statuendo che egli «ha diritto di farsi
assistere gratuitamente da un interprete al fine di potere com
prendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compi mento degli atti cui partecipa» (art. 143, 1° comma, c.p.p.).
Disposizione, quest'ultima, che correttamente configura il ri
corso all'interprete non già come un mero strumento tecnico
a disposizione del giudice per consentire o facilitare lo svolgi mento del processo in presenza di persone che non parlino o
non comprendano l'italiano, ma come oggetto di un diritto in
dividuale dell'imputato, diretto a consentirgli quella partecipa zione cosciente al procedimento che, come si è detto, è parte ineliminabile del diritto di difesa; e per questo anche è stata
intesa da questa corte come suscettibile di essere applicata con
la massima espansione, in funzione della sua ratio (sentenza n. 10 del 1993, cit.).
Nulla di simile è invece previsto dalla legge per le persone che siano impedite di parlare o di ascoltare, ovvero sia di parla re che di ascoltare, da un loro handicap fisico (sordità, muti
smo, sordomutismo), per i diritti delle quali tuttavia si pongono le stesse esigenze di tutela. Il legislatore ha bensì preso in consi
derazione tale situazione, ma a fini insieme più generici e più limitati: infatti l'art. 119, 1° comma, c.p.p. prevede che «quan do un sordo, un muto o un sordomuto vuole o deve fare di
chiarazioni», si usi lo scritto da parte dell'interessato che non
parli e per rivolgere «le domande, gli avvertimenti e le ammoni
zioni» all'interessato che non senta; mentre l'art. 119, 2° com
ma, prevede che nelle — medesime ipotesi — se il sordo, il
muto e il sordomuto non sa leggere o scrivere, «l'autorità pro
cedente nomina uno o più interpreti, scelti di preferenza fra
le persone abituate a trattare con lui».
Tali previsioni non riguardano solo l'imputato, ma qualsiasi
persona che sia chiamata o abilitata, nel processo, a rendere
dichiarazioni; e contemplano però solo il caso in cui tale perso na—e dunque anche l'imputato — voglia o debba rendere
dichiarazioni, non occupandosi in alcun modo della possibilità
per l'imputato di seguire tutto ciò che avviene nel processo,
indipendentemente dalle domande, dagli avvertimenti e dalle am
II Foro Italiano — 2000.
monizioni a lui rivolte. D'altra parte tali norme considerano
il ricorso allo scritto come rimedio sufficiente a sopperire al
difetto dell'udito e della parola, onde riservano la nomina di
uno o più interpreti al solo caso in cui la persona non sappia
leggere o scrivere: non tenendo conto della differenza sostanzia
le che vi è fra il potere percepire ed esprimersi immediatamente
e direttamente, sia pure con la mediazione di un interprete, e
l'essere messi in grado solo di percepire e di esprimersi attraver
so lo scritto. Più in generale, si tratta di previsioni normative
dettate nell'ottica di rendere possibile lo svolgimento del pro cesso quando ad esso partecipi una persona portatrice di siffatti
handicap piuttosto che in quella della garanzia dei diritti del
l'imputato. 4. - È dunque palese l'insufficienza delle disposizioni di cui
all'art. 119 c.p.p. a soddisfare le esigenze di garanzia effettiva
del diritto di difesa dell'imputato sordo o sordomuto (ma anche
dell'imputato muto che sappia leggere e scrivere, al quale è reso
possibile di comunicare solo mediante lo scritto): sia sotto il
profilo della omessa considerazione delle esigenze di compren sione e di comunicazione proprie dell'imputato al di là della
sola ipotesi in cui egli debba o voglia rendere dichiarazioni, e
più in generale delle esigenze che derivano dal diritto dell'impu tato a partecipare consapevolmente al procedimento; sia sotto
il profilo della esclusione della assistenza di un interprete quan do l'imputato sappia leggere e scrivere.
La lacuna va colmata attraverso una pronuncia di illegittimi tà costituzionale di tipo «additivo» che estenda, agli imputati che si trovino nelle condizioni di cui all'art. 119 c.p.p., la for
ma di tutela già prevista dall'art. 143 dello stesso codice per
l'imputato che non conosce la lingua italiana, con l'ulteriore
precisazione che l'interprete, secondo la regola già presente nel
l'art. 119, 2° comma, dovrà essere scelto di preferenza fra le
persone abituate a trattare con la persona interessata, elemento
questo destinato a facilitare ulteriormente la comunicazione. Per
ogni altro aspetto della disciplina varrà, in forza del rinvio al
l'art. 119 contenuto nell'art. 143, 2° comma, quanto disposto in generale in tema di interprete che assiste l'imputato: mentre
resta ferma, per l'imputato che si trovi nelle predette condizio
ni, la facoltà di avvalersi dello scritto, secondo le previsioni dell'art. 119, 1° comma, del codice.
Resta assorbito ogni altro profilo della questione. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la illegitti
mità costituzionale dell'art. 119 c.p.p., nella parte in cui non
prevede che l'imputato sordo, muto o sordomuto, indipenden temente dal fatto che sappia o meno leggere e scrivere, ha dirit
to di farsi assistere gratuitamente da un interprete, scelto di
preferenza fra le persone abituate a trattare con lui, al fine di
potere comprendere l'accusa contro di lui formulata e di segui re il compimento degli atti cui partecipa.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 luglio 1999, n. 327
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 luglio 1999, n. 30); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Bergamino e altri (Avv. Va
circa) c. Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori por
tuali; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Russo). Ord. Cass. 26 febbraio 1996 (G.U., la s.s., n. 40 del 1996).
Lavoro portuale — Prepensionamento — Trattamento di fine
servizio — Ritardo nella corresponsione — Interessi e rivalu
tazione — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 38;
d.l. 16 febbraio 1996 n. 65, interventi urgenti a favore del
settore portuale e marittimo, art. 1; d.l. 21 ottobre 1996 n.
535, disposizioni urgenti per i settori portuale, marittimo, can
tieristico ed armatoriale, nonché interventi per assicurare ta
luni collegamenti aerei, art. 1; 1. 23 dicembre 1996 n. 647,
conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 ottobre
1996 n. 535, art. 1).
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PARTE PRIMA
È incostituzionale l'art. 1, 11° comma, ultimo periodo, d.l. 21
ottobre 1996 n. 535, convertito, con modificazioni, nella I.
23 dicembre 1996 n. 647, nella parte in cui esclude la corre
sponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria nel
caso di ritardo ingiustificato, da parte del fondo gestione isti
tuti contrattuali lavoratori portuali, nella corresponsione del
trattamento di fine servizio e delle indennità contrattuali ai
lavoratori portuali posti in pensionamento anticipato. (1)
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale inve
ste l'art. 1, 6° comma, ultimo periodo, d.l. 16 febbraio 1996
n. 65 (interventi urgenti a favore del settore portuale e maritti
mo), che dispone non siano soggette a rivalutazione o ad altri
oneri finanziari le somme dovute dal fondo gestione istituti con
trattuali lavoratori portuali, in liquidazione, per il trattamento
di fine rapporto e a titolo di indennità contrattuali ai lavoratori
ed ai dipendenti delle compagnie e gruppi portuali collocati an
ticipatamente a riposo. La Corte di cassazione, sezione lavoro, ritiene che l'esclusione della rivalutazione monetaria e di ogni altro onere finanziario per ritardato pagamento del trattamento
di fine rapporto violi gli art. 3 e 38 Cost, perché, in mancanza
della previsione di un termine per l'adempimento, vanifichereb
be la particolare protezione assicurata, senza che si possa di
stinguere tra lavoratori collocati in pensionamento ordinario o
anticipato, a tutti i crediti previdenziali; inoltre l'efficacia re
troattiva di tale esclusione sottrarrebbe irragionevolmente ai la
voratori somme già maturate per gli interessi decorsi, meno
mando l'affidamento riposto nella legge vigente al momento di
maturazione del credito.
2. - La norma oggetto del giudizio di legittimità costituziona
le è contenuta nel d.l. n. 65 del 1996, decaduto successivamente
all'emanazione dell'ordinanza di rimessione, non essendo stato
convertito in legge nel termine previsto dall'art. 77, 3° comma, Cost. (v. il comunicato del ministero di grazia e giustizia, pub blicato nella Gazzetta ufficiale della repubblica n. 93, serie ge
nerale, del 20 aprile 1996). Tuttavia la stessa norma è stata ri
prodotta, con il medesimo testo, nei decreti-legge che si sono
succeduti senza soluzione di continuità (12 aprile 1996 n. 202; 17 giugno 1996 n. 322; 8 agosto 1996 n. 430), sino all'art. 1, 11° comma, ultimo periodo, d.l. 21 ottobre 1996 n. 535 (dispo sizioni urgenti per i settori portuale, marittimo, cantieristico ed
armatoriale, nonché interventi per assicurare taluni collegamen ti aerei), convertito, con modificazioni, nella 1. 23 dicembre 1996
n. 647. A quest'ultima disposizione, che continua ad esprimere,
ora, il contenuto precettivo della norma denunciata, deve dun
que essere riferita la verifica di legittimità costituzionale (sen
(1) L'ordinanza di rimessione, Cass., sez. lav., 16 aprile 1996, n.
329, può leggersi in Foro it., 1996, I, 2812, con nota di richiami. È da rilevare che la normativa regolatrice dei precedenti prepensiona
menti dei lavoratori portuali (d.l. 6 aprile 1983 n. 103, convertito, con
modificazioni, nella 1. 23 maggio 1983 n. 230; d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, convertito, con modificazioni, nella 1. 13 febbraio 1987 n. 26; d.l. 9 gennaio 1989 n. 4, convertito, con modificazioni, nella 1. 7 marzo 1989 n. 85) non prevedeva alcuna limitazione relativa alla corresponsio ne della rivalutazione e degli interessi.
Per riferimenti, sempre relativamente ai precedenti prepensionamen ti, cfr.:
— Cass. 13 gennaio 1996, n. 221, id.. Rep. 1996, voce Lavoro por tuale, n. 7, e 11 dicembre 1991, n. 13355, id., Rep. 1991, voce cit., n. 5, che hanno ritenuto la legittimazione passiva ad causam della com
pagnia dei lavoratori portuali, e non del fondo gestione istituti contrat
tuali, nelle controversie relative alla richiesta di corresponsione del trat tamento di fine rapporto e in quelle volte ad ottenere il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi sul medesimo emolumen to (e su un'integrazione) corrisposto in ritardo dalla compagnia;
— Cass. 18 novembre 1997, n. 11462, id., Rep. 1997, voce cit., n.
9; 20 gennaio 1997, n. 550, e 24 settembre 1996, n. 8432, id., 1998, I, 1286, con nota di richiami, sui criteri di calcolo dei benefici economi ci previsti per i lavoratori portuali che usufruiscono dell'esodo agevola to (con particolare riferimento al problema se sia dovuta, ai lavoratori
prepensionati a seguito della normativa del 1989, l'indennità denomina ta «incentivo sul trattamento di fine servizio» prevista per il precedente esodo).
Infine, sulla legittimazione del fondo gestione istituti contrattuali la voratori portuali per l'erogazione dei benefici in questione, v., oltre alla citata Cass. 8432/96, Cass. 1° ottobre 1998, n. 9764, id., Rep. 1998, voce cit., n. 6.
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tenza n. 84 del 1996, Foro it., 1996, I, 1113; da ultimo, senten
za n. 321 del 1998, id., 1998, I, 3048). 3. - L'eccezione di inammissibilità della questione proposta
dalle parti private — le quali ritengono che l'esclusione della
rivalutazione monetaria e di altri oneri finanziari, disposta dal
l'art. 1, 6° comma, d.l. n. 65 del 1996 (ed ora dall'art. 1, 11°
comma, ultimo periodo, d.l. n. 535 del 1996), riguarderebbe solo i lavoratori posti in pensionamento anticipato dopo l'en
trata in vigore del d.l. 22 gennaio 1990 n. 6, richiamato dal
1° comma dello stesso articolo, e non si applicherebbe, quindi, nel caso sottoposto all'esame del giudice rimettente, che concer
ne lavoratori portuali collocati anticipatamente a riposo nel 1987 — non è fondata.
La Corte di cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sul presupposto interpretativo che la norma de
nunciata escluda in ogni caso la corresponsione di oneri acces
sori rispetto al credito previdenziale per il trattamento di fine
rapporto. Si tratta di una interpretazione argomentata e non implausi
bile, idonea a dare ingresso alla valutazione, nel merito, di le
gittimità costituzionale (da ultimo, sentenza n. 324 del 1998,
id., 1999, I, 763). 4. - La questione è fondata.
La norma denunciata si inserisce nel contesto di interventi
urgenti a favore del settore portuale e marittimo, diretti a risa
nare la gestione dei porti e adeguare le dotazioni organiche del
personale alle effettive necessità dei traffici marittimi. Questo obiettivo è stato perseguito agevolando il volontario pensiona mento anticipato di lavoratori appartenenti a categorie e quali fiche eccedenti rispetto ai progetti di riorganizzazione, mediante
l'attribuzione di incentivi, consistenti in un aumento figurativo dell'anzianità contributiva, ed assicurando la corresponsione, da
parte del fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali, del complessivo trattamento di fine rapporto, in precedenza do
vuto esclusivamente dal datore di lavoro.
5. - La questione di legittimità costituzionale non pone in
discussione la natura ed i criteri di commisurazione del tratta
mento di fine rapporto e delle indennità contrattuali, ma inve
ste solamente l'esclusione del pagamento di accessori (interessi e rivalutazione monetaria) nel contesto della mancata previsio ne di qualsiasi termine per la corresponsione del trattamento
dovuto. In tal modo si derogherebbe ad una regola comune
al sistema previdenziale, che fa decorrere interessi e rivalutazio
ne monetaria, sulle somme che risultino poi dovute, dopo cen
toventi giorni dalla presentazione della domanda, se l'ente tenu
to al pagamento non si sia pronunciato, o dalla data del prov vedimento di reiezione dell'istanza (art. 47, 4° comma, d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639, e art. 7 1. 11 agosto 1973 n. 533, in
relazione all'art. 1219, 2° comma, n. 2, c.c.: cfr. sentenza n.
156 del 1991, id., 1991, I, 1321). Le prestazioni previdenziali, connesse alla cessazione del rap
porto di lavoro, svolgono una funzione di sostentamento del
lavoratore e della sua famiglia, sostituendo il reddito da lavoro
nel periodo in cui, cessato il rapporto, possono manifestarsi
situazioni di difficoltà e di bisogno (sentenza n. 156 del 1991,
cit.). Il puntuale adempimento di tali prestazioni è da ritenere
compreso nel diritto ad avere assicurati i mezzi necessari per
vivere, garantito dall'art. 38 Cost., proprio in ragione delle fi
nalità che caratterizzano i crediti previdenziali, normalmente de
stinati a far fronte alle comuni esigenze di vita del pensionato e della sua famiglia.
Il legislatore può variamente disciplinare, sempre nei limiti
della ragionevolezza, l'entità delle prestazioni previdenziali e degli oneri aggiuntivi dovuti in caso di ritardato pagamento, tenendo
anche conto delle esigenze di reperimento delle necessarie risor
se finanziarie (sentenze n. 361 del 1996, id., 1996, I, 3266; n.
127 del 1997, id., Rep. 1997, voce Previdenza sociale, n. 1038; n. 138 del 1997, id., 1997, I, 3469). Ma la esclusione di ogni prestazione accessoria, altrimenti dovuta, in caso di ingiustifi cato ritardo nella liquidazione delle prestazioni previdenziali, fa dipendere i tempi dell'adempimento dall'organizzazione, se
non dalla assoluta discrezionalità del fondo erogatore, così inci
dendo sulla garanzia di tempestività nell'erogazione delle pre stazioni, destinata a rendere effettiva ed efficace la tutela previ denziale assicurata dall'art. 38 Cost.
Venendo meno, con la dichiarazione di illegittimità costitu
zionale, la norma speciale che esclude la corresponsione degli
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accessori del credito, si riespande la disciplina desumibile dai
principi comuni al settore previdenziale e, decorso il termine
a partire dal quale il ritardo è qualificato come ingiustificato,
valgono per la misura degli accessori e per l'eventuale cumulo
tra interessi e rivalutazione monetaria le regole previste per gli altri crediti della medesima natura. Rimane integra la facoltà
del legislatore di adottare, nell'esercizio della discrezionalità che
gli è propria, una diversa disciplina raccordata ad elementi che
possano caratterizzare le specifiche prestazioni previdenziali in
questione. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 1, 11° comma, ultimo periodo, d.l.
21 ottobre 1996 n. 535 (disposizioni urgenti per i settori portua
le, marittimo, cantieristico ed armatoriale, nonché interventi per assicurare taluni collegamenti aerei), convertito, con modifica
zioni, nella 1. 23 dicembre 1996 n. 647, nella parte in cui, stabi
lendo che le competenze spettanti al lavoratori e ai dipendenti delle compagnie e gruppi portuali non sono soggette a rivaluta
zione o ad altri oneri finanziari, esclude in caso di ritardo ingiu stificato la liquidazione di qualsiasi somma a titolo di rivaluta zione monetaria e di interessi.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 giugno 1999, n. 226 (iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1999, n. 24); Pres. Vassalli, Est. Chieppa; Regione Lombardia (Avv. Ca
ra vita di Toritto) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Ferri). Conflitto di attribuzione.
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombardia — Piano territoriale di coordinamento — Approvazione con
legge regionale — Procedimento legislativo regionale — Sin
dacato del giudice amministrativo — Spettanza allo Stato —
Limiti (Cost., art. 71, 72, 97, 117, 118, 121, 122, 123).
Spetta allo Stato, e per esso al giudice amministrativo, annulla
re le delibere della giunta regionale della Lombardia relative
alla verifica e alle modifiche del piano territoriale dei parchi naturali e dei parchi di cintura metropolitana, in accoglimen to di ricorsi proposti dai soggetti immediatamente lesi dal
l'applicazione delle misure di salvaguardia. (1) Non spetta allo Stato, e per esso al giudice amministrativo, an
nullare la delibera della giunta regionale della Lombardia di
approvazione e di trasmissione al consiglio regionale di pro
getto di legge regionale; va pertanto annullata la sentenza del
Tar Lombardia, sez. II, 8 ottobre 1997, n. 1738, nella parte in cui pronuncia l'annullamento della deliberazione della giunta
regionale della Lombardia 1 ° marzo 1996, n. 9479 avente ad
oggetto «approvazione e trasmissione al consiglio regionale del progetto di legge per l'approvazione del piano territoriale
di coordinamento del parco regionale di cintura metropolitana
parco agricolo sud Milano». (2)
(1-3) I. - Le due pronunce della Corte costituzionale affrontano lo
stesso argomento, esaminandolo sotto le due diverse prospettive che
le derivano dagli strumenti utilizzati per giungere al suo giudizio: il
controllo sulle leggi in via incidentale, attivato dal giudice amministrati
vo nei confronti della legge regionale (Tar Lombardia, ord. 14 novem
bre 1996, n. 115, Foro it., Rep. 1998, voce Regione, n. 314) ed il con
flitto tra enti, attivato dalla regione nei confronti della sentenza dello
stesso giudice. Il tema oggetto dei due giudizi è rappresentato dalla
legislazione regionale della Lombardia, la quale ha provveduto all'ap
provazione del piano territoriale di coordinamento del parco naturale
con una legge-provvedimento. Nel giudizio incidentale il giudice ammi
nistrativo sollevava dubbi nei confronti della legislazione regionale, rile
vando che trattavasi di legge autoapplicativa, tale da paralizzare l'im
Ii Foro Italiano — 2000.
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 giugno 1999, n. 225
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1999, n. 24); Pres. Granata, Est. Cheeppa; Di Marca c. Comune di Lo
magna e altri. Ord. Tar Lombardia 14 novembre 1996 (G.U., la s.s., n. 12 del 1997).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombardia — Piano territoriale di coordinamento — Approvazione con
legge-prowedimento — Questione infondata di costituziona
lità (Cost., art. 3, 24, 42, 97, 101, 113; 1. reg. Lombardia
30 novembre 1983 n. 86, piano generale delle aree regionali
protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonché delle aree di par ticolare rilevanza naturale e ambientale, art. 15, 16, 17, 18,
19, 20; 1. reg. Lombardia 29 aprile 1995 n. 39, piano territo
riale di coordinamento del parco naturale di Montevecchia
e della Valle del Curone).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
15, 16, 17, 18, 19 e 20 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983
n. 86 e della l. reg. Lombardia 29 aprile 1995 n. 39, nella
parte in cui prevedono un dettagliato speciale procedimento
per la formazione, l'adozione, la verifica e l'approvazione del
piano territoriale di coordinamento di parco naturale, suddi
viso in due fasi autonome, aventi natura e finalità diverse, in riferimento agli art. 3, 24, 42, 97, 101, 2° comma, e 113
Cost. (3)
pugnazione in via giurisdizionale degli atti amministrativi, con interfe renza sull'attività degli organi giurisdizionali, mentre la regione Lom
bardia, attraverso il conflitto, denunciava che il Tar Lombardia (il qua le, in diversa occasione, anziché sollevare questione di costituzionalità, aveva inteso controllare ed annullare atti del procedimento di approva zione del piano territoriale) avrebbe annullato atti formalmente legisla tivi, con conseguente lesione della potestà legislativa regionale. La Cor
te costituzionale risolve le questioni distinguendo due fasi del procedi mento, una esclusivamente amministrativa (i cui vizi possono essere fatti valere davanti al giudice amministrativo) e l'altra avente invece natura
legislativa (non sindacabile, se non con l'incidente di costituzionalità, da parte del giudice).
Per l'affermazione secondo cui non è costituzionalmente preclusa la
possibilità, per la legge ordinaria, anche regionale, di attrarre nella pro
pria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all'azio ne amministrativa, non sussistendo, nemmeno per effetto di altre di
sposizioni costituzionali, un divieto di adozione di c.d. leggi-prowe dimento, fermo il sindacato della corte sulla palese irragionevolezza delle
scelte compiute, senza, però, che esso possa scendere a considerare gli elementi di fatto posti a base della scelta medesima, v. Corte cost. 21
luglio 1995, n. 347, id., 1996, I, 803, con nota di richiami. Sul punto, v., pure, Corte cost. 21 marzo 1989, n. 143, id., 1991, I, 1970, con nota di richiami, la quale ha dichiarato infondata la questione di legitti mità costituzionale degli art. 21 d.p.r. 22 marzo 1974 n. 381 e 14 1.
prov. Trento 2 marzo 1964 n. 2, nella parte in cui prevedono che il
piano urbanistico provinciale di Trento sia approvato con legge provin ciale, anziché con atto amministrativo.
Per l'esclusione di una violazione del diritto di difesa nel caso di
copertura legislativa degli atti del procedimento espropriativo, preordi nato all'esecuzione delle opere occorrenti nelle aree interessate ai cam
pionati mondiali di calcio del 1990, poiché, pur comportando la preclu sione della normale impugnabilità dell'atto espropriativo avanti agli or
gani della giustizia amministrativa, non preclude il vaglio della Corte
costituzionale, cui i giudici di merito possono deferire questioni di legit timità costituzionale della legge-prowedimento, avente contenuto espro priativo, v. Corte cost. 16 febbraio 1993, n. 62, id., Rep. 1993, voce
Opere pubbliche, n. 126, commentata da Pastori, in Regioni, 1993, 1563.
Nel senso che una legge-prowedimento non è idonea a realizzare il
fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, v. Cass. 18 giugno 1993, La Cara, Foro it., Rep. 1993, voce Legge penale, n. 11.
In tema di leggi-provvedimento approvate da parte delle regioni, v.
pure Tar Lombardia, sez. II, 12 dicembre 1986, n. 363, id., Rep. 1987, voce Regione, n. 226, e, in dottrina, Carlassare, Garanzia dei diritti
e leggi-provvedimento, in Giur. costit., 1986, I, 1488; Piraino, Ancora
sulle leggi-provvedimento, in Regioni, 1987, 166; Cacciavillani, Leggi
provvedimento e riserva costituzionale di atto amministrativo, in Giust.
civ., 1989, I, 19; Salvia, Giusto procedimento e leggi-provvedimento
regionali, in Regioni, 1990, 1106.
Per ipotesi in cui il giudice amministrativo ha invece escluso, con ri
guardo ad interventi legislativi regionali, il carattere di legge-prowedimento, v. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 1987, n. 375, Foro it., Rep. 1987, voce
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