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sentenza 20 marzo 1985, n. 72 (Gazzetta ufficiale 3 aprile 1985, n. 80 bis); Pres. Elia, Rel.Greco; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti) c. Regione LombardiaSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1605/1606-1607/1608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178519 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dei prodotti lattiero-caseari; reg. 5 agosto 1977 n. 1822 CEE
della commissione, recante modalità di applicazione relative alla riscossione del prelievo di corresponsabilità istituito nel
settore del latte e dei prodotti lattiero caseari; d.l. 16 giugno 1978 n. 282, modalità di applicazione dei regolamenti CEE n.
1079/77 del consiglio e 1822/77 della commissione sull'istituzione di un prelievo di corresponsabilità sulla produzione del latte bo
vino, art. 1; 1. 1° agosto 1978 n. 426, conversione in legge del d.l. 16 giugno 1978 n. 282, art. unico).
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 1 d.l. 16 giugno 1978 n. 282, come convertito dalla l. 1" agosto 1978 n. 426, nella parte in cui, definendo autonomamente i presupposti soggettivi ed oggettivi per la riscossione del prelievo di corresponsabilità sulla produzione del latte bovino, contrasta con la disciplina comunitaria dettata dai regolamenti CEE n. 1079/77 e 1822/77, in quanto, nelle materie riservate alla sfera di competenza della Comunità,
compete al giudice ordinario accertare se le disposizioni del diritto interno confliggono con le previsioni dei regolamenti comunitari. (1)
Ritenuto che: 1. - il Tribunale di Venezia, con le ordinanze
indicate in epigrafe, di identico contenuto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 d.l. 16 giugno 1978 n. 282, convertito in 1. 1° agosto 1978 n. 426 (modalità di applicazione dei regolamenti CEE n. 1079/77 del consiglio e n. 1822/77 della
commissione, relativi alla istituzione di un prelievo di correspon sabilità sulla produzione del latte bovino), in riferimento all'art.
11 Cost.;
2. - il giudice remittente, premesso, in linea generale, che
« l'eventuale contrasto tra i regolamenti comunitari e le successive
norme interne emanate dallo Stato non può risolversi in termini
di mera disapplicazione della norma nazionale ad opera del
giudice, ma postula la necessità di sollevare questione di legitti mità costituzionale », deduce, in primo luogo, che la norma
censurata, esprimendo una definizione dell'impresa di trattamento
o di trasformazione già posta con compiuto significato dispositivo dall'art. 1 del regolamento CEE n. 1822/77, violerebbe l'art. 11
Cost., in relazione alla violazione degli art. 189 e 177 del trattato
di Roma, non essendo consentita, in base alla giurisprudenza della stessa Corte costituzionale, l'emanazione di norme interne
anche aventi lo stesso contenuto sostanziale dei regolamenti
comunitari, in quanto ciò sottrarrebbe in via definitiva l'interpre
tazione di questi ultimi alla Corte di giustizia della Comunità;
3. - il giudice a quo deduce, in secondo luogo, che la norma
censurata offenderebbe sotto altro profilo l'indicato parametro
costituzionale, in quanto amplierebbe, in contrasto con i richia
mati regolamenti comunitari, l'ambito di applicazione del prelievo
di corresponsabilità, definendone diversamente i presupposti og
gettivi e soggettivi; 4. - in entrambi i giudizi instaurati con le ordinanze in esame
si sono costituite le parti private, chiedendo che le questioni siano dichiarate fondate, ed è intervenuto il presidente del
consiglio dei ministri, il quale, per il tramite dell'avvocatura
generale dello Stato, conclude invece per l'infondatezza; 5. - i giudizi possono, data l'identità delle questioni, essere
riuniti e congiuntamente decisi. Considerato che: 1. - con sentenza n. 170/84 (Foro it., 1984, I,
2062), seguita dalle nn. 47 (id., 1985, I, 933) e 48 di quest'anno, la corte ha statuito che: a) il giudice interno, una volta accertato
che la specie cade sotto il disposto del regolamento comunitario, è tenuto ad applicare le norme ivi contenute (sia che esse
seguano sia che precedano la normativa interna), essendo il
regolamento preso in considerazione dal nostro ordinamento in
(1) Delle due ordinanze di rimessione, la prima è riassunta (con la data 8 ottobre 1982) in Foro it., Rep. 1983, voce Comunità europee, nn. 177-179 (per esteso in Giust. civ., 1983, I, 24, con nota di Catalano, Questioni interpretative comunitarie - Giurisdizione dei giudici di merito e della Corte costituzionale), la seconda in Foro it., Rep. 1983, voce Agricoltura, n. 82.
Sulle pronunce dichiarative d'inammissibiltà della Corte costituziona
le, in riferimento alle questioni di legittimità costituzionale per contra sto della disciplina interna con la normativa comunitaria, v., da ultimo, Corte cost. 23 aprile 1985, n. 113, che precede, con nota di richiami.
La legittimità dell'istituzione del prelievo di corresponsabilità sulla
produzione del latte bovino è stata dichiarata da Corte giust. CEE 21 febbraio 1979, causa 138/79, id., 1980, IV, 438, con nota di
richiami, nonché in Giur. agr. it., 1979, 347, con nota di Gotti
Porcinari, Legittimità del prelievo comunitario di corresponsabilità per il latte.
Il Foro Italiano — 1985.
quanto e perché atto comunitario, con il risultato che la sfera da
esso occupata è preclusa alla legge statale; b) essendo quest'ulti ma fonte collocata in un ordinamento che non vuole interferire
nella produzione giuridica del distinto e autonomo sistema della
Comunità, sebbene di essa garantisce piena e ininterrotta osservan za nell'ambito territoriale dello Stato, compete al giudice ordi
nario accertare se le disposizioni del diritto interno, che verreb bero altrimenti in rilievo nella specie, configgano con alcuna
previsione del diritto comunitario: la quale — secondo il tratta to di Roma e in conformità della garanzia assicurata alla relativa osservanza dall'art. 11 Cost. — riceve nel territorio italiano necessaria e immediata applicazione;
2. - sulla base di detti principi, la corte ha dichiarato inammissibili le questioni allora prospettate;
3. - gli stessi principi valgono anche per i casi da cui traggono
origine i presenti giudizi e pertanto le questioni vanno dichiarate
manifestamente inammissibili; Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta
mente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del
l'art. 1 d.l. 16 giugno 1978 n. 282, convertito in 1. 1° agosto 1978
n. 426, sollevate dal Tribunale di Venezia con le ordinanze in
epigrafe in riferimento all'art. 11 Cost.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 marzo 1985, n. 72
(Gazzetta ufficiale 3 aprile 1985, n. 80 bis); Pres. Elia, Rei.
Greco; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti) c. Re
gione Lombardia.
Regione — Lombardia — Legge — Impugnazione diretta da parte del governo — Motivi non dedotti nella richiesta di riesame —
Inammissibilità (Cost., art. 3, 36, 97, 119). Regione — Lombardia — Impiegati regionali — Trattamento
economico più favorevole rispetto agli accordi nazionali —
Incostituzionalità — Esclusione (Cost., art. 117).
Sono inammissibili i motivi del ricorso proposto dal governo in via diretta, contro la legge approvata dal consiglio regionale della Lombardia il 3 gennaio 1980, e riapprovata, dopo il rinvio governativo, il 13 marzo dello stesso anno, di ulteriore
proroga dei trattamenti erogati al personale dipendente per lavoro straordinario, più favorevoli rispetto a quelli previsti dall'accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il
personale delle regioni a statuto ordinario, in riferimento agli art. 3, 36, 97 e 119 Cost., perché essi non erano stati formulati, neppure sinteticamente, nella suddetta richiesta governativa di riesame. (1)
Non è incostituzionale la legge approvata dal consiglio regionale della Lombardia il 3 gennaio 1980, e riapprovata, dopo il rinvio governativo, il 13 marzo dello stesso anno, di ulteriore
proroga al 31 dicembre 1979 dei trattamenti erogati al persona le dipendente per lavoro straordinario, anche se essi sono più favorevoli rispetto a quelli previsti dall'accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il personale delle regioni a statuto ordinario, che ne limitava la corresponsione al 31 dicembre 1979. (2)
(1) La massima, per quel che riguarda il principio generale della necessità di corrispondenza dei motivi del ricorso proposto in via principale dal governo contro una legge di una regione con quelli che esso aveva posto a base della richiesta di riesame della legge medesima da parte del consiglio regionale, è conforme alla giurispru denza costante della corte: v. in Foro it., 1983, I, 2661, con nota di richiami, l'ultimo (in ordine di tempo) dei precedenti che la sentenza riportata richiama come conforme: sent. 21 aprile 1983, n. 107.
In dottrina, Paladin, Diritto regionale, 1979, 394. (2) La corte conferma il proprio orientamento nel senso della
possibilità, per le regioni, di regolare il rapporto di impiego con i propri dipendenti senza seguire pedissequamente i contratti collettivi stipulati a livello nazionale; orientamento affermato di recente in relazione all'art. 10, 3° comma, della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 (conseguentemente dichiarato costituzio nalmente illegittimo), e dunque in termini generali, dalla sent. 25 luglio 1984, n. 219, Foro it., 1985, I, 67, con osservazioni di A. Romano e con nota di V. Caianiello; e poi applicato nella decisione di un ricorso governativo contro una legge del Veneto (conseguente mente dichiarata non costituzionalmente illegittima), dalla sent. 19 dicembre 1984, n. 290, ibid., 658, con osservazioni di A. Romano.
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1607 PARTE PRIMA 1608
Diritto. — Con il ricorso di cui in narrativa, il governo della
repubblica ha impugnato, in via diretta, la legge approvata dal
consiglio regionale della Lombardia il 3 gennaio 1980 e riappro
vata, dopo il rinvio del governo, il 13 marzo dello stesso anno.
La impugnativa del governo è determinata dalla constatazione
che la detta legge proroga, per la seconda volta, d trattamenti
erogati al personale dipendente per lavoro straordinario, più
favorevoli rispetto a quelli previsti dall'accordo relativo al con
tratto nazionale di lavoro per il personale delle legioni a statuto
ordinario e limitati, per la detta pattuizione, al 31 dicembre 1979.
E ne assume la illegittimità costituzionale per contrasto con gli art. 3, 36, 97, 117 e 119 Cost.
Passando all'esame dei motivi della impugnazione, sembra alla
corte di dover accertare se essi corrispondano ai motivi dedotti
dallo stesso ricorrente in sede di richiesta di riesame della legge
regionale di cui trattasi, anche al fine di determinare gli esatti
termini delle questioni da decidere.
Con costante giurisprudenza, questa corte (sent. n. 8/67, Foro
it., 1967, I, 692; n. 147/72, id., 1972, I, 3330; n. 123/75, id., 1975,
I, 2182; n. 132/75, ibid., 2175; n. 92/76, id., 1976, I, 1791; n.
127/76, ibid., 2077; n. 212/76, id., 1977, I, 290; n. 107/83, id., 1983, I, 2661) ha affermato l'unitarietà del procedimento previsto dall'art. 127 Cost, per l'impugnativa delle leggi regionali viziate di
incostituzionalità e la impossibilità di distinguere in esso, come
due fasi autonome, il rinvio al consiglio regionale per il riesame
della legge e la eventuale impugnativa di questa dinanzi alla
corte per vizio di incostituzionalità. L'atto motivato del consiglio dei ministri di rinvio al consiglio regionale, per riesame della
legge regionale per vizi di legittimità costituzionale, rileva anche
per l'eventuale ricorso alla corte per illegittimità costituzionale come predeterminazione da parte del governo delle linee essenzia
li di quest'ultimo e del conseguente giudizio di legittimità. Onde
sussiste l'esigenza che il consiglio regionale, già dalla fase di
rinvio, sia posto nella condizione di conoscere i vizi di legittimità del suo provvedimento legislativo, riscontrati dal governo al fine
di esaminarli ed eliminarli nella successiva, eventuale rielabora
zione e riapprovazione della legge. Sicché sono inammissibili il
ricorso o i motivi che non presentino la necessaria corrispondenza
tra le censure in esso svolte ed il motivo o i motivi del
precedente rinvio.
£ altresì costantemente affermato quello secondo cui la
necessaria rilevata corrispondenza tra i motivi del rinvio ed i
motivi del ricorso possa considerarsi soddisfatta da una sintetica
esposizione ed enunciazione delle ragioni del ricorso nell'atto di
rinvio, sempre però che dal confronto risulti quanto meno una
omogeneità ed identità di contenuti dei due atti, una corrispon
denza di genere a specie.
Cosi, invero, si è ritenuto che non si possa esigere che il testo
del rinvio menzioni puntualmente ed integralmente le disposizio
ni costituzionali o statutarie sulle quali poi si fonda il ricorso; e
si è riconosciuta alla corte la possibilità di integrare le lacune o
le inesattezze delle deduzioni quando ne risulti però indubbio il
contenuto (sent. n. 127/76).
Nella fattispecie, col telegramma che ha disposto il rinvio per
riesame, è dedotto solo il contrasto della legge con il principio di
perequazione vigente nella legislazione in ordine al trattamento
economico dei dipendenti regionali, recepito anche nel contratto
unico nazionale, che non consentirebbe proroghe dei più favore
voli compensi per lavoro straordinario goduti in atto, oltre il
termine del 31 dicembre 1979. Non risultano assolutamente dedot
te, nemmeno in forma sintetica e concisa, né la violazione degli
art. 3 e 36 Cost., per la verificata disparità di trattamento in
tema di compenso per lavoro straordinario tra dipendenti della
regione Lombardia e dipendenti di altre regioni a statuto ordi
nario che non hanno prorogato il trattamento di miglior favore,
nonché tra i dipendenti della detta regione ed i dipendenti statali,
né la violazione del principio della equa proporzione tra retribu
zione e qualità e quantità di lavoro, assicurata dall'intervenuto
accordo nazionale.
Non sono state nemmeno dedotte la violazione dei principi di
imparzialità e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.) che il
ricorrente, peraltro, collega alla violazione dei principi di cui al
precedente motivo; né la violazione dell'art. 119 Cost, per il
contrasto, verificatosi per effetto della disposta protrazione del
trattamento di miglior favore, con il principio del coordinamento
della finanza pubblica, assicurato dai procedimenti di formazione
delle norme relative al trattamento economico dei dipendenti
pubblici.
Il Foro Italiano — 1985.
Pertanto, i suddetti motivi non possono formare oggetto del
successivo giudizio di impugnativa alla stregua dei surrichiamati
principi, anche secondo la loro più lata interpretazione.
Non resta quindi che esaminare la dedotta violazione del
principio generale, cui sarebbe improntata la legislazione, della
perequazione del trattamento dei dipendenti pubblici regionali e
statali di cui all'art. 117, 1° comma, Cost.
Detta violazione, in sostanza, si fà discendere dalla inosservan
za dell'accordo nazionale intervenuto tra i rappresentati delle
regioni a statuto ordinario e le associazioni sindacali di categoria, con l'intervento del rappresentante del governo.
E va, all'uopo, rilevato anzitutto che il ricorrente non ha
esibito il testo del richiamato accordo nazionale, sicché non
risultano certi la intervenuta partecipazione anche del rappresen tante della regione Lombardia alla stipulazione dell'accordo, gli esatti termini ed il contenuto dell'accordo, onde non è nemmeno
possibile determinare la valenza della intervenuta partecipazione del rappresentante del governo.
Inoltre, per quanto riguarda il merito, come già affermato da
questa corte (sent. n. 290/84 e n. 219/84, id., 1985, I, 658 e 67), stante l'autonomia delle regioni in materia di ordinamento degli uffici e la correlata riserva di legge di cui all'art. 117, 1° comma,
Cost., spetta, in ogni caso, alle leggi regionali non la pura e
semplice riproduzione dell'accordo sindacale ma il suo adegua mento, quando sia necessario, alla peculiarità del funzionamento
degli uffici ed alla disponibilità del bilancio regionale.
Anche per quanto riguarda più specificamente il dedotto con trasto con i principi vigenti della legislazione, rivolti al soddisfa cimento delle esigenze perequative in ordine al trattamento eco nomico dei dipendenti regionali, recepite nell'accordo per il contratto unico nazionale dei dipendenti delle regioni a statuto
ordinario, il riferimento ai surrichiamati principi è del tutto
generico e si risolve unicamente nella denuncia della pretesa illegittimità della legge impugnata perché introduce una deroga al
trattamento previsto dal menzionato accordo nazionale con la
disposta proroga per un anno del trattamento di maggiore favore, ossia dell'erogazione del maggior compenso per il lavoro straordi nario dei dipendenti della regione Lombardia rispetto a quello sancito nel menzionato accordo.
E la pretesa violazione delle esigenze perequative per il perso nale della regione si risolve sempre nella violazione dell'accordo nazionale in quanto queste esigenze, sebbene affermatesi nella
legislazione regionale, in concreto sono pur sempre quelle recepite nel contratto nazionale.
Nessun altro riferimento più specifico è dato desumere dalla nota di rinvio. Sicché, il consiglio regionale, in sede di riesame di nuova deliberazione del disegno di legge, occupandosi esclusiva mente del contenuto della detta nota, ha giustamente ritenuto
prevalente l'autonomia regionale anche in questo specifico settore.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara: a) inam
missibili le questioni di legittimità costituzionale del disegno di
legge della regione Lombardia approvato il 3 gennaio 1980 e
riapprovato il 13 marzo dello stesso anno, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dal governo della repubblica, in riferimento
agli art. 3, 36, 97, 119 Cost.; b) non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dello stesso disegno di legge di cui sub
a) in relazione all'art. 117, 1° comma, Cost.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 marzo 1985, n. 68
(Gazzetta ufficiale 3 aprile 1985, n. 80 bis); Pres. Elia, Rei.
Corasaniti; Min. finanze c. Mirmina ed altri; interv. Pres. cons,
ministri. Ord. App. Roma 26 maggio 1979 (G.U. n. 85 del 1980).
Successioni e donazioni (imposta sulle) — Coeredi — Solidarietà
passiva per il pagamento dell'intera imposta — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 53; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, legge tributaria sulle successioni, art. 66; d.lgt. 8 marzo 1945 n. 90%modifìche alle imposte sulle successioni e donazioni, art. 12).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 66 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 e 12 d.lgt. 8 marzo 1945 n. 90 nella parte in cui prevedono la solidarietà sostanziale tra
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