sentenza 21 aprile 2000, n. 114 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 26 aprile 2000, n. 18);Pres. Mirabelli, Est. Marini; Soc. Ferriere G.B. Bertoli, Soc. Acciaieria fonderia Cividale e altre(Avv. Mistura), Soc. Farem (Avv. Mistura, Guarino), Soc. Innse cilindri (Avv. Mistura); interv.Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta). Ord. App. Trieste 29 giugno 1998 (due), 9ottobre 1998, Trib. Brescia 6 novembre 19 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 6 (GIUGNO 2000), pp. 1739/1740-1743/1744Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194345 .
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1739 PARTE PRIMA 1740
che alla medesima ricorrente, proprio in considerazione del
vincolo di solidarietà passiva derivante dalla norma della cui
legittimità costituzionale il rimettente dubita, andrebbe tuttavia
negata la qualità di terzo rispetto all'esecuzione intrapresa dal
concessionario del servizio di riscossione dei tributi e conseguen temente il giudice adito dovrebbe dichiarare il proprio difetto
di giurisdizione, in quanto, ai sensi dell'art. 53 d.p.r. 29 settem
bre 1973 n. 602 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul
reddito), nel testo vigente al momento dell'opposizione, avverso
gli atti esecutivi dell'esattore il contribuente ed i coobbligati pos sono fare ricorso esclusivamente all'intendente di finanza;
che la prospettata questione di costituzionalità sarebbe per
ciò, sotto tale profilo, rilevante ai fini della decisione;
che l'avvocatura generale dello Stato, intervenuta in giudizio
per il presidente del consiglio dei ministri, ha concluso per la
declaratoria di infondatezza della questione. Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli art.
3, 15, 24, 29 e 53 Cost., della legittimità costituzionale della
disciplina dettata, in tema di dichiarazione congiunta dei redditi
da parte dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati, dall'art. 17, 2°, 3°, 4° e 5° comma, 1. 13 aprile 1977 n. 114;
che in ordine alla medesima questione, sollevata in riferimen
to al parametro di cui all'art. 3 Cost., questa corte ha già affer
mato che la dichiarazione congiunta dei redditi rappresenta l'e
sercizio di una facoltà dei contribuenti, con i conseguenti oneri
e vantaggi ad essa connessi, e che pertanto la relativa disciplina, anche procedimentale, resta riservata all'apprezzamento discre
zionale del legislatore, cosicché la disposizione impugnata non
può ritenersi lesiva del principio di eguaglianza laddove, nell'e
vidente intento di semplificazione e snellezza del procedimento
tributario, prevede la notificazione degli atti impositivi al solo
marito (sentenza n. 184 del 1989, Foro it., Rep. 1989, voce Tri
buti in genere, nn. 494-496; ordinanze n. 4 del 1998, id., Rep.
1998, voce Riscossione delle imposte, n. 112, e n. 36 del 1998,
ibid., voce Tributi in genere, n. 765); che sulla scorta di analoghe considerazioni va esclusa la pro
spettata violazione del principio di eguaglianza morale e giuridi ca dei coniugi, di cui all'art. 29 Cost.;
che, per quanto riguarda il parametro di cui all'art. 24 Cost., non viene addotta dal rimettente ragione alcuna che induca a
disattendere l'interpretazione adeguatrice della norma censura
ta, prospettata nelle pronunce già citate, a tenore della quale deve ritenersi che alla moglie, coobbligata in solido, sia comun
que garantita dall'ordinamento la possibilità di tutelare i propri diritti entro i termini decorrenti dalla notifica dell'avviso di mo
ra o del diverso atto con il quale venga per la prima volta a
legale conoscenza della pretesa avanzata dall'amministrazione
finanziaria in via solidale, e ciò anche al fine di contestare even
tualmente nel merito l'obbligazione tributaria del coniuge; che anche con riferimento al parametro di cui all'art. 53 Cost,
la medesima questione è stata già dichiarata manifestamente in
fondata, in base alla considerazione che il principio di capacità contributiva non esclude che la legge possa stabilire prestazioni tributarie solidali a carico oltreché del debitore principale anche
di altri soggetti, comunque non estranei alla posizione giuridica a cui inerisce il rapporto tributario (sentenza n. 184 del 1989; ordinanze n. 187 del 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 592; n. 301 del 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 469; n. 316 del
1987, id., 1988, I, 2071); che del tutto inconferente è infine il riferimento al parametro
di cui all'art. 15 Cost., in quanto la previsione di notifica degli atti di accertamento al solo marito non comporta evidentemen
te alcuna menomazione, in danno della moglie, delle garanzie di libertà e segretezza della corrispondenza di costei.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del
l'art. 17, 2°, 3°, 4° e 5° comma, 1. 13 aprile 1977 n. 114 (modi ficazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche), sollevata, in riferimento agli art. 3, 15, 24, 29 e 53
Cost., dal Pretore di Udine con l'ordinanza in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2000.
II
Motivi della decisione. — Col primo motivo di ricorso il mi
nistero sostiene che la commissione regionale ha violato gli art.
16 e 17 d.p.r. 636/72 e 17, 3° e 4° comma, 1. 13 aprile 1977
n. 114 per avere, omettendo di pronunciare su un punto decisi
vo della controversia, ritenuto rituale il ricorso della Pacini,
proposto con «memoria» nell'ambito del giudizio instaurato dal
defunto marito, e non avere argomentato in ordine alla sua tar
dività, che avrebbe dovuto decorrere dalla notifica (30 novem
bre 1993) al marito dell'avviso di accertamento, il quale poteva essere conosciuto dalla Pacini perché nella disponibilità del co
niuge, ovvero dalla notifica dell'avviso di udienza, la cui assen
za di motivazione era irrilevante, stante la possibilità di cono
scenza derivante dalla precedente notifica.
Il motivo è fondato.
Ai sensi dell'art. 17 1. 13 aprile 1977 n. 114, nel caso di di
chiarazione congiunta dei redditi dei coniugi, la notifica della
cartella di pagamento dell'Irpef viene eseguita nei confronti del
solo marito, mentre gli accertamenti in rettifica sono effettuati
a nome di entrambi i coniugi, i quali vengono resi edotti della
pretesa dell'ufficio, che entrambi possono autonomamente im
pugnare, attraverso lo speciale procedimento notificatorio so
vraricordato, che vede come unico destinatario della notifica
il marito (Cass. 4177/95, Foro it., Rep. 1995, voce Tributi in
genere, n. 1142). Non rileva quindi discutere in ordine al momento in cui la
Pacini sarebbe stata informata del processo tributario in corso, relativo ad un accertamento che, pur riguardando sia il marito
che la moglie, era stato impugnato solo dal marito.
Il termine per impugnare l'accertamento nei confronti della
moglie decorreva infatti comunque dalla notifica al marito della
rettifica operata, per cui ogni attività processuale esercitata dal
la Pacini in proprio, successivamente alla scadenza di tale ter
mine processuale (pacificamente da lei non osservato) deve con
siderarsi tardiva, competendo alla stessa, soltanto in qualità di
erede del Napolitano, sostenere nella prosecuzione del giudizio le ragioni del de cuius.
Il primo motivo di ricorso deve essere dunque accolto.
(Omissis)
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 aprile 2000, n. 114
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 aprile 2000, n. 18); Pres. Mirabelli, Est. Marini; Soc. Ferriere G.B. Bertoli, Soc.
Acciaieria fonderia Cividale e altre (Avv. Mistura), Soc. Fa
rem (Avv. Mistura, Guarino), Soc. Innse cilindri (Avv. Mi
stura); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Lapor
ta). Orci. App. Trieste 29 giugno 1998 (due), 9 ottobre 1998, Trib. Brescia 6 novembre 1999 (G.U., la s.s., n. 41 del 1998, n. 2 del 1999, e n. 3 del 2000).
Dogana — Indebito versamento di tributi — Ripetizione — Prova
documentale della mancata traslazione — Onere — Incostitu
zionalità (Cost., art. 24, 53; d.l. 30 settembre 1982 n. 688, misure urgenti in materia di entrate fiscali, art. 19; 1. 27 no
vembre 1982 n. 873, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 settembre 1982 n. 688, art. 1).
È incostituzionale l'art. 19 d.l. 30 settembre 1982 n. 688, con
vertito, con modificazioni, nella l. 27 novembre 1982 n. 873, nella parte in cui dispone che la prova ivi prevista possa esse
re data solo documentalmente. (1)
(1) Come ricordato dalla sentenza in epigrafe, la Consulta nel passa to si era — e ripetutamente — pronunciata sulla costituzionalità del
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - La Corte d'appello di Trieste, con tre ordi
nanze, ed il Tribunale di Brescia, con una ordinanza successiva,
dubitano, in riferimento agli art. 24 e 53 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 19 d.l. 30 settembre 1982 n. 688 (misure
urgenti in materia di entrate fiscali), convertito, con modifica
zioni, nella 1. 27 novembre 1982 n. 873, nella parte in cui detta
norma, senza differenziare le singole attività di impresa, pone a carico del contribuente, che agisca per la ripetizione di impo ste di consumo indebitamente corrisposte, l'onere di provare documentalmente che il peso economico dell'imposta non è sta
to in qualsiasi modo trasferito su altri soggetti. Onere probato rio che, secondo quanto ritenuto da entrambi i rimettenti, risul
terebbe nei giudizi a quibus di impossibile assolvimento.
I quattro giudizi, data la sostanziale identità delle questioni, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.
2. - La Farem-Fonderie acciaio Remanzacco s.p.a., in riferi
mento al giudizio promosso dalla Corte d'appello di Trieste con
ordinanza emessa il 9 ottobre 1998 (r.o. n. 906 del 1998), ecce
pisce, in via preliminare, l'inammissibilità della questione, per difetto di rilevanza, in quanto, non avendo il giudizio a quo ad oggetto un'azione di ripetizione di indebito, risulterebbe, nella
specie, inapplicabile proprio la norma della cui legittimità costi
tuzionale il rimettente dubita.
2.1. - L'eccezione è fondata.
II giudizio a quo, infatti, come la stessa avvocatura ha espli citamente riconosciuto in udienza e come del resto risulta dagli
atti, consiste, diversamente da quanto si legge nell'ordinanza
di rimessione, nell'opposizione proposta dalla Farem-Fonderie
acciaio Remanzacco s.p.a. avverso l'ingiunzione emessa dall'am
ministrazione finanziaria per il pagamento dell'addizionale al
l'imposta sul consumo dell'energia elettrica.
È, pertanto, evidente come la norma censurata, in quanto diretta a disciplinare la ripetizione di imposte indebitamente pa
gate, risulti del tutto estranea al giudizio principale sopra speci ficato rendendo irrilevante e, quindi, inammissibile la questione sollevata.
3. - Va invece disattesa — con riferimento agli altri tre giudi zi — l'eccezione di inammissibilità della questione, per difetto
sempre di rilevanza, sollevata dalle parti private sull'assunto che
le addizionali istituite dall'art. 6, 2° comma, d.l. 28 novembre
1988 n. 511 (disposizioni urgenti in materia di finanza regionale e locale), convertito nella 1. 27 gennaio 1989 n. 20, e dall'art.
4, 1° comma, d.l. 30 settembre 1989 n. 332 (misure fiscali ur
genti), convertito nella 1. 27 novembre 1989 n. 384, non avreb
bero natura di imposte di consumo e che pertanto alla relativa
azione di rimborso non sarebbe applicabile la norma denunciata.
In contrario, è sufficiente rilevare che il diverso presupposto
interpretativo da cui muovono i rimettenti ai fini della valuta
zione di rilevanza — che cioè alle suddette addizionali debba
riconoscersi la medesima natura, di imposta di consumo, pro
pria della imposta-base — è sicuramente non implausibile e non
può, perciò, essere censurato in questa sede.
4. - Ulteriore eccezione di inammissibilità della questione è
stata sollevata dalla difesa della Farem-Fonderie acciaio Reman
zacco s.p.a., secondo cui — pur ammesso che le addizionali
l'art. 19 d.l. 30 settembre 1982 n. 688, convertito, con modificazioni, nella 1. 27 novembre 1982 n. 873 — che, per i tributi ivi previsti, subor dina il rimborso del pagamento indebitamente effettuato dal contribuente
alla prova documentale della sua mancata traslazione a terzi —, repu tando la questione ora inammissibile (nel caso di giudizi aventi ad og
getto la ripetizione di tributi riscossi in violazione della normativa co
munitaria), ora infondata (nel caso di tributi non aventi rilievo comu
nitario). Con l'odierna pronuncia, la corte ribadisce la legittimità in linea di
principio dell'inversione dell'onere della prova, ma — superando la sua
precedente giurisprudenza — ravvisa la violazione dell'art. 24 Cost, e
del diritto di agire in giudizio in ciò che l'art. 19 d.l. 688/82 dispone che la prova della mancata traslazione del tributo può essere data esclu
sivamente in via documentale.
Per una ricostruzione della giurisprudenza costituzionale sull'art. 19, v. Corte cost., ord. 16 giugno 1988, n. 651, Foro it., 1989, I, 2036, e le pronunce riportate in nota a Cass. 15 gennaio 1992, n. 414, id.,
1992, 1, 3248 (ove anche riferimenti all'orientamento, assolutamente pre valente nella giurisprudenza della Cassazione, che vuole la disapplica zione della norma nel caso di ripetizione di tributi contrari al diritto
comunitario: v. ora, per quei rimborsi, l'art. 29 1. 12 dicembre 1990
n. 418).
Il Foro Italiano — 2000.
in questione siano assimilabili alle imposte di consumo — l'irri
levanza, rispetto ai giudizi a quibus, della questione di legittimi tà costituzionale dell'art. 19 d.l. n. 688 del 1982 discenderebbe
dal fatto che la norma interpretativa di cui all'art. 4 d.l. 28
giugno 1995 n. 250 (differimento di taluni termini ed altre di
sposizioni in materia tributaria), convertito in legge dall'art. 1
1. 8 agosto 1995 n. 349, chiarendo che l'energia elettrica utiliz
zata come materia prima nelle lavorazioni siderurgiche non è
assoggettata alle addizionali stesse, avrebbe sancito l'assoluta
estraneità di quel bene all'area delle imposte di consumo. Estra
neità alla quale conseguirebbe, sempre ad avviso della stessa
parte privata, l'inapplicabilità all'azione di ripetizione delle ad
dizionali sull'energia elettrica di una norma, quale quella de
nunciata, specificamente riguardante la ripetizione delle impo ste di consumo.
Anche tale eccezione va disattesa. L'insussistenza dell'obbli
go tributario, quali che siano le ragioni che conducano ad esclu
dere la debenza dell'imposta, costituisce, infatti, presupposto
applicativo dell'art. 19 d.l. n. 688 del 1982 e non certamente
limite al suo ambito di operatività. L'indicazione dei diversi tipi di imposta contenuta nella norma denunciata va evidentemente
riferita al titolo della pretesa, indebita, esercitata dall'ammini
strazione finanziaria, con la conseguenza che la norma stessa
deve ritenersi applicabile (per quanto qui rileva) ad ogni azione
di ripetizione di somme indebitamente percepite dall'ammini
strazione a titolo di imposta di consumo.
5. - Nel merito i rimettenti ritengono che la norma sia innan
zitutto in contrasto con l'art. 24 Cost, in quanto, subordinando
la ripetizione dell'indebito alla prova documentale che l'onere
economico dell'imposta non è stato trasferito su altri soggetti, renderebbe in molti casi impossibile o comunque eccessivamen
te difficile l'esercizio del diritto.
La questione è fondata, nei limiti di seguito precisati. 5.1. - Va premesso che la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 19 d.l. 30 settembre 1982 n. 688, sollevata in rife
rimento al medesimo parametro, è già stata in passato esamina
ta da questa corte, che è pervenuta a ripetute declaratorie di
manifesta infondatezza (ordinanze n. 651 del 1988, Foro it.,
1989, 1, 2036; n. 807 del 1988, id., Rep. 1989, voce Dogana, n. 76; n. 172 del 1989, ibid., n. 77; n. 197 del 1989, id., Rep.
1990, voce cit., n. 78). Si afferma in buona sostanza in tali pronunce che la deroga
apportata dalla norma in esame alla generale disciplina della
ripetizione di indebito stabilita dall'art. 2033 c.c. — consistente
nel porre appunto a carico del solvens la prova della mancata
traslazione dell'onere economico dell'imposta — non sarebbe
di per sé lesiva del diritto di agire in giudizio e che tale diritto
non sarebbe vanificato o illegittimamente compresso nemmeno
dalla previsione della sola prova documentale.
Conclusioni che devono essere parzialmente riconsiderate, an
che alla luce dei mutamenti del quadro normativo successiva
mente intervenuti.
5.2. - Giova ricordare, al riguardo, che la Corte di giustizia delle Comunità europee, in sede di ricorso pregiudiziale ex art.
177 del trattato Cee, ebbe a suo tempo a ritenere — con esclusi
vo riferimento ai tributi nazionali riscossi in contrasto con quanto
disposto dal diritto comunitario — l'incompatibilità dell'art. 19
d.l. 30 settembre 1982 n. 688, con gli obblighi che il trattato
Cee impone agli Stati membri in base all'assunto che, pur es
sendo consentito al sistema giuridico nazionale di subordinare
il rimborso di tali tributi alla loro mancata traslazione, doveva,
invece, escludersi la legittimità, in sede processuale, di qualsivo
glia disciplina probatoria che, come quella sancita dalla citata
norma, avesse l'effetto di rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio del diritto (sentenza 9 novembre
1983, causa 199/82, id., 1984, IV, 297). La medesima corte, con successiva sentenza 24 marzo 1988,
causa 104/86 {id., 1988, IV, 477) ha ribadito il giudizio di con trarietà all'ordinamento comunitario della norma e ha dichiara
to che la Repubblica italiana, mantenendola in vigore, è venuta
meno agli obblighi ad essa imposti dal trattato.
In conseguenza di tali pronunce il legislatore è intervenuto
con l'art. 29 1. 29 dicembre 1990 n. 428 (disposizioni per l'a
dempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alle Comunità europee), diversificando il regime della prova nel
l'azione di ripetizione dell'indebito tributario a seconda che i
tributi di cui si chiede il rimborso abbiano o meno rilevanza
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1743 PARTE PRIMA 1744
per l'ordinamento comunitario. Mentre per i secondi si è man
tenuta ferma (art. 29, 3° comma) l'applicabilità dell'art. 19 d.l.
n. 688 del 1982, per quelli riscossi in violazione di norme comu
nitarie (art. 29, 2° comma) l'eventuale traslazione dell'imposta è stata configurata come fatto estintivo del diritto al rimborso, la cui prova spetta — secondo i principi — all'amministrazione
convenuta.
Premesso che il sindacato della corte è in questa sede limitato
ai parametri costituzionali evocati dai rimettenti — tra i quali non figura l'art. 3 Cost., richiamato dalle sole parti private —
la nuova disciplina dettata per il rimborso dei tributi riscossi
in violazione di norme comunitarie, necessitata dalle pronunce della Corte di giustizia, risulta espressiva della necessità di ga rantire il diritto di agire in giudizio, per la ripetizione di impo ste indebitamente corrisposte, in termini più ampi di quelli ri
sultanti dall'art. 19 d.l. n. 688 del 1982.
E se da un lato può ribadirsi che la mera inversione dell'one
re della prova non è di per sé in contrasto con l'art. 24 Cost., trattandosi di materia indubbiamente rimessa alla discrezionali
tà del legislatore, deve per altro verso ritenersi che il prevedere che tale onere possa essere assolto solamente per mezzo della
prova documentale — intesa evidentemente in senso tecnico —
comporti una sicura lesione del diritto di agire in giudizio del
solvens. Siffatta previsione viene infatti a subordinare la tutela
giurisdizionale ad una prova che, secondo criteri di normalità, si palesa impossibile, non potendo in via generale essere ipotiz zata l'esistenza di un documento contenente la diretta rappre sentazione del fatto negativo costituito dalla mancata traslazio
ne del peso economico di un'imposta. Va perciò dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma
denunciata, nella parte in cui prevede che la prova del mancato
trasferimento su altri soggetti dell'onere economico dell'impo sta possa essere fornita solo documentalmente, restando assor
bita, in tale pronuncia, ogni altra e diversa censura formulata
dai rimettenti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 d.l. 30 set
tembre 1982 n. 688 (misure urgenti in materia di entrate fiscali),
convertito, con modificazioni, nella 1. 27 novembre 1982 n. 873, nella parte in cui dispone che la prova ivi prevista possa essere
data solo documentalmente;
b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 19 d.l. 30 settembre 1982 n. 688 (misure urgenti in materia di entrate fiscali), convertito, con modificazioni, nel
la 1. 27 novembre 1982 n. 873, sollevata dalla Corte d'appello di Trieste con ordinanza emessa il 9 ottobre 1998.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 aprile 2000, n. 113
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 aprile 2000, n. 18); Pres. Mirabelli, Est. Mezzanotte; Pienzi; interv. Pres. cons,
ministri. Ord. Trib. Sondrio 18 novembre 1997 (G.U., la s.s., n. 16 del 1998).
Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Astensio ne — Precedente sentenza di patteggiamento nei confronti di
coimputati resa dal medesimo giudice-persona — Omessa pre visione — Questione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art.
36).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione dì
legittimità costituzionale dell'art. 36 c.p.p., nella parte in cui non prevede tra le cause di astensione l'avere il giudice prece dentemente pronunciato sentenza di applicazione della pena
Il Foro Italiano — 2000.
ai sensi dell'art. 444 c.p.p. nei confronti di uno o più concor
renti nel reato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
Diritto. — 1. - L'ordinanza di rimessione ha ad oggetto l'art.
36 c.p.p., del quale viene denunciata l'illegittimità costituziona
le nella parte in cui non prevede tra le cause di astensione l'ave
re il giudice precedentemente pronunciato sentenza di applica zione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p. nei con
fronti di uno o più concorrenti nel reato.
(1) La pronuncia in epigrafe, che costituisce — rebus sic stantibus — la più recente significativa propaggine dell'ormai più che decennale evolversi della giurisprudenza costituzionale in tema di incompatibilità del giudice, e che si pone ex professo — come si legge in motivazione — in termini di «svolgimento di quanto prefigurato» dalle sentenze nn.
306, 307 e 308 del 1997 (Foro it., 1997, I, 2721, con osservazioni di Di Chiara), merita rilievo per la non trascurabile messa a fuoco di un problema interpretativo denso di ricche implicazioni pratiche.
È noto come la triplice pronuncia del 1997, che segna una tra le svolte di più cospicuo rilievo negli itinerari della giurisprudenza della corte in materia di incompatibilità, abbia vigorosamente indotto l'inter
prete ad abbandonare la prospettiva di ulteriori indiscriminate espan sioni dei «vuoti incostituzionali» del tessuto dell'art. 34, 2° comma, c.p.p., e piuttosto a guardare ai congegni dell'astensione e della ricusa zione onde tutelare in concreto il valore della terzietà del giudice: le
incompatibilità al giudizio, ancorate al denominatore comune del mede simo procedimento, per loro struttura sono — aveva allora rimarcato la corte — prevedibili e prevenibili in astratto, così da rendere possibile una preventiva organizzazione della terzietà; ogni altro caso, per con
tro, in cui l'ipotetico pre-iudicium discenda da una decisione resa in ordine a diversa regiudicanda (come nel caso paradigmatico nel quale il precedente decisum concerna la posizione di altri coimputati nel me desimo reato), necessita di essere riguardata in concreto, onde stabilire, con giudizio caso per caso, se la precedente pronuncia abbia effettiva mente incrinato la disponibilità del medesimo giudice-persona a decide
re, nella sede successiva, merito causae sulla sola base delle prove lì
legittimamente acquisite. La «trilogia» del 1997 non aveva, peraltro, mancato di sollecitare
l'interprete ad una attenta opera di ricognizione circa la completezza dell'apparato di garanzia offerto dai congegni dell'astensione e della ricusazione: da qui gli «inviti a dedurre», che siglavano quella triplice pronuncia, rivolti ai giudici a quibus, cui veniva demandato il compito di rilevare, se del caso, deficit di tutela sì da sottoporli, sussistendone i presupposti, a scrutinio di costituzionalità.
Proprio in questo solco dichiaratamente si innesta l'iniziativa del giu dice a quo (Trib. Sondrio, ord. 18 novembre 1997, G.U., la s.s., n. 16 del 1998, 97), il quale — appena all'indomani della pubblicazione delle pronunce della «trilogia» — aveva delineato dubbi di legittimità costituzionale, con riguardo agli art. 3 e 24 Cost., circa il vigente cata
logo delle cause di astensione, ritenuto inidoneo ad ospitare, nel suo
alveo, l'ipotesi in cui il medesimo giudice-persona, chiamato a pronun ciare in separato processo nei confronti di coimputati in ordine ad un fatto-reato già oggetto di suo precedente decisum pur soggettivamente distinto, reputasse di aver già consumato la propria terzietà per il caso di specie e intendesse, perciò, astenersi.
L'asserto interpretativo su cui si fondava la quaestio muoveva dalla convinzione per cui le «altre gravi ragioni di convenienza» previste dal l'art. 36, 1° comma, lett. h), c.p.p. non potessero attenere al compi mento di precedente attività giurisdizionale ma concernessero solo si tuazioni extraprocessuali, interessando, dunque, il giudice uti singulus.
Una simile asfittica lettura non sembrava, in verità, trovare spiccati conforti: sarà utile rammentare almeno come, in dottrina, da tempo si sia ritenuto che le «altre gravi ragioni di convenienza» concretino una «formula aperta, applicabile ogni qualvolta il giudice risulti meno neutrale del desiderabile» (così Cordero, Codice di procedura penale commentato, 2a ed., Torino, 1992, sub art. 36, 46).
Incanalandosi in quel solco, condotto a conseguenze ulteriori, con l'odierno decisum, la corte esclude che le «altre gravi ragioni di conve nienza» si limitino alle sole aree extraprocessuali: al di là di pur non insostenibili rilievi semantici, emana dal «valore deontico del principio del giusto processo» l'obbligo, per l'interprete, di attribuire alla norma
ampia portata, sì da renderla idonea a coprire — purché se ne integrino gli estremi — anche le ipotesi di pre-iudicium nascente da precedente decisione del medesimo giudice-persona fisica che pur non provochi l'in
sorgere di una autonoma causa d'incompatibilità. La pronuncia ribadisce, per il resto, non solo il discrimen tracciato
dalla «trilogia» del 1997 tra cause di incompatibilità e cataloghi dell'a stensione e della ricusazione dello iudex suspectus, ma altresì l'esclusio ne di ogni automaticità tra decisum sul coimputato e impossibilità, per il medesimo giudice-persona, di partecipare al successivo processo nei confronti di altri coimputati in ordine al medesimo fatto: nessun gene ralizzato obbligo di astensione sussiste, dunque, in tal caso, occorrendo di volta in volta delibare sull'idoneità del precedente decisum a tradursi
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