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Sentenza 21 dicembre 1961; Pres. Marmo P., Est. Mililotti; Soc. Russo (Avv. Ferace) c. Citro e altri...

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Sentenza 21 dicembre 1961; Pres. Marmo P., Est. Mililotti; Soc. Russo (Avv. Ferace) c. Citro e altri (Avv. Lippi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 783/784-785/786 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150450 . Accessed: 25/06/2014 06:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 06:08:58 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sentenza 21 dicembre 1961; Pres. Marmo P., Est. Mililotti; Soc. Russo (Avv. Ferace) c. Citro e altri (Avv. Lippi)

Sentenza 21 dicembre 1961; Pres. Marmo P., Est. Mililotti; Soc. Russo (Avv. Ferace) c. Citro ealtri (Avv. Lippi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 783/784-785/786Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150450 .

Accessed: 25/06/2014 06:08

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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783 PARTE PRIMA 784

i

non aarebba quindi buona logica dare senz'altro per ammesso

che, in via di massima, nella previsione di legge, la scelta

negativa si presenti come piu favorevole alia massa per il

solo fatto ehe in forza di essa il eredito del venditore, tenuto

alia restituzione delle rate riseosse, dovrebbe essere pagato in moneta fallimentare. In altri termini, ciõ non puõ con

siderarsi sottinteso e scontato dalla norma, alia stregua sia

della disciplina sostanziale del rapporto, sia di quella pro cedurale concorsuale. Sotto tale aspetto, invece, le consi

derazioni sopra svolte giustifieano la soluzione inversa.

Non si puõ quindi condividere la conclusione a cui l'im

pugnata sentenza perviene : che il debito per l'uso e degrado della macchina sia debito concorsuale e perciõ soggetto alia

falcidia imposta dalla legislazione fallimentare.

Ne pare esatto e accoglibile quanto sostiene il falli

mento che la compensazione non sarebbe operabile perche l'uno b un eredito della massa e l'altro un eredito verso il

fallito ; dovendosi al riguardo, in contrario, rilevare che se

il debito per l'uso della cosa, in quanto si ricollega ad un

fatto proprio dell'imprenditore prima del fallimento, e un

debito del fallito e non della massa, il eredito per i ratei

pagati, che la massa fa valere, e peraltro pur esso un credilo

del fallito, essendo sullo stesso piano le due conseguenze della risoluzione del rapporto, mai assunto dal fallimento :

uso non gratuito della cosa e pagamento sine causa dei

ratei versati. I relativi diritti alle restituzioni discendono

dalla condictio sine causa, concomitante alio scioglimento del contratto. Yenuto meno questo, prestazioni e contro

prestazioni non piu dovute pongono di fronte gli originari

soggetti del rapporto e vi resta estraneo il fallimento che

non ha acquisito il contratto (se lo avesse acquisito, i rela

tivi effetti farebbero capo al curatore sia dal lato attivo

sia dal lato passivo). II fallimento, quale terzo, ha per legge la facoltä di

sciogliersi dal rapporto, ma, in conseguenza di ciõ, non

subentrando gli effetti che lo scioglimento determina sulle

prestazioni e controprestazioni, che fossero in parte giä

eseguite, non possono che riguardare le parti contraenti, non il fallimento estraneo al rapporto, che puõ soltanto

acquisire e far valere quanto eventualmente risulti a ere

dito del compratore fallito.

Per cui e da ritenersi attuabile e opponibile al falli

mento la compensazione in base alia norma dell'art. 56

legge fall., la quale consenta, come si b ora ricordato, ai

creditori, in deroga alia legge del par condictio, di com

pensare con i loro debiti verso il fallito i crediti che essi

vantano verso lo stesso, ancorche non scaduti prima della

dichiarazione del fallimento, e pure se la liquidazione del

eredito per l'uso della cosa si verifica a fallimento interve

nuto. E infatti insegnamento della Suprema corte che l'art.

56 legge fall., nell'ammettere la compensazione in sede

fallimentare fra i debiti ed i crediti di una medesima persona verso il fallito, si riferisce ad ogni cate.goria di crediti ripe tibili in tale sede, compresi quelli non liquidi all'apertura del fallimento, prescindendo cosi dal requisito della preesi stente liquidity, fissato in tema di compensazione dall'art.

1243 cod. civ. (sent. 31 ottobre 1955, n. 3568, Foro it.,

Rep. 1955, voce Fallimento, n. 264). Nel caso infatti il

eredito fatto valere dal venditore, pur non essendo liquido, si presenta di pronta e facile liquidazione, suscettibile quindi di compensazione giudiziale. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI NAPOLI.

Sentenza 21 dicembre 1961 ; Pres. Marmo P., Est. Mili

lotti ; Soe. Russo (Aw. Ferace) o. Citro e altri (Avv.

Lippi).

Ainministrazione coiitrollata —- Escreizio dell'im

presa da parte del debitore -—- Alienazione di

prodotti — Attivitä jjiudiziali eonnesse — Atti

di ordinaria amministrazione (R. d. 16 marzo

1942 n. 267. disciplina del fallimento, art. 167, 191).

Amministrazione controllata — Atti di straordinaria amministrazione — Inefiicacia — Opponibilitä — Limiti (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 167, 191).

L'imprenditore soggetto ad amministrazione controllata, il

quale abbia conservato Vesereizio dell'impresa, pud, senza I'autorizzazione scritta del giudice delegato, eompiere gli atti di alienazione dei prodotti dell'impresa, promuovere il giudizio per ottenere il pagamento del prezzo di tali

prodotti, resistere alle domande di risoluzione dei con tratti di vendita, e impugnare le relative sentenze. (1)

L'inefficacia degli atti di straordinaria amministrazione,

eompiuti senza I'autorizzazione scritta del giudice delegato, e di carattere relativo ed e, conseguentemente, opponibile solo dai ereditori e dagli organi dell'amministrazione controllata. (2)

(1) La mässima fe fondata sulla consideraz ione che la distin zione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non

risponde a un criterio giuridico, ma al criterio economico della

maggiore o minore importanza patrimoniale, onde e atto di straordinaria amministrazione quello che comporta il pericolo della diminuzione della integrity del patrimonio. Vedi, in tal senso, Cass. 17 giugno 1958, n. 2082, Foro it., Rep. 1958, voce Minore civ., n. 3 ; 13 novembre 1957, n. 4375, id., Hep. 1957, voce cit., n. 24 ; 21 maggio 1957, n. 1840, ibid., n. 28 ; 11 gennaio 1957, n. 44, ibid., nn. 9, 10 ; 13 marzo 1954, n. 714, id., 1954, I, 1271. In dottrina, cfr. Mirabelli, I c. d. atti di amministrazione, in Studi in onore di A. Scialoja, Bologna, 1952, pag. 351 e segg., con numerosi richiami dottrinari.

In ordine al principio specifico enunciato nella massima non si rinvengono precedenti giurisprudenziali in termini.

Nel senso che la distinzione fra atti di ordinaria e di straor dinaria amministrazione, desumibile dalle norme del codice ci vile, si applica anche nell'ambito della procedura fallimentare ai fini della delimitazione dei poteri del curatore, vedi Cass. 25 marzo 1961, n. 682, Foro it., 1961, I, 1143, con nota di richiami di giurisprudenza e dottrina, cui si rinvia.

In ordine al principio che durante l'amministrazione con

trollata, salvo che non ricorra la particolare ipotesi di gestione del commissario giudiziale prevista dall'art. 191 legge fall., il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio

dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario e la direzione del giudice delegato, pur essendo necessaria, per gli atti ecce denti l'ordinaria amministrazione, anche I'autorizzazione scritta di detto giudice, vedi (nella motivazione) Cass. 25 ottobre 1957, n. 4111, id., Hep. 1957, voce Amministrazione controllata, nn. 5-8. In dottrina, v. De Martini, Esperienze pratiche e profili teorici, ecc., in Dir. fall., 1947, I, 5, 71, 125 (nn. 26-19) ; Pazzaglia, L'amministrazione controllata, Milano, 1957, pag. 75 segg.

Relativamente alla capacita processuale dell'imprenditore sottoposto a concordato preventivo, vedi Pret. Vizzini 24 marzo 1958, Foro it., 1958,1, 901 (secondo cui egli conserva la capacitä di agire in giudizio senza necessitä di intervento del commissario

g iudiziale), con nota di richiami di giurisprudenza conformi, nonche di dottrina contrastanti.

La sentenza annotata sembra aderire alia tesi dell'AzzoLTNA

(II fallimento, Torino, 1953, pag. 1268), il quale ritiene che la

capacity processuale del debitore subisce limitazioni corrispon denti a quelle di diritto sostanziale e pertanto l'imprenditore non k legittimato ad agire in giudizio senza I'autorizzazione del

giudice delegato, quando proponga domande dirette alia costitu zione di effetti giuridici per la produzione dei quali 6 richiesta detta autorizzazione ; cosl anche Pazzagt-ia, op. cit., pag. 83. Contra, De Martini, op. cit., n. 44.

(2) Giurisprudenza e dottrina sono concordi nel ritenere che la mancanza dell'autorizzazione scritta del giudice delegato per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, dei quali il 2° comma dell'art. 167 legge fall, fa enumerazione esempli ficativa, comporti solo la inefficacia relativa e non la nullita dell'atto : cfr. Cass. 25 ottobre 1957, n. 4111, sopra cit. ; 30 luglio 1951, n. 2225, Foro it., Rep. 1951, voce Fallimento, nn. 125-127 ; App. Lecce 12 maggio 1955, id., Rep. 1955, voce Amministrazione controllata, nn. 4, 5 ; Trib. Lecce 26 febbraio 1952, id., 1953, I, 1372, con nota di richiami, anche di dottrina, cui adde, App. Roma 18 febbraio 1950, id., Rep. 1950, voce cit., n. 7 ; Trib. Roma 24 luglio 1947, id., 1948, I, 373 ; Pazzaglia, op. cit., pag. 84 ; Azzoi.ina, II fallimento, Torino, 1953, II, pag. 1267 ; Provinciali, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1955, II, pag. 1094, n. 471, e pag. 1206, n. 525.

Si discute, invece, sul grado di estensione della inefficacia, in parola, sostenendo alcuni che questa riguardi soltanto i ere ditori anteriori aU'ammissione della procedura di amministra

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785 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 786

I La Corte, eoo. — A contestare rammissibilitä del gra

vame gli appellati deducono ehe la Societä. Russo b stata

sottoposta dal Tribunale di Benevento ad amministrazione

controllata, onde la inefficacia del gravame, perehe quale atto di straordinaria amministrazione non risulta autoriz zato dal Giudice delegato, no dal commissario giudiziale.

La obiezione non ha fondamento perehe, non avendo

gli appellati provato ohe il Tribunale di Benevento, con il particolare deoreto previsto dalPart. 191 legge 1942 n. 267, abbia affidato ai commissario giudiziale, nominato a norma del n. 3 del precedente art. 188, la gestione della

impresa e l'amministrazione dei beni del debitore, con la relativa determinazione dei poteri, resta applicabile alla

fattispecie la norma dell'art. 167 precitata legge, per la

quale il debitore, sottoposto a quella procedura, conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sia pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la

direzione del giudice delegato, salva, per gli atti menzionati ai capoverso di detto articolo, la necessitä, dell'autorizza zione scritta del giudice delegato.

Taie capoverso menziona, dopo i mutui, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le conces sioni di ipotecbe e di pegno, ecc., gli atti eccedenti la ordi naria amministrazione.

£ noto ebe una definizione tradizionale identifica gli atti di ordinaria amministrazione in quelli ebe, senza alte rare la integrity del patrimonio, sono rivolti alla conserva

zione, alla fruttificazione, ai miglioramento del patrimonio istesso ; gli atti di straordinaria amministrazione in quelli ebe mutano la consistenza dei cespiti capitali.

La definizione e oggi ritenuta equivoca e si e quindi tentato di sostituirla eon altra.

In proposito si & rilevato ehe una distinzione fra atto di ordinaria e straordinaria amministrazione non puo rite nersi desumendola dalle varie norme ehe impongono deter minate cautele (autorizzazioni - approvazioni) all'attivita di determinati soggetti amministratori (padre-tutore - cura toreereditä - curatore fallimento, ecc.), perche queste norme non presuppongono una chiara distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione.

In effetti esse richiedono o non la tutela per determi nati atti (attribuendo quindi minori o maggiori poteri al

Tammmistratore), a seconda ehe si tratti di uno o di altro

amministratore, in considerazione delle caratteristiche del

patrimonio, del suo titolare, della posizione dell'amministra tore rispetto all'uno e all'altro.

Neppure puõ ritenersi sussistere due grandi categorie. di atti di amministrazione, con caratteri ontologici ben

distinti, in una delle quali, quello di straordinaria ammini

strazione, rientrerebbero gli atti di disposizione. La stessa legge, richiedendo o non la cautela per deter

minati atti, a seconda della qualitä dell'amministratore, mostra di prescindere dalla considerazione della natura dell'atto.

Dunque un atto tipicamente di amministrazione o di di

sposizione puõ essere considerato, rispettivamente, di straor dinaria amministrazione e di ordinaria amministrazione.

Confortano in tali sensi l'art. 374 cod. civ., per il quale il tutore pu6, senza autorizzazione, acquistare i mobili

(atto di disposizione) necessari per 1'amministrazione del

patrimonio del minore, e contrarre le obbligazioni ehe ri

guardano le spese necessarie per 1'ordinaria amministra zione del patrimonio ; e 1'art. 1572 ood. civ. per il quale la loeazione (atto di amministrazione) ultranovennale e atto eccedente la ordinaria amministrazione, e cosi le anticipa zioni del corrispettivo della loeazione per la durata supe riore ad un anno, ecc.

zione controllata e altri anche quelli ehe abbiano acquisito cre diti nel eorso della procedura medesima.

Nel secondo senso vedi in giurisprudenza le scritenze teste riferite Cass. 30 luglio 1951, n. 2225 ; App. Roma 18 febbraio 1950, e Trib. Roma 24 luglio 1957, e, in dottrina, De Martini, op. eit., 229 ; Satta, Istituzioni diritio fallimentare, Roma, 1957, pag. 419 segg. . Azzolina, op. eit., pag. 1267, nota 2 ; contra, Pazzaglia, op. eit., pag. 84, nota 101.

Dalle varie disposizioni e dai vari elenchi, pur fra tante

incertezze, puo trarsi perõ una conclusion© sicura : il legis lator© si 6 preoccupato di salvaguardare il patrimonio (degli incapaci o di determinati soggetti) nella sua poten zialitä economica (e non nella sua identitä numerica e qua litativa) ed ha condizionato a determinate cautele l'eser cizio degli atti, che ledono o possono ledere gravemente il

patrimonio, e non tanto sotto il punto di vista della loro

qualificazione giuridica, quanto e sovrattutto per il loro contenuto economico. Onde puõ dirsi clie unico criterio

distintivo e il rischio o il pericolo della diminuzione dell'in

tegritä patrimoniale. Con l'avvertenza perõ ehe la gravity di quel rischio o di quel pericolo deve essere valutata diver -

samente a seconda del patrimonio tutelato, in quanto e chiaro che il rischio normale, entro certi limiti, per certi

patrimoni, puõ non esserlo per altri patrimoni. In definitiva occorre por mente all'interesse considerato dalla legge nel

fissare le cautele.

Nel caso delPamministrazione controllata e da conside

rare che in questo, a differenza che nel fallimento, non

avviene uno spossessamento dell'imprenditore ; a lui e con servata di regola la gestione dell'impresa ; fine dell'istituto e quello di instradare il patrimonio del debitore verso una

situazione sana; ciõ perõ deve avvenire senza eccessivi

vincoli, ehe altrimenti ne sarehbe impedito lo stesso eser cizio dell'impresa, presupposto del suo risanamento ; quindi i limiti defrbono funzionare nelle sole relazioni suscettihili di recar danno ai creditori, e non un mero danno ipotetico e eventual©, insito in ogni attivitä di commercio o di in

du stria.

Ora alienar© un prodotto della industria (che pur e un

atto di disposizione, ma insuscettibile di recar danno, e che

si inserisce nel normale esercizio dell'impresa, ed e quindi atto di amministrazione ordinaria) ; instare in giudizio per la risoluzione del relativo contratto, per il residuo prezzo, e pei danni; resistere al giudizio da altri promosso per tale

risoluzione ; esercitare l'impugnazione avverso sentenza sfa

vorevole non costituiscono atti eccedenti la ordinaria am

ministrazione, e posto ch© la capacity processuale del sotto

posto ad amministrazione controllata si adegua a quella di caratter© sostanziale. Egli in tal campo (processuale) subisce le sole limitazioni corrispondenti a quell© di diritto

sostanziale, e puõ stare in giudizio per quegli ©ffetti giuridici che puõ produrre senza autorizzazione del giudice.

Nõ contro si dica che il pericolo alla integritä del patri monio, nel caso di proposizione di giudizio o di impugna zione, sarebbe dato dall'eventuale condanna alle spese. Lo

stesso legislator©, equiparando, almeno nel caso dell'art.

320 cod. civ., capacitä sostanziale e capacita processuale, ha

dimostrato di non ritenere elemento discriminatore quel

pericolo.

Dunque l'appello venne proposto da chi era legitti mato a proporlo.

Comunque, poiche l'art. 167, 2° comma, commina quale sanzione alia mancata autorizzazione, non la invaliditä del

l'atto, ma la sua inefficacia rispetto ai creditori, cioe la

inefficacia relativa dell'atto, analoga a quella prevista per il fallimento, essa non potrebb© esser fatta valere che dai

creditori, © dagli organi preposti all'amministrazione con

trollata, e non giä da terzi, © sempre per il conseguimento dei fini propri di quella amministrazione. Quindi non dagli

appellati. Per questi motivi, ecc.

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