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sentenza 21 dicembre 1983, n. 341 (Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 21 dicembre 1983, n. 341 (Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rel. Paladin; Suppa (Avv. Grassi) c. Comune di Mira (Avv. Forlati); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Angelini Rota). Ord. T.A.R. Veneto 5 luglio 1976 (Gazz. uff. 16 febbraio 1977, n. 44) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 643/644-647/648 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175846 . Accessed: 25/06/2014 02:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.109 on Wed, 25 Jun 2014 02:54:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 21 dicembre 1983, n. 341 (Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rel. Paladin; Suppa (Avv. Grassi) c. Comune di Mira (Avv. Forlati); interv. Pres. cons.

sentenza 21 dicembre 1983, n. 341 (Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rel.Paladin; Suppa (Avv. Grassi) c. Comune di Mira (Avv. Forlati); interv. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Angelini Rota). Ord. T.A.R. Veneto 5 luglio 1976 (Gazz. uff. 16 febbraio 1977, n. 44)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 643/644-647/648Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175846 .

Accessed: 25/06/2014 02:54

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PARTE PRIMA

II

Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe il Pretore di

Sampierdarena ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 304 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, che

stabiliva un nuovo meccanismo per la determinazione delle tariffe

telefoniche, per contrasto con gli art. 3, 23 e 41, 2° e 3° comma, e 53, 1° comma, Cost.;

che tale questione è stata sollevata contestualmente all'emana

zione del provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., senza avere nello stesso tempo provveduto ex art. 702 c.p.c.; e che pertanto il

giudizio sottoposto all'esame del giudice a quo doveva conside

rarsi esaurito.

Considerato che identica questione è già stata dichiarata inam

missibile con sentenza n. 186 del 1976 (Foro it., 1976, I, 2033) e

manifestamente inammissibile con ordinanza n. 117 del 1982; che non sussistono motivi perché la corte debba discostarsi dal

proprio orientamento giurisprudenziale. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla corte. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta

inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del

l'art. 304 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, in riferimento agli art. 3,

23, 41, 2° e 3° comma, e 53, 1° comma, Cost., sollevata dal

Pretore di Sampierdarena con l'ordinanza di cui in epigrafe.

III

Ritenuto che con ordinanza datata 23 febbraio 1976, il Pretore del Gallarate, adito ex art. 700 c.p.c. in ordine all'aumento delle

tariffe telefoniche, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 304 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, per contrasto con l'art. 23 Cost.;

che, nel corso del procedimento a quo, era stata presentata istanza di sospensione, per essere stato proposto ricorso per cassazione per regolamento preventivo di giurisdizione.

Considerato che questa corte, con numerose pronunce, ha più volte ribadito che è inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dopo la proposizione del ricorso per

regolamento di giurisdizione, segnatamente quando le norme so

spette di incostituzionalità rilevino proprio per la risoluzione del

la questione di giurisdizione; che tale orientamento è stato affermato in una fattispecie

identica a quella sottoposta al giudizio della corte con la sentenza n. 186 del 1976 (Foro it., 1976, I, 2033) ed anche più recente mente ribadito con le sentenze nn. 43 del 1980 (id., 1980, I,

1261) e 173 del 1981 {id., 1981, I, 2624); che non sussistono motivi perché la corte debba discostarsi dal

proprio orientamento giurisprudenziale. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla corte.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta

inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del l'art. 304 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, con riferimento all'art. 23

Cost., sollevata dal Pretore di Gallarate con l'ordinanza di cui in

epigrafe.

IV

Considerato che il Pretore di Bologna, con ordinanza 12 settembre 1980, ha dichiarato, a norma dell'art. 700 c.p.c., che sussiste il diritto dei ricorrenti Pasquale Bonamassa e Francesca Indelicato ad essere inclusi, quali privi della vista, nell'elenco

degli invalidi di cui all'art. 19 1. 2 aprile 1968 n. 482 (disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le p.a. e le aziende

private), e si è riservato di provvedere con altra ordinanza sul

l'ulteriore corso del procedimento, senza fissare il termine peren torio per l'inizio del giudizio di merito, imposto dall'art. 702, 2°

comma, c.p.c.; rilavato che lo stesso pretore con ordinanza 29 dicembre 1980

— a scioglimento della precedente riserva — ha sollevato,

d'ufficio, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 23, 2°

comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in riferimento agli art. 134 e 24, 1° comma, Cost, e all'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n.

1 (norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipenza della Corte costituzionale); e dell'art. 6, 2° comma, 1. n. 482 del 1968, in riferimento agli art. 3, 1° comma, 4, 1°

comma, 35, 1° comma, 38, 4° comma, Cost.; rilevato che il pretore, dopo aver emanato il provvedimento di

urgenza, ha il solo obbligo — prescritto dal citato art. 702, 2°

comma, c.p.c. — di fissare il termine perentorio per l'inizio della

causa di merito e non è legittimato a sollevare questioni di

legittimità costituzionale dato che non è pendente il giudizio di

merito sul quale debbano esplicare influenza tali questioni.

Ritenuto, pertanto, che le questioni di legittimità costituzionale

proposte dal Pretore di Bologna sono manifestamente inammissi

bili, secondo la costante giurisprudenza di questa corte (sent. n.

186 del 1976, Foro it., 1976, I, 2033; ord. n. 183 del 1983, id.,

1983, I, 2608). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta

mente inammissibili le questioni, proposte dal Pretore di Bologna con l'ordinanza in epigrafe, concernenti la legittimità costituziona

le dell'art. 23, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla

costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in

riferimento agli art. 134 e 24, 1° comma, Cost. ell. cost. 9

febbraio 1948 n. 1 (norme sui giudizi di legittimità costituzionale

e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale) e

dell'art. 6, 2° comma, 1. 2 aprile 1968 n. 482 (disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le p.a. e le aziende private) in

riferimento agli art. 3, 1° comma, 4, 1° comma, 35, 1° comma, 38, 4° comma, Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 dicembre 1983, n. 341

(Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rei.

Paladin; Suppa (Aw. Grassi) c. Comune di Mira (Aw. For

lati); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Angelini

Rota). Ord. T.A.R. Veneto 5 luglio ,1976 i(Gazz. uff. 16 febbraio

1977, n. 44).

Sanitario — Condotto — Determinazione di stipendio minimo —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 5, 81; r.d. 3

marzo 1934 n. 383, t.u. legge comunale e provinciale, art. 156; r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, t.u. leggi sanitarie, art. 55, 63; 1. 15

febbraio 1963 n. 151, modificazioni degli art. 41, 66 e 67 t.u.

delle 1. sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265, art. 3).

È infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimen to agli art. 5 e 81, 4° comma, Cost., dell'art. 3 l. 15 febbraio 1963

n. 151, nella parte in cui stabilisce che gli stipendi minimi dei

medici e veterinari condotti non possono essere inferiori allo

stipendio degli impiegati dello Stato aventi diritto al coeffi ciente 271. ( 1)

(1) L'ordinanza di rimessione 5 luglio 1976 del T.A.R. Veneto è massimata in Foro it., 1977, III, 455, con nota di richiami.

La sentenza, per la parte che riguarda la pretesa violazione dell'au tonomia comunale di cui all'art. 5 Cost., conferma un proprio prece dente: Corte cost. 20 giugno 1977, n. 118 (id., 1977, I, 2094, con nota di richiami e 2417, con nota di Chiti) aveva escluso l'incostituzio nalità dell'aggancio allo stipendio degli impiegati statali aventi diritto all'allora coefficiente 271, dello stipendio minimo dei medici condotti, in riferimento agli art. 3, 5 e 128 Cost., in particolare sotto il profilo della (pretesa) violazione della garanzia costituzionale dell'autonomia dei comuni. Allora la motivazione fu incentrata soprattutto sul limite di tale garanzia nei confronti di esigenze statali da considerarsi

prevalenti: « il principio dell'autonomia comunale non può com

portare una autonoma e ingiustificata eliminazione di ogni potestà di intervento statale, sul piano legislativo, nell'ambito dei principi gene rali e nel perseguimento di quei fini che lo Stato riconosce come

propri anche nell'articolazione che si esprime a livello delle ammi nistrazioni locali »; in questa prospettiva, era parso pertinente il richiamo ad un altro precedente della stessa Corte costituzionale: sent. 28 marzo 1969, n. 52, id., 1969, I, 1047, con nota di richiami (annotata da Grosso e Berti, in Giur. costit., 1969, 605 e

609; v. anche La Torre, in Aron, it., 1969, 393), che aveva escluso

l'incostituzionalità, per la (pretesa) violazione della garanzia co stituzionale dell'autonomia dei comuni e delle province, dell'art. 4 1. 27 giugno 1942 n. 851, che consente alle province solo in via transitoria e per casi tassativamente prestabiliti, di scegliere e nomi nare il proprio segretario generale, e degli art. 23 e 46 1. 8 giugno 1962 n. 604, secondo cui i segretari provinciali sono nominati in base a concorso. La sentenza che ora si riporta, alla motivazione di allora, aggiunge un'altra considerazione: l'autonomia costituzionalmente ga rantita dei comuni (e delle province) può essere limitata anche per le esigenze di assicurare una omogeneità di trattamento dei loro dipen denti, in vista dell'attuazione delle norme costituzionali sulla retribu zione dei lavoratori; sono evidenti, in questa aggiunta, i riflessi dell'esperienza della contrattazione collettiva nel pubblico impiego (a tal proposito cfr. la nota di richiami a T.A.R. Lazio, sez. I, 1° ottobre 1983, n. 890 e 16 giugno 1982, n. 591, in Foro it., 1983, III, 325-329), sviluppatasi nel frattempo, la quale, in nome del principio di uguaglianza nel trattamento retributivo di prestazioni uguali, indi pendentemente dalle caratteristiche dei singoli enti, perseguita attra verso la unicità della trattativa e del decreto presidenziale che ne recepisce gli esiti, sicuramente ha avuto una valenza negativa nei confronti dell'autonomia di tali enti: v. adesso la legge quadro

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Page 3: sentenza 21 dicembre 1983, n. 341 (Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rel. Paladin; Suppa (Avv. Grassi) c. Comune di Mira (Avv. Forlati); interv. Pres. cons.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Successivamente all'emissione dell'ordinanza in

esame, la corte si è già pronunciata circa la legittimità costituzio nale dell'art. 3 1. n. 151 del 1963 (nella parte concernente gli stipendi minimi dei medici condotti), in riferimento agli art. 5 e

128 Cost. La sentenza n. 118 del 1977 (Foro it., 1977, I, 2094) ha

ritenuto che la censura non fosse fondata, precisando — in

particolar modo — che la norma impugnata rispondeva « all'esi

genza, di indubbio e preminente interesse pubblico, di assicurare

sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 (Le leggi, 1983, 605), che con gli art. 1 e 10 investe, sia pure in varia misura, addirittura l'autonomia delle regioni, anche di quelle a statuto

speciale. Sempre in relazione alla prima massima, si deve osservare che,

sulla scia della sentenza della Corte costituzionale n. 118/77, la

giurisprudenza amministrativa ha più volte dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 3 1. n. 151/63, prevalentemente sotto il profilo della (pretesa) violazione della garan zia costituzionale dell'autonomia dei comuni: sez. V 2 marzo 1979, n. 113 (norme parametro: art. 3, 5 e 128 Cost.), Foro it., Rep. 1979, vo ce Sanitario, n. 20; 20 gennaio 1978, nn. 80 e 81 (norme parametro: art. 3, 5, 81, 116 e 128 Cost.), 14 aprile 1978, n. 435 (norme parametro: art. 3, 5 e 128 Cost.), id., Rep. 1978, voce cit., nn. 24-26.

Prevalentemente, ma, come risulta dai richiami delle norme costitu zionali invocate come parametro, non esclusivamente; infatti, tra

l'altro, affiora anche il profilo della violazione dell'art. 71, 4° comma, Cost.: oltre a sez. V, nn. 80 e 81/78, cit., v. sez. V 20 gennaio 1978, n. 78, ibid., n. 33.

L'altra censura di incostituzionalità della medesima norma, ap punto sotto il diverso profilo dell'affermata violazione dell'art. 81, 4° comma — censura, secondo la quale questo principio costituzionale sarebbe vanificato « se allo Stato fosse consentito di aumentare le

spese pubbliche, aggravando quelle degli enti pubblici minori isti tuendo ulteriori oneri per i loro bilanci senza attribuire loro i

corrispondenti mezzi per farvi fronte » — era sostenuta col richia mo alla sentenza 8 giugno 1981, n. 92, id., 1981, I, 1835, con nota di richiami (annotata da Bardusco, in Giur. costit., 1981, 1,

1050, e da Bartole, in Le regioni, 1981, 1061). La sent. 92 ha dichiarato

l'incostituzionalità, per violazione appunto, dell'art. 81, 4° comma, dell'art. 6 1. 9 ottobre 1971 n. 824, che prevede determinati benefici

per i dipendenti pubblici ex combattenti, nella parte in cui non indica con quali mezzi i comuni, le aziende municipalizzate ed i

relativi consorzi faranno fronte agli oneri finanziari cosi posti al loro

carico; e la corte esclude l'incostituzionalità anche sotto questo profilo dell'impugnato art. 3 1. 151/63, con una serie di distinguo tra il caso ora deciso e quello allora considerato.

La portata della sentenza in epigrafe può essere valutata so lo in relazione alla evoluzione che in questi anni hanno avuto le fonti del trattamento economico dei medici condotti, e la stessa

disciplina e anzi esistenza delle condotte mediche. Come risulta anche dal contenuto delle censure che la corte ha

respinto, tradizionalmente la norma la cui incostituzionalità è stata

esclusa, è considerata per i limiti che essa pone all'autonomia

comunale; per la determinazione in concreto di questi limiti, si è

sviluppata una giurisprudenza amministrativa che non ha presentato modificazioni dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 118/77, specialmente per quel che riguarda le due affermazioni fondamentali:

a) che il rinvio agli stipendi dei dipendenti statali aventi diritto all'ex coefficiente 271 (poi parametro 218: Cons. Stato, sez. V, 7

aprile 1978, n. 403, Foro it., Rep. 1978, voce Sanitario, n. 40), per la determinazione del trattamento economico dei medici condotti, deve considerarsi dinamico, con la conseguenza che ogni successivo au mento dello stipendio dei dipendenti statali aventi diritto a tale coefficiente si deve riflettere automaticamente su quel trattamento economico (Cons. Stato, sez. V, 2 marzo e 31 luglio 1979, nn. 113 e

551, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 25, 22; T.A.R. Veneto 14 dicembre

1978, n. 1080, ibid., n. 26; Cons. Stato, sez. I, 12 marzo 1976, n.

430/74, id., Rep. 1978, voce cit., n. 32; T.A.R. Marche 6 maggio 1977, n. 114, id., Rep. 1977, voce cit., n. 22; v., anche, La Torre, in Amm. it., 1978, 1149); ti) che però l'aggancio cosi realizzato tra i trattamenti economici di dipendenti statali e dei medici condotti vale solo per lo stipendio minimo iniziale di questi, perché la determina zione della progressione economica delle retribuzioni di tali medici è

comunque riservata all'autonomia comunale, nei più generali limiti

posti dall'art. 228 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383 (Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 1982, n. 376, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 26; 29 aprile 1981, n. 220, id., Rep. 1981, voce cit., n. 27; 31 luglio 1979, n. 551, id., Rep. 1979, voce cit., n. 22; 31 marzo, 7 aprile e 28 luglio 1978, nn. 379, 403 e 882, id., Rep. 1978, voce cit., nn. 31, 37, 36; e, in

particolare, per l'esclusione dell'applicazione automatica al trattamen to economico dei medici condotti degli scatti biennali del 2,50 %

previsti per lo stipendio dei dipendenti statali, sez. V 31 luglio 1979, n. 551, id., Rep. 1979, voce cit., n. 28).

È proprio perché comunque la determinazione del trattamento economico dello stipendio dei medici condotti era lasciata per il resto all'autonomia comunale, e che la limitazione di questa deriva

sempre più dallo sviluppo, all'inizio anche solo informale, della contrattazione collettiva e dei suoi moduli tipici, che l'attenzione della giurisprudenza amministrativa si è d'altra parte concentrata

soprattutto sull'inquadramento retributivo di tali medici nei vari livelli: v., in vario senso e sotto diversi profili, Cons. Stato, sez. I,

che localmente l'assistenza sanitaria sia la migliore possibile, attraverso la oculata scelta del personale, ovviamente condiziona

ta, fra l'altro, da un congruo trattamento economico ». E quella conclusione va ora mantenuta ferma, aggiungendo ai motivi già esposti dalla corte la considerazione che la 1. n. 151 ha giusta mente inteso recuperare — come è stato notato in dottrina —

un'elementare omogeneità di trattamento fra i medici condotti; sicché in questo campo l'autonomia comunale non può essere

enfatizzata, ma va coordinata con gli altri valori costituzionali

rilevanti nella specie, a partire dal diritto di ciascun lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del

proprio lavoro.

2. - Formalmente e sostanzialmente nuova è invece l'altra

censura proposta dal T.A.R. per il Veneto, in riferimento al 4°

comma dell'art. 81 Cost Ma, anche in tal senso, la questione è

infondata.

Impropriamente la difesa del comune di Mira ha richiamato in

proposito la sentenza n. 92 del 1981 (id., 1981, I, 1835), in tema di ex combattenti, là dove la corte ha affermato che non è

consentito al legislatore di addossare « ad enti, rientranti nella

cosi detta finanza pubblica allargata, nuove e maggiori spese, senza indicare i mezzi con cui farvi fronte »; ed ha cercato cosi di avvalorare la tesi del giudice a quo, che l'art. 3 1. n. 151 non

potesse legittimamente ancorare, senza che ai comuni interessati

venissero attribuite specifiche risorse adeguate allo scopo, gli

stipendi minimi dei medici condotti « allo stipendio degli impiega ti dello Stato aventi diritto al coefficiente 271 ai sensi della

tabella allegata al d.p.r. 11 gennaio 1956 n. 19» (e successive

modificazioni). Al di là d'ogni altro aspetto del problema, un

complesso di ragioni dimostra che in realtà non sussiste la

pretesa corrispondenza fra il presente caso e la questione dei

benefici concessi al personale ex combattente: come infatti sarà

subito chiarito, la maggiore spesa derivante dalla norma impugna ta (prima dell'istituzione del servizio sanitario nazionale) incideva

assai diversamente sulle varie amministrazioni comunali, non era

quantificabile da parte del legislatore e comunque risultava me

ramente eventuale.

Va tenuto presente, anzittutto, che l'obbligo di provvedersi di

« almeno un medico chirurgo condotto » gravava in prima linea — stando all'art 55, 1° comma, t.u. delle leggi sanitarie, approva to con r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 — sui comuni in cui non

risiedessero « medici... liberi esercenti »: poiché, in quest'ultima

ipotesi, i medici stipendiati dal comune venivano principalmente chiamati a provvedere all'« assistenza dei poveri » (cfr. il 2°

comma dell'art. 55) ed anzi dovevano semplicemente completarla — se ed in quanto necessario — dove le apposite opere o altre

fondazioni curassero in tutto od in parte l'assistenza medesima

(in base al 4° comma del citato articolo); mentre era ancora

diverso, per contro, il caso dei comuni che temporaneamente non

potessero affatto assicurare il servizio di assistenza medico-chirur

gica, in ordine ai quali si provvedeva con decreto dell'autorità di

vigilanza — secondo l'art. 57 del predetto t.u. — non solo alle

nomine dei medici condotti, ma anche alla discrezionale determi

nazione dei compensi loro spettanti, a carico delle rispettive amministrazioni comunali.

In secondo luogo, dopo la sopravvenienza della 1. n. 151 del

1963, poteva da un lato accadere che il trattamento minimo dei

medici condotti risultasse migliore di quello autonomamente stabi

lito ad opera dei singoli comuni, anche per effetto del rinvio

dinamico al trattamento dei ricordati dipendenti statali, e d'altro

lato era sempre possibile che fossero invece i comuni interessati a

prevedere uno stipendio più elevato: come è dimostrato dalle

vicende del ricorrente nel giudizio a quo, la cui retribuzione

complessiva sarebbe stata — a quanto avverte l'ordinanza di

rimessione — almeno inizialmente superiore al minimo di legge. Il che conferma che, nel determinare gli stipendi minimi, il

legislatore non era materialmente in grado di definire il maggiore

27 aprile 1979, n. 1580/78, id., Rep. 1982, voce cit., n. 23; 28

novembre 1980, n. 1171/78, ibid., n. 24; 16 novembre 1979, n.

1303/77, ibid., n. 25; sez. V 19 dicembre 1980, n. 971, id., Rep. 1981, voce cit-, n. 22 (v., anche, ibid., nn. 23, 29, T.A.R. Lombardia 16

luglio 1980, n. 857, sulla esigenza che il trattamento economico dei

medici condotti sia determinato in modo peculiare rispetto a quello

degli altri dipendenti comunali); sez. V 14 marzo e 16 maggio 1980, nn. 271 e 511, id., Rep. 1980, voce cit, nn. 16, 15; sez. I 20 gennaio

1978, n. 323/77, ibid., n. 34. L'entrata in vigore della 1. 23 dicembre 1978 n. 833, e del

conseguente decreto presidenziale delegato 20 dicembre 1979 n. 761, ha cambiato radicalmente il quadro normativo: v. in questo fascico

lo, III, 120, T.A.R. iLombardia 14 maggio 1983, n. 687; come, del

resto, era prevedibile già all'epoca della prima sentenza della Corte

costituzionale n. 118/77: v., infatti, il commento di Chiti, I me

dici condotti verso la riforma sanitaria, in Foro it., 1977, I, 2417.

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Page 4: sentenza 21 dicembre 1983, n. 341 (Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1983, n. 355); Pres. Elia, Rel. Paladin; Suppa (Avv. Grassi) c. Comune di Mira (Avv. Forlati); interv. Pres. cons.

PARTE PRIMA

onere e di fronteggiarlo con l'assegnazione di un'apposita entrata, tanto più in quanto l'eventuale onere era destinato a ripercuotersi — come nella specie — su esercizi finanziari di molto posteriori all'entrata in vigore della 1. n. 151, in dipendenza dell'imprevedi bile uso che ciascun comune avrebbe fatto della propria autono mia di spesa.

Ma determinante è comunque il terzo ordine di considerazioni,

già svolte dalla corte nella sentenza n. 118 del 1977, là dove s'è

osservato che i « pregiudizi » in questione potevano essere, « se

non eliminati, quanto meno attenuati, attraverso la costituzione di

consorzi, secondo la testuale previsione dell'art. 63 t.u. 1. sanita rie ». Certo, rispetto all'ordinaria facoltà di unirsi in consorzio, riconosciuta ai comuni dall'art. 156 1. comunale e provinciale del

1934, la costituzione dei consorzi sanitari di cui al 1° comma del

citato art. 63 veniva vigorosamente limitata nei suoi presupposti

giustificativi. Ma il presupposto primario era appunto rappresen tato dall'impossibilità di « provvedersi di un proprio medico

chirurgo », dovuta alle « condizioni economiche » dei comuni

interessati; sicché può ben dirsi che il rimedio alle maggiori spese del genere in esame era stato già prestabilito fin dal 1934. E

d'altra parte, se il rimedio stesso fosse risultato insufficiente, la

norma da impugnare — in nome dell'autonomia comunale —

sarebbe stata, se mai, quella a suo tempo stabilita dall'art. 63, 1° comma, r.d. n. 1265, non già quella introdotta dall'art. 67, 1° comma, decreto medesimo, nel testo sostituito dall'art. 3 1.

n. 151 del 1963.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 1. 15 febbraio

1963 n. 151, nella parte concernente gli stipendi minimi dei medici

condotti, sollevata dal T.A.R. per il Veneto — in riferimento agli art. 5 e 81, 4° comma, Cost. — con l'ordinanza indicata in

epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 novembre 1983, n.

326 (Gazzetta ufficiale 7 dicembre 1983, n. 336); Pres. Elia, Rei. Andriou; Lomastro c. Fall. sóc. Hilde Palmarosa; interv.

Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Sernicola). Ord. Trib. Monza 18 novembre 1980 (Gazz. uff. 14 ottobre 1981, n. 283).

Privilegio — Infortuni sul lavoro — Responsabilità civile del da

tore di lavoro — Credito del lavoratore — Privilegio generale mobiliare — Mancata previsione — Incostituzionalità (Cost., art. 3; cod. civ., art. 2751 bis; 1. 29 luglio 1975 n. 426, modificazioni al codice civile e alla 1. 30 aprile 1969 n. 153, in

materia di privilegi, art. 2; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u.

delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni del lavoro e le malattie professionali, art. 10).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 2751 bis, n. 1,

c.c., cosi come modificato dall'art. 2 l. 29 luglio 1975 n. 426, nella parte in cui non munisce del privilegio generale il credito

del lavoratore subordinato per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro, del quale sia responsabile il datore di lavoro, se e nei

limiti in cui il creditore non sia soddisfatto dalla percezione delle indennità previdenziali e assistenziali obbligatorie dovute

al lavoratore subordinato in dipendenza dello stesso infortu nio. (1)

'(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Monza 18 novembre 1980, massimata in Foro it., 1982, I, 896, si legge in Giur. costit., 1981, II, 1284.

Per la complessa problematica della tutela del lavoratore, in caso di infortunio sul lavoro in cui operi la tutela risarcitoria, v. Corte cost. 19 giugno 1981, n. 102, Foro it., 1981, 1, 2639, nonché in Giust. civ., 1981, I, 2466, con nota di Alpa.

Per una valutazione dell'art. 2751, nn. 4 e 5, c.c., prima della riforma di cui alla 1. 29 luglio 1975 n. 426, con riferimento alla diversità di trattamento tra lavoratore subordinato e libero professioni sta, v. Corte cost. 16 luglio 1973, n. 130, Foro it., 1973, I, 2345. Sul contenuto e sulla funzione del principio costituzionale di eguaglianza, v. Agrò, Principi fondamentali, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, 1975, 123 ss.; Romagnoli, ibid., 162 ss.: Cerri, L'eguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, 1976, 88 ss.

Sulla tendenza a porre in sempre maggior rilievo l'energia di la voro rispetto all'impegno della natura e dei capitali cfr., in motiva zione, Corte cost. 21 luglio 1983, n. 230, Foro it., 1984, I, 621, con riferimento al privilegio attribuito ai crediti dell'impresa artigiana.

* * *

Il diritto dei privilegi di fronte al principio di uguaglianza co

stituzionale.

1. - La controversia, nell'ambito della quale si è inserito il giudizio di legittimità costituzionale e la relativa pronuncia della corte, presen

Fatto. — 1. - Con ricorso ex art. 101 1. fall. Lomastro Carmine,

premesso che l'importo del danno patrimoniale era da determi

narsi in lire 73.810.400 mentre il danno morale era pari a lire

10.000.000, e che dal totale di lire 83.810.400 andava dedotto

l'ammontare della rendita corrisposta dall'I .n.a.i.l. capitalizzata in

lire 41.229.700, chiese l'ammissione al passivo del fallimento della

s.a.s. Hilde Palmarosa per lire 42.510.700 in via privilegiata ex art.

2751 bis, n. 1, c.c. per il danno che assumeva di aver subito per

ta tutte le caratteristiche più idonee per fare emergere l'incompatibilità della normativa, dettata dal legislatore in tema di privilegi, con il

principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. (1). Un dipendente riporta gravi lesioni personali a seguito di infortunio sul lavoro, in ordine al quale è stata riconosciuta la responsabilità penale del datore di lavoro (2). Sopraggiunto il fallimento dell'impresa, il dipendente chiede, con ricorso ex art. 101 1. fall., che venga inserito al passivo fallimentare il credito per risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro, per la parte non coperta dalla rendita corrisposta dall'I.n.a.i.l., a norma dell'art. 10 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (3). L'ammissione al passivo viene chiesta dal lavoratore in via privilegiata, a norma dell'art. 2751 bis

c.c., e la circostanza risulta di grande importanza pratica. Ciò in

quanto, a prescindere dal problema generale di definire, nell'ambito del

concorso, il grado di priorità del particolare tipo di credito risarcitorio, nella controversia specifica risultano quasi inesistenti, in relazione all'intera massa attiva, le possibilità di soddisfare le pretese dei creditori chirografari (4). Il tribunale fallimentare si trova però nell'im

possibilità di riconoscere il privilegio, previsto dall'art. 2751 bis, n. 1, per il credito risarcitorio derivante da infortunio sul lavoro. Quest'ul

timo, infatti, non è assolutamente riconducibile ad alcuna delle previ sioni della norma, anche a voler interpretare estensivamente le singole ipotesi legislative ed in particolare quei titoli di danno connessi al

rapporto di lavoro, che pure la disposizione in esame considera cause idonee di privilegio (5). L'unica possibilità di tutelare le ragioni del lavo ratore appare quella di far valere il carattere irrazionale della chiara

disparità di trattamento tra crediti derivanti da rapporto di lavoro, ancorché di natura risarcitoria, previsti dalla norma istitutiva dei

privilegi, e crediti, sempre risarcitori e connessi al rapporto di lavoro, ma diversi, per contenuto, dai primi, come è appunto il credito risarcitorio per fatto illecito del datore di lavoro, che, in violazione dell'art. 2087, abbia compromesso la futura capacità lavorativa del

dipendente (6).

(1) La materia dei privilegi, per il carattere eccezionale della normati va che la disciplina, pone in termini acuti il problema della compatibi lità della scelta legislativa con il principio costituzionale di eguaglian za. Sul problema generale, v. Cerri, Norma eccezionale, analogia, eguaglianza, in Giur. costit., 1982, I, 8 ss. nota a commento di Corte cost. 14 gennaio 1982, n. 2, 4 febbraio 1982, n. 20, 4 febbraio 1982, n. 22, Foro it., 1982, I, 332; ibid., 1247; ibid., 933.

(2) Su criteri di determinazione della responsabilità penale dell'im

prenditore, v. Pulitanò, Posizioni di garanzia e criteri d'imputazione personale nel diritto penale del lavoro, in Riv. giur. lav., 1982, IV, 178 ss., e Cass. 7 ottobre 1980, Gianfranceschi, Foro it., Rep. 1982, voce Infortuni sul lavoro, n. 260.

(3) Come è noto, si parla a riguardo di risarcimento del danno c.d.

differenziale, che, in base agli art. 1223 e 2059 c.c., deve comprendere non soltanto il danno non patrimoniale, ma anche quello patrimoniale non coperto dalle prestazioni erogate dall'ente assicuratore. V. sul

punto Cass. 10 maggio 1982, n. 2901, Foro it., Rep. 1982, vo ce Infortuni sul lavoro, n. 445. In dottrina, v. Gulotta, La

responsabilità civile dell'imprenditore per infortuni sul lavoro e malat tie professionali dei dipendenti. Crisi del sistema e possibili soluzioni, in Riv. giur. lav., 1980, IV, 339 ss.; Lamanna, La responsabilità civile

dell'imprenditore nei confronti del lavoratore infortunato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 102 del 19 giugno 1981, id., 1981, III, 200 ss.

Su tale ultima pronuncia v. Corte cost. 19 giugno 1981, n. 102, Foro it., 1981, I, 2639, e in Giust. civ., 1981, I, 2466, con nota di

Alpa. (4) Tale profilo costituisce l'occasione concreta dalla quale nasce la

questione di legittimità costituzionale. Su ciò v. Zagrebelsky, La

giustizia costituzionale, 1977, 84 ss.; da ultimo, Cass. 27 ottobre 1982, n. 5628, Foro it., Rep. 1982, voce Corte costituzionale, n. 42.

(5) Come ricorda la stessa Corte costituzionale, tale interpretazione è assolutamente prevalente. V. a riguardo Ruisi, A. e C. Palermo, I

privilegi, 1980, 99 ss.; Pratis, Della tutela dei diritti, in Commentario

Utet, 1972, 112. In giurisprudenza, v. Cass. 3 aprile 1964, n. 726, Foro

it., 1964, I, 1171. Ciò fa naturalmente escludere alla corte il ricorso alla tecnica delle

sentenze, interpretative di rigetto, sui cui limiti v. Pizzorusso, Garan zie costituzionali, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, 1981, 104 ss. Dato il quadro di tassatività, voluto dallo stesso

legislatore, del diritto dei privilegi, l'estensione del contenuto normativo alle ipotesi in cui ricorre la relativa ratio si ottiene solo attraverso la dichiarazione di incostituzionalità, v. Crisafulli, Lezioni di diritto

costituzionale, 1976, 365 ss. Sui rapporti tra analogia e principio di

eguaglianza v. Corte cost. 14 gennaio 1977, n. 13, Foro it., 1977, I, 259.

(6) Sull'irragionevolezza e irrazionalità come vizio di incostituzionali tà della legge, con riferimento all'art. 3 Cost., v. Zagrebelsky, La

giustizia costituzionale, cit., 26 ss. Per l'ineluttabile natura politica del controllo della corte, in presenza di enunciazioni di principio contenu te nella Costituzione, v. Modugno, Corte costituzionale e potere legislativo, in Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, a cura di Barile, Cheli, Grassi, 1982, 28 ss. Le «... equipol

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