sentenza 21 luglio 2000, n. 321 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 26 luglio 2000, n. 31);Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; Trib. Reggio Calabria c. Camera dei deputati (Avv. Panunzio).Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2743/2744-2749/2750Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195517 .
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2743 PARTE PRIMA 2744
direttivo e non dirigente del corpo della guardia di finanza), nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per essere am
messi al corso per la promozione a finanziere, l'essere senza
prole; dell'art. 36, 1° comma, lett. b), n. 3, stesso d.leg. 12
maggio 1995 n. 199, nella parte in cui include tra i requisiti necessari per essere ammessi ai corsi per il conferimento della
nomina a maresciallo, l'essere senza prole; dell'art. 2, 2° com
ma, d.leg. 31 gennaio 2000 n. 24 (disposizioni in materia di
reclutamento su base volontaria, stato giuridico e avanzamento
del personale militare femminile nelle forze armate e nel corpo della guardia di finanza, a norma dell'art. 1, 2° comma, 1. 20
ottobre 1999 n. 380), nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per la partecipazione ai concorsi per l'ammissione ai
corsi regolari delle accademie e a quelli degli istituti e delle scuole
di formazione, e tra i requisiti che debbono essere posseduti all'atto dell'ammissione ai corsi e mantenuti fino al transito in
servizio permanente o all'acquisizione della qualifica di aspiran
te, l'essere senza prole. Alle su elencate disposizioni deve estendersi in via conseguen
ziale la declaratoria d'incostituzionalità, trattandosi di previsio ni legislative del medesimo requisito dell'assenza di prole — ai
fini dell'accesso ai corsi di addestramento ed ai ruoli della guar dia di finanza e delle forze armate — censurato dal giudice a
quo e ritenuto da questa corte, con la presente sentenza, con
trastante con gli art. 2, 3, 30 e 31 Cost., sotto i profili sopra indicati.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, punto 3, 1. 29 gennaio 1942 n. 64 (modificazioni alle leggi di ordinamen to della regia guardia di finanza) nella parte in cui include, tra
i requisiti necessari per essere reclutati nel corpo della guardia di finanza, l'essere senza prole;
b) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, 2° comma, lett. b), r.d.l. 14 giugno 1923 n. 1281 (provvedimenti per la regia guar dia di finanza), come sostituito dall'art. 4 r.d.l. 24 luglio 1931 n. 1223, nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per essere reclutati nella guardia di finanza, l'essere senza prole;
c) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 35, 1° comma, 1. 10
giugno 1964 n. 447 (norme per i volontari dell'esercito, della
marina e dell'aeronautica e nuovi organici dei sottufficiali in
servizio permanente delle stesse forze armate), nella parte in
cui richiede, come condizione per l'ammissione ai vincoli an
nuali di ferma, l'essere senza prole;
d) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, 1° comma, lett. a), 1. 29 maggio 1967 n. 371 (disposizioni sul reclutamento degli ufficiali in servizio permanente della guardia di finanza), nella
parte in cui include, tra i requisiti necessari per essere ammessi
al corso di cui al precedente art. 2, n. 1), l'essere senza prole;
e) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, 1° comma, n. 4), 1. 10 maggio 1983 n. 212 (norme sul reclutamento, gli organici e l'avanzamento dei sottufficiali dell'esercito, della marina, del
l'aeronautica e della guardia di finanza) — abrogato dall'art.
40 d.leg. n. 196 del 1995 — nella parte in cui include, tra i
requisiti necessari per partecipare all'arruolamento di cui al pre cedente art. 4, l'essere senza prole;
f) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 11,2° comma, lett. a), n. 3, d.leg. 12 maggio 1995 n. 196 (attuazione dell'art. 3 1.
6 marzo 1992 n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica
alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento <iel personale non direttivo delle forze armate), nella parte in cui include, tra
i requisiti necessari per essere ammessi ai concorsi di cui alla lett. a) del 1° comma del medesimo art. 11, l'essere senza prole;
g) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, 1° comma, lett. c),
d.leg. 12 maggio 1995 n. 199 (attuazione dell'art. 3 1. 6 marzo
1992 n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del corpo della guardia di finan
za), nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per essere
ammessi al corso per la promozione a finanziere, l'essere senza
prole, nonché dell'art. 36, 1° comma, lett. b), n. 3, stesso d.leg.
Il Foro Italiano — 2000.
12 maggio 1995 n. 199, nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per essere ammessi ai corsi per il conferimento della
nomina a maresciallo, l'essere senza prole;
h) dichiara, in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, 2° comma, d.leg. 31
gennaio 2000 n. 24 (disposizioni in materia di reclutamento su
base volontaria, stato giuridico e avanzamento del personale mi
litare femminile nelle forze armate e nel corpo della guardia di finanza, a norma dell'art. 1, 2° comma, 1. 20 ottobre 1999
n. 380), nella parte in cui include, tra i requisiti necessari per la partecipazione ai concorsi per l'ammissione ai corsi regolari delle accademie e a quelli degli istituti e delle scuole di forma
zione, e tra i requisiti che debbono essere posseduti all'atto del
l'ammissione ai corsi e mantenuti fino al transito in servizio
permanente o all'acquisizione della qualifica di aspirante, l'es
sere senza prole.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 luglio 2000, n. 321
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 luglio 2000, n. 31); Pres. Mirabeixi, Est. Zagrebelsky; Trib. Reggio Calabria
c. Camera dei deputati (Avv. Panunzio). Conflitto di attri
buzione.
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opi nioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla came
ra dei deputati — Fattispecie (Cost., art. 68).
Spetta alla camera dei deputati affermare l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, 1 ° comma, Cost., delle dichiarazioni espresse dall'on. Amedeo Matacena, secondo quanto deliberato dal
l'assemblea della camera in data 7 luglio 1998, in quanto il
contenuto delle dichiarazioni suddette corrisponde sostanzial
mente a quanto già affermato dal deputato in sede di eserci
zio di specifiche funzioni parlamentari (nella specie, un'inter
rogazione parlamentare e una dichiarazione di voto relativa
ad un provvedimento legislativo). (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 luglio 2000, n. 320
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 luglio 2000, n. 31); Pres. Mirabelli, Est. Zagrebelsky; G.i.p. Trib. Reggio Ca
labria c. Camera dei deputati (Avv. Luciani). Conflitto di
attribuzione.
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opi nioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla came
ra dei deputati — Fattispecie (Cost., art. 68).
Spetta alta camera dei deputati affermare l'insindacabilità, ai
sensi dell'art. 68, 1 ° comma, Cost., delle dichiarazioni espresse dall'on. Amedeo Matacena, secondo quanto deliberato dal
l'assemblea della camera in data 9 dicembre 1998, in quanto il contenuto delle dichiarazioni suddette corrisponde sostan
zialmente a quanto già affermato dal deputato in sede di eser
cizio di specifiche funzioni parlamentari (nella specie, un 'in
terrogazione parlamentare). (2)
(1-2) La Corte costituzionale torna a fare applicazione dei principi espressi nelle sentenze 17 gennaio 2000, nn. 11 e 10 (Foro it., 2000, I, 331, con nota di richiami e osservazioni di Romboli), dopo averlo
già fatto con le sentenze 15 febbraio 2000, nn. 58 e 56, e 24 marzo
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Diritto. — 1. - Il presente conflitto di attribuzione è stato
promosso dal Tribunale di Reggio Calabria contro la camera
dei deputati, in relazione alla delibera della camera stessa del 7 luglio 1998 con la quale è stato affermato che ricorrono le condizioni per l'applicazione in favore del deputato Amedeo
Matacena della garanzia prevista dall'art. 68, 1° comma, Cost., in relazione ad affermazioni da questi fatte durante una intervi
sta televisiva del 14 febbraio 1995 nei confronti di un magistra to, affermazioni per le quali, come è riferito nell'esposizione dei fatti di causa, è in corso un procedimento per diffamazione
aggravata, pendente presso l'ufficio giudiziario ricorrente. Ri
tiene il giudice ricorrente che l'impugnata deliberazione della
camera dei deputati sia espressione di una concezione dell'insin
dacabilità parlamentare più ampia di quella che la Costituzione
prevede, circoscrivendola alle opinioni espresse e ai voti dati
nell'esercizio delle funzioni, e su questa premessa ricorre per conflitto di attribuzione.
2. - La difesa della camera dei deputati eccepisce preliminar mente l'irricevibilità dell'atto introduttivo del giudizio e l'inam
missibilità del conflitto: l'irricevibilità, per avere il giudice ri
corrente utilizzato la forma dell'ordinanza, in luogo di quella del ricorso, prescritta dagli art. 37, 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, e 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale; l'inammissibilità, per avere trascurato di
espórre, sia pure sommariamente, il contenuto e le circostanze
delle dichiarazioni relativamente alle quali la camera dei depu tati ha dichiarato l'insindacabilità, nonché per aver omesso di
indicare le ragioni del conflitto, attraverso l'indicazione delle norme costituzionali che regolano la materia, conformemente
a quanto previsto nel medesimo art. 26, già ricordato.
Le eccezioni non sono fondate.
Quanto ali'irricevibilità, è sufficiente richiamare gli argomen ti con i quali questa corte ha ritenuto, per l'ipotesi di conflitto
promosso dall'autorità giudiziaria, che l'atto introduttivo in for ma di ordinanza sia idoneo a promuovere il giudizio per con
flitto di attribuzione tutte le volte in cui esso corrisponda, nel
contenuto, al ricorso quale disciplinato dalla legge (per tutte, sentenza n. 10 del 2000, Foro it., 2000, I, 332). Nella specie, tale corrispondenza non è contestata, salvo che per quanto ri
guarda la mancata sottoscrizione dell'atto da parte di tutti i membri del collegio giudicante. Ma tale somma di sottoscrizio
ni, la cui necessità la difesa della camera ritiene essere stata
affermata da questa corte nella sentenza n. 10 del 2000, in quel l'occasione era stata rilevata come mera constatazione relativa
all'atto allora considerato che non contraddice la regola genera le per la quale l'atto introduttivo del conflitto promosso da un
organo collegiale deve essere sottoscritto da chi lo rappresenta, vale a dire dal suo presidente. Quanto all'inammissibilità, pro
spettata con la doglianza circa la mancata esposizione del con
2000, n. 82 (ibid., 1041 e 1350, con note di richiami), ma concludendo
questa volta a favore della camera dei deputati. La corte, più in parti colare, fa applicazione, definendone quindi meglio i contorni, della ne
cessaria, ai fini dell'immunità di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., «so stanziale corrispondenza» tra il contenuto delle dichiarazioni censurate del parlamentare e quello di atti parlamentari precedenti, sembrando voler intendere questo concetto con una certa ampiezza e quindi riser vandosi un margine di discrezionalità nell'applicazione dello stesso. Ciò
parrebbe potersi ricavare dal passo della motivazione in cui la «sostan ziale corrispondenza» sembra non essere assolutamente necessaria, ma solamente indicativa dell'(d quod plerumque accidit («occorre che la dichiarazione possa essere qualificata come 'espressione di attività par lamentare', il che normalmente accade se ed in quanto sussista una sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'esercizio delle attività parlamentari tipiche svolte in parlamento e le opinioni già espresse nell'ambito di queste ultime»).
I ricorsi erano stati dichiarati ammissibili da Corte cost., ord. 29 ottobre 1999, n. 414, e 16 luglio 1999, n. 319, G.U., 1" s.s., nn. 44 e 29 del 1999. Per la dichiarazione di ammissibilità di analoghi ricorsi, v. Corte cost., ord. 15 febbraio 2000, nn. 62 e 61, Foro it., 2000, I, 1391, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.
In tema di conflitto tra autorità giudiziaria e camere in ordine all'am bito di applicazione dell'immunità di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., v. pure Corte cost., ord. 11 luglio 2000, n. 264, G.U., la s.s., n. 30 del 2000, che ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'autorità giudi ziaria per inidoneità dell'atto introduttivo ad instaurare regolarmente un conflitto tra poteri. [R. Romboli]
Il Foro Italiano — 2000.
tenuto e delle circostanze delle dichiarazioni relativamente alle
quali la camera dei deputati ha dichiarato l'insindacabilità —
dichiarazioni il cui contenuto è peraltro puntualmente indicato
nell'atto introduttivo del presente giudizio —, è assorbente il
rilievo che il conflitto viene proposto in relazione a un atto del la camera stessa, onde è quest'ultimo a dover essere puntual mente identificato dal ricorrente, ciò che, nella specie, non è
dubitabile sia avvenuto. Quanto, infine, alla pretesa insufficien
za delle indicazioni circa le ragioni del conflitto tramite l'indi
cazione delle norme costituzionali che regolano la materia, è
sufficiente richiamare le considerazioni spese da questa corte, in relazione ad analoga eccezione, nella sentenza n. 320 del 2000, che segue.
3. - Nel merito, il ricorso per conflitto di attribuzione propo sto dal Tribunale di Reggio Calabria non è fondato.
3.1. - Trattandosi di valutare l'applicabilità della prerogativa
parlamentare prevista dal 1° comma dell'art. 68 Cost, a dichia
razioni rese da un membro del parlamento a un organo di in
formazione, dichiarazioni dunque rilasciate al di fuori dell'eser
cizio di attività parlamentari tipiche, l'intero problema si risolve
nello stabilire se — ciò non di meno — esse siano «identificabili
come espressioni di attività parlamentare» (sentenze n. 10 del
2000, cit., e n. 329 del 1999, id., 1999, I, 3115) e quindi siano da ricomprendere nella sfera delle attività dei membri del parla mento assistite dalla garanzia costituzionale.
Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa cor
te, ai fini di tale identificazione non basta la semplice comunan
za di argomenti, oggetto di attività parlamentari tipiche e di
dichiarazioni fatte al di fuori di esse, né basta la riconducibilità
di queste ultime dichiarazioni a un medesimo «contesto politi co» (sentenze n. 375 del 1997, id., 1998, I, 342; n. 329 del 1999,
cit., e n. 58 del 2000, id., 2000, I, 1041, nonché n. 56 del 2000,
ibid.). Occorre invece che la dichiarazione possa essere qualifi cata come «espressione di attività parlamentare» (sentenze n.
10 del 2000, cit., e n. 11 del 2000, ibid., 331), il che normal
mente accade se e in quanto sussista una sostanziale corrispon denza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'eser
cizio delle attività parlamentari tipiche svolte in parlamento e
le opinioni già espresse nell'ambito di queste ultime.
Nell'ordinario svolgimento della vita democratica e del dibat
tito politico (sentenze nn. 10 e 56 del 2000), questo — la sostan
ziale corrispondenza e quindi il carattere divulgativo — è infatti 11 criterio che consente di identificare le dichiarazioni rese al
di fuori di quelle attività e ciononostante riconducibili o ineren
ti alla funzione parlamentare, distinguendole così da quelle che
ricadono nel diritto comune a tutti i cittadini e proteggendole tramite la speciale garanzia dell'art. 68, 1° comma, Cost., sen
za con ciò determinare situazioni ingiustificate di privilegio per sonale (sentenza n. 375 del 1997). L'attività dei membri delle
camere nello Stato democratico rappresentativo è per sua natu
ra destinata infatti a proiettarsi al di fuori delle aule parlamen
tari, nell'interesse della libera dialettica politica che è condizio
ne di vita delle istituzioni democratico-rappresentative (sentenze nn. 11 e 56 del 2000).
3.2. - Nella specie, il contenuto delle considerazioni svolte dal deputato Matacena in occasione della trasmissione televisiva
in questione, relativamente al conflitto esistente all'interno del
la magistratura di Reggio Calabria tra alcune sue componenti, al coinvolgimento in particolare del magistrato parte lesa nel
processo penale pendente davanti al tribunale ricorrente e al suo intento di ritornare in quella città, tramite un appoggio as
seritamente influente, per compiere diverse vendette (questo, in
sintesi, il contenuto delle dichiarazioni, più diffusamente ricor
date nell'esposizione dei fatti di causa), corrisponde sostanzial
mente a quanto già affermato dal deputato medesimo in sede
di esercizio di specifiche funzioni parlamentari. Con interroga zione dell'11 ottobre 1994, infatti, il deputato medesimo aveva
richiamato l'attenzione del ministro di grazia e giustizia dell'e
poca sulla situazione, quale a lui risultante, degli uffici giudi ziari reggini, su loro disfunzioni e su abusi in essi compiute, nonché sul ruolo che il magistrato, parte lesa nel processo pena le pendente di fronte al Tribunale di Reggio Calabria, vi avreb
be svolto: tutto con dovizia di particolari di cui è cenno nell'e
sposizione dei fatti. L'interrogazione si concludeva con l'invito
al ministro a disporre l'invio di ispettori, come misura prope deutica all'accertamento dei fatti in via giudiziaria, e a promuo vere l'azione disciplinare in genere, ove risultasse necessario,
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2747 PARTE PRIMA 2748
e in specie, nei confronti del magistrato preso particolarmente in considerazione come causa dei fatti denunciati. Il 9 febbraio
1995, poi, il medesimo deputato Matacena, in sede di dichiara
zione di voto relativa a un provvedimento legislativo in tema
di proroga della sospensione delle normali regole di trattamento
penitenziario in alcuni casi speciali, ritornava sulla questione, insistendo sulla sua denuncia relativa alla degenerazione della
situazione degli uffici giudiziari di Reggio Calabria. Indipen dentemente dall'esistenza di altri atti parlamentari del medesi
mo tenore, compiuti dallo stesso componente della camera dei
deputati, successivi alla data delle dichiarazioni per le quali è
in corso il giudizio penale per diffamazione, quanto testé ri
chiamato, stante la rilevata sua sostanziale corrispondenza di
contenuti con le dichiarazioni medesime, rende queste ultime
riconducibili all'esercizio delle funzioni parlamentari svolte dal
deputato che le ha fatte. E a tale conclusione può pervenirsi anche in presenza del riferimento, di cui non esiste traccia negli atti parlamentari richiamati, all'affidamento che il magistrato avrebbe fatto su un appoggio esterno, in vista di un proprio rientro nella sede giudiziaria di Reggio Calabria, trattandosi di
un elemento che non assume di per sé autonomo rilievo entro
la complessiva vicenda.
4. - Riconosciuta così la riconducibilità dell'attività incrimi
nata a quella a garanzia della quale è posto l'art. 68, 1° com
ma, Cost., il giudizio sul conflitto di attribuzione proposto dal
Tribunale di Reggio Calabria contro la camera dei deputati de
ve risolversi a favore di quest'ultima. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che spetta
alla camera dei deputati affermare l'insindacabilità, ai sensi del
l'art. 68, 1° comma, Cost., delle dichiarazioni espresse dal de
putato Amedeo Matacena, secondo quanto deliberato dall'as
semblea della camera in data 7 luglio 1998.
II
Diritto. — 1. - Il presente conflitto di attribuzione è stato
promosso dal g.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria con
tro la camera dei deputati, in relazione alla delibera della came
ra stessa del 9 dicembre 1998 con la quale si è affermata l'insin
dacabilità — alla stregua dell'art. 68, 1° comma, Cost. — delle
affermazioni contenute in un articolo di giornale ascritto al de
putato Amedeo Matacena, affermazioni per le quali, come rife
rito nell'esposizione dei fatti di causa, è in corso un procedi mento per diffamazione a mezzo stampa, pendente presso l'uf
ficio giudiziario ricorrente. Ritiene il giudice ricorrente che la
deliberazione impugnata della camera dei deputati sia espressio ne di una concezione dell'insindacabilità parlamentare più am
pia di quella che la Costituzione prevede, circoscritta alle opi nioni espresse e ai voti dati nell'esercizio delle funzioni, e su
questa premessa ricorre per conflitto di attribuzione.
2. - La difesa della camera dei deputati eccepisce preliminar mente l'irricevibilità dell'atto introduttivo del giudizio e l'inam
missibilità del conflitto: l'irricevibilità, per avere il giudice ri
corrente utilizzato la forma dell'ordinanza, in luogo di quella del ricorso, prescritta dagli art. 37, 4° comma, 1. 11 marzo 1953
n. 87, e 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale; l'inammissibilità, per avere trascurato di
esporre, sia pure sommariamente, le ragioni del conflitto, attra
verso l'indicazione delle norme costituzionali che regolano la
materia, conformemente a quanto previsto nel medesimo art.
26, ora ricordato.
Le eccezioni non sono fondate. Quanto all'irricevibilità, è suf
ficiente richiamare gli argomenti con i quali questa corte ha,
ritenuto, per l'ipotesi di conflitto promosso dall'autorità giudi
ziaria, che l'atto introduttivo sia idoneo a promuovere il giudi zio per conflitto di attribuzione tutte le volte in cui esso corri
sponda, nel contenuto, al ricorso quale disciplinato dalla legge
(per tutte, sentenza n. 10 del 2000, Foro it., 2000, I, 332) e, nella specie, tale corrispondenza non è né contestata né conte
stabile. Quanto all'inammissibilità, dedotta rilevando la manca
ta esposizione delle ragioni costituzionali del conflitto — caren
za che discenderebbe dall'omessa indicazione delle norme costi
tuzionali identificative delle attribuzioni giurisdizionali difese in
giudizio —, basta rilevare in contrario che la prospettata viola
zione dell'art. 68, 1° comma, Cost., quando comporti, in ipote
si, un'estensione abusiva della garanzia al di là dei casi ai quali
Il Foro Italiano — 2000.
si riferisce, si traduce di per sé in una violazione delle attribu
zioni dell'autorità giudiziaria, quali determinate dalla Costitu
zione. Essendo l'art. 68, 1° comma, Cost, posto al confine tra
protezione del parlamentare e ambito della giurisdizione, ogni estensione non consentita dell'una ridonda automaticamente in
lesione della sfera di attribuzioni dell'altro e viceversa, con la
conseguenza che l'indicazione dell'art. 68, 1° comma, Cost, è
sufficiente a ritenere adempiuto l'onere di indicare la norma
costituzionale che regola la materia, delimitando le attribuzioni
costituzionali in discussione nel presente giudizio, secondo la
previsione dell'art. 26 delle norme integrative e dell'art. 37 1.
n. 87 del 1953.
3. - Nel merito, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal g.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria non è fondato.
3.1. - Trattandosi di valutare l'applicabilità della prerogativa
parlamentare prevista dal 1° comma dell'art. 68 Cost, a dichia
razioni rese da un membro del parlamento a un organo di stam
pa, dichiarazioni dunque rilasciate al di fuori dell'esercizio di
attività parlamentari tipiche, l'intero problema si risolve nello
stabilire se — ciò non di meno — esse siano «identificabili co
me espressioni di attività parlamentare» (sentenze n. 10 del 2000,
cit., e n. 329 del 1999, id., 1999, I, 3115) e quindi siano da
ricomprendere nella sfera delle attività dei membri del parla mento assistite dalla garanzia costituzionale.
Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa cor
te, ai fini di tale identificazione non basta la semplice comunan
za di argomenti, oggetto di attività parlamentari tipiche e di
dichiarazioni fatte al di fuori di esse, né basta la riconducibilità
di queste ultime dichiarazioni a un medesimo «contesto politi co» (sentenze n. 375 del 1997, id., 1998, I, 342; n. 329 del 1999,
cit., e n. 58 del 2000, id., 2000, I, 1041, nonché n. 56 del 2000,
ibid.). Occorre invece che la dichiarazione possa essere qualifi cata come «espressione di attività parlamentare» (sentenze n.
10 del 2000, cit., e n. 11 del 2000, ibid., 331), il che normal
mente accade se e in quanto sussista una sostanziale corrispon denza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'eser
cizio delle attività parlamentari tipiche svolte in parlamento e
le opinioni già espresse nell'ambito di queste ultime.
Nell'ordinario svolgimento della vita democratica e del dibat
tito politico (sentenze nn. 10 e 56 del 2000), questo — la sostan
ziale corrispondenza e quindi il carattere divulgativo — è infatti
11 criterio che consente di identificare le dichiarazioni rese al
di fuori di quelle attività e ciononostante riconducibili o ineren
ti alla funzione parlamentare, distinguendole così da quelle che
ricadono nel diritto comune a tutti i cittadini e proteggendole tramite la speciale garanzia dell'art. 68, 1° comma, Cost., sen
za con ciò determinare situazioni ingiustificate di privilegio per sonale (sentenza n. 375 del 1997). L'attività dei membri delle
camere nello Stato democratico rappresentativo è per sua natu
ra destinata infatti a proiettarsi al di fuori delle aule parlamen
tari, nell'interesse della libera dialettica politica che è condizio
ne di vita delle istituzioni democratico-rappresentative (sentenze nn. 11 e 56 del 2000).
3.2. - Nella specie, il contenuto delle dichiarazioni affidate
alla stampa dal deputato Matacena corrisponde a quanto affer
mato dallo stesso nell'interrogazione parlamentare presentata il
31 luglio 1996. In essa si richiama l'attenzione del ministro di
grazia e giustizia sul percepimento di determinate somme a tito
lo di indennità di missione da parte di un magistrato, percepi mento che l'interrogante presume indebito; si ipotizza la neces
sità di promuovere la restituzione delle somme medesime e si
sollecita la presentazione di una denuncia all'autorità giudizia ria sulla base della ritenuta rilevanza penale del comportamento tenuto dal magistrato. Parallelamente, nell'articolo di stampa, attribuito al deputato interrogante, si riferisce dell'esistenza del
l'interrogazione e della risposta del ministro e si dà notizia di
una denuncia, sporta dal padre del deputato nei confronti del
magistrato, riguardante gli stessi fatti oggetto dell'atto parla mentare. Né la strutturazione dell'articolo a stampa — cioè l'u
tilizzazione del contenuto di un atto altrui per richiamare il con
tenuto di un atto parlamentare —; né l'indicazione, accanto
al contenuto principale, di circostanze di contorno, di per sé
prive di autonomo significato, come quella, riferita nell'esposi zione in fatto, relativa a un precedente contenzioso tra la fami
glia del deputato e il magistrato in questione, valgono a negare la sostanziale corrispondenza tra il contenuto di questo e il con
tenuto di atti parlamentari precedenti. E tale corrispondenza
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
con atti compiuti ed ammessi nell'esercizio della funzione di
parlamentare rende irrilevante la ragione, ritenuta dal ricorren
te di natura personale, che può, ipoteticamente, aver mosso il
deputato a promuovere la pubblicazione dell'articolo di stampa
in questione. 4. - Riconosciuta così la riconducibilità dell'attività incrimi
nata a quella a garanzia della quale è posto l'art. 68, 1° com
ma, Cost., il giudizio sul conflitto di attribuzione proposto dal
g.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria contro la camera
dei deputati deve risolversi a favore di quest'ultima.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che spetta
alla camera dei deputati affermare l'insindacabilità, ai sensi del
l'art. 68, 1° comma, Cost., delle dichiarazioni espresse dal de
putato Amedeo Matacena, secondo quanto deliberato dall'as
semblea della camera in data 9 dicembre 1998.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 19 luglio 2000, n. 305
('Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 luglio 2000, n. 31);
Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; Cancemi (Aw. Scuderi),
Manuele (Avv. Agrifoglio); interv. Pres. giunta reg. Sicilia
(Avv. dello Stato Fiengo). Ord. Tar Sicilia, sede Catania,
sez. I, 12 novembre 1999 (due), 25 gennaio (tre) e 22 febbraio 2000 (G.U., la s.s., nn. 4, 19 e 21 del 2000).
Sicilia — Comune — Consiglio comunale — Mozione di sfidu
cia al sindaco — Approvazione — Cessazione dalla carica
— Questione manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 1, 48, 97, 126; 1. cost. 22 novembre 1999 n. 1,
disposizioni concernenti l'elezione diretta del presidente della
giunta regionale e l'autonomia statutaria delle regioni, art.
4; 1. reg. Sicilia 15 settembre 1997 n. 35, nuove norme per
l'elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia,
del consiglio comunale e del consiglio provinciale, art. 10).
È manifestamente infondata, in quanto ictu oculi priva di qual
siasi fondamento, la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 10, 2° comma, l. reg. Sicilia 15 settembre 1997 n. 35,
nella parte in cui prevede che l'approvazione di una mozione
di sfiducia da parte del consiglio comunale comporti la cessa
zione dalla carica del sindaco direttamente eletto dal corpo
elettorale, in riferimento agli art. 1, 48 e 97 Cost. (1)
Ritenuto che il Tar Sicilia, sezione staccata di Catania, prima
sezione, nel corso di diversi procedimenti instaurati per l'annul
lamento delle deliberazioni dei consigli comunali di sei comuni
della Sicilia recanti approvazione della mozione di sfiducia nei
confronti dei sindaci in carica, con sei ordinanze del 12 novem
bre 1999, 25 gennaio e 22 febbraio 2000, di contenuto presso
ché identico, ha sollevato questione di costituzionalità dell'art.
10, 2° comma, 1. reg. siciliana 15 settembre 1997 n. 35 (nuove
norme per l'elezione diretta del sindaco, del presidente della
(1) Una delle ordinanze con cui il Tar Sicilia, sede Catania, sez. 1,
ha rimesso la questione all'esame della Corte costituzionale è riportata
(con data 17 novembre 1999, n. 465) in Foro it., 2000, III, 452, con
nota di richiami ed osservazioni di Pajno, mentre la stessa questione
è stata dichiarata manifestamente infondata (anche sulla base dell'art.
126 Cost., nel testo modificato dall'art. 4 1. cost. 1/99) da Cons, giust.
amm. sic., ord. 16 dicembre 1999, n. 1056, ibid., 451, con nota di
richiami. La Corte costituzionale rileva come, per la determinazione dei carat
teri della forma di governo comunale, il legislatore è libero di scegliere
forme e strumenti articolati senza essere vincolato a modelli rigidi e
predefiniti e richiama, in proposito, la recente modifica dell'art. 126
Cost., il quale prevede l'istituto della sfiducia consiliare nei confronti
del presidente della regione eletto direttamente dal corpo elettorale.
Il Foro Italiano — 2000.
provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale)
per contrasto con gli art. 1, 48 e 97 Cost.;
che la norma impugnata, ad avviso dei giudici rimettenti, sta
bilendo che l'approvazione della mozione di sfiducia da parte
del consiglio comunale comporta la cessazione dalla carica del
sindaco direttamente eletto dal corpo elettorale comunale, vio
lerebbe il principio della sovranità popolare, poiché, all'interno
del sistema elettorale vigente nella regione siciliana, nel quale
l'elettore — secondo il meccanismo del voto c.d. disgiunto —
ha facoltà di attribuire il voto anche ad un candidato sindaco
non collegato alla lista da lui prescelta, si verrebbe a creare
un rapporto diretto fra il corpo elettorale ed il sindaco, che
proprio la mozione di sfiducia altererebbe ingiustificatamente;
che la disposizione impugnata, secondo il Tar Sicilia, contra
sterebbe anche con l'art. 97 Cost., consentendo che la mozione
di sfiducia venga utilizzata quale strumento di condizionamento
nei confronti dell'esecutivo, con ripercussioni negative sul «va
lore della stabilità delle istituzioni pubbliche», secondo il quale
«il patto tra corpo elettorale ed organi eletti» deve esplicarsi
nei tempi prefissati, «senza interruzioni che si ripercuotono in
termini di inefficienza e deresponsabilizzazione dei soggetti in
vestiti da cariche pubbliche»;
che, sempre secondo il giudice a quo, la disciplina contestata
neanche potrebbe trovare fondamento nella 1. cost. 22 novem
bre 1999 n. 1 (disposizioni concernenti l'elezione diretta del pre
sidente della giunta regionale e l'autonomia statutaria delle re
gioni), dato che, in quest'ultima, a differenza che in quella im
pugnata, l'istituto della sfiducia consiliare al presidente della
regione sarebbe connesso ad un sistema elettorale nel quale l'e
lettore «opera una scelta nella lista dei candidati da eleggere
al consiglio, che deve coincidere con la scelta del presidente del
la giunta alla cui carica è eletto il capolista», creandosi così
un «necessario collegamento» fra i due organi, che «deve per
manere durante la legislatura e può essere superato soltanto at
traverso una nuova consultazione elettorale originata dalla mo
zione di sfiducia»; che in quattro dei sei giudizi di costituzionalità è intervenuto
il presidente della regione siciliana, difeso dall'avvocatura gene
rale dello Stato, che ha eccepito l'inammissibilità della questione
in quanto la scelta dello strumento di controllo sull'operato del
sindaco ha carattere politico, e, come tale, è riservata alla discre
zionalità del legislatore, mentre, nel merito, ne ha dedotto l'in
fondatezza, rilevando che la relazione fiduciaria fra il sindaco
ed il consiglio comunale trova «il suo fondamento nella corretta
attuazione di quegli indirizzi che il consiglio ha approvato all'i
nizio del mandato e che hanno la base nel programma che gli
elettori stessi hanno avallato eleggendo un particolare sindaco»;
che, secondo la difesa regionale, il meccanismo del voto di
sgiunto «comporta proprio la possibilità che vi sia in consiglio
una maggioranza contrapposta al sindaco, come anche che vi
sia una situazione di equilibrio fra consiglieri eletti in altre li
ste», con la conseguenza che il sindaco «dovrà assicurarsi la
governabilità in consiglio proprio perché gli elettori non gliela
hanno garantita con il sistema del voto disgiunto», e che l'art.
97 Cost, non sarebbe violato, in quanto detta disposizione non
è riferibile al comune come ente politico, e comunque la mozio
ne di sfiducia sarebbe rivolta «a sanzionare la mancata attua
zione degli indirizzi politici in base ai quali gli elettori hanno
eletto il sindaco»;
che, ad avviso della difesa regionale, nel vigente sistema elet
torale siciliano sindaco e consiglio comunale costituiscono «in
terdipendente espressione di sovranità popolare», con la conse
guenza che, in caso d'incompatibilità insuperabile fra i due or
gani, l'esigenza fondamentale della governabilità viene assicurata
sia dallo strumento delle dimissioni del sindaco, sia da quello
della sfiducia consiliare, con conseguente ricorso a nuove elezioni;
che si è costituito in giudizio Vito Manuele, ricorrente in uno
dei giudizi principali quale sindaco del comune di Leonforte,
ricordando che l'attuale disciplina regionale consente la rimo
zione del sindaco ad opera del consiglio comunale «escludendo
la necessità di motivazione alcuna», senza possibilità di sinda
cato giurisdizionale e quindi con violazione, a suo avviso, degli
art. 1, 24, 48, 97 e 113 Cost.;
che si è altresì costituito Gaetano Cancemi, ricorrente in uno
dei giudizi principali quale sindaco del comune di Avola, svol
gendo argomentazioni a favore dell'accoglimento della questio
ne di costituzionalità.
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