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sentenza 21 maggio 1984; Giud. Carboni; imp. Guerini ed altri

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sentenza 21 maggio 1984; Giud. Carboni; imp. Guerini ed altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 6 (GIUGNO 1986), pp. 393/394-395/396 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180452 . Accessed: 28/06/2014 17:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.175 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:25 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 21 maggio 1984; Giud. Carboni; imp. Guerini ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 6 (GIUGNO 1986), pp. 393/394-395/396Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180452 .

Accessed: 28/06/2014 17:18

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

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GIURISPRUDENZA PENALE

considera, invece, necessaria l'esecuzione del vecchio « baseline

audiogram » previo riposo acustico di 14 ore. (Siffatta posizione — formulata in Federal Register, 1981, 42626 — fu ribadita

dall'OSHA in occasione del varo dello standard 1983: v. Federai

Register, 8 marzo 1983, 9757-9758). Sono condizioni, queste, che appaiono ampiamente rispettate

nella specie. Invero, i nostri « baseline audiograms » risultano

eseguiti dai servizi sanitari Fiat sotto la direzione di un otorino

(il Monti prima, il Morra poi), con adeguata apparecchiatura e in cabina silente (si leggano in proposito le testimonianze rese da

Pezzana, Monti, Morra e Cavalli; e le specificazioni tecniche formulate sia nelle memorie istruttorie degli imputati sia nelle note Fiat all'ispettorato del lavoro del 22 giugno 1977 e del 3 ottobre 1978, ove si parla pure di riposo acustico). Va da sé poi che l'attendibilità degli esami in questione è stata autorevolmente

vagliata in sede peritale, addirittura da più specialisti del massi mo livello e per giunta anche separatamente (« il materiale » —

dicono i periti — « è stato studiato e rielaborato separatamente, da una parte, da Merluzzi, e, dall'altra, da Cacciabue e Buongio vanni»; «i risultati sono stati quindi confrontati e discussi»).

Quanto mai calzanti, infine, sono le considerazioni svolte in

argomento dai periti Merluzzi-Radice, anche per il perspicuo riferimento al profilo concernente il riposo acustico:

Se vengono confrontate le metodologie in base alle quali sono

state eseguite le audiometrie, presso la Fiat e in occasione di

perizia, è lecito argomentare che per la perizia gli esami sono

stati eseguiti sicuramente in riposo acustico, certamente con

grande attenzione data l'importanza della questione, in presenza di più operatori particolarmente attenti, con strumenti e in

ambiente certamente idoneo, e che l'effetto « apprendimento » può aver progressivamente migliorato le risposte (Delany, 1970). Tutti

fattori, questi, che rispetto alla situazione in Fiat, ove secondo

una logica più che corretta gli esami erano eseguiti a scopo

preventivo e non medico-legale, avrebbero potuto determinare uno

pseudo miglioramento della soglia uditiva, fatto che si è realizza

to in numerosi casi, e non mai uno pseudo peggioramento, si ritiene pertanto che i peggioramenti segnalati siano il segno di

una variazione reale in senso peggiorativo della soglia uditiva, e

non un artefatto dovuto alla imprecisione del metodo o alla

diversità della metodologia impiegata. (Omissis)

PRETURA DI LEGNANO; sentenza 21 maggio 1984; Giud.

Carboni; imp. Guerini ed altri. PRETURA DI LEGNANO;

Usurpazione di funzioni — Reato — Sussistenza — Fattispecie

(Cod. pen., art. 347, 727).

Risponde del reato di usurpazione di funzioni pubbliche chi,

nelle vesti di privato cittadino, abbia usurpato le funzioni

giurisdizionali, raccogliendo prove dirette ad accertare la sussi

stenza di un reato (nella specie, un funzionario dell'ente

protezione animali, ricevuta una segnalazione di sevizie di

animali, aveva presentato denuncia all'autorità giudiziaria,

sulla base delle risultanze dell'istruttoria da lui svolta per

accertare la sussistenza del reato di cui all'art. 121 c.p.). (1)

(1) La sentenza si segnala soprattutto perché propone una ricostru

zione in chiave rigoristica della condotta incriminata dall'art. 347 c.p.,

in contrasto con l'indirizzo prevalente. Ed invero, mentre, relativamente all'elemento oggettivo, emerge una

sostanziale adesione agli indirizzi consolidati (cfr. Cass. 8 ottobre 1974,

Rogen, Foro it., Rep. 1975, voce Abuso di poteri, n. 6; 19 giugno

1973, Corsi, id., Rep. 1974, voce Usurpazione di funzioni, nn. 1, 2; 15

ottobre 1968, Bernardi, id., Rep. 1969, voce cit., n. 6; e, in dottrina,

Riccio, Usurpazione di pubbliche funzioni, voce del Novissimo digesto,

XX, 397 s.; Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Mila

no, 1982, II, 826 ss.; Contieri, Il reato di usurpazione di funzioni

pubbliche, Napoli, 1935. Per una fattispecie analoga a quella oggetto

della decisione in epigrafe, v. Pret. Padova 16 febbraio 1973, Foro it.,

1973, II, 131), per converso, riguardo alla sussistenza del dolo

generico, viene negata ogni rilevanza al requisito della consapevolezza

di esercitare funzioni riservate a un pubblico potere. Tale requisito è

Il Foro Italiano — 1986.

Fatto. — Con denuncia depositata il 4 agosto 1983 Ermanno

Giudici, capo servizio dell'Ente nazionale per la protezione degli

animali - sezione provinciale di Milano, riferiva che il 12 luglio

1983 il signor Luigi Pravettoni aveva segnalato telefonicamente

aU'E.n.p.a., chiedendone l'intervento, che il giorno precedente un

vigile urbano, in concorso con un altro individuo, in Buscate

aveva trascinato un cane pastore legato alla autovettura di

servizio del comune. 11 Pravettoni, continuava il denunciante,

avendo visto che l'animale era in fin di vita e perdeva sangue,

aveva fermato l'auto dei vigili davanti alla ditta Crespi e aveva

chiesto spiegazione al vigile, ottenendone solo la richiesta di

documenti; dopo pochi minuti il Pravettoni e altri testi sbigottiti

per la scena avevano veduto ripassare l'autovettura senza cane. Il

denunciante il giorno 23 luglio 1983, accompagnato da un volon

tario E.n.p.a. e dal Pravettoni, si era recato in Buscate al fine di

compiere alcuni rilevamenti fotografici e aveva potuto notare

numerose tracce di sangue e graffi sull'asfalto; si era poi recato

in centro e qui aveva incontrato il vigile « responsabile del

fatto», identificato in Guerini, il quale aveva ammesso di essere

stato l'autore del fatto in concorso con lo stradino comunale e

aveva spiegato il suo gesto col fatto che stava svolgendo come

poteva, servizio di accalappiacani in luogo dell'U.S.S. che non lo

svolgeva. Svolte varie considerazioni sui luoghi del fatto, sul

percorso dell'animale trascinato, sulla sua probabile fine, il Giu

dici denunciava il vigile, lo stradino, il comandante dei vigili

urbani, l'assessore alla polizia urbana, l'assessore alla sanità

pubblica, il sindaco, il presidente dell'U.S.S. per violazione del

l'art. 727 c.p., violazioni del testo unico di polizia veterinaria,

furto in danno del possibile proprietario del cane, violazione del

codice della strada aggravato dalla qualità di pubblico ufficiale e

commessa con autovettura di servizio, istigazione a delinquere a

carico del solo Guerini, violazione del d.p.r. 10 settembre 1982

sui rifiuti urbani, e quant'altro l'autorità giudiziaria ritenesse

opportuno ascrivere ai denunciati. Indicava testimoni. <Omissis)

Motivi della decisione. — {Omissis). 4. - Va infine esaminata

l'accusa di usurpazioni pubbliche a carico del Giudici. Le non

molte pronunce su questo reato affermano che esso si consuma

con la materiale usurpazione di funzioni pubbliche.

ritenuto, invece, indispensabile non solo in dottrina (v. Antolisei, op.

cit., 828; Pulitanò, Illiceità espressa e illiceità speciale, in Riv. it. dir.

e proc. pen., 1967, 104), ma anche in giurisprudenza: anzi, la

Suprema corte si è pronunciata nel senso che sarebbe perfino necessa

rio che l'agente, consapevole dell'illegittimità del comportamento, eser

citi la pubblica funzione per fini propri e in contrasto con quelli della

p.a. (v. sent. 22 aprile 1969, D'Agostino, Foro it., Rep. 1969, voce cit.,

nn. 3, 4; 23 novembre 1967, Pilloli, id., Rep. 1968, voce cit., n. 2).

L'indirizzo contrario, espresso nella sentenza in epigrafe, si fonda sul

rilievo secondo cui, se si dovesse provare la presenza dell'anzidetta

componente psicologica, si finirebbe per richiedere la prova della

consapevolezza dell'illiceità del comportamento, irrilevante in forza del

principio sancito dall'art. 5 c.p.

Sembrerebbe, pertanto, che l'adozione dell'una o dell'altra linea

interpretativa discenda dalla determinazione dell'ambito di applicabilità

del principio ignorantia legis non excusat. Per di più, va rilevato che

tale questione assume particolare rilievo quando riguardi un illecito

c.d. di « pura creazione legislativa », come quello di specie, giacché è

proprio in tal caso che appare meno rimproverabile la condotta

dell'agente convinto della liceità del fatto (cfr., per un'interpretazione « correttiva » dell'art. 5 c.p. alla luce dei principi costituzionali,

Fiandaca-Musco, Diritto penale, Bologna, 1985, 193 s.). Del resto, si è

sostenuto che, nella specie, si sarebbe dovuta riconoscere la sussistenza

di circostanze che legittimavano l'erronea convinzione nell'agente circa

la liceità della condotta: l'E.n.p.a. benché associazione privata, sarebbe

titolare di un « potere-dovere » di denunciare certi fatti di reato, di cui

sia comunque venuto a conoscenza, che riguardino la protezione degli

animali (v. Agnoli, Una strana vicenda in tema di reazione ad atti

arbitrari e di usurpazione di pubbliche funzioni, in nota alla sentenza

riportata, in Giur. merito, 1984, 1156 s.).

Oltretutto, in un'ipotesi siffatta, potrebbe essere fuori luogo lo stesso

riferimento all'art. 5 c.p.: 1 'error iuris dell'agente, infatti, sembra

cadere non tanto sulla norma incriminatrice, bensì su quelle norme

extrapenali da cui si desume che le attività in oggetto esorbitano dalle

competenze riconosciute all'ente anzidetto e invece sono riservate

all'autorità giudiziaria. Pertanto, trattandosi di errore su norma extra

penale, dovrebbe considerarsi applicabile non l'art. 5 c.p., ma l'art. 47,

3° comma, c.p., con conseguente esclusione del dolo (cfr. Pulitanò,

op. cit., 104; e, in generale per una rivalutazione dell'operatività della

norma, Fiandaca-Musco, op. cit., 182 s.).

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PARTE SECONDA

Questa asserzione è bisognosa di qualche precisazione. La

natura della incriminazione in parola può essere ben compresa osservando che sovente le attività materiali nelle quali si esplica una potestà pubblica, in se stesse non hanno una connotazione

particolare che le diversifichi da quelle di altri soggetti: il

carabiniere che arresta una persona compie la medesima azione

che il sequestratore di persona, l'ufficiale giudiziario che aiutato

dalla forza pubblica pignora un bene sulla persona del debitore

compie la stessa azione materiale del rapinatore, e cosi' via. Ciò

che diversifica le azioni è la valutazione giuridica, appunto l'essere o meno queste azioni compiute nell'esplicazione di una « funzione pubblica », cioè dei compiti che l'ordinamento assegna ai pubblici poteri. Perciò la materiale usurpazione delle funzioni

pubbliche non è sufficiente, se con quella espressione si intende

lo svolgimento dell'attività materiale svolta da organi pubblici, ad

integrare il reato: il rapinatore che nel corso della rapina

perquisisca la vittima o i sequestratori di persona che inscenino

un « processo » alla vittima non usurpano nessun potere, compiono

semplicemente violenze. Per l'usurpazione di « funzioni » pubbliche occorre una apparenza di legalità, che talvolta nelle pronunce viene percepita e indicata con l'espressione « arrogarsi funzioni

pubbliche»; ma non è necessario che l'agente si arroghi altresì

titoli o qualifiche che non ha; è necessario e sufficiente che

agisca ponendosi come colui che ha il diritto di esercitare una

funzione, che viceversa compete solo a pubblici poteri; cosi

usurpa pubblici poteri tanto colui che, spacciandosi per agente di

p.s. o per guardia di finanza proceda a perquisizione o verifica

fiscale, come il sorvegliante di un grande magazzino che perqui

sisca un cliente. In ambo i casi l'agente opera con la parvenza

della legalità. Venendo all'usurpazione di funzioni giurisdizionali,

non è necessario che l'agente compia sostituzioni di persona o

usurpazioni di titoli, che indossi la toga in un'aula giudiziaria o

spicchi mandati di comparizione: è necessario e sufficiente, per

quanto riguarda le funzioni inquirenti, che, in una situazione di

apparenza di legalità tale da porre l'inquisito quanto meno nel

dubbio se debba o meno sottostare alle inquisizioni, compia, in

qualsiasi forma, quelle attività che, nel loro complesso, apparten

gono al potere giudiziario dello Stato: fare accertamenti sulla

base di una denuncia di reato, raccogliere prove, contestare

illeciti, interrogare, requisire al giudice sulla base delle denunce

avute e delle prove raccolte.

Nel caso in esame, la responsabilità del Giudici per l'u

surpazione delle funzioni inquirenti è addirittura conclama

ta; basta rileggere la denuncia: «... giungeva... una telefo

nata del signor Luigi Pravettoni... Il giorno 23 luglio 1983

10 scrivente... si è portato in località Buscate al fine di compiere

alcuni rilevamenti fotografici (allegati)... Dopo i rilevamen

ti... abbamo incontrato il vigile urbano, in borghese, responsabile

del fatto. >11 vigile ha detto, di sua spontaneità di chiamarsi

Guerrini. Non ha avuto difficoltà di ammettere di aver commesso

11 fatto... La motivazione che ci è stata fornita dal Guerrini per

spiegare il suo gesto è stata... Per tutto quanto sopra scritto

chiedo a codesta a.g. di voler procedere nei confronti delle

persone in frontespizio e dello stradino del comune per le

seguenti violazioni: « (segue il lungo capo d'accusa già riportato

nella parte narrativa). « Testimoni al fatto sono i seguenti... Si

allegano inoltre n. 1 copia fotostatica di una lettera inviataci dai

testimoni presso la sezione e n. 4 fotografie del tipo polaroid

relative ai rilevamenti da noi eseguiti in Buscate il giorno 23

luglio 1983 ». Il Giudici sulla base di una segnalazione di reato

ha raccolto prove, ha sottoposto ad interrogartorio il suo imputa

to dopo essersi qualificato come capo sezione dell'E.n.p.a. e

avergli mostrato la relativa tessera quasi a legittimare il suo

diritto di procedere a inchiesta, ha cercato di farlo confessare e

ha sporto una denuncia che si fonda sull'autorità dell'istruttoria

svolta e della confessione che a lui sarebbe stata resa. Ha

processato un cittadino e lo ha tratto davanti a un giudice come

fa un giudice istruttore.

Irrilevante è la spiegazione data dall'imputato, che i funzionari

E.n.p.a. procedono ad accertamenti per evitare di subissare l'a.g.

con l'inviarle tutte le segnalazioni che pervengono all'ente, le

quali invece, a seguito dell'intervento dell'ente, per la maggior

parte si risolvono nella composizione bonaria del caso segnalato.

A prescindere dal fatto che non si comprende perché mai, in

Il Foro Italiano — 1986.

virtù di quale potere o dovere, una privata associazione (quale è

l'E.n.p.a. in seguito a decreto attuativo della legge n. 70/75)

dovrebbe « trasmettere » all'a.g. segnalazioni i cui autori non

hanno ritenuto di sporgere denuncia penale a chi è abilitato a

riceverla, sta all'associazione di organizzarsi come meglio crede

per perseguire i suoi scopi istituzionali senza uscire dalla legalità:

e, in ogni caso, oggetto di valutazione nel presente giudizio non

sono certo le prassi dell'E.n.p.a. ma un determinato comportamen

to dell'imputato 'Ermanno Giudici.

Sussiste l'elemento soggettivo del reato, il quale consiste nella

coscienza e volontà di esercitare le funzioni di cui si tratta,

mentre non è richiesta la consapevolezza che le funzioni siano

riservate a un pubblico potere, che si risolverebbe in consapevo

lezza dell'illiceità, estranea alla nozione di dolo generico e irrile

vante in forza del principio sancito dall'art. 5 c.p. D'altro canto

al Giudici non è mancata la percezione di andare al di là dei

suoi poteri di privato cittadino, posto che si è premurato sia

nella denuncia che nell'interrogatorio di sottolineare la causalità

del suo incontro con il vigile inquisito e la spontaneità con cui

questi avrebbe declinato il proprio nome e confessato la propria

colpa. (Omissis)

Rivista di giurisprudenza penale Lavoro (rapporto) — Attività lavorativa rumorosa — Mancata

previsione de! limite di accettabilità del rumore negli ambienti

di lavoro — Questione non manifestamente infondata di costi

tuzionalità (Cost., art. 3, 25, 101; d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303,

norme generali per l'igiene del lavoro, art. 24).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 24 d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303, nella parte

in cui prevede che nelle lavorazioni che producono scuotimenti,

vibrazioni o rumori dannosi ai lavoratori devono adottarsi i

provvedimenti consigliati dalla tecnica per diminuirne l'intensità,

senza indicare un limite di accettabilità del rumore negli ambienti

di lavoro, in riferimento agli art. 3, 25, 2° comma, 101 Cost. (1).

Pretura di Nola; ordinanza 30 giugno 1984 (Gazz. uff. 16

marzo 1985, n. 65 bis); imp. De Falco.

(1) La questione è stata sollevata in termini analoghi da Pret. Desio,

ord. 18 giugno 1981, Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n.

1513, da Pret. Pistoia, ord. 11 luglio 1980 e da Trib. Siena, ord. 2

aprile 1980, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 1352, 1360, mentre è stata

ritenuta manifestamente infondata da Trib. Bergamo 31 maggio 1983,

id., Rep. 1984, voce Infortuni sul lavoro, n. 136 e da Pret. Milano 1°

luglio 1981, id., 1982, II, 483, con nota di richiami e osservazioni di

Fiandaca e di Tessitore. Nel senso che l'art. 24 d.p.r. 303/56, nel prescrivere l'obbligo del

datore di lavoro di adottare i provvedimenti consigliati dalla tecnica

contro i rumori dannosi ai lavoratori, costituisce un precetto certo ed

univoco che attribuisce al giudice il compito di valutare il comporta

mento tenuto dal datore di lavoro alla stregua delle indicazioni fornite

dalla tecnica, v. Cass. 13 dicembre 1983, Cogito, id., 1984, II, 495,

con nota di richiami e osservazione di Guariniello. Sulla responsabi lità penale del datore di lavoro per le lesioni uditive riportate dai

lavoratori esposti in continuazione a rumori di elevata intensità, in

conseguenza della mancata predisposizione delle misure tecniche indi

spensabili alla prevenzione di questo infortunio, v. Pret. Torino 9

giugno 1984, in questo fascicolo, II, 375, con nota di richiami.

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