sentenza 21 novembre 1997, n. 350 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 26 novembre 1997, n.48); Pres. Granata, Est. Santosuosso; Lever (Avv. Agostini) c. Inail (Avv. Catania); interv. Pres.cons. ministri (Avv. dello Stato Polizzi). Ord. Pret. Trento 13 giugno 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 39del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 1 (GENNAIO 1998), pp. 21/22-25/26Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192189 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Corte cost. 26 giugno 1965, n. 52, Foro it., 1965, I, 1160 Cass. 11 dicembre 1965, Tarantini, Foro it., 1966, II, 65 Corte cost. 29 dicembre 1966, n. 127, Foro it., 1967, I, 1 Corte cost. 2 aprile 1970, n. 49, Foro it., 1970, I, 1306, con nota
di Pizzorusso Corte cost. 6 febbraio 1969, n. 6, Foro it., 1969, I, 562 Corte cost. 10 febbraio 1969, n. 10, Foro it., 1969, I, 561 Corte cost. 27 dicembre 1974, n. 287, Foro it., 1975, I, 1, con nota
di Andrioli Corte cost. 3 agosto 1976, n. 215, Foro it., 1976, I, 2057 Corte cost. 24 novembre 1982, n. 196, Foro it., 1983, I, 535, con
nota di Proto Pisani Corte cost. 16 dicembre 1982, n. 217, Foro it., 1983, I, 534, con
nota di Proto Pisani Corte cost. 9 aprile 1969, n. 69, Foro it., 1969, I, 1409 Corte cost. 28 maggio 1975, n. 129, Foro it., 1975, I, 2178 Corte cost. 20 marzo 1978, n. 24, Foro it., 1978, I, 1076 Corte cost. 10 maggio 1982, n. 86, Foro it., 1982, I, 1497, con nota
di Pizzorusso Corte cost. 18 febbraio 1988, n. 189, Foro it., 1988, I, 1364 Corte cost. 25 febbraio 1988, n. 219, Foro it., Rep. 1988, voce Idro
carburi, n. 65 Corte cost., ord. 17 marzo 1988, n. 313, Foro it., 1988, I, 3497
Corte cost. 12 maggio 1982, n. 92, Foro it., 1982, I, 2116
Corte cost. 22 febbraio 1984, n. 40, Foro it., 1984, I, 910
Corte cost. 20 marzo 1985, n. 73, Foro it., 1985, I, 1271
Corte cost. 23 luglio 1987, n. 278, Foro it., 1988, I, 748, con nota di Messina
Corte cost. 28 novembre 1990, n. 526, Foro it., Rep. 1991, voce Pri
vilegio, n. 37
Corte cost. 3 marzo 1997, n. 58, Foro it., 1997, I, 641
Corte cost. 23 maggio 1997, n. 145, in G.U., 1" s.s., 28 maggio 1997, n. 22
Corte cost. 25 luglio 1995, n. 379, Foro it., Rep. 1995, voce Rogato ria, n. 2
Corte cost., ord. 19 luglio 1996, n. 266, Foro it., 1996, I, 3573
Corte cost. 22 ottobre 1996, n. 355, Foro it., Rep. 1996, voce Regio ne, n. 257 (voce Bellezze naturali, n. 82)
Corte cost., ord. 23 gennaio 1997, in G.U., la s.s., 29 gennaio 1997, n. 5.
Corte cost. 23 aprile 1986, n. 108, Foro it., 1986, I, 1145, con nota di Piombo
Corte cost., ord. 20 luglio 1994, n. 326, Foro it., Rep. 1995, voce
Sentenza penale, n. 17
Corte cost., ord. 27 gennaio 1995, n. 32, Foro it., 1995, I, 1711
Corte cost. 24 aprile 1986, n. 113, Foro it., 1986, I, 1489, con nota
di Messina Corte cost. 19 marzo 1996, n. 81, Foro it., 1996, I, 1924, con nota
di Fabiani Corte cost. 6 aprile 1995, n. 110, Foro it., 1995, I, 1405
Corte cost., ord. 29 aprile 1996, n. 139, Foro it., Rep. 1996, voce
Previdenza sociale, n. 698
Corte cost. 24 aprile 1986, n. 113, Foro it., 1986, I, 1489, con nota
di Messina Corte cost. 3 marzo 1997, n. 58, Foro it., 1997, I, 641
Corte cost. 26 maggio 1981, n. 71, Foro it., 1981, I, 1784
Corte cost. 2 luglio 1983, n. 230, Foro it., 1984, I, 621
Corte cost. 29 dicembre 1982, n. 244, Foro it., 1983, I, 278 e 550, con nota di Lanfranchi
Corte cost. 20 marzo 1985, n. 73, Foro it., 1985, I, 1271 Corte cost. 21 luglio 1981, n. 140, Foro it., Rep. 1981, voce Infortu
ni sul lavoro, n. 73 Corte cost. 28 giugno 1985, n. 190, Foro it., 1985, I, 1881, con nota
di Proto Pisani, e I, 2491, con nota di Romano Corte cost. 18 gennaio 1977, n. 34, Foro it., 1977, I, 776
Corte cost. 20 novembre 1985, n. 292, Foro it., 1986, I, 1520
Corte cost. 8 giugno 1992, n. 260, Foro it., 1992, I, 3230 Corte cost. 29 dicembre 1977, n. 161, Foro it., 1978, I, 8 Corte cost. 23 marzo 1981, n. 42, Foro it., 1981, I, 1228 Corte cost. 6 dicembre 1984, n. 277, Foro it., 1985, I, 1615
Corte cost. 3 luglio 1985, n. 194, Foro it., 1986, I, 33
Corte cost. 17 febbraio 1985, n. 350, Foro it., Rep. 1986, voce Pena, n. 154
Corte cost. 24 marzo 1986, n. 52, Foro it., 1986, I, 857, con nota
di C.M. Barone Corte cost. 15 dicembre 1986, n. 268, Foro it., 1988, I, 1115
Corte cost. 18 gennaio 1989, n. 11, Foro it., Rep. 1989, voce Armi, n. 32
Corte cost. 26 maggio 1990, n. 37, Foro it., Rep. 1990, voce Ferrovie
e tramvie, n. 46 Corte cost. 28 gennaio 1991, n. 35, Foro it., 1991, I, 1353, con nota
di Brusco Corte cost. 27 luglio 1989, n. 456, Foro it., 1990, I, 18
Corte cost., ord. 17 febbraio 1994, n. 44, Foro it., Rep. 1994, voce
Procedimenti penali davanti al pretore n. 22
Il Foro Italiano — 1998.
Corte cost., ord. 28 novembre 1994, n. 410, Foro it., 1995, I, 473, con nota di Pugiotto
Corte cost. 6 aprile 1995, n. 110, Foro it., 1995, I, 1405 Corte cost. 23 maggio 1995, n. 188, Foro it., 1996, I, 464, con nota
di Benini Corte cost., ord. 31 marzo 1994, n. 121, Foro it., Rep. 1994, voce
Separazione dei coniugi, n. 26 Corte cost., ord. 21 aprile 1994, n. 149, Foro it., Rep. 1994, voce
Comune, n. 348 Corte cost., ord. 23 giugno 1994, n. 255, Foro it., Rep. 1994, voce
Circolazione stradale, n. 140 Corte cost. 11 dicembre 1995, n. 499, Foro it., 1996, I, 1152 Corte cost. 9 gennaio 1996, n. 2, Foro it., 1996, I, 1947 Corte cost. 24 luglio 1996, n. 307, Foro it., 1996, I, 3596 Corte cost., ord. 5 novembre 19%, n. 389, in G.U., 1' s.s., 13 no
vembre 1996 n. 46 Corte cost. 22 ottobre 1996, n. 356, Foro it., Rep. 1996, voce Ali
menti e bevande, nn. 37, 38 Corte cost. 18 aprile 1977, n. 99, in G.U., 1" s.s., 23 aprile 1997 n. 17 Corte cost. 23 luglio 1996, n. 297, Foro it., 1996, I, 3600 Cass. 7 febbraio 1996, n. 978, Foro it., 1996, I, 1253
Cass., ord. 22 novembre 1994, n. 910, Foro it., 1995, I, 2355 Corte cost. 29 giugno 1995, n. 286, Foro it., 1995, I, 2355 Cass. 29 dicembre 1995, n. 13149, Foro it., Rep. 1995, voce Falli
mento, n. 483
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 novembre 1997, n.
350 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 novembre 1997, n. 48); Pres. Granata, Est. Santosuosso; Lever (Aw. Ago
stini) c. Inail (Aw. Catania); interv. Pres. cons, ministri
(Aw. dello Stato Polizzi). Ord. Pret. Trento 13 giugno 1996
(G.U., 1" s.s., n. 39 del 1996).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Inabilità perma nente — Valutazione — Riferimento alla capacità di lavoro
generica — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.
38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni sul l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali, art. 74, 78).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
74, 1° comma, e 78, 1° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n.
1124, nella parte in cui, ai fini della valutazione dell'inabilità permanente, riferiscono — attraverso l'interpretazione data
ne dal «diritto vivente» — il concetto di «attitudine al lavo
ro» alla sola capacità di lavoro generica, in riferimento al
l'art. 38, 2° comma, Cost. (1)
(1) La questione era stata sollevata da Pret. Trento 13 giugno 1996, Foro it., 1997, I, 360, con nota di richiami.
La sentenza odierna ritiene che il problema posto involge profili e
conseguenze di una molteplicità tale da richiedere l'intervento legislati vo, peraltro esplicitamente auspicato in motivazione, non avendo la corte il compito di «bilanciare le contrapposte esigenze in materia e dettare
quelle regole che appartengono propriamente alla discrezionalità del le
gislatore, quanto esclusivamente quello di scrutinare la costituzionalità delle norme impugnate alla luce dei parametri indicati nell'ordinanza
di rimessione». Al riguardo, la corte rileva che l'interpretazione assunta in termini
di diritto vivente, per quanto opinabile, non lede il parametro assunto
nell'ordinanza di rimessione (art. 38, 2° comma, Cost.) in tutte le ipo tesi in cui sia provato che l'infortunio o la malattia professionale si
siano tradotti in una lesione della capacità lavorativa specifica maggio re della lesione di quella generica, non rimanendone vulnerata la finali
tà di assicurare ai lavoratori «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita».
Vale la pena, allora, interrogarsi sul perché il «diritto vivente» si
sia orientato verso un'interpretazione del concetto di attitudine al lavo
ro circoscritto all'apprezzamento della sola capacità di lavoro generica
(cfr., oltre ai richiami in nota a Pret. Trento, cit., Cass. 4 ottobre 1994, n. 8054, id., Rep. 1995, voce Infortuni sul lavoro, n. 125, e Mass.
giur. lav., 1995, 258, con nota di Lanotte).
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PARTE PRIMA
Diritto. — l.-Il Pretore di Trento dubita che gli art. 74, 1° comma, e 78, 1° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 — interpretati, secondo il diritto vivente, nel senso che per «at
titudine al lavoro», la cui perdita totale o parziale dà diritto
alle prestazioni Inail, debba intendersi la «capacità di lavoro
generica» riferita a qualunque lavoro manuale medio e non la
«capacità di lavoro specifica», o quella capacità riferita al tipo di lavoro confacente alla qualificazione attitudinale dell'assicu
rato — siano in contrasto con l'art. 38, 2° comma, Cost., in
quanto non consentono una protezione previdenziale adeguata al caso concreto.
2. - Occorre preliminarmente rilevare che è infondata l'ecce
zione di inammissibilità, sollevata dall'avvocatura dello Stato
e dall'Inail, relativamente alla possibilità per il giudice rimetten
te di decidere la controversia nel merito, dissentendo dall'inter
pretazione fornita dalla giurisprudenza dominante.
Pur essendo indubbio che nel vigente sistema non sussiste un
obbligo per il giudice di merito di conformarsi agli orientamenti
della Corte di cassazione (salvo che nel giudizio di rinvio), è altrettanto vero che quando questi orientamenti sono stabilmente
consolidati nella giurisprudenza — al punto da acquisire i con
notati del «diritto vivente» — è ben possibile che la norma, come interpretata dalla corte di legittimità e dai giudici di meri
to, venga sottoposta a scrutinio di costituzionalità, poiché la
norma vive ormai nell'ordinamento in modo così radicato che
è difficilmente ipotizzabile una modifica del sistema senza l'in tervento del legislatore o di questa corte.
In altre parole, in presenza di un diritto vivente non condivi
È noto che storicamente si deve alla legislazione sociale, e particolar mente a quella in materia di infortuni sul lavoro se al criterio di valuta zione del danno alla persona con riferimento alla capacità specifica si è poi affiancato quello rapportato alla capacità di lavoro generica (v. Gaeta, Infortunio sul lavoro a responsabilità alle origini del diritto del lavoro, Napoli, 1986). Mentre il primo, infatti, circoscriveva la va lutazione alle sole attitudini del soggetto dedicate concretamente ad un determinato mestiere, arte o professione, il secondo recuperava la sua intera attitudine lavorativa, anche solo potenziale ed indipendentemente dalla particolare attività svolta.
In materia di infortuni sul lavoro la capacità lavorativa generica, cioè si è rivelato il miglior parametro di determinazione delle percentuali di inabilità per la compilazione di tabelle che garantiscono la parità di trattamento fra situazioni omogenee di esposizione a rischio profes sionale.
Il criterio che ha portato a considerare la capacità di lavoro generica, in luogo della capacità specifica, è stato dunque quello incorporato nel l'art. 3 Cost., a cui l'ordinanza di rimessione non ha fatto riferimento.
Pur tuttavia è difficile ritenere che l'analisi della corte sarebbe appro data a risultati diversi se il dubbio di costituzionalità fosse stato solleva to anche sotto quel profilo.
Ed infatti il sistema di tutela previdenziale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per quanto improntato a finalità so
ciali, è essenzialmente un sistema assicurativo fondato sul rischio assi curato e quindi sulla delimitazione corrispondente della copertura assi curativa.
Ne consegue la non comparabilità con altri sistemi di tutela che han no superato il modello strettamente assicurativo per approdare a forme
più ampie improntate all'idea di sicurezza sociale, come quello dell'in validità pensionabile, laddove è lo stesso «diritto vivente» ad introdurre un concetto di capacità di lavoro attitudinale che ne consente la valuta zione anche alla luce delle occupazioni confacenti alle attitudini dell'as sicurato (cfr. Cass. 10 maggio 1995, n. 5086, Foro it., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 663; 21 ottobre 1995, n. 10949, ibid., n. 661; 24 marzo 1995, n. 3456, e 20 giugno 1994, n. 5934, id., 1995, I, 2139, con nota di richiami).
Il problema di una completa ed esaustiva tutela del lavoratore infor tunato, dunque, non dipende né dal diritto vivente né dalla giurispru denza costituzionale. Esso, come la presente decisione ritiene, necessita di un intervento legislativo mirato, se non addirittura a superare lo stes so modello assicurativo fondando il sistema di tutela sul bisogno anzi ché sul rischio (seguendo le direttrici di autorevole dottrina: cfr. M. Persiani, Rischio e bisogno nella crisi della previdenza sociale, in Gior nale dir. lav. relazioni ind., 1984, 481), quanto meno ad ampliare la
copertura assicurativa facendola coincidere con l'ambito della tutela pre videnziale (come già auspicato, in margine a Corte cost. 27 dicembre 1991, n. 485, Foro it., 1993, I, 72, con nota di V. Ferrari, Danno
biologico e danno previdenziale: una questione di copertura assicurati va del rischio). Fino a quando ciò non sarà realizzato, si dovrà assistere inesorabilmente alla parcellizzazione del danno alla persona che, per ogni singolo evento lesivo, necessiterà di diverse forme di tutela peral tro «giustiziabili» separatamente, con sacrificio sia delle ragioni del sin
golo sia di quelle dell'ordinamento. [V. Ferrari]
Il Foro Italiano — 1998.
so dal giudice a quo perché ritenuto costituzionalmente illegitti
mo, questi ha la facoltà di optare tra l'adozione, sempre con
sentita, di una diversa interpretazione, oppure — adeguandosi al diritto vivente — la proposizione della questione davanti a
questa corte; mentre è in assenza di un contrario diritto vivente
che il giudice rimettente ha il dovere di seguire l'interpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali (cfr., ex pluri
mis, sentenze n. 226 del 1994, Foro it., 1994, I, 2332; n. 296
del 1995, id., 1995, I, 2015, e n. 307 del 1996, id., 1996, I, 3596). Nel presente caso la giurisprudenza assolutamente maggiori
taria, oltre che la dottrina prevalente, intendono il concetto di
attitudine al lavoro, in riferimento alle norme impugnate, nel
senso di capacità lavorativa generica anziché specifica; per cui
la prospettata questione va affrontata nel merito, sussistendo
anche il requisito della rilevanza nel giudizio a quo. 3. - La questione è infondata.
Non può negarsi che il nostro ordinamento conosca alcune
situazioni nelle quali vengono in considerazione i diversi concet
ti di capacità lavorativa specifica e di capacità attitudinale.
Così, la stessa disciplina degli infortuni sul lavoro e delle ma
lattie professionali prevede, nei casi di inabilità temporanea (art. 66 e 68 d.p.r. n. 1124 del 1965), che l'indennità sia calcolata
«nella misura del sessanta per cento della retribuzione giornalie
ra», riferita cioè all'attività specificamente svolta.
Né mancano ipotesi di particolari tipi di lavori nei quali ad esempio anche il solo danno estetico — che pure di norma non
porta ad alcuna riduzione della capacità lavorativa generica —
può tradursi in una menomazione della «attitudine al lavoro»
prevista dalla legge e quindi viene ritenuta patrimonialmente ap
prezzabile ai fini dell'indennizzo assicurativo, in considerazione
delle specifiche qualità fisiche richieste a chi svolge quei lavori. Inoltre, in ambiti diversi da quello dell'assicurazione obbliga
toria per infortuni sul lavoro e malattie professionali, i concetti
di capacità specifica o attitudinale vengono assunti come para metri esplicitamente dal legislatore. Al riguardo, vanno segnala ti soprattutto l'art. 1 1. 12 giugno 1984 n. 222 e l'art. 3 d.leg. 23 novembre 1988 n. 509. Il primo stabilisce che, ai fini dell'as
sicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i super
stiti, si faccia riferimento alla capacità di lavoro dell'assicurato
«in occupazioni confacenti alle sue attitudini»; il secondo, nel
quadro dell'invalidità civile, dà rilievo anche «all'eventuale spe cifica attività lavorativa svolta ed alla formazione tecnico
professionale» dell'avente diritto.
4. - Tutto ciò premesso per l'esatto e completo inquadramen to del problema, questa corte ritiene opportuno anzitutto riba
dire che, nell'ambito del nostro sistema previdenziale, l'assicu
razione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali ha delle peculiarità che non confliggono con gli obiettivi di cui all'art. 38 Cost.
Com'è noto, infatti, tale tipo di assicurazione non è sorto
con intenti propriamente risarcitori, ma piuttosto al fine di libe
rare rapidamente il lavoratore dallo stato di bisogno conseguen te all'infortunio o alla malattia (v. sentenza n. 100 del 1991,
id., Rep. 1991, voce Infortuni sul lavoro, n. 155), sulla base
di una logica da più parti definita «transattiva». Questa è con
fermata dalle rispettive posizioni del trilaterale rapporto assicu
rativo: da un lato il datore di lavoro — sul quale grava la parte
più consistente dei contributi — che, per contropartita, viene di regola esonerato dalla responsabilità civile conseguente al
l'infortunio (art. 10 e 11 d.p.r. cit.); dall'altra l'ente previden ziale, che paga le rendite secondo un ammontare — predetermi nabile per gli opportuni calcoli statistici sui costi di gestione — con eventuale diritto di regresso verso il datore o di surroga verso i terzi; in ultimo il lavoratore, il quale, con una ridotta
partecipazione agli oneri contributivi, viene ad usufruire delle
prestazioni fornite dall'Inail in modo quasi automatico, nel con
testo di una esclusione dal completo risarcimento secondo le
regole della responsabilità civile.
Nel sistema così designato dal legislatore anche il riferimento
al concetto di capacità lavorativa generica consente — tramite il criterio delle percentuali tabellate — di determinare in antici
po sia gli oneri che l'Inail dovrà sopportare, sia i corrispondenti contributi dei datori di lavoro e le rendite alle quali avranno
diritto i lavoratori in modo uguale per tutti, quale effetto delle stesse malattie.
5. - Così come attualmente strutturato, tale sistema potrebbe
apparire inadeguato, anche per effetto dell'evoluzione delle tee
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nologie, della scienza medico-legale, nonché della sensibilità so
ciale verificatasi nel lungo periodo di tempo trascorso dall'en
trata in vigore del testo unico del 1965, sicché si comprende
l'auspicio — espresso da più parti — dell'introduzione di nuovi
criteri che tengano conto più da vicino delle diverse situazioni
in cui si trovano i soggetti coinvolti.
In particolare, si è sottolineato che vi sono ipotesi di persone
che, perdendo la capacità di svolgere attività confacenti alle lo
ro speciali attitudini, non sono concretamente in grado di assol
vere a generici lavori manuali, e restano quindi disoccupate. In questa direzione, del resto, nell'ottica di una progressiva
personalizzazione dell'indennizzo dell'effettivo danno subito dal
lavoratore, si è mossa anche questa corte, in particolare con
la sentenza n. 179 del 1988 (id., 1988, I, 1031), riconoscendo
al lavoratore la possibilità di provare la genesi professionale anche di malattie non ricomprese negli elenchi allegati al testo
unico, in tal modo assecondando anche precise indicazioni espres se dalla commissione delle Comunità europee (raccomandazio ne n. 66/462/Cee del 20 luglio 1966). Nel contempo, sulla spin ta delle nuove frontiere del danno civile costituite dalla figura
emergente del danno biologico, la corte (v. sentenze nn. 87, 356 e 485 del 1991, id., 1991, I, 1664; ibid., 2967; id., 1993, I, 72). ha segnalato al legislatore il tendenziale contrasto della
normativa vigente rispetto alle norme costituzionali, nella parte in cui le prestazioni economiche rese dall'Inail non esauriscono
i diritti dei lavoratori; in questa linea, le citate sentenze hanno
riconosciuto il diritto ad un autonomo risarcimento di questa nuova voce di danno, con conseguente modifica della struttura
delle azioni di regresso e di surroga dell'assicuratore sociale,
superando quella logica transattiva sopra ricordata.
Ed è anche vero, d'altra parte, che talvolta altri rimedi ad
una condizione di inabilità allo svolgimento di particolari lavori
vanno ricercati, in una prospettiva sempre più aperta, non tan
to nella corresponsione di una somma da parte dell'assicuratore
(sociale o privato che sia), quanto piuttosto in diversi strumen
ti, quali la flessibilità delle mansioni rispetto alle nuove tecni
che, la mobilità nei posti di lavoro e la riqualificazione profes
sionale, in considerazione anche del diritto-dovere di lavorare
sancito dall'art. 4 Cost.
6. - Da tutte le considerazioni fin qui svolte emerge che la
prospettata questione involge una molteplicità di profili e di
possibili conseguenze, che richiederebbero un intervento legisla tivo. Tanto più che la mera sostituzione del concetto di capacità
attitudinale, prescindendosi da più articolate modulazioni nor
mative, non sempre potrebbe risolversi in un vantaggio per il
lavoratore.
Va ribadito, comunque, che a questa corte non è demandato
il compito di bilanciare le contrapposte esigenze in materia e
dettare quelle regole che appartengono propriamente alla discre
zionalità del legislatore, quanto esclusivamente quello di scruti
nare la costituzionalità delle norme impugnate alla luce dei pa rametri indicati nell'ordinanza di rimessione.
Il problema proposto non si cnfigura come autentica questio ne di legittimità costituzionale.
Da un lato, infatti, l'interpretazione assunta in termini di di
ritto vivente, pur presentando margini di opinabilità, non lede
il parametro di cui all'ordinanza di rimessione, ove si consideri
che assicurare ai lavoratori i «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita» (art. 38, 2° comma, Cost.) non impone necessariamen
te che agli stessi debba essere riconosciuto l'indennizzo anche
quando sia provato che l'infortunio o la malattia professionale si siano tradotti in una lesione della capacità lavorativa specifi ca maggiore della lesione di quella generica.
Dall'altro, per tutte le ragioni esposte in precedenza, questa corte osserva che l'accoglimento della questione in esame an
drebbe ad alterare in maniera assai sensibile il sistema risultante
dall'attuale assetto normativo, finendo col tradursi in un vero
e proprio intervento riformatore surrettiziamente sostitutivo del
compito affidato alle scelte legislative. 7. - Le conclusioni ora raggiunte in termini di infondatezza
della questione, peraltro, non esimono la corte dal segnalare — come già è avvenuto in altre occasioni, particolarmente con
la citata sentenza n. 87 del 1991 — l'opportunità di una rivisita zione della vecchia disciplina.
Nella sentenza ora citata si evidenziò l'esigenza di ricompren
dere nell'ambito delle prestazioni erogate dall'Inail anche lo spe
cifico risarcimento del danno biologico, attesa la valenza costi
li. Foro Italiano — 1998.
tuzionale del diritto alla salute. Oggi — ferma restando l'attua
lità di quell'invito, rimasto ancora inascoltato — occorre
auspicare, oltre che il più frequente aggiornamento delle tabelle
da parte dell'istituto, un intervento legislativo volto ad adegua re la struttura di questa forma di assicurazione obbligatoria al
passo evolutivo della moderna società civile, tenendo anche in
considerazione il fatto che nel settore non appaiono più esausti
ve le tradizionali classificazioni di massa (agricoltori, operai, impiegati, ecc.), richiedendosi invece una più dettagliata indivi duazione delle diverse categorie delle attività lavorative.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale degli art. 74, 1° com
ma, e 78, 1° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (testo unico
delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli in
fortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, in rife
rimento all'art. 38, 2° comma, Cost., dal Pretore di Trento
con l'ordinanza di cui in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 novembre 1997, n.
329 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 novembre 1997, n. 47); Pres. Granata, Est. Zagrebelsky; Luciani e altro.
Ord. Pret. Trento 6 dicembre 1995 (G.U., 1" s.s., n. 25 del
1996).
Religione e culti (delitti contro la) — Offese alla religione dello
Stato mediante vilipendio di cose — Offese contro i culti am
messi nello Stato — Diversità di pena — Incostituzionalità
(Cost., art. 3, 8; cod. pen., art. 404, 406).
È incostituzionale l'art. 404, 1 ° comma, c.p., nella parte in cui
prevede la pena della reclusione da uno a tre anni, anziché
la pena diminuita prevista dall'art. 406 c.p. (1)
(1) I precedenti citati in motivazione, relativi ai problemi di costitu zionalità sollevati dalla originaria configurazione codicistica della tutela
penale della religione (per un quadro di sintesi, cfr. Fiandaca-Musco, Diritto penale, parte speciale, I, 2* ed., Bologna, 1997, 433 ss.; per un approfondimento a livello monografico, Siracusano, I delitti in ma teria di religione. Beni giuridici e limiti dell'intervento penale, Milano,
1983), sono: Corte cost. 125/57, Foro it., 1957, I, 1913, commentata da Venditti, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1958, 119; 79/58, Foro it., 1959, I, 8; 14/73, id., 1973, I, 970; 925/88, id., Rep. 1988, voce Be
stemmia, nn. 2, 3, e 440/95, id., 1996, I, 30, con nota di Colaianni.
* * t
Altro passo avanti della Consulta nella rabberciatura dei reati contro la religione.
I. - Con questa pronuncia la Consulta prosegue nell'opera di progres sivo aggiustamento dell'originario assetto della tutela codicistica della
religione, sopperendo così alla prolungata inerzia di un legislatore pe raltro più di una volta richiamato invano dalla stessa corte a ridiscipli nare la materia alla luce dei principi costituzionali (cfr. ad esempio le sentenze 14/73, Foro it., 1973, I, 970, e 925/88, id.. Rep. 1988, voce
Bestemmia, nn. 2, 3). È da premettere che una questione analoga di costituzionalità era
già stata sollevata verso la fine degli anni cinquanta, per ritenuto con
trasto tra l'art. 404 c.p. e gli art. 7 e 8 Cost. Nel respingerla con sent.
125/57 (id., 1957,1, 1913), il giudice delle leggi, pur identificando inno
vativamente l'oggetto della tutela penale nel sentimento religioso (non
più quale interesse dello Stato, bensì) quale interesse sia del singolo sia della collettività, continuava nondimeno ad attribuire preminenza alla religione cattolica rispetto alle altre religioni, sino al punto di giu stificare la tutela penale rafforzata della prima, in base al rilievo che
essa rimaneva pur sempre quella professata dalla quasi totalità o dalla
stragrande maggiornaza dei cittadini italiani (per la valorizzazione di
un tale criterio quantitativo-statistico, cfr. le sentenze 79/58, id., 1959,
I, 8, e 14/73, id., 1973, I, 970).
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