Sentenza 22 aprile 1964; Pres. Elia P., Est. Accardo; Finanze c. Mazzilli (Avv. Mazzilli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 7 (1964), pp. 1509/1510-1511/1512Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23154542 .
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150§ (ÌIURISPRUDENZA COST If UZÌONALE E CIVILE
diritti soggettivi derivanti da un sinallagma, nè attuano alcuna fattispecie negoziale fra loro stessi. Quanto, poi, al potere d'erogazione sancito dal 3° comma del cit. art. 9 ritiene il tribunale trattarsi di uno degli aspetti di quel l'autodichia di cui s'è detto sopra. Esso si esplica su un bene non appartenente più, neppur per equivalente, al sin
golo partecipante, clic quest'ultimo, versando, non acqui sta un corrispondente credito di valore nei confronti del
comitato, ma adempie ad oneri che gli consentono l'eser cizio della propria professione, nè il suo diritto alla resti tuzione della quota proporzionale deriva dalla sua o dalla
libera determinazione di volontà del comitato, bensì e
direttamente dalla legge che lo subordina a particolari condizioni esulanti da qualsiasi influenza determinativa
dei soggetti interessati. E il potere erogativo suddetto
può soddisfare anche il credito privilegiato di un agente di cambio che abbia partecipato minimamente agli oneri
contributivi sanciti dalla lett. b dell'art. 7. Orbene, se il
coacervo patrimoniale costituente il fondo comune rap
presentasse egualmente la composizione di diversi crediti
particolari (vantati dai vari agenti nei confronti del co
mitato direttivo), non ci sarebbe dubbio che il loro equi valente dovrebbe considerarsi come un elemento patri moniale di ogni partecipante ; ma le osservazioni e i rilievi
di cui sopra escludono tale soluzione e quindi manca ogni
ragione per affermare che il distacco della quota di fondo,
messa a disposizione dei creditori dell'agente dichiarato
insolvente, realizzi la ripristinazione del potere di disposi zione su beni fino a quel momento vincolati ma pur sempre facenti parte del patrimonio dell'agente che li ha conferiti.
Dall'altra parte, tale ripristinazione sarebbe priva di qual siasi contenuto giuridico se le somme cui si riferisce debbono
egualmente restar vincolate ed essere destinate ai creditori
privilegiati di cui s'è detto ; e se tali creditori mancano, 0 se vengono già soddisfatti con la cauzione e il fondo
individuale, il distacco in parola non viene neppure ef
fettuato.
Consegue che i vari versamenti e contributi prestati
dagli agenti di cambio all'inizio e durante l'esercizio della
loro professione, una volta acquistati dal fondo comune,
cessano di appartenere al patrimonio dei conferenti, mentre
1 benefici che, ricorrendo le note condizioni, possono ri
dondare a favore di quelli non costituiscono l'espressione di un sinallagma, bensì di provvidenze apprestate dalla
legge, attraverso l'opera di un organo indiretto della
pubblica amministrazione, in favore della categoria dei pro fessionisti suddetti. Quel distacco, pertanto, deve con
siderarsi un'operazione di natura materiale volta all'attua
zione di uno dei fini suddetti e non acquista rilevanza giu
ridica anche se i suoi effetti patrimoniali si ripercuotono
sulla posizione patrimoniale dell'agente fallito.
Pertanto il fallimento dell'agente di cambio non priva il comitato degli agenti di cambio del potere satisfattivo
sussidiario di cui al 2° comma dell'art. 9 del r. decreto in
esame e questo può essere attuato, secondo la previsione
istituzionale, fuor dell'ambito della procedura concorsuale
e senza essere gravato delle spese correlative.
Il provvedimento impugnato va quindi rescisso e l'op
posizione deve essere accolta. Atteso che i motivi d'acco
glimento sono del tutto diversi da quelli prospettati dal
l'opponente, che la sua materia non ha precedenti giurispru
denziali editi ed ha ricevuto scarsa e tutt'altro che pacifica e convincente attenzione da parte della dottrina, appare
equo dichiarar compensate fra le parti le spese del pre
sente giudizio. Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI ROMA.
Sentenza 22 aprile 1964 ; Pres. Elia P., Est. Accardo ;
Finanze c. Mazzilli (Avv. Mazzilli).
Itcjfistru — Meni venduti all'asta pubblica — Accer
tamento ili majijjior valore — Inammissibilità (R.
d. 30 dicembre 1923 n. 3269, legge del registro, art. 50).
L'ufficio del registro non può, ai fini dell' applicazione dell'imposta sui trasferimenti, procedere a revisione di valore dei beni aggiudicali all'asta pubblica (nella specie, per scioglimento giudiziale della comunione). (1)
Il Tribunale, ecc. — (Omissis). La domanda dell'am
ministrazione finanziaria, proposta per accertare l'ammis sibilità del procedimento di revisione del valore ai trasferi menti immobiliari effettuati a seguito di pubblici incanti e dichiarare in concreto legittima la determinazione di
maggior valore attribuita dall'ufficio del registro all'appar tamento assegnato al Mazzilli a seguito di asta pubblica, pur essendo proponibile in quanto volta ad ottenere un riesame autonomo del rapporto tributario, indipendente mente dalla decisione amministrativa, va rigettata perchè infondata nel merito.
A sostegno della domanda l'amministrazione attrice deduce che l'art. 30 della legge di registro fissa il prin cipio secondo cui le tasse di registro (progressive o pro porzionali) debbono essere commisurate al valore venale del bene trasferito, che l'art. 33 successivo (nel testo mo dificato dagli art. 20 e segg. r. decreto 7 ago t > 1936 n. 1639) attribuisce agli uffici finanziari il potere di controllare la
congruità del prezzo allo scopo di determinare il sud detto valore venale, e che siffatto principio non soffre
deroga alcuna nemmeno con l'art. 50, 2° comma, legge di
registro, il cui testo riguarderebbe la tassa di registro dovuta al momento del trasferimento immobiliare effet tuato con i pubblici incanti.
Il convenuto Vittorio Mazzilli contesta radicalmente la fondatezza della tesi sostenuta dall'amministrazione e sostiene che l'art. 50 citato costituisce una deroga espressa al potere degli uffici finanziari di procedere al giudizio di congruità, poiché nella previsione di tale norma il prezzo versato in sede di aggiudicazione ai pubblici incanti corri
sponde al valore venale in comune commercio degli immo bili aggiudicati, e ciò al motivo dèi controllo esercitato dalle autorità sulle aste pubbliche, del libero concorso delle offerte, degli adeguati mezzi di pubblicità in tutto il procedimento.
Ora è noto che, al fine della determinazione del valore venale in comune commercio cui deve essere commisurata la tassa di registro sia essa proporzionale e progressiva secondo il principio generale stabilito dagli art. 30 e 33 della legge di registro e dagli art. 15 e 16 r. decreto 7 agosto 1936 n. 1639, si deve fare riferimento a quel valore che risulterebbe fissato in una libera contrattazione condotta in condizioni normali all'epoca del trasferimento, indi
pendentemente quindi da particolari situazioni soggettive del compratore o del venditore e da eventuali transeunti
perturbazioni di mercato immobiliare o da occasionali
oscillazioni di fattori economici.
L'art. 50 legge di registro, dopo avere stabilito nel 1° comma il criterio che nei pubblici incanti di beni im
mobili e negli appalti, rispetto ai quali siano ammessi rincari o nuovi esperimenti d'asta, debba essere versata
dagli aggiudicatari provvisori la tassa fissa entro cinque
giorni dalla data del relativo verbale di aggiudicazione, stabilisce poi nel 2° comma quanto segue : « la tassa
proporzionale per la vendita di mobili e di immobili ai
pubblici incanti, e quella per gli appalti di qualunque specie fatti all'asta pubblica, è dovuta da chi ha ottenuto l'ag
(1) Conformi : Comm. prov. imposte Firenze 27 marzo
1963, Foro it., Rep. 1963, voce Registro, n. 622 ; C. centrale 20
giugno 1962, n. 89689, ibid., n. 625 ; 6 dicembre 1961, n. 83409, id., Rep. 1962, voce cit., n. 532 ; 16 ottobre 1957, n. 96866, id..
Rep. 1958, voce cit., nn. 543-545 ; 12 ottobre 1955, n. 74782 , id., 1955, XII, 280, con nota di richiami, cui adde i commenti di G-keco e Ravagli, in Dir. e pratica trib., 1957, li, 101, 291.
Contra C. centrale 16 aprile 1958, n. 3920, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 568 ; 19 febbraio 1958, n. 1984, ibid., n. 570 ; 20
novembre 1957, n. 98379, ibid., n. 546 (annotata da Ravagii, in Dir. e pratica trib., 1958, II, 554); Comm. prov. imp. Calta nissetta 9 luglio 1957, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 547,
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1511 PAftfE PfUMA 1512
giudicazione definitiva, sul prezzo della vendita o del
l'appalto risultante dall'ultimo incanto ».
A giudizio di questo tribunale, la disposizione ora men
zionata (art. 50, 2° comma) costituisce una deroga, espres samente introdotta nella materia dei trasferimenti realiz
zati a mezzo di pubblici incanti, al principio sancito dai
citati art. 30 e 33 legge di registro e dall'art. 15 del r.
decreto 7 agosto 1936, nel senso che il giudizio di con
gruità o di revisione del prezzo, previsto allo scopo di
rendere possibile all'amministrazione finanziaria di accer
tare e perseguire fiscalmente il valore venale dei beni oggetto del trasferimento, non debba trovare applicazione quando il
trasferimento sia il risultato di un pubblico incanto, e
ciò in quanto il valore venale viene dalla legge presunto
uguale al prezzo di aggiudicazione del bene, cioè al prezzo dell'ultimo incanto.
E non sembra dubbio che la norma trovi adeguata
giustificazione nella particolare natura giuridica della
vendita ai pubblici incanti, e precisamente nel concorso
delle offerte, stimolato da appositi mezzi di pubblicità e
regolato da speciali termini e forme, e nella continua
vigilanza esercitata dalla pubblica autorità, i quali ele
menti tutti forniscono un fondamento obiettivo alla de
terminazione del prezzo di incanto ed una piena garanzia circa la corrispondenza di questo al valore venale.
Nè sembra legittimo limitare la portata del citato art. 50, 2° comma, alla ipotesi dei pubblici incanti riguardanti le
espropriazioni forzate di beni mobili od immobili, come
talune decisioni giurisprudenziali sembrano affermare. In
vero la citata disposizione non autorizza in alcun modo
l'interprete ad introdurre limitazioni o restrizioni al si
gnificato e alla portata della norma quali risultano chia
ramente espressi nel testo dell'articolo. Quest'ultimo esclude
il giudizio di revisione del valore dei beni trasferiti quando il trasferimento consegua alla procedura dei pubblici in
canti, senza precisare la causa giuridica che dia luogo agli
stessi, se cioè derivano da una esecuzione forzata, ovvero
dallo scioglimento di una comunione ovvero ancora da
un ordine del giudice, e ciò in quanto a fornire la garanzia richiesta dalla legge per escludere il giudizio di congruità non valgono le ragioni che hanno provocato il ricorso ai
pubblici incanti, ma sono le forme giuridiche di tale pro
cedimento, comune tanto all'ipotesi della esecuzione forzata
quanto alle altre ipotesi (quali nella specie quella dello
scioglimento della comunione ai sensi e per gli effetti degli art. 785, 788 e 576 cod. proc. civile).
Nè maggior fondamento ha la tesi secondo la quale l'art. 50 non introduce uno iws singolare in materia ma
tende soltanto a determinare l'aliquota e l'imponibile tassabile al momento in cui si sia eseguita la formalità
della registrazione, senza perciò comportare deroga alcuna
al potere generale della amministrazione finanziaria di
procedere in un momento successivo all'accertamento del
valore venale.
Siffatta opinione, se accolta, renderebbe del tutto inu
tile il 2° comma del citato art. 50 nell'economia di tutto
l'articolo, poiché è evidente che all'atto della formalità
della registrazione l'ufficio finanziario non possa che tas
sare l'atto di aggiudicazione con riferimento al prezzo della stessa.
Al contrario, invece il significato della disposizione viene adeguatamente attinto quando si afferma che, mentre
le assegnazioni non definitive (quelle cioè che siano su
perate da altre offerte, art. 584 cod. proc. civ.) sono as
soggettate a tassa fissa, quelle definitive sono assoggettate a tassa proporzionale commisurata al prezzo della vendita
risultante dall'ultimo incanto ; ed è significativo al riguardo che il testo contenga la espressione « tassa proporzionale
per la vendita ... ai pubblici incanti. . . dovuta da chi
lia ottenuto l'aggiudicazione definitiva sul prezzo della
vendita . . . risultante dall'ultimo incanto ».
In conclusione, quindi, il tribunale ritiene inappli cabile ai trasferimenti immobiliari eseguiti in genere ai
pubblici incanti la procedura di revisione del valore di
cui all'art. 33 e segg. legge di registro e all'art. 15 e segg. r. decreto 7 agosto 1936 n. 1639 e pertanto dichiara ille
gittima la revisione del valore effettuata dall'ufficio del
registro di Eoma in ordine all'appartamento posto in Eoma, via Cola di Rienzo 271, scala C, int. 6, aggiudicato a seguito di asta pubblica con atto del notaio Gaudani di Eoma
del 2 aprile 1949 a favore di Vittorio Mazzilli.
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI RIMINI.
Sentenza 24 febbraio 1964 ; Pres. e<l est. Giovannelli P. ; Soe. « Avvenire d'Italia » (Avv. Ugolini) c. Comune di Rimini (Avv. Rossi).
Tasse e imposte comunali — Imposta sulla pubbli cità — Edicola di yioruali — Insegne all'esterno della tettoia—Assoi|<jetlabilità (Legge 5 luglio 1961 n. 641, sulle pubbliche affissioni e sulla pubblicità affine, art. 1, 2).
Sono soggette ad imposta sulla pubblicità le insegne affisse all'esterno della tettoia e del tetto di un'edicola per la vendita di giornali. (1)
Il Tribunale, ecc. -— (Omissis). Passando all'esame della controversia nel merito osserva il collegio che la
pretesa tributaria del comune è pienamente fondata. L'art. 201 t. u. 14 settembre 1931 n. 1175 disciplinava
la tassa sulle insegne indicandone l'oggetto in una lunga serie di forme pubblicitarie relative ad attività svolte a fine di lucro ed aventi particolari caratteri, tanto se col locate su porte o vetrate di accesso agli esercizi, quanto sulle facciate dei fabbricati, nelle finestre e nei balconi
degli edifici ove gli esercizi stessi hanno sede, ed in località diverse. La predetta norma venne modificata dall'art. 3 decreto legisl. 8 novembre 1947 n. 1417 che nei 1° e 3° comma ha escluso l'assoggettabilità al tributo dei mezzi
pubblicitari esposti nelle vetrine dei locali di commercio o collocati sulle tariffe o negli ingressi dei locali di pub blico spettacolo. Identica esclusione è stata riconosciuta
per i mezzi pubblicitari relativi alla propaganda turistica
esposti nelle vetrine od all'esterno dei locali delle agenzie di viaggio e delle associazioni di carattere turistico. La
successiva legge 5 luglio 1961 n. 641 non ha sostanzialmente
apportato alcuna immutazione alla predetta regolamenta zione che è stata espressamente richiamata nell'ult. comma dell'art. 1, il quale ha precisato, tra l'altro, che non sono
soggette a tributo le insegne esposte esclusivamente nelle sedi degli esercizi, delle industrie, dei commerci, arti e pro fessioni e che contengono, tra l'altro, l'indicazione generica delle merci vendute.
Seguendo le solite regole dell'ermeneutica interpretativa, si deve senz'altro escludere che siano soggette al tributo le forme di pubblicità esposte nelle sedi delle aziende, nelle vetrine delle stesse aziende e negli ingressi dei locali di
pubblico spettacolo, nonché anche all'esterno delle agenzie di viaggio e delle associazioni di interesse turistico.
Le edicole in cui si vendono giornali e riviste e talora anche libri, non possono essere certamente equiparate alle agenzie di viaggio od alle sedi delle associazioni di interesse turistico. Per il carattere dell'attività svolta non
possono non essere ricomprese nell'ampio titolo degli
(1) Non constano precedenti in termini. Sotto la legisla zione previgente (che, come ricorda l'annotata sentenza, non ha subito sostanziali modifiche per la questione che ne occupa), si vedano, in argomento, App. Firenze 14 giugno 1958, Foro
it., Rep. 1958, voce Tasse comunali, n. 104, che riconosce dovuta
l'imposta sui quadri « porta sommari » portanti il titolo dei
quotidiani e destinati ad inquadrare i sommari di essi e Trib. Lucca 8 marzo 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 127, 128, che, conforme alla precedente, ammette poi l'esenzione per i sommari
esposti nelle vetrine dei giornalai e sulle pareti esterne delle
edicole, ma non per quelli esposti nelle adiacenze dei locali di rivendita dei giornali.
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