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sentenza 22 aprile 1985; Giud. Settimi; Garuglieri e altri (Avv. De Medici) c. Istituto autonomo...

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Page 1: sentenza 22 aprile 1985; Giud. Settimi; Garuglieri e altri (Avv. De Medici) c. Istituto autonomo case popolari di Milano (Avv. Cardinali)

sentenza 22 aprile 1985; Giud. Settimi; Garuglieri e altri (Avv. De Medici) c. Istituto autonomocase popolari di Milano (Avv. Cardinali)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2347/2348-2349/2350Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180683 .

Accessed: 24/06/2014 23:28

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2347 PARTE PRIMA 2348

PRETURA DI ROMA; sentenza 22 aprile 1985; Giud. Settimi;

Garuglieri e altri (Avv. De Medici) c. Istituto autonomo case

popolari di Milano (Avv. Cardinali).

Edilizia popolare ed economica — Alloggio di istituto autonomo case popolari — Assegnatario — Perdita dei requisiti di reddito — Locazione sostitutiva di quella a canone sociale — Istituzio

ne — Condizioni — Disciplina applicabile (L. 8 agosto 1977 n.

513, provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e ca

none minimo dell'edilizia residenziale pubblica, art. 22, 23; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili

urbani, art. 1, 26).

Gli art. 26 e 84 l. n. 392/78 non hanno determinato l'abrogazione degli art. 22, penult, e ult. cpv., e 23 l. n. 513/77, ai sensi dei

quali gli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica, che si vengano a trovare nelle condizioni di vedersi revocata

l'assegnazione per sopravvenuto incremento del reddito familia re, hanno la facoltà di conservare, a richiesta, la disponibilità dell'alloggio a titolo di locazione regolata dalle norme sulla

disciplina ordinaria degli immobili urbani, con possibilità da

parte dell'I.a.c.p. di applicare d'ufficio tale disciplina. (1) Il richiamo alla disciplina delle locazioni urbane e al regime

dell'equo canone contenuto nell'art. 22 l. n. 513/77 non integra un rinvio recettizio alla normativa sostanziale e processuale regolatrice del rapporto di locazione tra privati, ma tende

soltanto ad ancorare le locazioni sostitutive di quelle « a canone

sociale », alternative alla revoca per sopravvenuta perdita da

parte dell'assegnatario dei prescritti requisiti di reddito, ai

criteri di determinazione del canone previsti dalla l. i.

392/78. (2)

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini. Difformemente dal principio espresso dalla seconda massima, Pret.

Roma, old. 18 luglio 1984, Foro it., 1985, I, 1353 con nota ù' richiami, nella motivazione sostiene che l'art. 22 1. n. 513/77 « effettua un rinvio integrale » all'ordinaria normativa in tema di rapporti di locazione tra privati, in quanto tale, esteso anche all'istituto della procedura conciliativa di cui agli art. 43 e 44 1. n. 392/78.

In dottrina, nel senso della pronunzia riportata, v., invece, N.

Scannicchio, Assegnazione, godimento e rilascio degli alloggi di edili zia economica e popolare. Profili sostanziali, in Giur. it., 1982, IV, 33, spec. 66 ss.

Secondo Pret. Cremona 4 ottobre 1985, Arch, locazioni, 1985, 770, qualora la condizione che ha determinato l'inapplicabilità del canone sociale per motivi di reddito si sia verificata posteriormente all'entrata in vigore della 1. 392/78, al rapporto locativo sostitutivo di quello derivante dall'atto di assegnazione va applicato l'« equo canone » nella misura integrale e non nei limiti degli « adeguamenti » e degli « aggiornamenti » previsti dagli art. 62 e 63 1. 392/78 per le locazioni (già) soggette a proroga.

Per i riflessi della natura pubblica del locatore sulla disciplina del diritto di prelazione pevisto dall'art. 38 1. n. 392/78 nelle locazioni di immobili dell'I.a.c.p. destinati ad uso diverso da quello abitativo

(integralmente assoggettate alla legge c.d. dell'equo canone), v. Cons. Stato, sez. IV, 111 luglio 1984, n. 545, Foro it., Rep. 1984, voce Edilizia popolare, n. 144 (e in Giur. it., 1984, III, 417, con nota di A. De Cupis, Tutela giuridica del locatario nei confronti dell'ente pubblico locatore).

Quanto alla regolamentazione dei rapporti locativi « a canone socia le », da ultimo, v., sulla determinazione del corrispettivo di godi mento dell'immobile, App. Bologna 18 gennaio 1985, Arch, loca

zioni, 1985, 709, con nota di I. Spampinato, Sulla misura del canone sociale nelle locazioni che traggono origine da assegnazione di alloggi da parte dell'I.a.c.p.-, sugli obblighi corrispettivi in tema di servizio di riscaldamento: Pret. Roma, ord. 2 aprile 1984, Foro it., 1985, I, 1566; Pret. Roma, ord. 28 marzo 1983, e Pret. Bari, ord. 6 dicembre 1982, id., 1984, I, 2042, con nota di richiami; sulla

inapplicabilità agli eredi dell'assegnatario delle disposizioni di cui agli art. 1614 c.c., 1, 4° comma, 1. n. 253/50 e 6 1. n. 392/78 in tema di successione nel rapporto: Cass. 8 ottobre 1985, n. 4855, Giust. civ., 1986, I, 91; nonché Pret. Roma 9 novembre 1982 e 16 novembre

1982, Foro it., Rep. 1983, voce cit., nn. 148, 147, per esteso in Temi

romana, 1983, 947, con nota di L. Paoloni, Note in tema di successione « iure ereditatis » nei rapporti locativi e di promessa di vendita con l'I.a.c.p.

Cass., ord. 29 giugno 1985, n. 336, Foro it., 1986, I, 138, ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, lett. b), 1. n. 392/78, nella parte in cui non esclude dall'ambito di applicazione della legge, unitamente agli immobili costruiti a totale carico degli enti pubblici, anche quelli da tali enti acquistati con il contributo obbligatorio dei

dipendenti ed a questi concessi in locazione.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 10 ottobre 1983, gli attori, tutti assegnatari e conduttori d'alloggi di proprietà dell'I.a.c.p., convenivano in giudizio quest'ultimo al

fine di sentir « dichiarare la non applicabilità agli alloggi in

questione della normativa di cui alla 1. 392/78 » e « dichiarare

esser tenuto l'I.a.c.p. al rispetto delle procedure previste e rego lamentate dalla stessa legge per l'accertamento e la determinazio ne dell'equo canone » con condanna del convenuto alle spese.

A motivazione della proposta domanda gli attori deducevano: che l'art. 26 1. 392/78 aveva escluso, obiettivamente e senza relazione alcuna con il reddito degli occupanti, l'applicabilità della legge stessa ai rapporti in questione; che, ai sensi dell'art. 84 1. 392/78, doveva ritenersi abrogato l'art. 22 1. 513/77 per contrasto con il menzionato art. 26; che le richieste d'applicazione

dell'equo canone avanzate dall'I .a.c.p. erano da ritenere illegittime anche perché contrarie ai principi generali del diritto dai quali son fatti salvi i diritti quesiti, nella specie rappresentati dal diritto

all'irrevocabilità dell'assegnazione anche a seguito di variazione del reddito; che, comunque, in caso di contestazione del canone

determinato dall'I.a.c.p. da parte dei conduttori, lo stesso I.a.c.p. non poteva considerarsi esonerato dal seguire la procedura previ sta dagli art. 44 e 45 1. 392/78.

Costituendosi, l'I.a.c.p. depositava comparsa con la quale, preli minarmente eccepita l'incompetenza per valore del giudice adito,

contestava in fatto e diritto la domanda avversaria, principale e

subordinata, chiedendone il rigetto con condanna dagli attori alle

spese. In corso di causa intervenivano altri assegnatari conduttori

d'alloggi di proprietà dell'I.a.c.p. facendo proprie le domande e le

motivazioni già esposte dagli attori. (Omissis)

Nel merito, la domanda principale degli attori intervenuti è da

ritenere infondata.

Va, al riguardo, anzitutto rilevato che non esistono diritti

quesiti sui quali il legislatore, particolarmente per motivi di

pubblico interesse quali sono quelli « informatori della normazio

ne in materia d'edilizia residenziale pubblica, non possa incidere,

ma va anche rilevato che da un quarantennio vige nell'ordina

mento il principio della revocabilità dell'assegnazione in locazione

degli alloggi d'edilizia residenziale pubblica per sopravvenuto mutamento nelle condizioni economiche dell'assegnatario: già il

combinato disposto degli art. 3 e 4 d.1.1. 9 giugno 1945 n. 387

prevedeva la revoca dell'assegnazione per la perdita, in corso di

rapporto, dei requisiti prescritti per ottenerla dall'art. 31 t.u. 28

aprile 1938 n. 1165, principio chiaramente informato alla ratio

della normativa in materia e, infatti, recepito e ribadito dalle successive disposizioni dell'art, unico 1. 16 maggio 1956 n. 503 e dell'art. 17 d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1035.

Tali logiche disposizioni hanno, peraltro, subito un correttivo, p tutto vantaggio degli assegnatari conduttori, ad opera del penultimo ed ultimo comma dell'art. 22 1. 8 agosto 1977 n. 513, con i quali ai

predetti assegnatari conduttori, che si fossero venuti a trovare nella condizione di vedersi revocata l'assegnazione per sopravve nuto incremento del reddito complessivo del nucleo familiare oltre il limite di legge, è stata concessa la facoltà di conservare la

disponibilità dell'alloggio, a loro richiesta, a titolo di locazione ordinaria regolata dalle norme sulla disciplina degli immobili

urbani, dal successivo art. 23 è stato, poi, concesso al!. I.a.c.p. il

potere d'applicare d'ufficio tale disciplina ove l'assegnatario con duttore non collabori, fornendo a richiesta la prescritta documen

tazione, al periodico accertamento dall'insussistenza della predetta causa di revoca dell'assegnazione.

Che l'esaminata normativa non sia stata abrogata dal combinato

disposto degli art. 26, lett. b, ed 84 1. 27 luglio 1978 n. 392 risulta evidente: in primis, dal tenore del citato art. 26, per il quale le

disposizioni del capo primo della legge sono dichiarate inapplicabi li, tra l'altro, alle locazioni relative ad allogg. costruiti a totals carico dello Stato per i quali si applica il canone sociale, mentre

nella specie trattasi d'alloggi per i quali l'applicabilità del canone sociale è esclusa dalla sopravvenuta carenza nell'interessato dei

requisiti per il mantenimento dell'assegnazione in locazione; in secondo luogo, dalla conferma della vigenza della normativa in

esame proveniente dallo stesso legislatore che, con il disposto dell'art. 22 d.l 15 dicembre 1979 n. 629 convertito con modifiche

dall'art. 1 1. 15 febbraio 1980 n. 25, ha stabilito, proprio ai fini

dell'applicazione dell'art. 22 1. 8 agosto 1977 n. 513, nuovi criteri

di valutazione del reddito complessivo del nucleo familiare ed ha, altresì', previsto, per il caso di sopravvenuta riduzione del reddito,

Il Foro Italiano — 1986.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

anche la possibilità di retrocessione del regime della locazione

ordinaria a quello della locazione agevolata espressamente con

trapponendo l'equo canone dell'una al canone sociale dell'altra.

Non va, poi, pretermesso di considerare che, ove si dovesse

ritener abrogato l'art. 22 1. 8 agosto 1977 n. 513, l'unica normati

va applicabile all'assegnatario il cui reddito ammontasse in corso

di rapporto oltre i limiti di legge per l'assegnazione sarebbe

quella dell'art. 17 d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1035, per la quale la

assegnazione stessa andrebbe revocata con conseguente risoluzione

di diritto del contratto di locazione ed emissione del decreto di

rilascio: non si vede, pertanto, quale vantaggio deriverebbe agli attori intervenuti dall'invocata abrogazione.

Del pari infondata appare la domanda subordinata proposta

dagli attori-intervenuti.

Il richiamo effettuato dall'art. 22 1. 8 agosto 1977 n. 513 alla

disciplina delle locazioni urbane è, infatti, da considerare limitato

all'aspetto economico dell'instaurando rapporto di locazione ordi

naria e non anche a quello normativo: in sostanza, ferme le altre

componenti del preesistente rapporto, il legislatore ha inteso

soltanto modificare i criteri di quantificazione del canone, sosti

tuendo a quelli, dettati nella prima parte della norma, per la

determinazione del canone sociale quelli predisponendi per la

determinazione dell'equo canone tra privati.

Va, al riguardo, considerato, infatti, che l'unica disposizione

attuativa posta dalla normativa in esame attiene esclusivamente

alla determinazione — provvisoria, in attesa dell'emanazione della

normativa, sull'equo canone già in avanzata fase di redazione —

della misura del canone e che, ancora, l'art. 22 d.l. 15 dicembre

1979 n. 629 citato pone anch'esso l'unica differenza tra locazioni

ex art. 22 1. 8 agosto 1977 n. 513 e locazioni riconducibili alla

posizione del conduttore in possesso del requisito reddituale per

l'assegnazione alla già evidenziata contrapposizione tra equo ca

none e canone sociale intesi esclusivamente nella loro componente economica.

In sostanza, il richiamo alla disciplina delle locazioni urbane ed

al regime dell'equo canone da parte delle due norme summenzio

nate si traduce in una statuizione intesa ad ancorare le locazioni

sostitutive, in alternativa alla revoca, di quelle a canone sociale al

meccanismo di determinazione del canone di locazione previsto dalla 1. 27 luglio 1978 n. 392, mentre rimane escluso qualsiasi richiamo recettizio della normativa sotanziale e processuale rego latrice del rapporto di locazione tra privati.

Ciò trova piena giustificazione nella particolare natura del

rapporto in esame, nel quale confluiscono e vengono tutelati

rilevanti interessi d'ordine sociale generale, e nella ratio della

norma, intesa principalmente a conservare la disponibilità del

l'immobile ad uso abitazione anche a quanti dovrebbero esserne

allontanati per sopravvenuto incremento del reddito oltre i limiti

stabiliti per la conservazione dell'assegnazione.

Anche in ordine al trattato argomento è da considerare che

un'integrale applicazione della normativa posta dalla 1. 27 luglio 1978 n. 392 comporterebbe, tra l'altro, la durata solo quadriennale della locazione, con possibilità per l'I.a.c.p. di chiedere la risolu

zione dei contratti in esame per finita locazione, ciò che non

gioverebbe certo agli attori-intervenuti e tanto meno sarebbe consono all'evidenziata ratio legis, intesa a garantire la stabilità

dell'occupazione legittima degli alloggi d'edilizia residenziale

pubblica in deroga al disposto dell'art. 17, lett. d, d.p.r. 30

dicembre 1972 n. 1035.

Va, da ultimo, rilevato che non si ravvisa, d'altronde, un

concreto ed attuale interesse degli attori-intervenuti, in difetto

d'una pretesa giudizialmente fatta valere ex adverso, ad una

pronunzia dichiarativa delle norme processuali che la controparte dovrebbe seguire onde far valere in futuro detta pretesa.

Le domande degli attori e degli intervenuti vanno, pertanto,

respinte.

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Pubblica sicurezza (amministrazione della) — Vigile urbano —

Qualifica di agente di pubblica sicurezza — Indennità di istitu

to — Esclusione — Questione manifestamente infondata di co

stituzionalità (Cost., art. 3, 36, 97; 1. 22 dicembre 1969 n. 967,

norme sul trattamento economico del personale delle forze di

polizia impiegate in sede in servizi di pubblica sicurezza, art. 2).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 2 1. 22 dicembre 1969 n. 967, nella parte in cui

non estende ai vigili urbani, ai quali sia stata riconosciuta la

qualifica di agenti di pubblica sicurezza, il diritto a percepire l'indennità mensile per il servizio di istituto, in riferimento agli art. 3, 36 e 97 Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 2 aprile 1986, n. 86 (Gazzetta

ufficiale, 1° serie speciale, 16 aprile 1986, n. 15), Pres. Paladin.

Rei. Pescatore; Lupo c. Comune di Pioltello; interv. Pres. cons,

ministri. Ord. T.A.R. Lombardia 11 gennaio 1983 (G.U. n. 287 bis

del 1985).

(1) La corte conferma con ordinanza di manifesta infondatezza la sua sentenza di rigetto 21 luglio 1983, n. 229, Foro it., 1983, I, 2969, con nota di richiami (v. anche le precedenti ordinanze di mani festa infondatezza richiamate in motivazione; ord. 7 febbraio 1984, n. 18, è riassunta id., Rep. 1984, voce Pubblica sicurezza (am ministrazione della), n. 20).

Anche la giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso che ai vigili urbani non spetta l'indennità in questione, anche quando abbiano ottenuto la qualifica di agenti di pubblica sicurezza: v., in

particolare, la decisione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 20 luglio 1984, n. 16, id., 1985, III, 7, con nota di richiami, che nega ta

le indennità non solo in relazione ad una interpretazione (riduttiva) del l'art. 2 1. n. 967/69, ma anche sulla base della onnicomprensività del trat tamento economico dei dipendenti comunali stabilito a seguito della con trattazione collettiva (prima che questa venisse formalizzata, per tali

dipendenti, dal d.l. 29 dicembre 1977 n. 946, provvedimenti urgenti per la finanza locale, art. 6, nel testo risultante dalle modifiche

apportatevi dalla relativa legge di conversione 27 febbraio 1978 n. 43), e della legittimità della deliberazione comunale di ricezione dell'accor do risultante. La giurisprudenza amministrativa successiva ha consoli dato questo orientamento negativo: Cons, giust. amm. sic. 11 ottobre

1985, n. 172, Cons. Stato, 1985, I, 1267, argomentando che la norm« che regola l'indennità in questione per gli agenti di pubblica sicurezza, la prev-de solo pei coloro che svolgono in via normale e permanente compiti di tutela dell'ordine pubblico; 10 marzo 1986, n. 30, id.,

1986, I, 397, riprendendo la prospettiva della onnicomprensività del trattamento economico dei dipendenti comunali stabilito in sede di contrattazione collettiva, nel medesimo informale quadro normativo.

Poi, è intervenuta la ricordata formalizzazione del procedimento della contrattazione collettiva anche per il personale dipendente dagli enti locali. Ma, a prescindere dai successivi decreti presidenziali che su questa nuova base legislativa hanno regolato la materia, come

anche dal sopravvenire della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93, ora il quadro normativo nel quale la questione deve essere prospettata è nuovamente mutato: è entrata in vigore la 1. 7

marzo 1986 n. 65, legge-quadro sull'ordinamento della polizia munici

pale (Le leggi, 1986, 771) (l'art. 117 Cost, attribuisce la materia della

polizia locale, urbana e rurale alla competenza legislativa concorrente delle regioni a statuto ordinario); anzitutto, l'art. 5 di questa legge ri

definisce i compiti aggiuntivi degli addetti al servizio di polizia municipale, enumerando, oltre le funzioni di polizia giudiziaria e il

servizio di polizia stradale, le funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza,

però ridimensionate entro i limiti precisati dall'art. 3: collaborazione

«... nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le forze di polizia dello

Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne vanga fatta, per

specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità »; e,

poi, l'art. 10 disciplina il trattamento economico degli addetti al

servizio di polizia municipale, secondo livelli retributivi determinati in

relazione alle funzioni attribuite, e riprende la classificazione delle

indennità aggiuntive articolata dall'art. 26, 4" comma, d.p.r. 25 giugno

1983 n. 347, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del

29 aprile 1983 per il personale dipendente dagli enti locali; il profilo

del compenso per le funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza emerge dal consenso di tale art. 10, a che queste indennità vengano aumentate

fino al massimo dell'80 % dell'indennità pensionabile concessa al

personale che espleta funzioni di polizia dall'art. 43, 3° comma, 1. 1°

Il Foro Italiano — 1986.

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