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Sentenza 22 dicembre 1961, n. 71; Pres. Cappi P., Rel. Gabrielli; Del Zotto c. I.n.p.s. (Avv....

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Sentenza 22 dicembre 1961, n. 71; Pres. Cappi P., Rel. Gabrielli; Del Zotto c. I.n.p.s. (Avv. Nardone); interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Simi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 1 (1962), pp. 11/12-13/14 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151951 . Accessed: 28/06/2014 15:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.49 on Sat, 28 Jun 2014 15:47:51 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 22 dicembre 1961, n. 71; Pres. Cappi P., Rel. Gabrielli; Del Zotto c. I.n.p.s. (Avv.Nardone); interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Simi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 1 (1962), pp. 11/12-13/14Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151951 .

Accessed: 28/06/2014 15:47

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11 PARTE PRIMA 12

applicano nell'ambito delle competenze attribuite alla Re

gione o alla Provincia e non si può, attraverso il riferimento

ad esse, riconoscere alla Regione una competenza che non

le sia stata già attribuita dallo Statuto.

Nè vale richiamarsi all'art. 38, n. 1, Statuto spec., cbe

attribuisce alla Giunta regionale l'« attività amministra

tiva per gli affari di interesse regionale » ; in primo luogo, è chiaro che la norma intende far riferimento all'ammini

strazione cosiddetta attiva ; in secondo luogo, la decisione

di ricorsi, anche in materia di pura legittimità, non può considerarsi affare di interesse regionale e, quando anche

la Regione potesse essere ritenuta titolare di un interesse

alla legittimità degli atti delle Provincie, da ciò non deri

verebbe un suo potere di decidere ricorsi contro tali atti.

Maggior pregio non ha la considerazione che la Regione ha una sfera di interessi più ampia di quella della Pro

vincia. A parte il fatto, per se stesso decisivo, che la mag

giore ampiezza di interessi non basta a determinare un

rapporto di gerarchia impropria, che, come si è visto, solo

la legge può, eccezionalmente ed esplicitamente, stabilire tra enti autonomi, va riconosciuto che lo Statuto del Tren

tino-Alto Adige ha compiuto ima precisa e del tutto parti colare distribuzione di competenze tra Regione e Provincie, che non può essere alterata dalla indubbia esigenza che

l'attività delle Provincie si svolga in armonia con gli inte

ressi della Regione, nel quadro dell'unitario ordinamento dello Stato.

Per questi motivi, dichiara che non spetta alla Regione Trentino-Alto Adige decidere ricorsi proposti avverso atti di controllo adottati dalla Giunta provinciale, ai sensi del l'art. 48 Statuto speciale Trentino-Alto Adige ; annulla per conseguenza la deliberazione della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige 28 luglio 1960, n. 1311.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 22 dicembre 1961, n. 71 ; Pres. Cappi P., Rei. Gabrieli ; Del Zotto c. I.n.p.s. (Avv. Nakdone) ; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Sihi)

Previdenza sociale —- Assicurazione superstiti — Ite

«filisi! i contributivi - Periodo di lavoro all'estero

Questione di incostiliizionalità — Infondatezza

(L. 4 aprile 1952 n. 218, riordinamento delle pensioni per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e

superstiti, art. 37 ; d. pres. 26 aprile 1957 n. 818, norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952 n. 218, art. 37).

È infondata la questione di legittimità costituzionale del l'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818, circa i periodi di lavoro subordinato all'estero non protetti da accordi internazionali, in relazione all'art. 37 della legge 4 aprile 1952 n. 218. (1)

La Corte, ecc. L'I.n.p.s. ha eccepito che l'ordi nanza del Tribunale di Udine viola il principio, secondo il

quale il giudizio incidentale di costituzionalità non può essere proposto se non quando sia accertata la necessità di

applicare la norma della cui costituzionalità si dubita ; necessità, nella specie, da escludere in quanto la norma dell'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818 impu gnata non sarebbe retroattiva ; che pertanto la Corte deve

preliminarmente stabilire se l'accertamento, da parte del

giudice di merito, dell'applicabilità della surriferita dispo sizione debba precedere o meno la decisione relativa alla

sospensione del giudizio e alla remissione degli atti a questa Corte. Anche l'Avvocatura dello Stato lamenta che il Tri bunale di Udine non ha motivato sulla rilevanza.

L'eccezione va disattesa. Invero il Tribunale nel con

(1) L'ordinanza di rimessione, Trib. Udine 23 giugno I960, è riassunta in Foro it., 1960, I, 1868,

trasto tra la tesi dell'attrice che chiedeva la pensione super stiti in virtù dell'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957

n. 818 e la tesi dell'I.n.p.s., secondo la quale la norma

invocata non è applicabile, riteneva non potersi tale con

trasto risolvere senza che fosse preventivamente accertata

la legittimità costituzionale della surriportata norma ; la

quale, creando nuove condizioni per la concessione della

pensione, non sembrava in armonia con i criteri fissati

dalla legge 4 aprile 1952 n. 218. E soggiungeva che l'ipo tesi del computo ai fini della pensione dei periodi di lavoro

subordinato all'estero, non protetti da convenzioni interna

zionali (art. 37, lett. b, legge n. 818), non potesse ritenersi

implicitamente contemplata dalla legge del 1952 e dalle

leggi precedenti, le quali prevedono casi particolari di con

tribuzione figurativa, ma nulla dispongono per il caso in

esame. In tale modo il Tribunale con motivazione suffi

ciente ha compiuto un adeguato accertamento sulla ri

levanza.

Nel merito devesi dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata ex officio dal Tribu

nale di Udine.

Secondo l'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957

n. 818, i periodi di lavoro subordinato all'estero, non pro tetti agli effetti delle assicurazioni interessate in base a

convenzioni od accordi internazionali, sono esclusi dal

computo del quinquennio ai fini dell'accertamento dei re

quisiti contributivi per il diritto alla pensione superstiti. È questa una norma di coordinamento che, formando

oggetto specifico di delega legislativa (art. 37, 1° comma,

legge 4 aprile 1952 n. 218), può comprendere, come più volte ha affermato questa Corte, la possibilità di eliminare eventuali lacune o discordanze nel particolare settore cui la legge si riferisce (Corte cost. sent. n. 24 del 5 maggio 1959, Foro it., 1959, I, 715, ecc.).

L'art. 37 legge 4 aprile 1952 n. 218 dà al Governo il potere di emanare norme in conformità dei principi e

criteri direttivi in detta legge contenuti, nonché norme intese a coordinare le vigenti disposizioni sulle assicura zioni sociali con quelle della stessa legge delegante.

Giova a tal punto ricordare che dal succedersi delle

leggi nel campo della previdenza sociale affiorano direttive

sempre più favorevoli al lavoratore soprattutto al fine di

garantire il diritto alla pensione (r. decreto 30 dicembre 1923 n. 3184 : art. 30 ; r. decreto 28 agosto 1924 n. 1422 : art. 71 ; legge 1928 n. 2900 ; r. decreto legge 4 ottobre 1935 n. 1827 : art. 56, convertito nella legge 6 gnigno 1936 n. 1155 ; r. decreto legge 14 giugno 1939 n. 636 : art. 9, convertito nella legge 6 luglio 1939 n. 1272, ecc.).

Inoltre, dal sistema previdenziale si desume che il le

gislatore ha voluto estendere la tutela assicurativa al mag gior numero di lavoratori, rendendola sempre più efficace, sia attuando il principio della continuità del rapporto assi curativo e della conservazione dei corrispondenti diritti

quesiti (passaggio dal sistema di assicurazione volontaria al sistema di assicurazione obbligatoria : t. u. 30 maggio 1907 n. 376 ; decreto legisl. 21 aprile 1919 n. 603; r. decreto 30 dicembre 1923 n. 3184) ; sia col fare rientrare nell'ambito della tutela situazioni d'impossibilità obiettiva da parte del lavoratore di versare i prescritti contributi o di prestare la sua opera (servizio militare, puerperio, disoccupazione, malattia, ecc.). Ed il principio della conservazione della tutela previdenziale è stato attuato, tra l'altro, con la neu tralizzazione dei periodi, prescritti per conseguire deter minati benefici inerenti al rapporto assicurativo (r. decreto

legge 4 ottobre 1935 n. 1827 : art. 56, 74, 2° comma ; legge 4 aprile 1952 n. 218 : art. 4, ecc.).

Ciò posto la disposizione dell'art. 37, lett. b, traduce in formula legislativa il principio che, quando situazioni obiettive determinano la sospensione del rapporto assicu

rativo, i diritti acquisiti dal lavoratore rimangono quali erano al momento della sospensione senza l'obbligo di ver sare i contributi durante il periodo della sospensione stessa

(neutralizzazione del periodo), realizzandosi così la conser vazione dei relativi diritti, indipendentemente dalle vicende del rapporto di lavoro, che può sospendersi o interrompersi.

Ora non v'ha dubbio che la legge 4 aprilet1952 n. 218

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nel riordinare le pensioni dell'assicurazione obbligatoria

per la invalidità, la vecchiaia e i superstiti non solo si è

informata all'orientamento seguito dalla richiamata legisla zione, ma ha accentuato il favore per il lavoratore, rendendo

con particolari disposizioni più efficiente il principio della

conservazione delle posizioni assicurative (art. 4, 5, ecc.). D'altra parte lo stesso Istituto della previdenza sociale

ha largamente utilizzato gli stessi principi per casi che

il succitato art. 37, lett. b, non prevede espressamente, ma che ben si possono ricondurre nel quadro del vigente sistema previdenziale. Come più vicina alla ipotesi in esame

è da considerare quella che prevede i periodi durante i

quali il lavoratore ha prestato la sua opera in territorio

sottratto per effetto dei trattati di pace alla sovranità ita

liana ; periodi da non computarsi ai fini del quinquennio,

pur non essendo stati corrisposti i contributi assicurativi

(circolare n. 517 Odg 1948, richiamata al n. 42, lett. m, della circolare I.n.p.s. n. 1111 C. e V/134 del 3 ottobre

1957). È bene inoltre fare presente che la tutela del lavo

.iatore che espatria fu dal legislatore considerata fin dal

1919 con la legge 26 ottobre 1919 n. 1996 per la Cassa

di previdenza marinara (art. 31), con la legge 13 dicembre

1928 n. 290, che delegava il potere di regolare le condi

zioni degli assicurati obbligatori che espatriano per ragioni di lavoro (art. 2) e con decreto legisl. del 23 agosto 1946

n. 201.

Successivamente l'intensificarsi della emigrazione nel

periodo post-bellico ed il principio della libera circolazione

delle forze del lavoro suggerivano agli Stati la necessità di

stipulare accordi destinati a rendere intercomunicanti i vari

sistemi di previdenza, utilizzando oltre i limiti nazionali i

periodi di lavoro compiuti nel territorio dei singoli Stati.

Alla tutela del lavoratore all'estero non protetto da,

detti accordi ha provveduto l'art. 37, lett. b.

Pertanto la disposizione dell'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818 non contiene eccesso di delega.

Per questi motivi, rigetta la pregiudiziale dedotta dal

l'I.n.p.s. e dall'Avvocatura dello Stato ; dichiara non fon

data la questione di legittimità costituzionale sollevata di

ufficio dal Tribunale di Udine con la ordinanza 23 aprile

1960, riguardante l'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818 circa i periodi di lavoro subordinato all'estero

non protetti da accordi internazionali, in relazione all'art.

37 della legge 4 aprile 1952 n. 218 e in riferimento all'art.

76 della Costituzione.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 22 dicembre 1961, n. 70 ; Pres. Cappi P., Rei.

Branca ; Miraglia e. Saccone ; interv. Pres. Cons, mi

nistri (Avv. dello Stato Varvesi).

[.«oazionc -—- Proroga legale — Decadenza — Accer

tamento delle condizioni tecniche dell'edificio —

Poteri del Genio civile — Incostituzionalità della

normativa (Costituzione della Repubblica, art. 24 ;

1. 23 maggio 1950 n. 253, disciplina delle locazioni,

art. 10).

iS'ono illegittimi, con riferimento all'art. 24 della Costituzione,

il n. 1 dell'art. 10 legge 23 maggio 1950 n. 253, nella parte in cui demanda al Genio civile l'accertamento delle con

dizioni tecniche e della necessità dello sgombero dell'im

mobile, e il n. 2 dello stesso articolo, in quanto l'accerta

mento della indispensabilità dello sgombero e della possi

bilità di uno sloggio temporaneo è demandato al Genio

civile. (1)

(1) L'ordinanza 11 giugno 1960, con la quale il Pretore

di Palermo ha rimesso alla Corte costituzionale la questione

d'incostituzionalità, ora riconosciuta fondata, è massimata in

Foro it., 1961, I, 184, con nota di richiami giurisprudenziali

La Corte, ecc. — Benché l'ordinanza di rinvio sembri riferirsi all'intero art. 10 della legge, l'impugnazione è evi dentemente circoscritta a quelle parti dell'articolo in cui, ai fini della cessazione della proroga, è demandato al Genio

civile l'accertamento delle condizioni dell'immobile e della

necessità dello sgombero, cioè al n. 1, seconda parte, e al n. 2, seconda parte.

Queste norme sono state oggetto d'una interpretazione che, oramai consolidata in giurisprudenza, è accolta dalla

quasi unanimità della dottrina : si è ritenuto e si ritiene

che l'accertamento del Genio civile vincoli il giudice del

merito, e che questi abbia su di esso press'a poco un con

trollo di legittimità : può rilevare violazioni di leggi, con

traddizioni o palesi incongruenze, nonché patenti errori di

valutazione, chiedere chiarimenti e persino disporre la rin

novazione totale dell'atto, ma non può nominare un diverso

consulente nè ricavare da altre fonti il suo convincimento.

Se questa è la portata delle norme, e non v'è ragione di

dubitarne, la Corte costituzionale ritiene che esse contrastino

con l'art. 24, 1° e 2° comma. Cost. Infatti la singolarità del procedimento, che esse impongono, non garantisce com

piutamente quel diritto alla difesa a cui si ispira tale articolo.

Già è sintomatico che l'accertamento, così come è defe

rito al Genio civile dal cit. art. 10, nn. 1 e 2, si svolga in

modo tanto abnorme : la libertà d'apprezzamento del giu dice è limitata in relazione ad un singolo rapporto sostan

ziale, senza che dalla natura del rapporto si possa trarre

un motivo plausibile della particolarità di tale disciplina. La tutela processuale dei diritti delle parti ne apparisce,

per ciò solo, seriamente compromessa se è vero che l'esi

stenza d'un diritto implica, in virtù dell'art. 24 Cost., la

possibilità di farlo valere dinanzi all'autorità giudiziaria con i mezzi offerti in generale dall'ordinamento giuridico :

possibilità che le norme impugnate comprimono sensibil

mente poiché esse limitano la libertà d'apprezzamento del

giudice proprio sul punto principale della controversia :

dimodoché, su questo punto, almeno nella sostanza, la

decisione della causa finisce per essere sottratta al giudice ordinario, dipendendo dal giudizio d'un organo ammi

nistrativo.

L'accertamento del Genio eivile, pur essendo atto

istruttorio, tuttavia è opera d'un ufficio amministrativo, e

si compie, per di più, in occasione d'ima lite, in cui si con

tende non su interessi legittimi, ma su diritti soggettivi. La conseguenza è che, siccome la cessazione della proroga

dipende soltanto da tale atto, che non può essere sindacato

nel merito, il diritto soggettivo alla fine ha una difesa,

nella sua intensità, effettivamente incompleta : l'atto del

Genio civile, benché costituisca una tappa del processo, è

disciplinato come un qualsiasi provvedimento amministra

tivo, quasi che il locatore e il locatario avessero non un dirit

to-onere, ma piuttosto un interesse legittimo, alla prova. Il

che non rappresenta solo una chiara anomalia, ma im

porta fatalmente un difetto di tutela in rapporto agli

art. 24 e 3 Cost. : infatti con ciò si impedisce all'interessato

di avvalersi degli strumenti di prova, garantiti in gene rale a chi è parte in un giudizio.

Infine tra i motivi, che inducono a dichiarare l'illegit

timità delle norme impugnate, sta anche questo, che esse

non assicurano affatto il contraddittorio. In realtà l'ufficio

del Genio civile deve sentire le parti, ma può farlo e lo fa

separatamente per ciascuna, e le loro dichiarazioni non

sono verbalizzate o portate a conoscenza del giudicante ;

anche se si instaurasse avanti al Genio civile un vero e

proprio contraddittorio (il che, a dire il vero, non avviene),

resterebbe sempre il fatto che il giudice ne è estraneo :

tanto più in quanto l'accertamento del Genio civile molto

(ivi compresa Cass. 9 luglio 1960, n. 1841, id., Rep. 1960, voce

Locazione, nn. 319, 320, che aveva dichiarato manifestamente

infondata la questione), cui adde, in dottrina, Franchi, La pe

rizia civile, pag. 248 seg. Sugli art. 24, 1° e 2° comma, Cost., su cui s'indugia la sen

tenza riportata, cons. Corte cost. 11 luglio 1961, nn. 39 e 42,

Foro it., 1961, I, 1397 e 1409, con note di richiami.

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