sentenza 22 dicembre 1980, n. 180 (Gazzetta ufficiale 31 dicembre 1980, n. 357); Pres. Amadei,Rel. Paladin; Pres. regione Sicilia (Avv. Villari) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoAzzariti); Pres. regione Sardegna (Avv. G. Guarino) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoAzzariti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 951/952-959/960Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172825 .
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PARTE PRIMA
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 dicembre 1980, n. 185
(Gazzetta ufficiale 31 dicembre 1980, n. 357); Pres. Amadei, Rei. Maccarone; Vujko c. Sardi. Ord. Pret. Viareggio 18 luglio 1977 (Gazz. uff. 4 gennaio 1978, n. 4).
Sfratto (procedimento per la convalida) — Opposizione dopo la
convalida — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art. 294, 668).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 668, 1°
comma, cod. proc. civ. nella parte in cui limita l'ammissibilità
della opposizione dopo la convalida alle sole ipotesi in cui
l'intimato non abbia avuto tempestiva conoscenza della notifica zione o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza
maggiore, e non l'estende a tutte le ipotesi in cui la mancata
conoscenza della notificazione o la mancata comparizione del
l'intimato sia dipesa da causa a lui non imputabile, come
invece previsto dall'art. 294 cod. proc. civ. per il contumace, in
riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
La Corte, ecc. — Secondo l'ordinanza di rinvio l'opposizione tardiva alla convalida della intimazione della licenza per finita
locazione o di sfratto, pronunziata in assenza dell'intimato, oppo sizione consentita dall'art. 668, 1° comma, cod. proc. civ. solo nel
caso in cui risulti dimostrato che l'intimato o non ebbe conoscen
za della intimazione per irregolarità della notificazione o per caso
fortuito o forza maggiore o, pur avendone avuto conoscenza, per
gli stessi motivi ora detti non potè comparire all'udienza, porreb be in essere una disparità di trattamento non razionalmente
giustificabile rispetto a quanto previsto, invece, per il processo ordinario dall'art. 294 cod. proc. civ., che, ponendo una disciplina meno restrittiva, consente la rimessione in termini del contumace
nel caso in cui la mancata costituzione dipenda da « causa a lui
non imputabile ». E la censura è particolarmente evidenziata con
riguardo alla disparità di trattamento che si verificherebbe nell'i
potesi di mancata comparizione dell'intimato che, pur avendo
avuto regolare notifica della intimazione, non sia potuto compari re tempestivamente, appunto in dipendenza di motivi a lui « non
imputabili ».
La questione non è fondata.
Come questa corte ha già avuto occasione di affermare, le
norme del procedimento ordinario non sono le sole che assicurino
la tutela giurisdizionale, onde, in presenza di un procedimento
(1) L'ordinanza 17 luglio 1977 del Pretore di Viareggio è massimata in Foro it., 1978, I, 543, con nota di richiami, ove si pone in evi denza che l'ordinanza di rimessione era fondata, fra l'altro, sul pre supposto che — essendo stata, nel caso di specie, la citazione notifi cata a norma dell'art. 140 cod. proc. civ. — « la mancanza, in alle
gato all'originale ed a completamento della relata, della cartolina at testante il ricevimento, da parte del conduttore, dell'avviso raccoman dato di deposito presso la casa comunale dell'atto a lui destinato, non basta di per sé a fondare un giudizio positivo (ex art. 663 cod. proc. civ.) di probabilità di non conoscenza, che è cosa diversa da un giu dizio di non improbabilità e di semplice possibilità di non cono scenza ».
Sui presupposti di ammissibilità dell'opposizione tardiva ex art. 668 cod. proc. civ., v. Corte cost. 18 maggio 1972, n. 89, id., 1972, I, 1525, che ha dichiarato illegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 668, 1° comma, cod. proc. civ. nella parte in cui non consente la tardiva opposizione dell'intimato che, pur avendo avuto conoscenza dell'atto di citazione, non sia potuto comparire all'udienza per caso fortuito o forza maggiore; e, in dottrina, Andrioli, Commento, 1964, IV3, 145 ss.; Garbagnati, I procedimenti d'ingiunzione e per conva lida di sfrattos, 1979, 337 ss.; Giudiceandrea, Il procedimento per convalida di sfratto, 1956, 380 ss.; nonché, con specifico riferimento ai
profili di costituzionalità, C. E. Balbi, Inattività dell'intimato ed ese cutorietà del decreto d'ingiunzione, in Riv. dir. proc., 1979, 40 ss.; Cavallari, Caso fortuito e ammissibilità dell'opposizione dopo la
convalida, in Giur. it., 1963, I, 1, 371 ss.; Capalqzza, Il caso fortuito e la forza maggiore nell'opposizione tardiva, in Arch. ric. giur., 1955, 874 ss.; A. Finocchiaro, Inviolabilità del diritto di difesa ed inosser vanza di termine perentorio, in Giust. civ., 1974, III, 118 ss. Sulla no zione di caso fortuito e forza maggiore in diritto civile in genere v. le corrispondenti voci di Candian, in Novissimo digesto, 1958, II, 988
ss. e Cottino, in Enciclopedia del diritto, 1960, VI, 370 ss. Per indicazioni di giurisprudenza costituzionale in tema di procedi
mento per convalida di sfratto v. Corte cost. 17 dicembre 1975, n. 238, Foro it., 1976, I, 10, con nota di richiami cui si rinvia; ed in tema di opposizione tardiva al decreto ingiuntivo v. Corte cost. 20 maggio 1976, n. 120, id., 1976, I, 1414.
Forti dubbi sulla costituzionalità del procedimento per convalida di
sfratto, specie per la ristrettezza dei termini minimi a comparire che
possono essere assegnati al conduttore ex art. 313, 2° comma, cod. proc. civ., per l'assenza di una fase di costituzione in cancelleria cronologi camente anteriore a quella di comparizione, e per la possibilità offerta alle parti di non avvalersi di un difensore, sono stati sollevati di re
cente da Paparo-A. Proto Pisani, Equo canone1, 1980, 577-578.
speciale come quello in esame, predisposto dal legislatore per determinate finalità, fra le quali quella di definire il giudizio evitando che, attraverso l'abuso del diritto di difesa, il conduttore
possa protrarre anche per lungo tempo il godimento del bene
locato, al legislatore è consentito di differenziare i modi della
tutela giurisdizionale onde adeguarli al conseguimento delle men
zionate finalità (sent. n. 89/1972, Foro it., 1972, I, 1525; n.
94/1973, id., 1973, I, 2012). Rispondente a consimili criteri è appunto la norma impugnata,
la quale, inserendosi nel procedimento speciale di convalida e
presupponendo le finalità generali suddette, contempla una situa
zione che si differenzia nettamente dalla ipotesi della rimessione
in termini del contumace, cui il giudice a quo fa invece riferi
mento ritenendola omogenea.
L'opposizione tardiva, invero, segue ad un provvedimento di
convalida immediatamente esecutivo che conclude il procedimento
speciale (art. 663 cod. proc. civ.) ed ha il contenuto di decisione
definitiva.
La rimessione in termini del contumace ex art. 294 cod. proc. civ. si discosta, invece, sostanzialmente da tale configurazione, costituendo semplicemente uno strumento diretto ad ammettere la
parte contumace a compiere, in un procedimento tuttora in corso,
quelle attività che le sarebbero precluse, in considerazione del
verificarsi di dimostrate precedenti circostanze impeditive. Pertanto è conforme a criteri di razionalità l'avere previsto
condizioni particolari per l'ammissibilità dell'opposizione tardiva, ed anche se il raffronto fra le condizioni stesse con quelle previste dall'art. 294 ha condotto la dottrina e la giurisprudenza a conclusioni non sempre concordanti quanto alla relativa estensio ne ed incisività, è evidente che un maggior rigore della regola mentazione dell'opposizione tardiva dovrebbe in ogni caso ritener si giustificato appunto in vista della descritta peculiarità della situazione cui il detto istituto si riferisce.
Il che porta senz'altro ad escludere la fondatezza della censura riferita all'art. 3 Cost.
Le ragioni sopra esposte valgono ad escludere altresì la fonda tezza della censura riferita all'art. 24 Cost., dovendosi ritenere oramai consolidata la giurisprudenza della corte secondo cui è da considerare legittimo l'adattamento della tutela giurisdizionale alla
particolarità del rapporto da regolare, ai fini della salvaguardia di un interesse razionalmente degno di protezione giuridica, quale appunto, nella specie, quello alla sollecita riconsegna del bene locato.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 668, 1° comma, cod. proc. civ., solle vata con ordinanza del Pretore di Viareggio del 18 luglio 1977 in relazione agli art. 3 e 24 Cost.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 dicembre 1980, n. 180
(Gazzetta ufficiale 31 dicembre 1980, n. 357); Pres. Amadei, Rei. Paladin; Pres. regione Sicilia (Avv. Villari) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti); Pres. regione Sardegna (Avv. G. Guarino) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Azzariti).
Gioventù italiana — Soppressione — Trasferimento alle regioni di funzioni, beni e personale statali — Questioni inammissibile e fondate di costituzionalità — Fattispecie relative alle regioni Sicilia e Sardegna (Cost., art. 3, 5, 116; disp. trans. Vili; statuto
speciale per la regione siciliana, art. 14, 17, 32, 33, 43; statuto
speciale per la regione Sardegna art. 56; legge 11 marzo 1953, n.
87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale, art. 27; legge 18 novembre 1975 n. 764, sop pressione dell'ente « Gioventù italiana », art. 2, 3).
È inammissibile la questione di costituzionalità della legge 18 novembre 1975 n. 764, soppressione dell'ente « Gioventù italia na », in riferimento agli art. 3, 5, 116 e all'VIII disp. trans. Cost, ed agli art. 14, lett. n, p, q, 17, lett. c ed i, 32 e 33 dello statuto speciale per la regione siciliana, in quanto la giunta re
gionale siciliana nell'autorizzare la proposizione del ricorso da
parte del presidente aveva lamentato soltanto che la legge n. 764 del 1975, statuendo unilateralmente il trasferimento dei compiti del soppresso ente « Gioventù italiana » alla regione, senza dar modo a questa di farsi sentire in proposito, concretasse una lesione immediata delle prerogative regionali costituzionalmente
garantite, sotto il profilo della violazione dell'art. 43 statuto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
regionale (ciò comporta l'esclusione dal giudizio di tutti i
parametri diversi dal suddetto art. 43). (1) Sono illegittimi gli art. 2, 1° e 2° comma, e 3, 1° e 2° comma,
legge n. 764 del 1975, nella parte in cui disciplinano il trasfe rimento alla regione Sicilia dei « compiti istituzionali » e delle « attività in atto » svolte dall'ente « Gioventù italiana », non ché del patrimonio immobiliare e del personale dell'ente mede
simo, senza prescrivere l'osservanza della procedura prevista dall'art. 43 dello statuto siciliano. (2)
È illegittimo l'art. 3, 1° e 2° comma, legge n. 764 del 1975, nella
parte in cui disciplina il trasferimento alla regione Sardegna del
personale dell'ente « Gioventù italiana », senza prescrivere l'os
servanza della procedura prevista dall'art. 56 dello statuto
speciale sardo. (3) È illegittimo, in applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n.
87, l'art. 2, 1° e 2° comma, legge n. 764 del 1975, nella parte in
cui disciplina il trasferimento alla regione Sardegna dei « com
piti istituzionali », delle « attività in atto svolte » e del « pa trimonio immobiliare » dell'ente « Gioventù italiana », senza
prescrivere l'osservanza della procedura prevista dall'art. 56
dello statuto sardo. (4)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 dicembre 1980, n. 179
(Gazzetta ufficiale 31 dicembre 1980, n. 357); Pres. Amadei, Rei. Paladin; Pres. regione Lazio (Avv. G. Guarino) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti).
Gioventù italiana — Soppressione — Trasferimento alle regioni di beni e personale statali — Questioni inammissibile e infon data di costituzionalità — Fattispecie relativa alla regione La zio (Cost., art. 3, 117; disp. trans. Vili; legge 18 novembre 1975 n. 764, art. 2, 3, e tabella ali. A).
Gioventù italiana — Soppressione — Trattamento assistenziale e di quiescenza del personale trasferito alle regioni — Disciplina
(1) Secondo la costante giurisprudenza costituzionale i rapporti tra la deliberazione e la proposizione del ricorso sono nel senso che le istanze formulate nel ricorso debbono « eseguire » la volontà di chiarata nella delibera; in altri termini, con il ricorso debbono es sere proposte le stesse questioni che l'organo deliberante ha inteso
sottoporre all'esame della corte: ciò vale sia per il presidente del
consiglio dei ministri nei confronti del consiglio dei ministri sia per il presidente della giunta regionale nei confronti della giunta regio nale. Sulla base di tale principio, la corte, infatti, non ha mai con sentito l'inversione delle decisioni, nel senso che la deliberazione di ricorrere possa in via d'urgenza essere adottata dal presidente salvo ratifica del consiglio dei ministri o della giunta regionale.
Su ambedue i punti, Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 15, Foro it., 1958, I, 1062; 10 aprile 1962, n. 33, id., 1962, I, 1059; 19 dicembre
1966, n. 119, id., 1967, I, 245, e, con riferimento alla deliberazione del rinvio governativo della legge regionale ai sensi dell'art. 127
Cost., Corte cost. 4 febbraio 1967, n. 8, id., 1967, I, 692, con nota di richiami.
Siffatto orientamento è stato smentito una sola volta da Corte cost. 27 luglio 1972, n. 147, id., 1972, I, 3330, con nota di Zac
caria, la quale « per ragioni eccezionali » (nella specie: formazione di un nuovo governo negli ultimi giorni di decorrenza del termine
per l'impugnativa) ha ritenuto ammissibile un ricorso deciso dal pre sidente del consiglio dei ministri e sottoposto successivamente alla
ratifica del consiglio. In dottrina, Onida, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 696; Id., in Giur.
costit., 1972, 1504; Ridola, ibid., 1530; Capotosti, in Foro amm.,
1973, II, 168.
(2-4) Sulle modalità di trasferimento alle regioni a statuto speciale del patrimonio e del personale di enti statali soppressi, Corte cost. 15
luglio 1969, n. 136, Foro it., 1969, I, 2041, con nota di Andrioli, id.,
1969, V, 103; 11 maggio 1971, n. 95, id., 1971, I, 1430; 26 maggio 1971, n. 108, id., 1971, I, 1420, con nota di richiami, che non ritennero
necessarie apposite norme di attuazione perché le regioni potessero esercitare le proprie competenze; 15 luglio 1975, n. 206, id., 1976,
I, 23, con nota di richiami, per la quale il trasferimento alla regione siciliana del personale degli enti edilizi soppressi ai sensi del d. pres. 30 dicembre 1972 n. 1036 deve aver luogo secondo le norme all'uopo
determinate dalla commissione paritetica di cui all'art. 43 dello sta
tuto siciliano (ma già in tal senso, v. sent. 12 marzo 1962, id., 1962,
I, 1061); più in generale, sui problemi relativi al trasferimento di
beni statali alle regioni « speciali », Corte cost. 20 marzo 1978, n. 22,
id., 1978, I, 1348, con nota di richiami.
In dottrina, con particolare riferimento alle norme di attuazione
per il passaggio degli uffici e del personale dallo Stato alle regioni
« speciali », v. La Barbera, Le norme di attuazione dello statuto sici
liano, 1967, 1-19; Mortati, Istituzioni di diritto pubblico?, 1976, II,
945; Pizzorusso, Delle fonti del diritto, in Commentario, a cura di
Scialoja e Branca, 1977, sub art. 2, 270 ss.; Paladin, Diritto regio
nale3, 1979, 192 ss.
di quiescenza del personale trasferito alle regioni — Disciplina statale — Illegittimità (Cost., art. 117; legge 18 novembre 1975
n. 764, art. 6, 7).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 3, 1° e 2°
comma, legge 18 novembre 1975 n. 764, che disciplinano
rispettivamente il trasferimento del personale in servizio presso le sedi periferiche e quello del personale pertinente alla sede
centrale della «Gioventù italiana», in riferimento all'art. 117
e all'VIII disp. trans. Cost. (5) È inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 2, 2°
comma, e dell'allegata tabella A legge 18 novembre 1975 n.
764, nella parte in cui riserva allo Stato beni immobili di pro
prietà della Gioventù italiana, in riferimento agli art. 3 e 117
Cost. (6) Sono illegittimi, per violazione della potestà legislativa della
regione sull'ordinamento dei propri uffici ed il trattamento del
proprio personale, gli art. 6 e 7 legge 18 novembre 1975 n. 764,
nella parte in cui non fanno salva l'ipotesi che sia autonoma
mente disposto dalla regione Lazio, ai fini del trattamento di
pensione, dell'assistenza malattie e della buonuscita, circa il
periodo di servizio che il personale trasferito presti alle dipen denze della regione medesima. (7)
I
La Corte, ecc. — 1. - I due ricorsi in esame si prestano ad
essere riuniti, in quanto censurano entrambi — per violazione
delle rispettive autonomie regionali, costituzionalmente e statuta
riamente garantite — la legge statale 18 novembre 1975 n. 764,
soppressiva dell'ente « Gioventù italiana » : anche se la regione
Sardegna si limita ad impugnare le disposizioni (art. 3, 1° e 2°
comma, 6 e 7) sul trasferimento del personale già posto alle
dipendenze dell'ente soppresso, nonché sul conseguente trattamen
to relativo alle pensioni, all'assistenza malattie ed alle indennità
di buonuscita; mentre la Sicilia mette in questione la legittimità costituzionale dell'intera legge, sia pure svolgendo motivi che
riguardano — in particolar modo — l'art. 2, 1° comma (sul trasferimento dei compiti dell'ente soppresso), i comma successivi
dell'articolo stesso (sul trasferimento del relativo patrimonio), nonché le disposizioni contenute negli art. 3-7 (in quanto concer
nenti il personale trasferito alla regione). 2. - Data la maggiore ampiezza della proposta impugnativa,
giova esaminare in primo luogo il ricorso della regione Sicilia; il
quale coinvolge — come già si ricordava — tutta la legge n. 764
del 1975, in riferimento ad una vasta ed eterogenea serie di
parametri costituzionali e statutari, rispettivamente costituiti dagli
(5-6) Sulle modalità di trasferimento alle regioni ordinarie del
patrimonio e del personale di enti statali soppressi, Corte cost. 23
luglio 1974, n. 243, Foro it., 1975, I, 20, con nota di richiami, che dichiarò illegittimo per violazione della Vili disp. trans, e dell'art. 3 Cost., l'art. 18, 5° comma, d. pres. n. 1036 del 1972 il quale indi
viduava la regione Lazio come l'unica amministrazione regionale de stinataria del trasferimento del personale dei soppressi enti a carattere nazionale operanti nella materia dell'edilizia residenziale pubblica; più in generale, sui problemi relativi al passaggio di beni e personale stata
li alle regioni ordinarie, Corte cost. 6 maggio 1976, n. Ill, id., 1976, I, 1780, con nota di richiami, che negò l'esistenza di un parallelismo tra il trasferimento dei beni ed il passaggio delle funzioni amministra
tive dallo Stato alle regioni, con riferimento a beni forestali. (Sul trasferimento alle regioni dei beni che costituivano il patrimonio della
soppressa Azienda di Stato per le foreste demaniali, cfr. Cass. 9 gen naio 1979, n. 104, id., 1979, I, 653, con nota di richiami, e Corte
conti, Sez. controllo, 2 febbraio 1977, n. 855, id., 1979, III, 179, con nota di richiami e osservazioni di R. Ferrara).
In dottrina, oltre ai richiami nelle note sopraricordate, da ultimo cfr. Calandra, in I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, 1978, 597, 634; E. Ferrari, in Le regioni, 1978, 1111; Onida, ibid., 9; e
id., 1979, 18.
(7) Sulla competenza delle regioni ordinarie e speciali in materia di trattamento economico-normativo dei propri dipendenti, Corte cost. 20 marzo 1978, n. 21, Foro it., 1978, I, 1351, con nota di richiami, annotata da Pastori, in Le regioni, 1978, 671 e da Grottanelli de'
Santi, in Giur. costit., 1978, I, 710; 20 aprile 1978, n. 45, Foro it.,
1978, I, 1870, con osservazioni di D'Atena, in Giur. costit., 1978, I, 529 (ma v. anche le note di Pastori e Grottanelli de' Santi, ap
pena citate); 30 gennaio 1980, n. 10, Foro it., 1980, I, 597, con
nota di richiami, annotata da Pastori in Le regioni, 1980, 453; An zon e Bartole, in Giur. costit., 1980, I, 70; 15 febbraio 1980, n. 12, Foro it., 1980, I, 594, con nota di richiami, annotata da Mor, in
Le regioni, 1980, 671; 25 giugno 1980, n. 100, Foro it., 1980, I,
2383, con nota di richiami, annotata da Migliarese, in Le regioni, 1980, 1027.
Sulla natura giuridica dell'ex G.I.L., Cass. 24 maggio 1972, n. 1645, Foro it., 1973, I, 1549, con nota di richiami.
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PARTE PRIMA
art. 3, 5, 116, nonché dall'ottava disposizione transitoria della
Costituzione, e dagli art. 14, lett. n, p e q, 17, lett. c ed i, 32, 33
e 43 dello statuto siciliano (cui si aggiunge l'art. 97 Cost., che il
ricorso considera violato nella parte riguardante il buon andamen
to dell'amministrazione).
Peraltro, la corte non può non riscontrare che il ricorso si
presenta per molteplici aspetti inammissibile. Nella premessa di
tale atto si richiama espressamente la previa deliberazione della
giunta regionale siciliana, che è stata in effetti adottata il 23
gennaio 1976. Senonché la giunta, nell'autorizzare la proposizione del ricorso stesso, lamentava soltanto che la legge n. 764 del 1975, « statuendo unilateralmente il trasferimento dei compiti del sop
presso ente Gioventù italiana alla regione, senza dar modo a
questa di farsi sentire » in proposito, concretasse « una lesione
immediata delle prerogative regionali costituzionalmente garantite, sotto il profilo della violazione dell'art. 43 dello statuto regiona le ». Ciò comporta che il sindacato sulla pretesa lesione di tutti i
parametri diversi dall'art. 43 dello statuto debba essere escluso
dall'attuale giudizio. Ed effettivamente l'esigenza che le impugna zioni regionali di leggi dello Stato siano promosse dal presidente della giunta regionale « previa deliberazione della giunta » stessa — in base al disposto dell'art. 32, 2° comma, legge 11 marzo
1953 n. 87, di cui questa corte ha imposto la puntuale applicazio
ne, fin dalla sentenza n. 15 del 1957 (Foro it., 1958, I, 1062) —
verrebbe elusa qualora si ammettesse che il ricorso del presidente
possa denunciare vizi diversi da quelli prefigurati nella relativa
delibera della giunta. Ma la delimitazione del giudizio, in vista dell'unico parametro
che la regione ricorrente è legittimata ad invocare, comporta una
corrispondente riduzione dell'impugnativa, per quanto concerne le
disposizioni della legge n. 764 del 1975, sindacabili in questa sede
dalla corte. Fra di esse rientrano, sicuramente, il 1° e 2° comma
dell'art. 3, attinenti al trasferimento del personale già in servizio
presso le sedi periferiche e la sede centrale dell'ente « Gioventù
italiana ». Inoltre, il complesso delle argomentazioni addotte dal
ricorso, in collegamento con la citata delibera della giunta regio
nale, impone di pervenire alla stessa conclusione, circa la discipli na dettata per trasferire alle regioni il patrimonio già proprio dell'ente soppresso. Infine, analoga questione di legittimità costitu
zionale, in riferimento alla mancata osservanza della procedura
prescritta dallo statuto per il « passaggio degli uffici e del
personale dallo Stato alla regione », dev'essere decisa dalla corte
nei riguardi del 1° e 2° comma dell'art. 2, con cui la legge
impugnata ha disposto il trasferimento dei « compiti istituziona
li» e delle «attività in atto svolte dall'ente Gioventù italiana».
Anche in tal senso, difatti, nel ricorso si chiede — pur senza
citare espressamente l'art. 43 dello statuto — che la corte precisi il « valore da attribuire alle norme di attuazione previste dagli statuti delle regioni ad autonomia differenziata ».
3. - Entro questi limiti, il ricorso dev'essere accolto. I dati ricavabili dall'esame dei contributi dottrinali, delle norme
statali sul passaggio delle funzioni e degli uffici alle regioni, della stessa giurisprudenza di questa corte, sono concordi nel senso di far riconoscere all'art. 43 dello statuto siciliano (come pure ai consimili disposti degli statuti speciali della Sardegna, del Trenti no-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia) il significato attribui
togli dalla difesa regionale. In dottrina, è dominante l'avviso che la competenza conferita agli appositi decreti legislativi di attua zione statutaria (necessariamente preceduti dalle proposte o dai
pareri di una commissione paritetica, composta da rappresentanti dello Stato e della regione interessata) sia separata e riservata,
rispetto a quella esercitabile — in applicazione dell'VIII disp. trans. Cost. — dalle ordinarie leggi della Repubblica. Del pari, allo stesso criterio si dimostrano informate — nella loro generalità — le leggi statali di trasferimento, entrate in vigore nello scorso decennio. Ciò vale, anzitutto, per il primo passaggio di funzioni, uffici e personale dallo Stato alle regioni di diritto comune,
disposto dagli undici d. pres. del 14-15 gennaio 1972; tanto è vero che si sono resi (o si renderanno) indispensabili — per conseguire i medesimi effetti in Sicilia, in Sardegna, nel Trentino Alto Adige e nel Friuli-Venezia Giulia — specifici atti statali con forza di legge, adottati nelle forme previste per le discipline di attuazione dei relativi statuti speciali. Ma non diverso è il caso del d. pres. n. 616 del '77, il quale stabilisce anzi espressamente — nell'art. 119 — che le funzioni amministrative degli enti
pubblici estinti, già trasferiti alle regioni ordinarie in virtù del contestuale art. 113, continuino «ad essere esercitate nelle regioni a statuto speciale mediante uffici stralcio, fino a quando non sarà diversamente disposto con le norme di attuazione degli statuti
speciali o di altre leggi dello Stato ». Del resto, la previsione che il passaggio delle rispettive funzioni (nonché degli uffici, del
personale e dei beni in questione) venga operato a favore delle
stesse regioni differenziate, ma con le procedure prescritte da ogni
singolo statuto, si rinviene in varie disposizioni dettate da leggi
statali di settore: a partire dall'art. 2, 1° comma, della legge n.
698 del 1975 (sul trasferimento delle funzioni dell'Opera naziona
le per la protezione della maternità e della infanzia), ovvero
dall'art. 1, 1° comma, legge n. 745 del 1975 (sul trasferimento
delle funzioni concernenti gli istituti zooprofilattici sperimentali), fino all'art. 80, 2° comma, legge n. 833 del 1978 (istitutiva del
servizio sanitario nazionale). Ciò che più conta, nel risolvere una controversia analoga a
quella in esame, la corte ha già dichiarato, con la sentenza n.
206 del 1975 (id., 1976, I, 23), che il trasferimento alla regione siciliana del personale dei soppressi enti edilizi, previsto dall'art.
18 d. pres. n. 1036 del 1972, dovesse « aver luogo secondo le
norme all'uopo determinate dalla commissione paritetica di cui
all'art. 43 dello statuto». Né giova rispondere, per evitare che un
tale precedente si applichi anche alla legge soppressiva dell'ente
« Gioventù italiana », che le denunciate previsioni di trasferimen
to non opererebbero immediatamente, ma richiederebbero provve dimenti ulteriori, senza dunque escludere le cosiddette norme di
attuazione statutaria. Sebbene la tesi cosf sostenuta dall'avvocatu
ra dello Stato trovi un qualche riscontro nei lavori preparatori della legge stessa (nel corso dei quali fu sottolineata l'esigenza di
sentire le competenti commissioni paritetiche, senza di che la
legge sarebbe risultata incostituzionale) sta di fatto che il testo
degli art. 2 e 3, 1° e 2° comma, non distingue per nulla fra
regioni a statuto ordinario e speciale, ma le considera unitaria
mente allorché trasferisce — con effetto immediato — compiti, beni e personale dell'ente. Non a caso, l'ultimo comma dell'art. 3
stabilisce senz'altro che, sino all'inquadramento nei ruoli (destina to ad operare — in base al precedente comma — dalla data di
entrata in vigore della legge in questione), « al personale trasferi
to viene corrisposto, a carico della regione, il trattamento eco
nomico in godimento»; e che qui si tratti di qualunque regione (Sicilia compresa) viene confermato dalla serie di leggi regionali siciliane con cui si è provveduto in via provvisoria (a cominciare
dalla legge 5 marzo 1976 n. 17) ad anticipare una parte di tali
spettanze.
S'impone, perciò, l'annullamento dell'art. 2, 2° comma, e del
l'art. 3, 1° e 2° comma, legge n. 764 del 1975, nella parte in cui
trasferiscono alla regione Sicilia beni e personale dell'ente « Gio
ventù italiana»: al di là della lettera dell'art. 43 dello statuto
siciliano, la procedura di trasferimento che tale norma prescrive dev'essere osservata, infatti, non solo per quanto riguarda il
passaggio di strutture pertinenti allo Stato in senso stretto, ma
anche nelle ipotesi di soppressione e regionalizzazione degli enti
pubblici nazionali sul tipo della «Gioventù italiana».
Corrispondentemente, va inoltre dichiarata l'illegittimità costitu
zionale del 1° comma dell'art. 2, malgrado l'art. 43 dello statuto siciliano — a differenza dall*VIII disp. trans. Cost. — si riferisca
soltanto al passaggio degli uffici e del personale, non già al
trasferimento delle funzioni pet sé considerate. Nel caso dell'ente « Gioventù italiana » non potrebbero valere le argomentazioni con cui questa corte ha sostenuto (cfr. le sent. n. 136 del 1969, id., 1969, I, 2041; n. 95, id., 1971, I, 1430 e n. 108 del 1971, id., 1971, I, 1420) che «non sempre» si richiedono apposite norme di attuazione statutaria, affinché le regioni differenziate
possano esercitare le proprie competenze, individuate e garantite dai rispettivi statuti. Non va dimenticato, infatti, che la legge n. 764 del 1975 ha per oggetto un'istituzione i cui compiti erano stati deferiti — sia pure sulla carta — ad altre amministrazioni
pubbliche, già in forza dell'art. 6 r. d. 1. 2 agosto 1943 n. 704; che nel successivo quarantennio l'ente « Gioventù italiana » è tuttavia sopravvissuto, solo perché non venne approvato e reso esecutivo il piano di ripartizione dei suoi compiti, previsto dal decreto 19 agosto 1944 del presidente del consiglio dei ministri; che il capoverso dell'art. 1 della stessa legge soppressiva presup pone — là dove richiama le « modalità » e le « procedure stabilite dalla legge 4 dicembre 1956 n. 1404 » — che gli scopi dell'ente soppresso siano cessati: cosicché nel 1° comma dell'art. 2 l'accento non cade sui « compiti istituzionali », ma sulle « atti vità in atto svolte », da intendersi come attività residue, la sorte delle quali non potrebbe essere scissa da quella del patrimonio già proprio della « Gioventù italiana » e del personale addetto ai beni medesimi.
4. - Al pari che in Sicilia, anche per quanto concerne la
Sardegna le norme relative al passaggio degli uffici e del persona le devono essere emanate — in base all'art. 56 dello statuto
speciale — «con decreto legislativo», su proposta di un'apposita « commissione paritetica ». Il ricorso di tale regione va pertanto accolto, nella parte in cui censura la violazione dell'art. 56, per effetto del 1° e del 2° comma dell'art. 3 legge 18 novembre 1975 n. 764, disciplinanti il trasferimento alle regioni del personale dell'ente « Gioventù italiana ». E ne risultano assorbite le ulterio
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ri censure che il ricorso prospetta — con particolare riguardo
agli art. 6 e 7 della legge impugnata — assumendo che lo Stato
avrebbe invaso una sfera di competenza riservata al legislatore
regionale, quale l'« ordinamento degli uffici e degli enti ammi
nistrativi della regione » (ivi compreso lo « stato giuridico ed
economico del personale »), di cui all'art. 3, lett. a, dello statuto.
A questo punto, però, la corte deve rilevare che l'annullamento
dell'art. 3, 1° e 2° comma, della legge impugnata determina — in
applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87 — l'illegittimi tà conseguenziale dello stesso art. 2, 1° e 2° comma. Sebbene
l'impugnativa della regione Sardegna, diversamente da quella della regione Sicilia, non coinvolga le norme sul trasferimento dei
compiti e dei beni già spettanti alla « Gioventù italiana », le norme stesse sono state pur sempre approvate in vista di un'unica ed indivisibile serie di operazioni di liquidazione: che non si
presta a venire suddivisa in più segmenti, annullando i disposti relativi al trasferimento del personale, per mantenere in vigore —
circa la sola Sardegna — quelli relativi al parallelo trasferimento delle funzioni e dei beni. Già si è notato, al contrario, come « i
compiti istituzionali e le attività in atto svolte dall'ente' Gioventù italiana » debbano subire la sorte delle corrispondenti strutture.
Ma, anche nei rapporti fra il patrimonio e il personale, il nesso stabilito dalla legge n. 764 del 1975 si dimostra inscindibile, tanto è vero che l'art. 3 ha trasferito alle regioni il personale delle sedi periferiche della « Gioventù italiana », in quanto « destinatarie dei beni ceduti »; mentre il personale della sede centrale è stato a sua volta trasferito « in misura proporzionale a
quello delle sedi periferiche addetto ai beni ceduti ». E non pare accidentale, sotto questo aspetto, che la giunta regionale della
Sardegna — nella seduta del 28 gennaio 1976 — avesse deliberato
l'impugnazione della intera legge n. 764 del 1975, in riferimento alla violazione dell'art. 56 dello statuto, che tale legge avrebbe
congiuntamente concretato « nel trasferimento dei beni e del
personale ».
Per questi motivi, 1) dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale della legge 18 novembre 1975 n. 764
(sulla soppressione dell'ente « Gioventù italiana »), in riferimento
agli art. 3, 5, 116, nonché all'VIII disposizione transitoria Cost., ed agli art. 14, lett. n, p e q, 17, lett. c ed 32 e 33 del relativo statuto speciale, promossa dalla regione Sicilia, con il ricorso indicato in epigrafe; 2) dichiara l'illegittimità costituzionale degli art. 2, 1° e 2° comma, e 3, 1° e 2 comma, legge n. 764 del 1975, nella parte in cui disciplinano il trasferimento alla regione Sicilia dei « compiti istituzionali » e delle « attività in atto svolte
dall'ente Gioventù italiana », nonché del patrimonio immobiliare e del personale dell'ente medesimo, senza prescrivere l'osservanza della procedura prevista dall'art. 43 del relativo statuto speciale; 3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, 1 e 2° comma,
legge n. 764 del 1975, nella parte in cui disciplina il trasferimento alla regione Sardegna del personale dell'ente « Gioventù italia na », senza prescrivere l'osservanza della procedura prevista dal
l'art. 56 del relativo statuto speciale; 4) dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costitu zionale dell'art. 2, 1° e 2° comma, legge n. 764 del 1975, nella
parte in cui disciplina il trasferimento alla regione Sardegna dei « compiti istituzionali », delle « attività in atto svolte » e del
«patrimonio immobiliare» dell'ente «Gioventù italiana», senza
prescrivere l'osservanza della procedura prevista dall'art. 56 del relativo statuto speciale.
II
La Corte, ecc. — 1. - La regione Lazio ha promosso, impu
gnando la legge statale 18 novembre 1975 n. 764 (sulla soppres sione dell'ente « Gioventù italiana »), tre ordini di questioni di
legittimità costituzionale.
In primo luogo, il ricorso regionale censura le disposizioni che
hanno trasferito alla regione parte del personale già posto alle
dipendenze dell'ente soppresso. Stando alle premesse del ricorso,
l'impugnazione parrebbe coinvolgere tanto il 1° quanto il 2°
comma dell'art. 3, disciplinanti — rispettivamente — il trasferi
mento del personale in servizio presso le sedi periferiche e quello del personale pertinente alla sede centrale della « Gioventù ita
liana » ; ma le argomentazioni del ricorso insistono — in realtà —
sui soli dipendenti della sede centrale, considerando lesivo del
l'art. 117 (nonché dell'VIII disp. trans. Cost.) il fatto che un tale
personale sia stato trasferito, laddove lo Stato avrebbe trattenuto,
con particolare riguardo alla regione Lazio, i corrispondenti beni
immobili elencati nella tabella A allegata alla legge n. 764/1975. In secondo luogo, il ricorso prospetta — in via alternativa —
l'illegittimità del capoverso dell'art. 2, nella parte in cui riserva
allo Stato « i beni individuati nella tabella A ». Da un lato,
infatti, il mancato trasferimento dei beni stessi dalla « Gioventù
italiana» alle regioni si dimostrerebbe contrastante con l'art. 117
Cost., se correlato al trasferimento del rispettivo personale; d'al
tro lato, esso determinerebbe « una specifica causa di incostitu
zionalità, per disparità di trattamento e violazione dell'art. 3
Cost., nei confronti della regione Lazio», che sarebbe stata in
questo senso privata dei mezzi materiali per far fronte ai compiti
già svolti dall'ente soppresso. In terzo luogo, il ricorso considera « autonomamente illegitti
mi » — per invasione della competenza regionale in tema di stato
giuridico ed economico del personale della regione — le disposi zioni degli art. 6 e 7 della legge impugnata, sul trattamento
assistenziale e di quiescenza del personale trasferito.
2. - Ma la prima questione deve ritenersi non fondata, sotto
entrambi i suoi aspetti. Circa il personale dipendente dalle sedi periferiche della
« Gioventù italiana », lo stesso ricorso riconosce che « il trasfe
rimento può giustificarsi», in vista del principio per cui «il
personale segue i beni ». Né la difesa regionale ha approfondito l'assunto, adombrato ipoteticamente nella parte iniziale del ricor
so, che l'ottava disposizione transitoria costituzionale debba essere — letteralmente — riferita al solo passaggio di funzionari e
dipendenti dello Stato inteso in senso stretto, ad esclusione degli altri enti pubblici. Piuttosto, le argomentazioni della regione ricorrente sottolineano l'esigenza che il passaggio sia sorretto da
un « idoneo fondamento » : riscontrabile per il personale delle
sedi periferiche, ma invece carente per l'attribuzione del « perso nale centrale», in quanto non collegata al trasferimento dei beni
cui tali dipendenti sarebbero stati specificamente addetti.
Senonché, su questo punto, il ricorso cade in un equivoco
interpretativo, dal momento che il personale della sede centrale
dell'ente « Gioventù italiana » — trasferito per effetto dell'art. 3, 2° comma — differiva nettamente dal personale addetto ai singoli
beni, che era comunque al servizio delle sedi periferiche, sia che
si trattasse del patrimonio passato alle regioni, sia che venissero
in questione i beni individuati nella tabella A. Di più: disponen do che il personale della sede centrale « viene trasferito alle
regioni in misura proporzionale a quello delle sedi periferiche addetto ai beni ceduti », il 2° comma dell'art. 3 (letto in collega mento con il primo comma) non contraddice ma anzi riafferma il
principio di eguaglianza nel trasferimento del personale statale, o
di altri enti pubblici, alle amministrazioni regionali: quanto mino
re è la quota dei beni ceduti, della quale ciascuna regione sia
destinataria, di tanto si riduce, infatti, la quota del personale della sede centrale, che va trasferita alla regione stessa.
In altre parole, l'art. 3, 2° comma, legge n. 764 del 1975 non
ha nulla in comune con l'art. 18, 5° comma, d. pres. 30 dicembre
1972 n. 1036 (sullo scioglimento di enti operanti nel settore
edilizio). Quest'ultima disposizione è stata annullata dalla corte —
con la sentenza n. 243 del 1974 (Foro it., 1975, I, 20) — appunto
perché individuava nella regione Lazio l'unica amministrazione
regionale destinata a vedersi trasferire il personale degli enti
edilizi. Viceversa, alla base della disposizione attualmente impu
gnata sta l'intento — messo in evidenza nel corso dei lavori
preparatori — di suddividere proporzionalmente fra tutte le re
gioni interessate i vantaggi inerenti al trasferimento dei beni e gli oneri determinati dal trasferimento del personale addetto alla sede
centrale della « Gioventù italiana ». 3. - L'infondatezza della premessa sulla quale si regge l'impu
gnativa dell'art. 3, 2° comma, svuota la parallela impugnativa
promossa — alternativamente — quanto alla tabella A di cui al
capoverso dell'art. 2. In questo stesso senso, infatti, non è
sostenibile la tesi che il mancato trasferimento di determinati
beni sia stato accompagnato dal passaggio del relativo personale, e debba perciò ritenersi illegittimo.
Tuttavia, la regione Lazio ha impugnato la tabella A (contenen te l'elenco dei « beni immobili di proprietà della Gioventù
italiana trasferiti allo Stato ai sensi dell'art. 2 »), anche in vista
della pretesa discriminazione cui sarebbe stata ingiustamente sot
toposta, al confronto con i trasferimenti del patrimonio immobi
liare della « Gioventù italiana », operati a favore di altre regioni. Ma tale motivo del ricorso, cosi formulato, si rivela inammissibile.
Vero è che ben undici dei quattordici beni (o complessi di
beni), individuati nella tabella A, sono localizzati nel Lazio, ed
anzi situati nella città di Roma. Ma si tratta di beni eterogenei, le
cui destinazioni erano molto diverse, già prima che l'ente in
questione fosse stato soppresso: basti pensare — da un lato —
alle attività musicali che si svolgevano e si svolgono mediante
l'Auditorium presso il Foro italico e — d'altro lato — alle attività
sportive organizzate dal C.o.n.i., cui sono strumentali lo Stadio
olimpico, le piscine del Foro italico, gli attigui campi di tennis, e
via discorrendo. Ora, la regione ricorrente non precisa sotto quali
profili la riserva di simili beni a favore dello Stato verrebbe a
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PARTE PRIMA
porla in una situazione d'ingiustificata disparità di trattamento
rispetto alle altre regioni; e meno ancora chiarisce a quali titoli, e con quali conseguenze, il legislatore statale avrebbe invece
dovuto trasferirle i beni stessi, in applicazione dell'art. 117 Cost.
Perciò va dichiarata l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, specificamente proposta nei riguardi della tabella A allegata alla legge n. 764 del 1975.
4. - Fondata si palesa, invece, l'impugnazione degli art. 6 e 7 della legge che ha soppresso la « Gioventù italiana ».
Per meglio dire, alcune fra le disposizioni contenute in questi articoli non si prestano ad esser censurate, per invasione della
competenza regionale sullo stato giuridico ed economico del
personale addetto alla regione: sia perché si tratta di una disci
plina che riguarda il trattamento assistenziale e di quiescenza dei
dipendenti trasferiti dalla « Gioventù italiana », quanto al perio do precedente il trasferimento (come si verifica per la seconda frase dell'art. 6, 1° comma, ovvero per l'ultima parte del capover so dell'art. 7); sia perché si tratta di norme concernenti l'avveni
re, ma riferite al solo personale trasferito allo Stato (come si riscontra — per esempio — nel 2° comma dell'art. 6). Ma altre
disposizioni concernono invece, senza dubbio, il trattamento di
pensione, l'assistenza malattie e l'indennità di buonuscita, relativi al periodo di servizio da prestare presso ciascuna regione, succes
sivamente al passaggio dei dipendenti interessati. È questo, in
particolar modo, il caso della prima frase del comma iniziale
dell'art. 6 (« il personale trasferito alle regioni è iscritto, ai fini
del trattamento di pensione, alla C.p.d.e.l. »), come pure della
prima frase del comma iniziale dell'art. 7 (« il personale trasferi
to alle regioni è iscritto, ai fini dell'assistenza malattie e della
buonuscita, all'I.n.a.d.e.l. »): dove il legislatore non ha avuto cura
di fare testualmente salva l'ipotesi che le singole regioni dispones
sero diversamente, nell'esercizio della potestà legislativa sull'ordi
namento dei propri uffici e sul trattamento del proprio personale. Ciò che più conta, gli art. 6 e 7 legge n. 764 del 1975 non
hanno eccettuato nemmeno l'ipotesi che le regioni avessero già
legiferato in materia, dettando apposite norme relative al regime assistenziale e di quiescenza di tutto il personale regionale, suscettibili dunque di applicarsi — anche in termini diversi da
quelli previsti nelle disposizioni impugnate — allo stesso persona le loro trasferito dalla « Gioventù italiana ». Ma precisamente in
questa situazione si trovava la regione Lazio, almeno per quanto
riguarda l'art. 80, 1° comma, legge reg. 29 maggio 1973 n.
20, sostituito dall'art. 3 legge reg. 20 febbraio 1974 n. 17: che nel
testo originario prevedeva genericamente l'iscrizione del perso nale regionale, « ai fini del trattamento di quiescenza, delle
prestazioni assistenziali e previdenziali, ad idonei enti », con i
quali sarebbe stata stipulata «apposita convenzione»; mentre il
testo inserito dalla legge n. 17 del 1974 dispone in modo specifico che il personale stesso venga iscritto alla C.p.d.e.l., « ai fini del
trattamento pensionistico », all'E.n.p.d.e.d.p., « ai fini della eroga zione dell'assistenza malattie », all'In.a.d.e.l., « ai fini del tratta
mento di fine servizio »
Su tutti questi punti, allorché la legge n. 764 del 1975 è entrata
in vigore, la legislazione del Lazio dettava pertanto una compiuta
disciplina, la fonte della quale non poteva e non può essere
legittimamente novata dal legislatore statale ordinario, non solo
nella parte in cui le norme dettate dalla legge stessa si discostano
dalle corrispondenti norme regionali già vigenti, ma anche nella
parte in cui — sostanzialmente — esse ne ripetono le disposizio ni. Di conseguenza, va dichiarata l'illegittimità costituzionale degli art. 6 e 7 della legge che ha soppresso la « Gioventù italiana »,
in quanto regolano il periodo di servizio che il personale trasferi
to dall'ente in questione è destinato a prestare presso la regione Lazio.
Per questi motivi, 1) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 3, 1° e 2° comma, legge 18
novembre 1975 n. 764 (sulla soppressione dell'ente « Gioventù
italiana »), promossa dalla regione Lazio con il ricorso indicato
in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 2° comma, e della tabella A (sui « beni
immobili di proprietà della Gioventù italiana trasferiti allo Stato »
della legge n. 764 del 1975, promossa dalla regione Lazio con il
ricorso indicato in epigrafe; 3) dichiara l'illegittimità costituziona
le degli art. 6 e 7 della legge n. 764 del 1975, nella parte in cui
non fanno salva l'ipotesi che sia autonomamente disposto dalla
regione Lazio — ai fini del trattamento di pensione, dell'assisten
za malattie e della buonuscita — circa il periodo di servizio che
il personale trasferito presti alle dipendenze della regione mede
sima.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 6 apri le 1981, n. 1923; Pres. T. Novelli, Est. Ruperto, P. M. Fabi
(conci, diff.); Stellatelli (Avv. Doronzo) c. Soc. Gruppo finan
ziario tessile (Avv. G. Romanelli, Speranza, Nicolò). Cassa
App. Bari 10 febbraio 1972.
CORTE DI CASSAZIONE;
Locazione — Canone — Clausola d'adeguamento al costo della vita — Inefficacia — Contratti non soggetti a proroga — Inap plicabilità (D.l. 24 luglio 1973 n. 426, provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani, art. 1).
La sanzione di inefficacia prevista nell'art. 1, 4" comma, d. I. 24
luglio 1973, n. 426 si applica solo alle clausole d'adeguamento del canone agli indici del costo della vita (c. d. clausole 1ST AT) inserite nei contratti assoggettati a proroga legale. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con citazione del 28 marzo 1975 Mario, Pietro e Rosa Stellateli convenivano la s.p.a. Gruppo finanziario tessile davanti al Tribunale di Tra
ni, esponendo che il 28 luglio 1969 avevano concesso in loca zione alla medesima, per la durata di nove anni e per l'annuo canone di lire 2.300.000, due locali-negozi, siti in Barletta, corso
Garibaldi, 148-150, da adibire all'esercizio di attività commer
ciale; che, in violazione della clausola n. 5 del contratto, la con duttrice s'era rifiutata di aumentare il canone, a decorrere dal 10 agosto 1974, in proporzione del 93 % circa, secondo la cor
rispondente variazione dei numeri indici dei prezzi all'ingrosso, verificatasi dal luglio 1969 al luglio 1974. Ciò premesso, chiede
vano che il canone fosse determinato, per il periodo dal 10 ago sto 1974 in poi, in lire 4.439.000 annue o nella diversa misura
da accertare e che la conduttrice venisse condannata al paga mento della differenza fra il dovuto e il corrisposto.
Nella contumacia della convenuta, il tribunale, con sentenza
dell'8 novembre 1975, accoglieva la domanda, determinando il
canone in lire 4.465.670 annue.
In accoglimento del gravame della s.p.a. Gruppo finanziario
tessile, la Corte d'appello di Bari, con sentenza del 10 febbraio
1977, riformando l'impugnata decisione, rigettava la domanda pro
posta dagli Stellatelli, che condannava alle spese giudiziali. Hanno ricorso per cassazione Mario, Pietro e Rosa Stellatelli,
dcducendo un unico motivo. Ha resistito con controricorso la
s.p.a. Gruppo finanziario tessile. Entrambe le parti hanno depo sitato memorie.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo dedotto i ricor
renti, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 1 d. 1.
24 luglio 1973 n. 426 in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc.
civ., censurano l'impugnata sentenza per aver respinto la loro
domanda erroneamente ritenendo applicabile il quarto comma di
detto art. 1 anche ai contratti non ancora scaduti e quindi non
prorogati dal primo comma.
La censura è fondata. Il problema giuridico sollevato dal
l'esposto motivo, e che queste sezioni unite sono chiamate a ri
solvere dirimendo il contrasto delineatosi al riguardo nella giuris
prudenza della terza sezione civile, è se l'inefficacia disposta dal
4à comma dell'art. 1 d.l. 24 luglio 1973 n. 426, convertito nella
legge 4 agosto 1973 n. 495, concerna soltanto i contratti di loca
zione soggetti a proroga legale (come ritenuto dalle sentenze 18
maggio 1978, n. 2419, Foro it., 1978, I, 2507 e 25 giugno 1979,
n. 3550, id., Rep. 1979, voce Locazione, n. 523) ovvero investa
tutti i contratti di locazione, compresi quelli con termine finale
scadente dopo la data della proroga stessa (come ritenuto in
vece dalla sentenza 22 giugno 1979, n. 3510, id., 1979, I, 1676).
Trattasi di problema molto serio, che trae origine dalla gene
rica formulazione della succitata norma, contenuta nel quarto
(1) Con la pronuncia in epigrafe le sezioni unite hanno risolto il
contrasto venutosi a determinare nella giurisprudenza della sezione
terza circa l'ambito di operatività del 4° comma dell'art. 1 del d. 1.
n. 426 del 1973. Infatti contro un primo indirizzo interpretativo con
forme alla soluzione qui accolta dalle sezioni unite, contenuto nelle
pronunce 18 maggio 1978, n. 2419, Foro it., 1978, I, 2507 e 25 giugno
1979, n. 3550, id., Rep. 1979, voce Locazione, n. 523 (entrambe citate in motivazione), la stessa sezione terza della Cassazione con la
sentenza del 22 giugno 1979, n. 3510, id., 1979, 1, 1676, aveva rite
nuto applicabile la sanzione di inefficacia di cui alla norma de qua anche alle clausole di adeguamento contenute in contratti non as
soggettati alla proroga legale. In senso favorevole all'interpretazione accolta nella sentenza in epi
grafe si è espressa la più recente dottrina: sul punto, v. Preden, Ope ratività delle clausole ISTAT inserite in contratti di locazioni non
prorogati e Cerceo, Ancora sull'operatività delle clausole ISTAT
inserite in contratti di locazioni non prorogati, in Giust. civ., 1980,
I, 1713 e 2775; Vietti, Sull'efficacia delle clausole di adeguamento dei canoni locatizi, in Giur. it., 1981, I, 2, 131.
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