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sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiello, Est. Zeviani Pallotta; Mannicini e altro...

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sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiello, Est. Zeviani Pallotta; Mannicini e altro (Avv. Bruni, Hofer) c. Comune di Firenze (Avv. Visciola), Regione Toscana (Avv. Ragazzini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 605/606-607/608 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172992 . Accessed: 25/06/2014 04:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Wed, 25 Jun 2014 04:36:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiello, Est. Zeviani Pallotta; Mannicini e altro (Avv. Bruni, Hofer) c. Comune di Firenze (Avv. Visciola), Regione Toscana (Avv. Ragazzini)

sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiello, Est. Zeviani Pallotta; Mannicini e altro(Avv. Bruni, Hofer) c. Comune di Firenze (Avv. Visciola), Regione Toscana (Avv. Ragazzini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 605/606-607/608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172992 .

Accessed: 25/06/2014 04:36

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ficio, seguita dalla ricostruzione, costituirebbe una iniziativa nella

quale l'illecito non otterrebbe alcuna repressione, almeno in

quelle ipotesi in cui, come nella specie, la demolizione risulti

posta in essere proprio in vista di procedere alla successiva ri

costruzione.

Poste tali premesse, è, comunque, assorbente rilevare che, pri ma che da parte del comune si adottassero le sanzioni richieste

dall'intervento demolitorio (non necessariamente coincidenti con

la ricostruzione dell'edificio ed anzi, è da ritenere, suscettive di

restar caratterizzate da un diverso oggetto), la ricorrente ha as

sunto, sine titulo, l'iniziativa della ricostruzione dell'edificio, dan

do vita cosi ad un'opera carente del titolo concessionale.

Né vale opporre che, nel quadro delle misure sanzionatone, avrebbe potuto essere, in ipotesi, anche disposta la riduzione in

pristino dal momento che l'ordinamento attribuisce rilevanza, ai

fini della repressione, al mero dato che l'opera risulti posta in

essere senza un titolo che la sorregga.

Che questo sia il rigoroso sistema previsto dall'ordinamento

risulta anche dalla considerazione che il 3° ed il 9° comma del

l'art. 15 legge n. 10 del 1977, nel contemplare il regime sanziona

torio dell'abusitivismo totale e parziale, attribuisce rilevanza al

l'assenza o alla divergenza del titolo, senza che acquisti rilievo

il fatto che l'opera risulti o meno conforme alla normativa so

vraordinata.

4) Del pari da disattendere è la terza censura con la quale si

deduce, in via gradata, che, quanto meno, nella specie avrebbe

dovuto trovare applicazione non la confisca ma il meno severo

regime previsto per la difformità parziale.

Va premesso che, nel caso in esame, l'intero rifacimento del

l'edificio, in relazione al quale erano solo consentiti limitati in

terventi per quanto concerne il tetto e le solette, non può essere

considerata una ipotesi di difformità parziale.

Le opere aggiuntive a quelle autorizzate, specie se incapaci di

restare sottoposte ad interventi riparatori in forma specifica (nella

fattispecie non sarebbe, infatti, attuabile la demolizione con sal

vezza di quanto autorizzato), possono considerarsi divergenze

parziali solo quando costituiscono iniziative che non assumono

carattere preminente rispetto alle opere che hanno formato og

getto della concessione.

5) La quarta censura, oltre a ritornare su denunce di illegitti

mità che sono state già disattese in occasione dell'esame dei pre cedenti mezzi, prospetta due ulteriori questioni: a) si deduce,

in primo luogo, che nella specie avrebbe dovuto essere accordata

la c. d. sanatoria di cui al dodicesimo comma dell'art. 15, più

volte richiamato; b) si contesta ancora la legittimità della confi

sca, stante il fatto che l'edificio realizzato previa demolizione uti

lizzava sei preesistenti pilastri.

Per quanto attiene al primo punto, va osservato che la ricor

rente attribuisce alla norma una portata che eccede il suo signi

ficato. La detta norma riconosce uno ius variandi, nell'ambito del

titolo concessionale, ad iniziative che non comportino modifiche

alla sagoma, alla superficie utile ed alla destinazione, sempre

che tali iniziative non contrastino con gli strumenti sovraordinati.

La disposizione, che vale a degradare ad enunciazioni mera

mente indicative del titolo concessionale talune clausole dello

stesso, presuppone variazioni che siano compiute all'interno della

struttura e perciò del corpus autorizzato dalla concessione.

Ora manifestamente non è questa la situazione che si è realiz

zata nella specie, in quanto le iniziative assunte non risultano

contenute nel titolo, ma risultano invece poste in essere al di

fuori di esso. La concessione consentiva infatti modesti interventi

sul tetto e sulle solette: in luogo di siffatto intervento si è in

vece proceduto alla demolizione pressoché totale dell'immobile

ed al suo rifacimento.

Anche il secondo profilo deve essere disatteso. Una volta che

un edificio risulti, nel suo complesso, posto in essere senza con

cessione, non possono trarsi conseguenze né dalla circostanza

della sopravvivenza dei sei pilastri, né dalla concessione, che

pure era stata accordata per la sistemazione del tetto ed il rin

forzo delle solette.

Deve, quindi, ritenersi integralmente ricadente sotto l'indivisi

bile regime della carenza del titolo e della difformità totale una

opera posta in essere, nella sua parte preponderante, come nella

specie, senza il sostegno della richiesta concessione.

5) Per le considerazioni che precedono il ricorso va quindi

respinto. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiel

lo, Est. Zeviani Pallotta; Mannicini e altro (Avv. Bruni, Hofer) c. Comune di Firenze (Avv. Visciola), Regione Tosca na (Avv. Ragazzini).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 22 febbraio 1980, n. 77; Pres. V. Caianiel

Giustizia amministrativa — Ufficiale sanitario — Provvedimento emesso come organo del comune — Ricorso — Notificazione al comune — Ritualità (R. d. 27 luglio 1934 n. 1265, t. u. delle leggi sanitarie, art. 220; legge 13 marzo 1958 n. 296, costituzione del ministero della sanità, art. 4; d. pres. 11 feb braio 1961 n. 264, disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attività nel campo dell'igiene e della sa nità pubblica, art. 2; d. pres. 14 gennaio 1972 n. 4, trasfe rimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni ammi nistrative statali in materia di assistenza sanitaria e ospeda lera e dei relativi personali e uffici, art. 1, 12).

Sanità pubblica — Accertamento di inabitabilità di un allog gio per ragioni igieniche — Divieto di locazione — Provve dimento dell'ufficiale sanitario — Incompetenza (R. d. 27 lu

glio 1934 n. 1265, art. 222). Sanità pubblica — Alloggio inabitabile per ragioni igieniche —

Divieto di locazione a nuovi inquilini — Illegittimità.

Il ricorso contro il provvedimento emesso dall'ufficiale sani tario come organo del comune (nella specie, divieto al pro prietario di un alloggio di darlo in locazione perché inabita bile per ragioni igieniche) è ritualmente notificato al comune nella persona del sindaco (conseguentemente è stata disposta l'estromissione dal giudizio della regione). (1)

È viziato per incompetenza il provvedimento col quale l'ufficiale sanitario non si limita ad accertare l'inabitabilità di un alloggio per ragioni igieniche, ma dispone anche, in luogo del sindaco, il divieto al proprietario di darlo in locazione. (2)

Il provvedimento col quale l'ufficiale sanitario vieta al proprie tario di un alloggio di darlo in locazione a nuovi inquilini, perché inabitabile per ragioni igieniche, è illegittimo per illo

gicità e contraddittorietà, se consente che in esso seguitino ad abitarvi gli inquilini attuali. (3)

(1) Nel senso della ritualità della notificazione del ricorso all'or gano emanante il provvedimento impugnato, e non all'organo del l'ente avente la rappresentanza esterna, anche se è quest'ultimo l'uni co legittimato a costituirsi in giudizio, T.A.R. Calabria, Sez. Catan zaro 16 dicembre 1978, n. 239, Foro it., 1980, III, 140, con nota di richiami, relativa anche alla questione della individuazione del l'organo legittimato passivo nel ricorso contro deliberazioni del co mitato regionale di controllo, sulla quale adde T.A.R. Piemonte 26 febbraio 1980, n. 109, Trib. arnm. reg., 1980, I, 1308; T.A.R. Liguria 22 novembre 1979, n. 411, ibid., 218.

Nel senso che il ricorso contro un provvedimento dell'unità sa nitaria locale va notificato direttamente ad essa, e dal giudizio deve essere estromesso il comune, T.A.R. Lazio, Sez. I, 19 novembre 1980, n. 1145, Foro it., 1981, III, 244, con nota di richiami.

Nel senso che, notificato il ricorso all'amministrazione regionale emanante il provvedimento impugnato, qualora la competenza sia stata successivamente trasferita al comune, è necessaria l'integrazio ne del contraddittorio anche nei confronti di quest'ultimo, T.A.R.

Liguria 26 aprile 1979, n. 163, id., 1981, III, 55, con nota di

richiami, anche in relazione all'analoga questione sorta in seguito al trasferimento di funzioni dallo Stato alla regione, sulla quale adde T.A.R. Toscana 27 luglio 1979, n. 660, Trib. amm. reg., 1979, I, 3265.

Per altri riferimenti, sul problema del mantenimento o meno della rilevanza esterna dei provvedimenti del medico provinciale dopo il trasferimento di questo alla regione, T.A.R. Campania 5

luglio 1978, n. 712 e T.A.R. Toscana 22 dicembre 1977, n. 847, Foro it., 1979, III, 484, con nota di richiami, ai quali adde T.A.R.

Lazio, Sez. I, 24 gennaio 1979, n. 78, id., 1981, III, 60, con nota di richiami.

(2) Per riferimenti, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 7 maggio 1980, n. 134, Trib. amm. reg., 1980, I, 2505, che ha affermato che l'ispe zione dell'ufficiale sanitario è solo un momento del procedimento per l'emanazione di provvedimenti in materia di certificato di abitabilità, aventi effetti autonomi esterni, i quali sono riservati alla competenza del sindaco.

Per un riferimento alla competenza esterna dell'ufficiale sanita

rio, Cass. 7 luglio 1978, Peer, Foro it., Rep. 1979, voce Sanità pub

blica, n. 68.

(3) Per riferimenti, Cass. 27 febbraio 1980, n. 1380, Foro it., 1980, I,

1953, con nota di richiami, che ha affermato che la sospensione, de

rivante dall'art. 41 legge 23 maggio 1950 n. 253, degli obblighi di

manutenzione e riparazione della cosa locata a carico del locatore

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PARTE TERZA

Il Tribunale, ecc. — 1. L'eccezione di inammissibilità per ir

rituale notificazione del ricorso — sollevata dalla regione — è

infondata.

Si sostiene che, dopo l'entrata in vigore del d. pres. 14 gen naio 1972 n. 4, l'ufficiale sanitario ha assunto la veste esclusiva

di organo regionale, sprovvisto di rilevanza esterna. Di conse

guenza il ricorso, proposto avverso il provvedimento emanato da

tale organo, avrebbe dovuto essere ritualmente notificato all'au

torità che ha la rappresentanza « esterna » della regione; e cioè

al presidente della giunta regionale. La premessa su cui tale tesi si basa non può, in assoluto,

condividersi, dovendo essere rettificata.

Come è noto, nell'ordinamento precedente all'entrata in vigore del d. pres. n. 4 del 1972, l'ufficiale sanitario era qualificato « or

gano periferico del ministero di sanità » dall'art. 4 legge 13 mar

zo 1958 n. 296.

L'art. 2 d. pres. 11 febbraio 1961 n. 264 gli attribuiva, inol

tre — in tale qualità — generali funzioni di vigilanza e di con

trollo in materia sanitaria nell'ambito del territorio comunale.

Peraltro, in aggiunta a tali competenze — e ad altre di natura

organizzatoria, rientranti fra le funzioni elencate dagli art. 1 e 2 legge n. 296 del 1958 — connesse alla sua qualità di organo

statale, spettavano anche all'ufficiale sanitario distinte attribu zioni in materia di igiene edilizia, appartenente alla sfera di com

petenza comunale, specificamente previste dagli art. 220 segg. t. u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265.

Nell'esercizio di tali attribuzioni, la predetta autorità assumeva la distinta veste di organo comunale, poiché svolgeva essenzial

mente — avvalendosi dell'organizzazione burocratica del comu ne — funzioni di consulente del sindaco, al quale spettava l'ado

zione dell'atto conclusivo del procedimento.

D'altra parte le specifiche competenze, in materia, del sindaco non erano cessate per effetto dell'art. 2 d. pres. n. 264 del 1961. Ai sensi di tale norma, infatti, dovevano intendersi trasferite al l'ufficiale sanitario le attribuzioni che — in virtù della prece dente disciplina — spettavano al sindaco quale « ufficiale di go verno » in materia sanitaria (salvi i provvedimenti contingibili e urgenti e quelli comportanti impegni di spesa per il comune); con esclusione, pertanto, di ogni funzione volta alla cura di interessi specificamente comunali.

La qualificazione dell'ufficiale sanitario come organo del co

mune, nell'esercizio di funzioni in materia di competenza comu

nale, permane anche dopo l'entrata in vigore del d. pres. 14 gen naio 1972 n. 4.

Infatti, il trasferimento alle regioni — effettuato da tale atto normativo — di organi ed uffici periferici dell'amministrazione statale sanitaria, ha la sua ragione d'essere e il suo limite di ope ratività nell'attribuzione alle regioni stesse delle corrispondenti funzioni in precedenza statali, come si evince dal combinato di

spostò degli art. 1 e 12 d. pres. in esame.

Il legislatore, pertanto, non ha ampliato la sfera di com

petenza specifica di tali organi, né, certo, ha inteso trasfe rire alle regioni le eventuali attribuzioni che questi ultimi già esercitavano nell'ambito di funzioni e per la tutela di interessi

pubblici appartenenti ad enti diversi dallo Stato (in particolare ai comuni).

Di conseguenza — limitatamente alle attività compiute nel l'esercizio di tali funzioni — non vi è motivo di ritenere mutata la posizione dei suddetti organi sotto il profilo organizzatorio. In

particolare, l'ufficiale sanitario conserva la sua natura di organo del comune nell'esercizio delle attribuzioni in materia comunale

previste dagli art. 220 segg. t. u. delle leggi sanitarie.

Nel caso di specie, l'autorità sanitaria — con il provvedimen to impugnato — ha accertato che l'appartamento di proprietà delle ricorrenti è « privo dei requisiti minimi per uso di civile

non si estende all'obbligo del proprietario di ottemperare all'ordi nanza con cui il sindaco dispone l'esecuzione di opere necessarie alla conservazione, all'igiene e al decoro urbanistico del fabbricato.

Sulla legittimità dell'ordinanza con la quale il sindaco impone al proprietario i lavori necessari per il risanamento di un appartamento insalubre, Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 1979, n. 632, id., Rep. 1980, voce Comune, n. 201. Sul provvedimento contingibile e urgen te in materia edilizia, con il quale il sindaco, in qualità di ufficiale del governo e per ragioni di sicurezza pubblica, ordini al proprie tario di un immobile l'esecuzione di determinati lavori, v. anche Cass. 18 ottobre 1979, n. 5428, id., Rep. 1979, voce cit., n. 139.

abitazione » sotto il profilo igienico, intimando, nel contempo, alle ricorrenti stesse di non concedere l'alloggio in locazione a

nuovi conduttori.

Tralasciando per il momento la questione — attinente al merito

delle censure svolte nel ricorso — se l'autorità emanante abbia, nella specie, rispettato il riparto normativo delle competenze pro

prie e del sindaco, preme intanto rilevare che il potere esercitato

rientra indubbiamente nella materia dell'igiene edilizia, istitu

zionalmente comunale, e, in particolare, deve ricollegarsi alle

funzioni previste dall'art. 222 t. u. delle leggi sanitarie.

Tale norma, infatti, demanda all'ufficiale sanitario le valuta zioni tecniche circa l'inabitabilità, totale o parziale, di un appar

tamento, ai fini della adozione del provvedimento del sindaco, inteso a vietare l'utilizzazione abitativa o ad ordinare lo sgom bero dell'appartamento stesso.

Pertanto l'autorità emanante, avendo esercitato poteri rien

tranti nell'ambito delle funzioni comunali, avvalendosi — come, del resto, risulta dalla stessa intestazione del provvedimento —

dell'organizzazione burocratica del comune, ha agito nella veste di organo di quest'ultimo.

Di conseguenza, il ricorso è stato ritualmente notificato al co

mune, nella persona del sindaco, che ne ha la rappresentanza esterna.

2. - Da quanto sopra esposto deriva che il provvedimento im

pugnato è imputabile al comune, al quale unicamente compete la

legittimazione passiva in causa: deve, perciò, essere respinta la

richiesta di essere estromessa dal giudizio, avanzata dall'ammini

strazione comunale.

3. - Per le stesse considerazioni che precedono, deve — inve ce — disporsi l'estromissione dal giudizio della regione, la quale non ha un interesse giuridicamente qualificato a contrastare il

ricorso, proposto contro un provvedimento imputabile ad altro ente ed emesso nell'esercizio di specifiche funzioni non rientranti

nella sfera di competenza regionale.

4. - Nel merito, è fondato il secondo motivo del ricorso, sotto

il profilo della denunciata incompetenza dell'ufficiale sanitario

nei confronti del sindaco.

Si è già rilevato, infatti, che l'art. 222 t. u. n. 1265 del 1934 de

manda all'ufficiale sanitario l'adozione del solo parere tecnico

circa le condizioni di abitabilità degli alloggi. Spetta, invece, al

sindaco, nel caso in cui gli alloggi risultino inabitabili, la deci

sione di vietarne l'utilizzazione o di ordinarne lo sgombero, se

già occupati.

Nella specie, l'organo consultivo non si è limitato ad esprimere le valutazioni tecniche di sua competenza, ma si è illegittimamen te sostituito al sindaco nell'esercizio del potere decisorio di vie tare l'utilizzazione abitativa dell'appartamento in questione, vio

lando, pertanto, i limiti delle proprie attribuzioni.

4.2. - La rilevata fondatezza del motivo di incompetenza esi

merebbe il collegio dall'esame delle restanti censure. Giova, pe raltro, chiarire che è fondato anche il distinto profilo di censu

ra — eccesso di potere per sviamento e illogicità manifesta —

pure dedotto nel secondo motivo in esame.

È infatti illogico e contraddittorio, dopo aver accertato l'asso luta inabitabilità dell'appartamento, ordinare ai proprietari di non

concederlo, per il futuro, in locazione a nuovi conduttori, con

sentendone, peraltro, l'abitazione da parte degli attuali inquilini.

L'adozione di tale misura dispositiva — invero « atipica », per ché non prevista dalla norma attributiva di competenza — non

solo contraddice le risultanze dell'accertamento tecnico sul quale si basa, ma appare, altresì, obiettivamente intesa a persegui re finalità diverse da quelle specificamente prescritte dalla legge, consistenti unicamente nella tutela dell'igiene delle abitazioni per garantire la salute fisica dei cittadini.

5. - Le restanti censure — dedotte con il primo e terzo moti

vo — restano assorbite.

6. - Per le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere ac

colto, con conseguente annullamento del provvedimento impugna to e rimessione dell'affare al competente sindaco di Firenze, ai sensi dell'art. 26, 2° comma, legge 6 dicembre 1971 n. 1034.

Per questi motivi, ecc.

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