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sentenza 22 febbraio 1984, n. 38 (Gazzetta ufficiale 29 febbraio 1984, n. 60); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 22 febbraio 1984, n. 38 (Gazzetta ufficiale 29 febbraio 1984, n. 60); Pres. Elia, Rel. Maccarone; Vivan (Avv. Arangio Ruiz, Ciontelli) c. Min. pubblica istruzione; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Onufrio). Ord. Cons. Stato, sez. VI, 11 giugno 1976 (Gazz. uff. 2 febbraio 1977, n. 31) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 915/916-919/920 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175941 . Accessed: 24/06/2014 21:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 21:14:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 22 febbraio 1984, n. 38 (Gazzetta ufficiale 29 febbraio 1984, n. 60); Pres. Elia, Rel.Maccarone; Vivan (Avv. Arangio Ruiz, Ciontelli) c. Min. pubblica istruzione; interv. Pres. cons.ministri (Avv. dello Stato Onufrio). Ord. Cons. Stato, sez. VI, 11 giugno 1976 (Gazz. uff. 2febbraio 1977, n. 31)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 915/916-919/920Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175941 .

Accessed: 24/06/2014 21:14

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PARTE PRIMA

Ancona, costituisca mutamento della causa petendi e circostanza

di fatto nuova, inammissibile in giudizio perché non indicata

nella disdetta o preavviso, mentre si tratta di una mera puntua

lizzazione, nell'ambito dell'identica domanda, originariamente pro

posta, e del medesimo motivo di recesso comunicato tempesti vamente dal locatore a norma del combinato disposto degli art.

73 e 59 1. 27 luglio 1978 n. 392.

La cassazione della sentenza impugnata conseguente alla fonda

tezza del secondo e del quarto motivo di ricorso comporta l'assorbimento del terzo e del quinto motivo che riguardano la

liquidazione dell'indennità per la perdita dell'avviamento com

merciale e la dedotta incostituzionalità degli art. 27 e 29 1. 27

luglio 1978 n. 392 nella parte in cui escludono dalla loro

disciplina le locazioni di immobili adibiti all'esercizio di attività

agricola. Il giudice di rinvio procederà ad un nuovo esame delle

controversia applicando i principi di diritto su estesi. (Omissis)

III

Motivi della decisione. — Con la prima censura il ricorrente —

deducendo <la violazione ed erronea applicazione dell'art. 46 I. 27

luglio 1978 n. 392, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. — insiste

nel sostenere la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, sotto

il profilo che esso avrebbe dovuto contenere anche la richiesta, rivolta al giudice, di fissazione della udienza di discussione.

L'assunto è privo di fondamento. Secondo la disciplina del

procedimento in materia di lavoro (richiamata dall'art. 46 della

legge citata), il ricorso con cui si propone la domanda deve

presentare una serie di elementi o requisiti espressamente indicati

nell'art. 414 c.p.c., e tra i quali non è affatto ricompresa anche la

istanza di fissazione, ad opera del giudice, della udienza di

discussione. Indipendentemente da ogni sollecitazione, a detta

fissazione deve provvedere d'ufficio il giudice adito, mediante il

decreto che poi unitamente al ricorso sarà notificato al convenu

to a cura dell'attore (art. 415 c.p.c.). Secondo il rito del lavoro,

infatti, la domanda — intesa come richiesta di esercizio di

giurisdizione — è già compiutamente proposta con il deposito del

ricorso; tale atto introduttivo del giudizio (ricorso) è autonomo

rispetto all'atto di evocazione in giudizio (decreto) — cfr. Cass. 3

settembre 1981, n. 5030 (Foro it., 1982, I, 748) — e la fissazione

dell'udienza di discussione rientra nell'attività ordinatoria e d'im

pulso processuale riservata al giudice. Con la seconda censura — lamentando la violazione e falsa

applicazione degli art. 59 e 29, lett. b), in relazione all'art. 76

(recte: 73) I. n. 392 del 1978, — il ricorrente si duole che la

necessità dedotta dal locatore, di destinare il locale (adibito dal

conduttore a carrozzeria) a luogo di deposito di prodotti agricoli ricavati dallo stesso locatore dalla sua attività di coltivatore

diretto, sia stata dal pretore riconosciuta come inquadrabile nell'ambito della destinazione dell'immobile ad attività industriali, commerciali od artigianali.

Anche questa doglianza è priva di fondamento. Con apprezza mento di fatto, aderente alle risultanze processuali, congruamente e logicamente motivato e quindi in questa sede non sindacabile, il pretore ha chiarito che la produzione delle nocciole era

preordinata al commercio delle stesse, da parte del De Angelis,

produttore e coltivatore diretto, di modo che la esigenza di

conservare nel locale ceduto in affitto al Bozzo quel prodotto in

vista della sua vendita corrispondeva oltre che ad una destina zione latamente commerciale, ad una attività comunque tipica del

locatore, quale piccolo imprenditore agricolo, perché connesso funzionalmente con le occorrenze dipendenti dall'esercizio della

impresa da quello professionalmente gestita (cfr. nelle stesso senso Cass. 18 febbraio 1960, n. 268, id., Rep. 1960, voce

Locazione, n. 238; 10 ottobre 1959, n. 2752, id., Rep. 1959, voce cit., n. 234; 15 luglio 1958, n. 2579, id., Rep. 1958, voce cit., n. 359; 12

luglio 1957, n. 2806, id., Rep. 1957, voce cit., n. 471). Tale principio, affermato dalla giurisprudenza ora citata, con

riferimento alla cessazione della proroga legale del contratto di

locazione prevista nell'art. 4 1. 23 maggio 1950 n. 253, conserva

intatta validità anche alla luce della disciplina introdotta con la 1.

n. 392 del 1978.

Infatti, il rinvio contenuto sotto la lett. 6) dell'art. 29 alle « attività indicate nell'art. 27 » si riferisce a quest'ultimo nel suo

complesso e quindi non solo all'esercizio di attività industriali,

commerciali, artigianali e di interesse turistico (1° comma) ma

anche all'« esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di

lavoro autonomo » (2° comma); né sarebbe comunque consentito

all'interprete: a) espungere da quest'ultima categoria l'attività

autonoma, abituale e professionale, svolta nel settore dell'agricol tura; b) dubitare che l'attività a quella connessa e diretta alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti, (cfr. art. 2135 c.c.)

purché rientri nell'economia generale dell'azienda agricola, possa essere svolta in locali che non insistono sul fondo coltivato ma

ciò non di meno siano a quello scopo idonei.

Non meritevole di accoglimento è altresì l'ultima censura del

ricorrente, il quale sostiene l'omesso esame da parte del pretore della questione — sollevata con specifico motivo di appello —

relativa alla sopravvenienza della necessità dedotta dal locatore e

la insufficienza della prova testimoniale esperita a fornire di tale

sopravvenienza certezza.

Senonché risulta che questo punto ha costituito oggetto di una

valutazione di fatto, da parte del giudice del merito, sorretta da

una motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, e

quindi sottratta al sindacato di legittimità, laddove il pretore ha

affermato — conformemente a quanto già stimato dal giudice conciliatore — che le precise e concordanti emergenze istruttorie

dimostravano come, successivamente alla costituzione del rapporto locatizio, erano insorte per il De Angelis esigenze nuove, correla

te all'ampliamento della sua attività agricola-imprenditoriale e

derivanti, sostanzialmente, dalla progressiva trasformazione delle

colture praticate (con sostituzione di noccioleti a preesistenti

vigneti). Non pare quindi dubitabile che la volontà del locatore di

destinare il locale conteso alla conservazione, per la vendita, del

nuovo e sempre crescente prodotto (nocciole) non corrispondeva tanto ad una scelta spontanea e volontaria, e cioè ad una

intenzione sorta per libera autodeterminazione, quanto derivava

da un concreto e diretto bisogno di recupero della disponibilità dell'immobile, per circostanze cogenti sopravvenute alla costitu

zione del rapporto di locazione e giustificate da apprezzabili

esigenze nuove di lavoro, si da far attingere a queste ultime la

consistenza della necessità (nel senso indicato dell'art. 73 1. 392

del 1978, come modificato dall'art. 1 bis 1. n. 93 del 1979); cfr.

Cass. 5 novembre 1981, n. 5841 (id., 1982, voce cit., n. 405). In definitiva il ricorso deve essere rigettato. (Omissis)

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 febbraio 1984, n. 38

(Gazzetta ufficiale 29 febbraio 1984, n. 60); Pres. Elia, Rei.

Maccarone; Vivan (Avv. Arangio Ruiz, Ciontelli) c. Min. pub blica istruzione; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Onufrio). Ord. Cons. Stato, sez. VI, 11 giugno 1976 (Gazz. uff.

2 febbraio 1977, n. 31).

Istruzione pubblica — Università — Comando di insegnanti di

scuole elementare e media — Requisito della libera docenza —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; r.d. 31

agosto 1933 n. 1592, t.u. delle leggi sull'istruzione superiore, art.

115; 1. 18 marzo 1958 n. 311, stato giuridico ed economico dei

professori universitari, art. 13; 1. 24 febbraio 1967 n. 62, istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di

assistente universitario e nuove discipline degli incarichi di

insegnamento universitario e degli assistenti volontari, art. 13; 1. 24 novembre 1967 n. 1154, disposizioni integrative dell'art. 13

1. 24 febbraio 1967 n. 62, per quanto concerne l'università

italiana per stranieri di Perugia, art. unico; 1. 30 novembre 1970 n. 924, nuovi provvedimenti per l'università, art. 1).

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 22, 1" e 3° comma, l. 18 marzo 1958 n. 311 e 13, 3" comma

(sostituito dall'art, unico l. 24 novembre 1967 n. 1154) e 4°

comma, l. 24 febbraio 1967 n. 62, che richiedono l'abilitazione

alla libera docenza da parte di presidi o professori di ruolo

degli istituti pubblici di istruzione media, e del personale

docente, direttivo e ispettivo della scuola elementare, tempora neamente comandato per insegnamenti presso università e isti

tuti superiori, a differenza che per gli insegnamenti di lingue straniere presso le facoltà di economia e commercio, scienze

politiche, scienze economiche e bancarie, o presso l'università

per stranieri di Perugia, in riferimento all'art. 3 Cost.{ 1)

(1) L'ordinanza di rimessione 11 giugno 1976 della sez. VI del Consiglio di Stato è massimata in Foro it., 1977, III, 451, con nota di richiami.

Per riferimenti sul comando di un docente per l'insegnamento presso una facoltà universitaria, in base all'art. 115 t.u. sull'istruzione

superiore, v. T.AjR. Friuli-Venezia Giulia 17 novembre 1977, n. 147, id., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 163, secondo cui tale comando presuppone la proposta della facoltà interessata, con la

conseguenza che se tale facoltà rifiuta di formulare tale proposta, il comando stesso non può essere concesso (in base a tale principio, è stata affermata la necessità dell'immediata impugnazione entro il termine perentorio del diniego della facoltà). Inoltre, per quel che

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Con l'art. 115 r.d. 31 agosto 1983 n. 1592 fu

stabilito, tra l'altro, che, per provvedere temporaneamente ad

insegnamenti di livello superiore, potevano essere comandati pres so le università o istituti superiori presidi o professori di ruolo

degli istituti pubblici di istruzione media. Tale disposizione di principio venne confermata con l'art. 22 1.

18 marzo 1958 n. 311, col quale peraltro (1° comma) si restrinse

la facoltà di comando prevedendo che in linea di massima il

ministro potesse avvalersene solo se il preside o il professore destinatario del comando fosse in possesso di abilitazione alla

libera docenza. Tale requisito era però espressamente escluso per l'incarico di insegnamento di una lingua straniera nelle facoltà di

economia e commercio.

Con l'art. 13 1. 24 febbraio 1967 n. 62 la detta possibilità di

comando fu estesa anche a favore del personale docente, direttivo

ed ispettivo della scuola elementare (2° comma), sempre a condi

zione che fosse provvisto della abilitazione alla libera docenza, mentre fu allargata la possibilità di comando senza libera docen

za per i professori appartenenti ai ruoli degli istituti di istruzione

secondaria di primo e di secondo grado per le facoltà di scienze

politiche e presso le facoltà di scienze economiche e bancarie, limitatamente all'insegnamento di lingue straniere (4° comma).

Con lo stesso art. 13 (1° comma) si dispose altresì che i

comandi del personale provvisorio di libera docenza potevano essere disposti anche presso l'università per stranieri di Perugia, ma con l'art, unico 1. 24 novembre 1967 n. 1154 tale requisito venne eliminato, restando cosi aperta la possibilità di comando

del citato personale docente presso l'università per stranieri di

Perugia anche in difetto di detta abilitazione.

Infine, con l'art. 1 1. 30 novembre 1970 n. 924 furono aboliti

gli esami di abilitazione alla libera docenza, a partire dalla

sessione del 1970.

2. - Secondo l'ordinanza del Consiglio di Stato le norme

riguarda specificamente il comando presso l'università per stranieri di

Perugia, sul rapporto tra il trattamento economico degli insegnanti « comandati » e quello degli insegnanti incaricati presso la stessa

università, T.A.R. Umbria 19 novembre 1982, n. 320, Trib. amm. reg.,

1983, I, 243, ha affermato la illegittimità della determinazione del

trattamento economico degli insegnanti incaricati in misura inferiore a

quello degli insegnanti « comandati ». Il d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, riordinamento della docenza univer

sitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizza tiva e didattica, nell'elenco delle norme che abroga (art. 123) non cita

espressamente l'art. 115 t.u. sull'istruzione superiore, che è la norma di

base sul fondamento della quale è possibile, a certe condizioni, il

comando di docenti medi per lo svolgimento di insegnamenti universi

tari, ma richiama invece il successivo art. 131, norma sostanzialmente

analoga, però relativa al comando di professori di ruolo di istituti medi di istruzione per lo svolgimento delle funzioni di aiuto o di

assistente, alle condizioni previste dall'art. 115. Per altri riferimenti, sulla rilevanza dell'abilitazione alla libera

docenza conseguita da insegnanti di ruolo di istituti di istruzione

secondaria, l'art. 14 1. 18 marzo 1958 n. 349 prevede entro certi limiti

la valutabilità del servizio prestato dagli insegnanti presso tali istituti, ai fini della carriera e della progressione economica nel ruolo degli assistenti ordinari, ma solo dalla data di conseguimento di detta

abilitazione (in proposito, Cons. Stato, sez. VI, 28 settembre 1977, n.

777, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 114). Sulla rilevanza attuale, in genere, della abilitazione alla libera

docenza, l'art. 121 d.p.r. n. 382/80 ammette ancora che essa possa essere esercitata secondo le norme vigenti, purché confermata all'entra

ta in vigore del decreto stesso, intendendo per abilitazione confermata

quella in ordine alla quale il consiglio di facoltà abbia già espresso una valutazione positiva, ancorché non sia ancora intervenuto il

decreto ministeriale l(e quindi Cons. Stato, sez. II, 9 dicembre 1981, n.

1251/81, Cons. Stato, 1983, il, 1134, ha escluso la utilizzabilità della

abilitazione alla libera docenza della quale l'interessato aveva chiesto

la conferma, ma sulla quale, a tale data, il consiglio di facoltà non

aveva ancora espresso la valutazione favorevole). La Corte costituzionale, presumibilmente, avrà altre occasioni di

valutare la rilevanza della libera docenza: TA.R. Lazio, sez. il, ord. 3

dicembre 1980, n. 2, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 359, ha

dichiarato non manifestaniente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost.,

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l. 1° ottobre 1973

n. 580, convertito nella 1. 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui

esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori universitari, gli assistenti ordinari, incaricati stabilizzati e con libera docenza conferma

ta all'atto dell'entrata in vigore della norma stessa (viceversa, T.A.R.

Lazio, sez. I, 25 novembre 1981, n. 972, ibid., n. 360, ha dichiarato

manifestamente infondata, sempre sotto il profilo della disparità di

trattamento, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 3°

comma, 1. 21 febbraio 1980 n. 28 e dell'art. 50 d.p.r. n. 382/80, in

quanto impongono, come condizioni per l'inquadramento come profes sore associato, il preventivo giudizio di idoneità, anche a coloro che,

oltre a rivestire le qualifiche previste — di assistente ordinario e/o incaricato stabilizzato — sono in possesso di libera docenza confermata

e non revocata).

ricordate, nella parte in cui non consentono agli insegnanti dell'ordine medio privi della abilitazione alla libera docenza di

essere comandati per assumere incarichi per materie diverse dalla

lingua straniera e presso facoltà diverse da quella di economia e

commercio, scienze politiche, sicenze economiche e bancarie o

università diverse da quelle per stranieri di Perugia, istituirebbero

una irrazionale disparità di trattamento a danno degli esclusi. E

ciò in quanto, sostanzialmente, secondo l'ordinanza di rinvio, il

requisito come sopra richiesto assumerebbe il carattere non di un

pur esigibile titolo preferenziale per l'attribuzione dell'incarico di

insegnamento, ma di un vero e proprio presupposto per il

conferimento dell'incarico stesso, non razionalmente giustificabi le come tale, una volta che sono ammessi all'insegnamento presso talune facoltà universitarie, non di minore importanza delle altre,

docenti non provvisti della abilitazione in parola. 3. - La questione cosi sollevata non è fondata. È infatti agevole

osservare che il legislatore si è indotto alla descritta disciplina del

comando universitario nell'intento di sopperire alle carenze di

personale denunziate dall'ammistrazione dell'istruzione superiore, e ciò ha fatto tenendo presenti quelli che, a suo giudizio, costituivano requisiti di base atti a garantire appunto che il

rimedio utilizzato fosse idoneo allo scopo per la qualità dei

docenti designati. Indicando nel possesso della abilitazione alla

libera docenza la condizione necessaria per il comando, il legisla tore si è mosso nell'ambito della sua discrezionalità, certamente

comprensiva della determinazione dei requisiti idonei a garantire l'attitudine del docente allo svolgimento dei compiti affidatigli. Va, d'altra parte, riconosciuto che l'abilitazione alla libera docenza

ben poteva essere considerata requisito atto allo scopo suddetto;

trattavasi invero dell'abilitazione ad impartire insegnamenti uni

versitari aventi lo stesso valore di quelli ufficiali, conseguita all'esito di un apposito esame condotto su prove impegnative, tendenti ad accertare l'idoneità dell'aspirante.

4. - Né giova obiettare, come fa l'ordinanza, che la limitazione

a certe facoltà della condizione per il comando renderebbe

irrazionale la differenziazione in vista della pari dignità scientifica

delle facoltà per le quali invece il requisito non è richiesto.

Invero, anche con riguardo a tale scelta il legislatore non ha

creato arbitrariamente situazioni di sfavore, ma ha tenuto razio

nalmente conto delle particolari caratteristiche delle facoltà che,

per l'oggetto delle discipline o per l'orientamento fondamentale e

le caratteristiche didattiche, potevano prestarsi per il comando di

docenti non provvisti del requisito della libera docenza.

5. - Dette conclusioni sono valide a maggior ragione per quanto

riguarda l'esclusione del requisito della libera docenza per i

comandi presso l'università per stranieri di Perugia, il cui caratte

re, anche per le peculiarità del corpo docente, come si legge nella

relazione alla 1. 24 novembre 1967 n. 1154, consente che gli

insegnanti possiedano una qualificazione professionale indipen dente dall'abilitazione alla libera docenza.

6. - Neppure la circostanza che gli abilitati alla libera docenza

possono essere destinati anche ai comandi presso facoltà per le

quali il titolo non è richiesto vale a delineare una violazione del

principio di eguaglianza nel senso prospettato nell'odinanza di

rinvio, essendo evidente che la detta eventualità è diretta conse

guenza della disciplina della materia che, come si è detto, è stata

dettata dal legislatore nell'ambito della sua discrezionalità non

sindacabile in questa sede.

7. - Né infine può essere condivisa la censura sollevata dal

Consiglio di Stato sotto il particolare profilo della lesione del

principio di eguaglianza che deriverebbe dalla avvenuta abolizio

ne degli esami di abilitazione alla libera docenza ex art. 1 1. n.

924 del 1970, ed in virtù della quale gli insegnanti che non

hanno potuto sostenere gli esami prima dell'abolizione si trove

rebbero nella impossibilità di conseguire il titolo richiesto dalla

norma impugnata, e quindi in una situazione di inferiorità

irreversibile, ed a loro non imputabile, nei confronti di coloro

che, invece, avendo goduto del regime precedente, avevano potuto

conseguire l'abilitazione.

In sostanza, secondo il giudice a quo, si dovrebbe affermare il

contrasto con il principio di eguaglianza delle diverse situazioni

conseguenti all'evoluzione nel tempo della disciplina dell'istituto

giuridico in discorso.

Al riguardo, peraltro, anche senza entrare nel merito dei motivi

che indussero il legislatore ad abolire gli esami di abilitazione

alla libera docenza nel quadro della riforma dell'istruzione supe

riore, non può che confermarsi la costante giurisprudenza della

corte secondo la quale non contrasta con il principio di egua

glianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti ma in momenti diversi nel tempo, giacché lo stesso

fluire di questo costituisce di per sé un elemento differenziatore

(sent. 57/73, 92/75, 138/77, 65/79, Foro it., 1973, I, 1676; id.

1975, I, 1619; id., 1978, I, 25; id., 1979, I, 2826).

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PARTE PRIMA

D'altra parte, non si tratta di una disposizione isolata, poiché in numerose norme successive alla legge del 1970, soppressiva dell'esame di abilitazione alla libera docenza, si è fatto esplicito riferimento a tale qualifica accademica come titolo valutabile a

vari fini (v., ad es., art. 4 d.p.r. 30 dicembre 1971 n. 1252, che

approva il regolamento per l'ammissione al concorso per la

carriera diplomatica; art. 64 d.p.r. 31 ottobre 1973 n. 1145, che

approva il nuovo statuto del politecnico di Torino; art. 4 d.l. 1°

ottobre 1973 n. 580, convertito in 1. 30 novembre 1973 n. 766, concernente la nuova disciplina degli incarichi universitari; art. 21 1. 18 aprile 1975 n. 148, sull'assunzione del personale sanitario

ospedaliero; art. 3 1. 30 aprile 1976 n. 197 sulla disciplina dei con corsi per trasferimento di notai; art. 12, lett. q), 1. 21 febbraio 1980 n. 28, concernente delega al governo per il riordinamento della docenza universitaria).

Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 22, 1° e 3°

comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311 e dell'art. 13, 3° e 4° comma (il 3° comma sostituito dall'art, unico 1. 24 novembre 1967 n. 1154), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., con ordinanza del Consi

glio di Stato dell'I 1 giugno 1976.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 novembre 1983, n. 325

(■Gazzetta ufficiale 7 dicembre 1983, n. 336); Pres. Elia, Rei.

Andrioli; Soc. Azienda molitoria Azzolini e altri c. I.n.p.s.; Soc. Industrie arredamenti di Budrio c. Fall, ditta Raima. Ord.

Trib. Reggio Emilia 3 gennaio 1977 (Gazz. uff. 6 agosto 1977,

n. 94); Trib. Torino 25 maggio 1978 (id. 3 gennaio 1979, n. 3).

Fallimento — Ripartizione dell'attivo — Privilegi — Nuova

disciplina normativa — Applicabilità ai crediti già ammessi al

passivo — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3,

24; cod. civ., art. 2751 bis; disp. att. cod. civ., art. 234; 1. 29

luglio 1975 n. 426, modificazioni al codice civile e alla 1. 30

aprile 1969 n. 153, in materia di privilegi, art. 2, 15).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 l.

29 luglio 1975 n. 426, nella parte in cui non consente ai

creditori ammessi al passivo fallimentare come chirografari di

far valere le nuove cause di prelazione istituite dalla stessa

legge, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)

Fatto. — 1.1. - Nelle procedure di fallimento della s.n.c.

Azienda molitoria di Azzolini Sestilio e fratelli e dei soci Afro,

Sestilio a Gian Andrea Azzolini, avanti il Tribunale di Reggio

Emilia il giudice delegato depositò, sotto la data del 17 novembre

1976, il progetto di ripartizione dell'attivo nel quale furono in via

(1) L'ordinanza Trib. Reggio Emilia 3 gennaio 1977 è riportata in

Foro it., 1977, I, 1045; Trib. Torino, ord. 25 maggio 1978, è

massimata id., Rep. 1979, voce Privilegio, n. 9, e annotata da Ferreri,

in Giur. comm., 1979, II, 443. iPer i rapporti tra orientamento giurisprudenziale consolidato e

giudizio di legittimità costituzionale della legge, v. Corte cost. 23

marzo 1983, n. 72, Foro it., 1983, I, 1524, e 21 luglio 1981, n. 138, id.,

1981, I, 2353. L'orientamento giurisprudenziale affermatosi nell'interpretazione del

l'art. 15 1. n. 426/75, di cui la Corte costituzionale prende atto, è

espresso da Cass. 11 ottobre 1979, n. 5288, id., 'Rep. 1979, voce cit., n. 12 (in Giur. comm., 1980, III, 884 ss., con nota di Ferreri); 11

gennaio 1980, n. 235, Foro it., Rep. 1980, voce Fallimento, n. 482.

'Per l'incostituzionalità della disciplina transitoria contenuta nell'art.

66 1. 30 aprile 1969 n. 153, v. Corte cost. 12 luglio 1972, n. 129, id.,

1972, I, 2338.

* * *

I limiti di legittimità costituzionale del diritto transitorio in

tema di privilegi.

1. - Nella decisione in epigrafe è stata dichiarata infondata la

questione di legittimità prospettata con le ordinanze di rimessione dei

giudici a quo, in quanto la Corte costituzionale, a seguito del mutato orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto non più sussistente il

presupposto, dal quale il giudice della rimessione ha preso l'avvio per sollevare il problema di costituzionalità. Infatti, prima ancora dell'in tervento della corte, la giurisprudenza si è adeguata al modello

costituzionale, superando l'antinomia denunciata nelle ordinanze di

rinvio (1).

(1) Sull'interpretazione adeguatrice del giudice ordinario, cfr. Onida, L'attuazione della Costituzione tra magistratura e Corte costituzionale, in Studi Mortati, 1977, IV, 513, 544 ss. Per l'inammissibilità di questioni di legittimità costituzionale fondate su contrasti interpretativi

privilegiata collocati, ai sensi dell'art. 2751 bis c.c., introdotto con l'art. 2 1. 29 luglio 1975 n. 426, i creditori artigiani; l'I.n.p.s. fece, ai sensi dell'art. 110, u.c., 1. fall., pervenire osservazioni con le

quali assumeva che la collocazione privilegiata dei creditori

artigiani, che attentava alla capienza del proprio credito, era

preclusa dall'art. 15 1. 29 luglio 1975 n. 426 («Le disposizioni dei

precedenti articoli si osservano anche per i crediti sorti anterior

II tipo di sentenza non presenta problemi di grande rilievo. Esso è frequente nell'opera della nostra Corte costituzionale, in quanto mira ad evitare che la corte si pronunci su questioni di costituzionalità sorte in base ad interpretazioni non più seguite da orientamenti giurisprudenziali consolidatisi ormai in senso diverso (2).

Maggiori attenzioni richiede, invece, il contenuto specifico del pro blema affrontato, poiché esso riguarda la legittimità costituzionale, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., dell'art. 15 1. 29 luglio 1975 n. 426, in tema di modificazioni al codice civile e alla 1. 30 aprile 1969 n. 153, destinate alla revisione degli ordinamenti pensionistici ed alla disci plina della sicurezza sociale, ma contenente alcune notevoli innovazioni in tema di privilegi (3).

Rispetto al su indicato problema, si deve subito sottolineare che la disciplina di diritto transitorio, contenuta nell'art. 15 1. 426/75, ha avuto maggiore fortuna di quella contenuta nell'art. 66 1. 153/69. Infatti, quest'ultima è incorsa nei rigori della corte, che ne ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale, mentre la prima è sfug gita alla medesima sorte, grazie ad un mutamento di giurisprudenza della Corte di cassazione, dettato forse proprio dall'esigenza di evitare una pronuncia di incostituzionalità della norma di legge (4).

L'art. 66 1. 153/69, dopo aver notevolmente modificato la disciplina dei privilegi a tutela dei crediti di retribuzione dei lavoratori subordi nati, dei crediti di fine rapporto vantati dagli stessi e di alcuni crediti previdenziali, collegandosi all'art. 234 disp. att. c.c., disponeva al 4° comma l'osservanza della disciplina in esso contenuta « anche per i crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, se il principio è fatto valere posteriormente ».

Con successiva disposizione contenuta nel 5° comma, lo stesso art. 66 disponeva l'osservanza della medesima disciplina innovativa anche nell'ipotesi in cui « il privilegio è stato fatto valere anteriormente, qualora la procedura sia ancora in corso al momento dell'entrata in vigore della legge stessa ».

In sede di procedura fallimentare, all'operatività delle innovazioni previste dalla legge in tema di privilegi, si opponeva l'effetto preclusi vo dal decreto di esecutività dello stato passivo, di cui all'art. 97 1. fall. (5).

2. - Il problema fu posto ed ebbe dalla giurisprudenza della Cassazione una risposta estremamente rigorosa (6).

In pratica, la nostra Suprema corte ribadì che, nel sistema della nostra legge fallimentare, il privilegio si realizzava in due fasi concettualmente e praticamente separabili. Nella verificazione dello stato passivo, come precisa la stessa rubrica del capo V e gli art. 95 ss. 1. fall., si dovevano accertare non solo i crediti, ma anche le relative cause di prelazione operanti nel concorso con gli altri creditori; nella fase di ripartizione dell'attivo, disciplinata dagli art. 110 ss. 1. fall., si doveva disporre il pagamento dei crediti ammessi secondo l'ordine assegnato dalla legge alle diverse cause di prelazione indicate, in particolare, dall'art. Ill 1. fall. (7).

relativi a norme di diritto sottoposte al giudice a quo, v. Corte cost. 26 ottobre 1982, n. 169, Foro it., 1983, I, 862, con nota di Mazzotta, e in Giur. costit., 1982, I, 1810, con nota di (Modugno.

(2) Per lo stesso tipo di sentenza v. Corte cost. 23 marzo 1983, n. 72, Foro it., 1983, I, 1524, che ha dichiarato non fondata la questione dedotta, riguardante la responsabilità degli amministratori dei comuni e delle province, ex art. 252 r.d 3 marzo 1934 n. 383, per spese non autorizzate in bilancio, in quanto la norma censurata viene interpretata in modo costituzionalmente corretto dalla giurisprudenza costante. Nella stessa prospettiva v. Corte cost. 21 luglio 1981, n. 138, id., 1981, I, 2353, sull'assoggettabilità ad esecuzione forzata di somme di denaro inserite nel bilancio della p.a.

(3) Le due ordinanze di rimessione, con le quali è stata prospettata la questione di legittimità costituzionale esaminata dalla corte, sono Trib. Reggio Emilia, ord. 3 gennaio 1977, Foro it., 1977, I, 1045 e Trib. Torino, ord. 25 maggio 1978, id., Rep. 1979, voce Privilegio, n. 9, e in Giur. comm., 1979, II, 443 ss., con nota di iFerreri. (Per le innovazioni introdotte con ia 1. 29 luglio 1975 n. 426 nella disciplina dei privilegi, v. Alleva, Il nuovo ordine dei privilegi e le linee di politica legislativa per la tutela dei lavoratori nel fallimento, id., 1976, I, 220 ss.; Parente, Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, 1981, 41 ss.

(4) Per l'intervento della Corte costituzionale sull'art. 66 1. 153/69, v. Corte cost. 12 luglio 1972, n. 129, Foro it., 1972, I, 2328.

(5) In tal senso furono le prime applicazioni della norma. V. Maltese, Un caso di diritto transitorio nel procedimento fallimentare, in Dir. fall., 1970, I, 328; Letizia, Brevi osservazioni sull'art. 66 l. 30 aprile 1969 n. 153, id., 1971, If, 151 a commento di Trib. Varese 12 maggio 1970. !Per la dottrina v. Del Vecchio, L'art. 66 l. 30 aprile 1969 n. 153, ibid. >Per l'efficacia preclusiva dell'approvazione dello stato passivo, all'interno della procedura fallimentare, v. Cass. 17 maggio 1979, n. 2825, Foro it., 1979, I, 2032.

Sulla disciplina codicistica del diritto transitorio in tema di privilegi, v. Andrioli, Dei privilegi, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, 195 52, 74 ss.

(6) Cass. 29 ottobre 1970, n. 2222, Foro it., 1971, I, 181. (7) Cass. 2222/70, cit.; 25 luglio 1972, Foro it., 1972, I. 1381. In dottrina, per le diverse fasi del procedimento, v. Andrioli, Falli

mento, voce dell 'Enciclopedia del diritto, 1967, XVI, 446 ss.

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