sentenza 22 febbraio 1984, n. 38 (Gazzetta ufficiale 29 febbraio 1984, n. 60); Pres. Elia, Rel.Maccarone; Vivan (Avv. Arangio Ruiz, Ciontelli) c. Min. pubblica istruzione; interv. Pres. cons.ministri (Avv. dello Stato Onufrio). Ord. Cons. Stato, sez. VI, 11 giugno 1976 (Gazz. uff. 2febbraio 1977, n. 31)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 915/916-919/920Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175941 .
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PARTE PRIMA
Ancona, costituisca mutamento della causa petendi e circostanza
di fatto nuova, inammissibile in giudizio perché non indicata
nella disdetta o preavviso, mentre si tratta di una mera puntua
lizzazione, nell'ambito dell'identica domanda, originariamente pro
posta, e del medesimo motivo di recesso comunicato tempesti vamente dal locatore a norma del combinato disposto degli art.
73 e 59 1. 27 luglio 1978 n. 392.
La cassazione della sentenza impugnata conseguente alla fonda
tezza del secondo e del quarto motivo di ricorso comporta l'assorbimento del terzo e del quinto motivo che riguardano la
liquidazione dell'indennità per la perdita dell'avviamento com
merciale e la dedotta incostituzionalità degli art. 27 e 29 1. 27
luglio 1978 n. 392 nella parte in cui escludono dalla loro
disciplina le locazioni di immobili adibiti all'esercizio di attività
agricola. Il giudice di rinvio procederà ad un nuovo esame delle
controversia applicando i principi di diritto su estesi. (Omissis)
III
Motivi della decisione. — Con la prima censura il ricorrente —
deducendo <la violazione ed erronea applicazione dell'art. 46 I. 27
luglio 1978 n. 392, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. — insiste
nel sostenere la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, sotto
il profilo che esso avrebbe dovuto contenere anche la richiesta, rivolta al giudice, di fissazione della udienza di discussione.
L'assunto è privo di fondamento. Secondo la disciplina del
procedimento in materia di lavoro (richiamata dall'art. 46 della
legge citata), il ricorso con cui si propone la domanda deve
presentare una serie di elementi o requisiti espressamente indicati
nell'art. 414 c.p.c., e tra i quali non è affatto ricompresa anche la
istanza di fissazione, ad opera del giudice, della udienza di
discussione. Indipendentemente da ogni sollecitazione, a detta
fissazione deve provvedere d'ufficio il giudice adito, mediante il
decreto che poi unitamente al ricorso sarà notificato al convenu
to a cura dell'attore (art. 415 c.p.c.). Secondo il rito del lavoro,
infatti, la domanda — intesa come richiesta di esercizio di
giurisdizione — è già compiutamente proposta con il deposito del
ricorso; tale atto introduttivo del giudizio (ricorso) è autonomo
rispetto all'atto di evocazione in giudizio (decreto) — cfr. Cass. 3
settembre 1981, n. 5030 (Foro it., 1982, I, 748) — e la fissazione
dell'udienza di discussione rientra nell'attività ordinatoria e d'im
pulso processuale riservata al giudice. Con la seconda censura — lamentando la violazione e falsa
applicazione degli art. 59 e 29, lett. b), in relazione all'art. 76
(recte: 73) I. n. 392 del 1978, — il ricorrente si duole che la
necessità dedotta dal locatore, di destinare il locale (adibito dal
conduttore a carrozzeria) a luogo di deposito di prodotti agricoli ricavati dallo stesso locatore dalla sua attività di coltivatore
diretto, sia stata dal pretore riconosciuta come inquadrabile nell'ambito della destinazione dell'immobile ad attività industriali, commerciali od artigianali.
Anche questa doglianza è priva di fondamento. Con apprezza mento di fatto, aderente alle risultanze processuali, congruamente e logicamente motivato e quindi in questa sede non sindacabile, il pretore ha chiarito che la produzione delle nocciole era
preordinata al commercio delle stesse, da parte del De Angelis,
produttore e coltivatore diretto, di modo che la esigenza di
conservare nel locale ceduto in affitto al Bozzo quel prodotto in
vista della sua vendita corrispondeva oltre che ad una destina zione latamente commerciale, ad una attività comunque tipica del
locatore, quale piccolo imprenditore agricolo, perché connesso funzionalmente con le occorrenze dipendenti dall'esercizio della
impresa da quello professionalmente gestita (cfr. nelle stesso senso Cass. 18 febbraio 1960, n. 268, id., Rep. 1960, voce
Locazione, n. 238; 10 ottobre 1959, n. 2752, id., Rep. 1959, voce cit., n. 234; 15 luglio 1958, n. 2579, id., Rep. 1958, voce cit., n. 359; 12
luglio 1957, n. 2806, id., Rep. 1957, voce cit., n. 471). Tale principio, affermato dalla giurisprudenza ora citata, con
riferimento alla cessazione della proroga legale del contratto di
locazione prevista nell'art. 4 1. 23 maggio 1950 n. 253, conserva
intatta validità anche alla luce della disciplina introdotta con la 1.
n. 392 del 1978.
Infatti, il rinvio contenuto sotto la lett. 6) dell'art. 29 alle « attività indicate nell'art. 27 » si riferisce a quest'ultimo nel suo
complesso e quindi non solo all'esercizio di attività industriali,
commerciali, artigianali e di interesse turistico (1° comma) ma
anche all'« esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di
lavoro autonomo » (2° comma); né sarebbe comunque consentito
all'interprete: a) espungere da quest'ultima categoria l'attività
autonoma, abituale e professionale, svolta nel settore dell'agricol tura; b) dubitare che l'attività a quella connessa e diretta alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti, (cfr. art. 2135 c.c.)
purché rientri nell'economia generale dell'azienda agricola, possa essere svolta in locali che non insistono sul fondo coltivato ma
ciò non di meno siano a quello scopo idonei.
Non meritevole di accoglimento è altresì l'ultima censura del
ricorrente, il quale sostiene l'omesso esame da parte del pretore della questione — sollevata con specifico motivo di appello —
relativa alla sopravvenienza della necessità dedotta dal locatore e
la insufficienza della prova testimoniale esperita a fornire di tale
sopravvenienza certezza.
Senonché risulta che questo punto ha costituito oggetto di una
valutazione di fatto, da parte del giudice del merito, sorretta da
una motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, e
quindi sottratta al sindacato di legittimità, laddove il pretore ha
affermato — conformemente a quanto già stimato dal giudice conciliatore — che le precise e concordanti emergenze istruttorie
dimostravano come, successivamente alla costituzione del rapporto locatizio, erano insorte per il De Angelis esigenze nuove, correla
te all'ampliamento della sua attività agricola-imprenditoriale e
derivanti, sostanzialmente, dalla progressiva trasformazione delle
colture praticate (con sostituzione di noccioleti a preesistenti
vigneti). Non pare quindi dubitabile che la volontà del locatore di
destinare il locale conteso alla conservazione, per la vendita, del
nuovo e sempre crescente prodotto (nocciole) non corrispondeva tanto ad una scelta spontanea e volontaria, e cioè ad una
intenzione sorta per libera autodeterminazione, quanto derivava
da un concreto e diretto bisogno di recupero della disponibilità dell'immobile, per circostanze cogenti sopravvenute alla costitu
zione del rapporto di locazione e giustificate da apprezzabili
esigenze nuove di lavoro, si da far attingere a queste ultime la
consistenza della necessità (nel senso indicato dell'art. 73 1. 392
del 1978, come modificato dall'art. 1 bis 1. n. 93 del 1979); cfr.
Cass. 5 novembre 1981, n. 5841 (id., 1982, voce cit., n. 405). In definitiva il ricorso deve essere rigettato. (Omissis)
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 febbraio 1984, n. 38
(Gazzetta ufficiale 29 febbraio 1984, n. 60); Pres. Elia, Rei.
Maccarone; Vivan (Avv. Arangio Ruiz, Ciontelli) c. Min. pub blica istruzione; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Onufrio). Ord. Cons. Stato, sez. VI, 11 giugno 1976 (Gazz. uff.
2 febbraio 1977, n. 31).
Istruzione pubblica — Università — Comando di insegnanti di
scuole elementare e media — Requisito della libera docenza —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; r.d. 31
agosto 1933 n. 1592, t.u. delle leggi sull'istruzione superiore, art.
115; 1. 18 marzo 1958 n. 311, stato giuridico ed economico dei
professori universitari, art. 13; 1. 24 febbraio 1967 n. 62, istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di
assistente universitario e nuove discipline degli incarichi di
insegnamento universitario e degli assistenti volontari, art. 13; 1. 24 novembre 1967 n. 1154, disposizioni integrative dell'art. 13
1. 24 febbraio 1967 n. 62, per quanto concerne l'università
italiana per stranieri di Perugia, art. unico; 1. 30 novembre 1970 n. 924, nuovi provvedimenti per l'università, art. 1).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 22, 1" e 3° comma, l. 18 marzo 1958 n. 311 e 13, 3" comma
(sostituito dall'art, unico l. 24 novembre 1967 n. 1154) e 4°
comma, l. 24 febbraio 1967 n. 62, che richiedono l'abilitazione
alla libera docenza da parte di presidi o professori di ruolo
degli istituti pubblici di istruzione media, e del personale
docente, direttivo e ispettivo della scuola elementare, tempora neamente comandato per insegnamenti presso università e isti
tuti superiori, a differenza che per gli insegnamenti di lingue straniere presso le facoltà di economia e commercio, scienze
politiche, scienze economiche e bancarie, o presso l'università
per stranieri di Perugia, in riferimento all'art. 3 Cost.{ 1)
(1) L'ordinanza di rimessione 11 giugno 1976 della sez. VI del Consiglio di Stato è massimata in Foro it., 1977, III, 451, con nota di richiami.
Per riferimenti sul comando di un docente per l'insegnamento presso una facoltà universitaria, in base all'art. 115 t.u. sull'istruzione
superiore, v. T.AjR. Friuli-Venezia Giulia 17 novembre 1977, n. 147, id., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 163, secondo cui tale comando presuppone la proposta della facoltà interessata, con la
conseguenza che se tale facoltà rifiuta di formulare tale proposta, il comando stesso non può essere concesso (in base a tale principio, è stata affermata la necessità dell'immediata impugnazione entro il termine perentorio del diniego della facoltà). Inoltre, per quel che
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - Con l'art. 115 r.d. 31 agosto 1983 n. 1592 fu
stabilito, tra l'altro, che, per provvedere temporaneamente ad
insegnamenti di livello superiore, potevano essere comandati pres so le università o istituti superiori presidi o professori di ruolo
degli istituti pubblici di istruzione media. Tale disposizione di principio venne confermata con l'art. 22 1.
18 marzo 1958 n. 311, col quale peraltro (1° comma) si restrinse
la facoltà di comando prevedendo che in linea di massima il
ministro potesse avvalersene solo se il preside o il professore destinatario del comando fosse in possesso di abilitazione alla
libera docenza. Tale requisito era però espressamente escluso per l'incarico di insegnamento di una lingua straniera nelle facoltà di
economia e commercio.
Con l'art. 13 1. 24 febbraio 1967 n. 62 la detta possibilità di
comando fu estesa anche a favore del personale docente, direttivo
ed ispettivo della scuola elementare (2° comma), sempre a condi
zione che fosse provvisto della abilitazione alla libera docenza, mentre fu allargata la possibilità di comando senza libera docen
za per i professori appartenenti ai ruoli degli istituti di istruzione
secondaria di primo e di secondo grado per le facoltà di scienze
politiche e presso le facoltà di scienze economiche e bancarie, limitatamente all'insegnamento di lingue straniere (4° comma).
Con lo stesso art. 13 (1° comma) si dispose altresì che i
comandi del personale provvisorio di libera docenza potevano essere disposti anche presso l'università per stranieri di Perugia, ma con l'art, unico 1. 24 novembre 1967 n. 1154 tale requisito venne eliminato, restando cosi aperta la possibilità di comando
del citato personale docente presso l'università per stranieri di
Perugia anche in difetto di detta abilitazione.
Infine, con l'art. 1 1. 30 novembre 1970 n. 924 furono aboliti
gli esami di abilitazione alla libera docenza, a partire dalla
sessione del 1970.
2. - Secondo l'ordinanza del Consiglio di Stato le norme
riguarda specificamente il comando presso l'università per stranieri di
Perugia, sul rapporto tra il trattamento economico degli insegnanti « comandati » e quello degli insegnanti incaricati presso la stessa
università, T.A.R. Umbria 19 novembre 1982, n. 320, Trib. amm. reg.,
1983, I, 243, ha affermato la illegittimità della determinazione del
trattamento economico degli insegnanti incaricati in misura inferiore a
quello degli insegnanti « comandati ». Il d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, riordinamento della docenza univer
sitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizza tiva e didattica, nell'elenco delle norme che abroga (art. 123) non cita
espressamente l'art. 115 t.u. sull'istruzione superiore, che è la norma di
base sul fondamento della quale è possibile, a certe condizioni, il
comando di docenti medi per lo svolgimento di insegnamenti universi
tari, ma richiama invece il successivo art. 131, norma sostanzialmente
analoga, però relativa al comando di professori di ruolo di istituti medi di istruzione per lo svolgimento delle funzioni di aiuto o di
assistente, alle condizioni previste dall'art. 115. Per altri riferimenti, sulla rilevanza dell'abilitazione alla libera
docenza conseguita da insegnanti di ruolo di istituti di istruzione
secondaria, l'art. 14 1. 18 marzo 1958 n. 349 prevede entro certi limiti
la valutabilità del servizio prestato dagli insegnanti presso tali istituti, ai fini della carriera e della progressione economica nel ruolo degli assistenti ordinari, ma solo dalla data di conseguimento di detta
abilitazione (in proposito, Cons. Stato, sez. VI, 28 settembre 1977, n.
777, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 114). Sulla rilevanza attuale, in genere, della abilitazione alla libera
docenza, l'art. 121 d.p.r. n. 382/80 ammette ancora che essa possa essere esercitata secondo le norme vigenti, purché confermata all'entra
ta in vigore del decreto stesso, intendendo per abilitazione confermata
quella in ordine alla quale il consiglio di facoltà abbia già espresso una valutazione positiva, ancorché non sia ancora intervenuto il
decreto ministeriale l(e quindi Cons. Stato, sez. II, 9 dicembre 1981, n.
1251/81, Cons. Stato, 1983, il, 1134, ha escluso la utilizzabilità della
abilitazione alla libera docenza della quale l'interessato aveva chiesto
la conferma, ma sulla quale, a tale data, il consiglio di facoltà non
aveva ancora espresso la valutazione favorevole). La Corte costituzionale, presumibilmente, avrà altre occasioni di
valutare la rilevanza della libera docenza: TA.R. Lazio, sez. il, ord. 3
dicembre 1980, n. 2, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 359, ha
dichiarato non manifestaniente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost.,
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l. 1° ottobre 1973
n. 580, convertito nella 1. 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui
esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori universitari, gli assistenti ordinari, incaricati stabilizzati e con libera docenza conferma
ta all'atto dell'entrata in vigore della norma stessa (viceversa, T.A.R.
Lazio, sez. I, 25 novembre 1981, n. 972, ibid., n. 360, ha dichiarato
manifestamente infondata, sempre sotto il profilo della disparità di
trattamento, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 3°
comma, 1. 21 febbraio 1980 n. 28 e dell'art. 50 d.p.r. n. 382/80, in
quanto impongono, come condizioni per l'inquadramento come profes sore associato, il preventivo giudizio di idoneità, anche a coloro che,
oltre a rivestire le qualifiche previste — di assistente ordinario e/o incaricato stabilizzato — sono in possesso di libera docenza confermata
e non revocata).
ricordate, nella parte in cui non consentono agli insegnanti dell'ordine medio privi della abilitazione alla libera docenza di
essere comandati per assumere incarichi per materie diverse dalla
lingua straniera e presso facoltà diverse da quella di economia e
commercio, scienze politiche, sicenze economiche e bancarie o
università diverse da quelle per stranieri di Perugia, istituirebbero
una irrazionale disparità di trattamento a danno degli esclusi. E
ciò in quanto, sostanzialmente, secondo l'ordinanza di rinvio, il
requisito come sopra richiesto assumerebbe il carattere non di un
pur esigibile titolo preferenziale per l'attribuzione dell'incarico di
insegnamento, ma di un vero e proprio presupposto per il
conferimento dell'incarico stesso, non razionalmente giustificabi le come tale, una volta che sono ammessi all'insegnamento presso talune facoltà universitarie, non di minore importanza delle altre,
docenti non provvisti della abilitazione in parola. 3. - La questione cosi sollevata non è fondata. È infatti agevole
osservare che il legislatore si è indotto alla descritta disciplina del
comando universitario nell'intento di sopperire alle carenze di
personale denunziate dall'ammistrazione dell'istruzione superiore, e ciò ha fatto tenendo presenti quelli che, a suo giudizio, costituivano requisiti di base atti a garantire appunto che il
rimedio utilizzato fosse idoneo allo scopo per la qualità dei
docenti designati. Indicando nel possesso della abilitazione alla
libera docenza la condizione necessaria per il comando, il legisla tore si è mosso nell'ambito della sua discrezionalità, certamente
comprensiva della determinazione dei requisiti idonei a garantire l'attitudine del docente allo svolgimento dei compiti affidatigli. Va, d'altra parte, riconosciuto che l'abilitazione alla libera docenza
ben poteva essere considerata requisito atto allo scopo suddetto;
trattavasi invero dell'abilitazione ad impartire insegnamenti uni
versitari aventi lo stesso valore di quelli ufficiali, conseguita all'esito di un apposito esame condotto su prove impegnative, tendenti ad accertare l'idoneità dell'aspirante.
4. - Né giova obiettare, come fa l'ordinanza, che la limitazione
a certe facoltà della condizione per il comando renderebbe
irrazionale la differenziazione in vista della pari dignità scientifica
delle facoltà per le quali invece il requisito non è richiesto.
Invero, anche con riguardo a tale scelta il legislatore non ha
creato arbitrariamente situazioni di sfavore, ma ha tenuto razio
nalmente conto delle particolari caratteristiche delle facoltà che,
per l'oggetto delle discipline o per l'orientamento fondamentale e
le caratteristiche didattiche, potevano prestarsi per il comando di
docenti non provvisti del requisito della libera docenza.
5. - Dette conclusioni sono valide a maggior ragione per quanto
riguarda l'esclusione del requisito della libera docenza per i
comandi presso l'università per stranieri di Perugia, il cui caratte
re, anche per le peculiarità del corpo docente, come si legge nella
relazione alla 1. 24 novembre 1967 n. 1154, consente che gli
insegnanti possiedano una qualificazione professionale indipen dente dall'abilitazione alla libera docenza.
6. - Neppure la circostanza che gli abilitati alla libera docenza
possono essere destinati anche ai comandi presso facoltà per le
quali il titolo non è richiesto vale a delineare una violazione del
principio di eguaglianza nel senso prospettato nell'odinanza di
rinvio, essendo evidente che la detta eventualità è diretta conse
guenza della disciplina della materia che, come si è detto, è stata
dettata dal legislatore nell'ambito della sua discrezionalità non
sindacabile in questa sede.
7. - Né infine può essere condivisa la censura sollevata dal
Consiglio di Stato sotto il particolare profilo della lesione del
principio di eguaglianza che deriverebbe dalla avvenuta abolizio
ne degli esami di abilitazione alla libera docenza ex art. 1 1. n.
924 del 1970, ed in virtù della quale gli insegnanti che non
hanno potuto sostenere gli esami prima dell'abolizione si trove
rebbero nella impossibilità di conseguire il titolo richiesto dalla
norma impugnata, e quindi in una situazione di inferiorità
irreversibile, ed a loro non imputabile, nei confronti di coloro
che, invece, avendo goduto del regime precedente, avevano potuto
conseguire l'abilitazione.
In sostanza, secondo il giudice a quo, si dovrebbe affermare il
contrasto con il principio di eguaglianza delle diverse situazioni
conseguenti all'evoluzione nel tempo della disciplina dell'istituto
giuridico in discorso.
Al riguardo, peraltro, anche senza entrare nel merito dei motivi
che indussero il legislatore ad abolire gli esami di abilitazione
alla libera docenza nel quadro della riforma dell'istruzione supe
riore, non può che confermarsi la costante giurisprudenza della
corte secondo la quale non contrasta con il principio di egua
glianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti ma in momenti diversi nel tempo, giacché lo stesso
fluire di questo costituisce di per sé un elemento differenziatore
(sent. 57/73, 92/75, 138/77, 65/79, Foro it., 1973, I, 1676; id.
1975, I, 1619; id., 1978, I, 25; id., 1979, I, 2826).
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PARTE PRIMA
D'altra parte, non si tratta di una disposizione isolata, poiché in numerose norme successive alla legge del 1970, soppressiva dell'esame di abilitazione alla libera docenza, si è fatto esplicito riferimento a tale qualifica accademica come titolo valutabile a
vari fini (v., ad es., art. 4 d.p.r. 30 dicembre 1971 n. 1252, che
approva il regolamento per l'ammissione al concorso per la
carriera diplomatica; art. 64 d.p.r. 31 ottobre 1973 n. 1145, che
approva il nuovo statuto del politecnico di Torino; art. 4 d.l. 1°
ottobre 1973 n. 580, convertito in 1. 30 novembre 1973 n. 766, concernente la nuova disciplina degli incarichi universitari; art. 21 1. 18 aprile 1975 n. 148, sull'assunzione del personale sanitario
ospedaliero; art. 3 1. 30 aprile 1976 n. 197 sulla disciplina dei con corsi per trasferimento di notai; art. 12, lett. q), 1. 21 febbraio 1980 n. 28, concernente delega al governo per il riordinamento della docenza universitaria).
Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 22, 1° e 3°
comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311 e dell'art. 13, 3° e 4° comma (il 3° comma sostituito dall'art, unico 1. 24 novembre 1967 n. 1154), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., con ordinanza del Consi
glio di Stato dell'I 1 giugno 1976.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 novembre 1983, n. 325
(■Gazzetta ufficiale 7 dicembre 1983, n. 336); Pres. Elia, Rei.
Andrioli; Soc. Azienda molitoria Azzolini e altri c. I.n.p.s.; Soc. Industrie arredamenti di Budrio c. Fall, ditta Raima. Ord.
Trib. Reggio Emilia 3 gennaio 1977 (Gazz. uff. 6 agosto 1977,
n. 94); Trib. Torino 25 maggio 1978 (id. 3 gennaio 1979, n. 3).
Fallimento — Ripartizione dell'attivo — Privilegi — Nuova
disciplina normativa — Applicabilità ai crediti già ammessi al
passivo — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3,
24; cod. civ., art. 2751 bis; disp. att. cod. civ., art. 234; 1. 29
luglio 1975 n. 426, modificazioni al codice civile e alla 1. 30
aprile 1969 n. 153, in materia di privilegi, art. 2, 15).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 l.
29 luglio 1975 n. 426, nella parte in cui non consente ai
creditori ammessi al passivo fallimentare come chirografari di
far valere le nuove cause di prelazione istituite dalla stessa
legge, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
Fatto. — 1.1. - Nelle procedure di fallimento della s.n.c.
Azienda molitoria di Azzolini Sestilio e fratelli e dei soci Afro,
Sestilio a Gian Andrea Azzolini, avanti il Tribunale di Reggio
Emilia il giudice delegato depositò, sotto la data del 17 novembre
1976, il progetto di ripartizione dell'attivo nel quale furono in via
(1) L'ordinanza Trib. Reggio Emilia 3 gennaio 1977 è riportata in
Foro it., 1977, I, 1045; Trib. Torino, ord. 25 maggio 1978, è
massimata id., Rep. 1979, voce Privilegio, n. 9, e annotata da Ferreri,
in Giur. comm., 1979, II, 443. iPer i rapporti tra orientamento giurisprudenziale consolidato e
giudizio di legittimità costituzionale della legge, v. Corte cost. 23
marzo 1983, n. 72, Foro it., 1983, I, 1524, e 21 luglio 1981, n. 138, id.,
1981, I, 2353. L'orientamento giurisprudenziale affermatosi nell'interpretazione del
l'art. 15 1. n. 426/75, di cui la Corte costituzionale prende atto, è
espresso da Cass. 11 ottobre 1979, n. 5288, id., 'Rep. 1979, voce cit., n. 12 (in Giur. comm., 1980, III, 884 ss., con nota di Ferreri); 11
gennaio 1980, n. 235, Foro it., Rep. 1980, voce Fallimento, n. 482.
'Per l'incostituzionalità della disciplina transitoria contenuta nell'art.
66 1. 30 aprile 1969 n. 153, v. Corte cost. 12 luglio 1972, n. 129, id.,
1972, I, 2338.
* * *
I limiti di legittimità costituzionale del diritto transitorio in
tema di privilegi.
1. - Nella decisione in epigrafe è stata dichiarata infondata la
questione di legittimità prospettata con le ordinanze di rimessione dei
giudici a quo, in quanto la Corte costituzionale, a seguito del mutato orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto non più sussistente il
presupposto, dal quale il giudice della rimessione ha preso l'avvio per sollevare il problema di costituzionalità. Infatti, prima ancora dell'in tervento della corte, la giurisprudenza si è adeguata al modello
costituzionale, superando l'antinomia denunciata nelle ordinanze di
rinvio (1).
(1) Sull'interpretazione adeguatrice del giudice ordinario, cfr. Onida, L'attuazione della Costituzione tra magistratura e Corte costituzionale, in Studi Mortati, 1977, IV, 513, 544 ss. Per l'inammissibilità di questioni di legittimità costituzionale fondate su contrasti interpretativi
privilegiata collocati, ai sensi dell'art. 2751 bis c.c., introdotto con l'art. 2 1. 29 luglio 1975 n. 426, i creditori artigiani; l'I.n.p.s. fece, ai sensi dell'art. 110, u.c., 1. fall., pervenire osservazioni con le
quali assumeva che la collocazione privilegiata dei creditori
artigiani, che attentava alla capienza del proprio credito, era
preclusa dall'art. 15 1. 29 luglio 1975 n. 426 («Le disposizioni dei
precedenti articoli si osservano anche per i crediti sorti anterior
II tipo di sentenza non presenta problemi di grande rilievo. Esso è frequente nell'opera della nostra Corte costituzionale, in quanto mira ad evitare che la corte si pronunci su questioni di costituzionalità sorte in base ad interpretazioni non più seguite da orientamenti giurisprudenziali consolidatisi ormai in senso diverso (2).
Maggiori attenzioni richiede, invece, il contenuto specifico del pro blema affrontato, poiché esso riguarda la legittimità costituzionale, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., dell'art. 15 1. 29 luglio 1975 n. 426, in tema di modificazioni al codice civile e alla 1. 30 aprile 1969 n. 153, destinate alla revisione degli ordinamenti pensionistici ed alla disci plina della sicurezza sociale, ma contenente alcune notevoli innovazioni in tema di privilegi (3).
Rispetto al su indicato problema, si deve subito sottolineare che la disciplina di diritto transitorio, contenuta nell'art. 15 1. 426/75, ha avuto maggiore fortuna di quella contenuta nell'art. 66 1. 153/69. Infatti, quest'ultima è incorsa nei rigori della corte, che ne ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale, mentre la prima è sfug gita alla medesima sorte, grazie ad un mutamento di giurisprudenza della Corte di cassazione, dettato forse proprio dall'esigenza di evitare una pronuncia di incostituzionalità della norma di legge (4).
L'art. 66 1. 153/69, dopo aver notevolmente modificato la disciplina dei privilegi a tutela dei crediti di retribuzione dei lavoratori subordi nati, dei crediti di fine rapporto vantati dagli stessi e di alcuni crediti previdenziali, collegandosi all'art. 234 disp. att. c.c., disponeva al 4° comma l'osservanza della disciplina in esso contenuta « anche per i crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, se il principio è fatto valere posteriormente ».
Con successiva disposizione contenuta nel 5° comma, lo stesso art. 66 disponeva l'osservanza della medesima disciplina innovativa anche nell'ipotesi in cui « il privilegio è stato fatto valere anteriormente, qualora la procedura sia ancora in corso al momento dell'entrata in vigore della legge stessa ».
In sede di procedura fallimentare, all'operatività delle innovazioni previste dalla legge in tema di privilegi, si opponeva l'effetto preclusi vo dal decreto di esecutività dello stato passivo, di cui all'art. 97 1. fall. (5).
2. - Il problema fu posto ed ebbe dalla giurisprudenza della Cassazione una risposta estremamente rigorosa (6).
In pratica, la nostra Suprema corte ribadì che, nel sistema della nostra legge fallimentare, il privilegio si realizzava in due fasi concettualmente e praticamente separabili. Nella verificazione dello stato passivo, come precisa la stessa rubrica del capo V e gli art. 95 ss. 1. fall., si dovevano accertare non solo i crediti, ma anche le relative cause di prelazione operanti nel concorso con gli altri creditori; nella fase di ripartizione dell'attivo, disciplinata dagli art. 110 ss. 1. fall., si doveva disporre il pagamento dei crediti ammessi secondo l'ordine assegnato dalla legge alle diverse cause di prelazione indicate, in particolare, dall'art. Ill 1. fall. (7).
relativi a norme di diritto sottoposte al giudice a quo, v. Corte cost. 26 ottobre 1982, n. 169, Foro it., 1983, I, 862, con nota di Mazzotta, e in Giur. costit., 1982, I, 1810, con nota di (Modugno.
(2) Per lo stesso tipo di sentenza v. Corte cost. 23 marzo 1983, n. 72, Foro it., 1983, I, 1524, che ha dichiarato non fondata la questione dedotta, riguardante la responsabilità degli amministratori dei comuni e delle province, ex art. 252 r.d 3 marzo 1934 n. 383, per spese non autorizzate in bilancio, in quanto la norma censurata viene interpretata in modo costituzionalmente corretto dalla giurisprudenza costante. Nella stessa prospettiva v. Corte cost. 21 luglio 1981, n. 138, id., 1981, I, 2353, sull'assoggettabilità ad esecuzione forzata di somme di denaro inserite nel bilancio della p.a.
(3) Le due ordinanze di rimessione, con le quali è stata prospettata la questione di legittimità costituzionale esaminata dalla corte, sono Trib. Reggio Emilia, ord. 3 gennaio 1977, Foro it., 1977, I, 1045 e Trib. Torino, ord. 25 maggio 1978, id., Rep. 1979, voce Privilegio, n. 9, e in Giur. comm., 1979, II, 443 ss., con nota di iFerreri. (Per le innovazioni introdotte con ia 1. 29 luglio 1975 n. 426 nella disciplina dei privilegi, v. Alleva, Il nuovo ordine dei privilegi e le linee di politica legislativa per la tutela dei lavoratori nel fallimento, id., 1976, I, 220 ss.; Parente, Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, 1981, 41 ss.
(4) Per l'intervento della Corte costituzionale sull'art. 66 1. 153/69, v. Corte cost. 12 luglio 1972, n. 129, Foro it., 1972, I, 2328.
(5) In tal senso furono le prime applicazioni della norma. V. Maltese, Un caso di diritto transitorio nel procedimento fallimentare, in Dir. fall., 1970, I, 328; Letizia, Brevi osservazioni sull'art. 66 l. 30 aprile 1969 n. 153, id., 1971, If, 151 a commento di Trib. Varese 12 maggio 1970. !Per la dottrina v. Del Vecchio, L'art. 66 l. 30 aprile 1969 n. 153, ibid. >Per l'efficacia preclusiva dell'approvazione dello stato passivo, all'interno della procedura fallimentare, v. Cass. 17 maggio 1979, n. 2825, Foro it., 1979, I, 2032.
Sulla disciplina codicistica del diritto transitorio in tema di privilegi, v. Andrioli, Dei privilegi, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, 195 52, 74 ss.
(6) Cass. 29 ottobre 1970, n. 2222, Foro it., 1971, I, 181. (7) Cass. 2222/70, cit.; 25 luglio 1972, Foro it., 1972, I. 1381. In dottrina, per le diverse fasi del procedimento, v. Andrioli, Falli
mento, voce dell 'Enciclopedia del diritto, 1967, XVI, 446 ss.
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