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sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F. Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti (Avv....

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sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F. Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti (Avv. Venturini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2757/2758-2767/2768 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193654 . Accessed: 28/06/2014 17:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.171 on Sat, 28 Jun 2014 17:35:45 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F. Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti (Avv. Venturini)

sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F. Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti(Avv. Venturini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2757/2758-2767/2768Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193654 .

Accessed: 28/06/2014 17:35

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mente appetibili gli immobili pignorati, va osservato che appare sin da ora sconveniente rifissare l'incanto secondo gli ordinari

prezzi di mercato, sembrando del tutto improbabile che i beni

in questione vengano venduti a tali condizioni.

D'altro canto, ragionando a contrario, va pure detto che

tra un «giusto valore» del cespite e quello che sia invece

«notevolmente inferiore» (ex art. 586 c.p.c.) vi sono moltepli ci gradi intermedi che — soprattutto se rapportati alle peculia rità del caso concreto — consentono di escludere che il prezzo di un bene pur non essendo congruo sia però addirittura ir

risorio.

In questa ipotetica scala di valori può quindi ritenersi, consi

derati anche i particolari profili in esame, che il nuovo prezzo base di lire 300 milioni (pari alla metà di quello originariamente

fissato) costituisca idonea misura di partenza per la nuova fis

sanda gara.

Infatti, da una parte si evita che il prezzo diventi irrisorio

(conformemente alla finalità di cui al citato art. 19 bis) e, dal

l'altra, si mette all'asta un compendio che presenta un valore

comunque conveniente e perciò appetibile. Pur nelle comprensibili perplessità legate al fatto che già vi

siano stati molteplici incanti andati deserti, bisogna però dire

che la soluzione qui accolta appare preferibile per le ragioni

sinora descritte e che possono così riassumersi:

a) allo stato non vi è alcuna effettiva soddisfazione né per il creditore pignorante né tantomeno per gli interventori;

b) l'irrisorietà del prezzo realizzato è comunque oggettiva mente tale da precludere l'emissione del decreto di trasferimen

to, la cui adozione avverrebbe infatti in violazione dell'art. 586

c.p.c. e dell'art. 19 bis 1. 203/91;

c) una nuova e più ampia pubblicità specializzata e naziona

le, con la determinazione di un prezzo base conveniente, indu

cono ad esperire nuovi incanti, data anche l'assoluta insuffi

cienza ed inadeguatezza delle somme introitate.

Oltre alle considerazioni riassuntive appena indicate, va poi evidenziato che il procedente Banco di Napoli (titolare di inte

ressi economici molteplici e ramificati), nell'ipotesi di nuove di

serzioni degli incanti potrà sempre richiedere, ex art. 588 c.p.c.,

l'assegnazione dei cespiti staggiti, che, giova ricordare, sono co

stituiti da oltre trentuno ettari con relativi fabbricati.

In definitiva, l'alternata possibilità di vendere i beni a miglior

prezzo o di chiedere per essi l'assegnazione, rende certamente

legittima ed opportuna la scelta qui operata, a fronte — ove

fosse emesso il decreto di trasferimento — della sicura violazio

ne dei citati art. 586 e 19 bis e dell'altrettanto palese insoddisfa

zione del ceto creditorio.

Infine, sembra opportuno che il pignorante o taluno degli interventori voglia sollecitare, ex art. 559, 2° comma, c.p.c., la surroga dei debitori-custodi.

Visto l'art. 586, prima parte, c.p.c., per questi motivi, so

spende la vendita di cui all'ordinanza di aggiudicazione del 24

novembre 1996 a Della Corte Filomena, alla quale vanno resti

tuite le somme da essa depositate, con sua conseguente ed in

colpevole decadenza dall'aggiudicazione stessa.

Il Foro Italiano — 1999.

PRETURA DI PISTOIA; sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F.

Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti (Avv. Venturini).

PRETURA DI PISTOIA;

Autoservizi — Contratti di trasporto per conto terzi — Viola

zione degli obblighi formali — Diritto al compenso per le

prestazioni eseguite — Applicazione dei minimi previsti dalla

forcella tariffaria (Cod. civ., art. 2126; d.l. 29 marzo 1993

n. 82, misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose

per conto di terzi, art. 2, 3; 1. 27 maggio 1993 n. 162, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 29 marzo

1993 n. 82).

Nei contratti di autotrasporto di cose per conto terzi, le anno

tazioni documentali previste dalla legge attengono ad adem

pimenti di tipo amministrativo, certificativi della congruità ed affidabilità del vettore; ne consegue che la loro mancan

za non invalida il contratto ed il relativo compenso deve

essere corrisposto secondo il sistema legate delle tariffe a

forcella. (1)

(1) Nel vasto panorama delle nullità comminate per carenza di iscri zione all'albo professionale (v., da ultimo, Pret. Torino 23 ottobre 1998, Foro it., 1999, I, 710, con osservazioni di Caputi, sulla nullità del con tratto di mediazione stipulato da un ausiliario non iscritto), probabil mente gli autotrasportatori per conto terzi godono del regime più favo revole. Infatti, il recupero della validità del rapporto e, per questa via, del compenso dovuto al vettore, avviene su più fronti.

Innanzitutto, ribadita la necessità della forma scritta ad substantiam, l'art. 1 d.l. 82/93, convertito in 1. 162/93, richiede — quale ulteriore

requisito — l'indicazione degli estremi dell'iscrizione all'albo dei tra

sportatori e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi (sul la nullità per carenza di forma scritta, v. Trib. Alba 30 novembre 1995, id., Rep. 1997, voce Trasporto (contratto di), n. 31, e Trib. Milano 3 luglio 1997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 25 — per esteso, Riv. giur. circolai- e trasp., 1998, 519, con nota di Sarzina, Le tariffe inutili

anzi dannose —, che esclude tanto l'applicazione delle tariffe a forcel

la, che l'azione per la ripetizione d'indebito ex art. 2033 c.c., «trattan dosi di prestazioni di facere e non di dare, soggette come tali soltanto alle norme sussidiarie sull'arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.; di conseguenza, i corrispettivi concordati tra le parti restano validi per ché compensano la diminuzione patrimoniale, vale a dire il danno deri

vante dall'esecuzione del trasporto»). Tanto, perché sui documenti com

provanti il trasporto vengano indicati alcuni dati atti a garantire la «ge nuinità» dello scambio e l'aderenza a parametri di credibilità ed

affidabilità dei soggetti interessati. A fronte del dato testuale, però, il giudicante «ritiene di condividere il consolidato orientamento sul punto espresso dalla giurisprudenza di merito circa la natura giuridica all'in validità riscontrabile nei contratti in questione» nel senso che le nullità

de quibus non sono collegate a finalità di ordine pubblico, ma attengo no ad adempimenti di tipo amministrativo, certificativi della congruità ed affidabilità del vettore. Ciò spiana la strada all'applicazione dell'art. 2126 c.c., al fine di «dotare di garanzie economico-retributive l'attività

di lavoro concretamente resa dai soggetti riconducibili al vasto universo della parasubordinazione». Se, dunque, il rapporto viene fatto salvo

(e, sul punto, v. Bosticco, Tariffe imposte: applicazione e natura del

l'accertamento, in Contratti, 1997, 52, che ricorda come la 1. 162/93, all'art. 3, abbia esteso l'applicazione della normativa sulle tariffe a for

cella, disponendo che non è ammessa la stipulazione di alcun tipo di

contratto che preveda tariffe diverse da quelle imposte, con la conse

guente sostituzione di diritto delle clausole difformi; nonché, Cass. 7

gennaio 1997, n. 42, Foro it., 1997, I, 795, con nota di richiami, per cui «[n]el trasporto di merci su strada, in caso di violazione del sistema tariffario a forcella, la clausola contrattuale difforme è affetta da nulli

tà e viene automaticamente sostituita con il minimo o con il massimo delle tariffe, a seconda che la deroga sia stata pattuita in diminuzione

rispetto all'uno o in aumento rispetto all'altro»), è giocoforza applicar vi le tariffe a forcella (soprattutto dopo Corte cost. 5 novembre 1996, n. 386, ibid., 994, con nota di Cosentino, Chi vince e chi perde nel

diritto e nell'economia dei trasporti, che ha confermato la legittimità costituzionale del sistema tariffario a forcella, diretto ad evitare il dum

ping, così garantendo l'equilibrio degli scambi e la lealtà della concor

renza, in ossequio all'art. 41 Cost.), estendendole a tutti i tipi di con

tratto che prevedono l'effettuazione di autotrasporto per conto terzi

(v. Cass. 6 dicembre 1996, n. 10894, id., Rep. 1997, voce cit., n. 30,

per cui il prefato divieto «deve intendersi esteso a qualunque tipo di

contratto che preveda la effettuazione di autotrasporto di cose per con

to di terzi», e Trib. Padova 15 luglio 1997, id., Rep. 1998, voce Auto

servizi, n. 32, e, per esteso, Nuovo dir., 1997, 1215, con nota di Zocco,

Trasporto di cose per conto di terzi e regime tariffario-, «la normativa

tariffaria vincolistica, prevista dalla 1. 6 giugno 1974 n. 298, e di cui

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2759 PARTE PRIMA 2760

Processo e conclusioni. — Domenico Lapadula, titolare di

una ditta individuale di autotrasporti, esposto di aver pressoché ininterrottamente dal maggio 1991 al dicembre 1994 effettuato

trasporti su commissione della società convenuta, per un nume

ro complessivo di 519, lamenta che non gli sono stati corrispo sti gli importi secondo le tariffe legali, aggiornate nel tempo dai decreti ministeriali cui rinvia l'art. 51 1. 298/74.

Richiede, quindi, la differenza di quanto erogato dalla conve

nuta e l'importo risultante dall'applicazione dei minimi tariffa

ri, quantificando a proprio credito una differenza di lire

203.122.778. Deduce, inoltre, che al fine di ottenere un più pronto paga

mento delle fatture volta a volta emesse (un anticipo di circa

trenta giorni) la Pistoiese trasporti gli ha richiesto il pagamento di interessi al cinque per cento, per un totale di lire 16.547.372.

Chiede il pagamento anche di questa somma, concludendo,

quindi, per la condanna della s.a.s. convenuta a corrispondergli la complessiva somma di lire 219.670.150.

La s.a.s. si è costituita, formulando difese in rito e nel meri

to. Eccepisce la convenuta l'incompetenza funzionale del giudi ce del lavoro, non rientrando il rapporto intercorso tra le parti fra quelli di cui al n. 3 dell'art. 409 c.p.c.

Deduce la società che il prezzo del trasporto non è stato

da essa determinato bensì dallo stesso subvettore Lapadula che lo ha indicato nelle fatture emesse. Rileva altresì essere

uso comune che il prezzo praticato per gli autotrasporti è

inferiore alla tariffa legale di cui alla 1. 298/74, malgrado la sancita inderogabilità del sistema delle tariffe c.d. a forcel

la. Assume, peraltro, che l'applicazione di essa comporterebbe un esborso da parte della società molto superiore alle somme

concretamente introitate. Rileva anche che nella fattispecie si

è realizzato un appalto di servizi ai sensi dell'art. 1677 c.c., richiamando in argomento la questione di legittimità costitu

zionale sollevata dal Tribunale di Livorno in ordine alla esten

sione a tutti i tipi di trasporto del sistema tariffario in que stione disposta dall'art. 3 1. 162/93, sollecitando anche questo

giudicante a rilevarne la non manifesta infondatezza in riferi

mento agli art. 3 e 41 Cost.

Eccepisce anche la nullità dei vari contratti di trasporto,

giacché risulta carente la documentazione e le annotazioni che

devono accompagnarli secondo quanto previsto dalle 1. 298/74

e 162/93, a pena di nullità assoluta dello stipulato negozio; indica una serie di carenze nei documenti prodotti dal ricor

rente. Eccepisce, infine, la prescrizione annuale dei crediti

vantati.

Sentite le parti, è stata esperita istruttoria per testi e per do

cumenti, nonché autorizzata la produzione da parte dei litiganti di note sulle questioni di diritto inerenti alla disciplina della

materia risultante dal diritto comunitario e dalle decisioni della

Corte di giustizia del Lussemburgo. Attesa la sentenza di tale organo giurisdizionale su un punto

rilevante della lite, su cui era stata investita la corte da un'ordi

al d.m. 18 novembre 1982, si applica anche ai contratti, diversi da quel lo di trasporto, che comunque comportino l'esecuzione di prestazioni di trasporti»).

Un'ultima notazione. In sentenza si fa accenno alla compatibilità, con il diritto comunitario e con il trattato (ribadita da Corte giust. 1° ottobre 1998, causa C-38/97, Librandi, in Dir. trasporti, 1999, 161), di un sistema di tariffe obbligatorie per i servizi di autotrasporti, con relativa estensione ad altri tipi di contratti. Questo sulla scorta: a) di Corte giust. 17 novembre 1993, causa C-185/91, Reiff, in Foro it., 1994, IV, 458, che ha dichiarato non violativa del trattato una normativa interna che preveda tariffe obbligatorie per tutti gli operatori economi

ci, stabilita da commissari i cui membri siano esperti indipendenti inca ricati di fissare tali tariffe in funzione di considerazioni di interesse

generale e qualora siano previsti la vigilanza ed il potere sostitutivo nella fissazione delle tariffe da parte della pubblica amministrazione, così come in Italia; b) dei punti 3 e 4 del proprio dispositivo, in virtù dei quali spetta agii Stati membri determinare i criteri concreti di fissa zione delle tariffe e ai giudici nazionali di controllare il rispetto degli stessi, posta la legittimità comunitaria degli accordi collettivi di fissa zione delle tariffe a forcella, «efficaci, in virtù del diritto nazionale, anche nei confronti degli operatori che non li hanno sottoscritti, [poi ché] non ha[nno] per effetto di restringere la concorrenza ai sensi del l'art. 85 del trattato» (e impediscono, piuttosto, i fenomeni di dumping).

Il Foro Italiano — 1999.

nanza del Giudice di pace di Genova emessa ai sensi dell'art.

177 del trattato Ce, all'odierna udienza, la causa è stata discus

sa oralmente dai procuratori e decisa come da infrascritto di

spositivo. Motivi. — 1. - Sulla competenza funzionale del giudice del

lavoro. È incontroverso tra le parti che il Lapadula ha svolto

per conto della società convenuta in poco più di tre anni e

mezzo 519 trasporti; questo dato, ad avviso del pretore con

sente in primo luogo di ritenere sussistente nel prolungato rap

porto de quo il requisito della continuità, richiesto — con altri — dal n. 3 dell'art. 409 c.p.c. al fine di radicare la competenza del giudice del lavoro per le controversie vertenti su rapporti di lavoro autonomo, in cui l'attività del prestatore abbia con

notati tali da avvicinarla in maniera apprezzabile a quella tra

dizionalmente resa dal lavoratore subordinato. Infatti, il men

zionato dato numerico indica una media di circa 150 trasporti all'anno; il che significa che — eccettuato un normale periodo feriale di circa un mese — il ricorrente ha svolto per conto

della convenuta mediamente 13-14 trasporti al mese, ossia un

trasporto ogni due giorni lavorativi. Questo risultato, inoltre, va apprezzato anche tenendo conto della circostanza secondo

cui i trasporti fuori provincia erano da un canto i più numero

si e impiegavano generalmente tutta una giornata (cfr. deposi zione Vignati). Lo stesso legale rappresentante della convenuta

ha, d'altra parte, ammesso che Lapadula ha lavorato per la

s.a.s. «con una certa continuità», mentre la teste Maltagliati, indotta dalla società, ha dichiarato di ricordare il ricorrente

«abbastanza frequentemente fra coloro che effettuavano i tra

sporti». Incontroverso è risultato il secondo parametro richiesto dal

l'art. 409 cit., relativo all'attività prevalentemente personale del

lavoratore autonomo che intende fruire della corsia privilegiata del rito speciale del lavoro.

Nessuna contestazione è giunta dalla convenuta, infatti, circa

la deduzione del ricorso introduttivo concernente il non avere

Lapadula dipendenti e di svolgere da solo l'attività di autista.

Ritiene il giudicante essere presente nella fattispecie in esame

anche il requisito della coordinazione dell'attività del Lapadula con quella della Pistoiese trasporti.

Tale coordinamento, anzi, deve ritenersi intrinseco all'attività

di intermediazione effettuata dal vettore Pistoiese trasporti tra

«cliente» richiedente il trasporto e «padroncino» cui affidarlo.

La struttura stessa della società, in altri termini, è funzionale

a questa opera di raccordo tra domanda e offerta di trasporto, senza trascurare la circostanza che era ed è proprio la società

(com'è emerso chiaramente dall'istruttoria condotta) a organiz zare al meglio l'attività dei subvettori rintracciando per loro

un eventuale trasporto di ritorno dal luogo ove i primi sono

richiesti di recarsi. Non influisce su ciò il fatto che in alcune

occasioni o molto spesso sia il subvettore, Lapadula compreso, a mettersi per primo in contatto con la s.a.s.: è comunque que st'ultima che poi sviluppa e coordina la mera disponibilità ma

nifestata dal «padroncino». Illuminante al riguardo appare la deduzione del teste Vignati

che ha dedotto essere le ditte committenti a non volere «usare

padroncini singoli» (per intuitive ragioni di affidabilità e impu tazione della responsabilità del trasporto), ragion per cui la «in

termediazione» dei vettori risulta necessitata e giocoforza anche

condizionante l'attività dei singoli subvettori.

La possibilità di concludere contratti di trasporto direttamen

te con singoli diversi clienti committenti — com'è risultato esse re avvenuto in minima parte anche per il ricorrente nel periodo in esame — non esclude la prevalenza (che si è riscontrata so

pra) del vincolo con la società convenuta e la stretta coordina

zione del lavoro del Lapadula con gli impegni presi dalla s.a.s.

vettrice con i suoi committenti; serve soltanto a confermare l'in

contestata natura autonoma e non subordinata delle prestazioni del ricorrente in favore della convenuta.

Dunque, sussiste la competenza di questo giudice a conoscere della lite.

2. - Sulla nullità dei contratti di trasporto per violazioni degli

obblighi formali e sulle conseguenze di tale vizio. — La difesa della convenuta società ha reiterato anche in sede di discussione orale la specifica eccezione circa la nullità dei singoli contratti di trasporto conclusi con il Lapadula per violazione della forma

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ad substantiam richiesta dalla normativa di settore che prevede la esplicita formale indicazione di una serie di dati su bolle di

accompagnamento e fatture all'evidente fine di evitare per quanto

possibile un «selvaggio» regime di concorrenza al ribasso nel

settore del trasporto merci. Significative al proposito sono le

prescrizioni contenute nell'art. 1 d.l. 82/93, convertito nella 1.

162/93, che richiede l'indicazione degli estremi dell'iscrizione

all'Albo dei trasportatori e dell'autorizzazione al trasporto di

cose per conto terzi. È sostanzialmente previsto, dunque, che

sui documenti comprovanti il trasporto vengano indicati alcuni

dati che garantiscano la «genuinità» dello scambio e l'aderenza

a parametri di credibilità e affidabilità dei soggetti interessati. Che trattasi di nullità, nel caso di omissione di tali formalità, e non di mera irregolarità sanabile e suscettibile di ratifica suc

cessiva appare ricavabile dal dato testuale della disciplina, an

che se non va sottaciuto quanto eccepito dalla difesa del ricor

rente, in sede di discussione orale, ossia la necessità di collegare

teleologicamente la sancita nullità con i fini precipui perseguiti dalla medesima disciplina, tra i quali — almeno questo non

sembra revocabile in dubbio — non si rinviene quello di esclu

dere da ogni garanzia il «padroncino» qualificabile come «cor

saro». Tuttavia, sotto questo profilo, il giudicante ritiene di con

dividere il consolidato orientamento sul punto espresso dalla

giurisprudenza di merito (cfr. le sentenze prodotte all'odierna

udienza dalla difesa della convenuta) circa la natura giuridica della invalidità riscontrabile nei contratti in questione. Priva di

rilievo giuridico, d'altra parte, si mostra l'ulteriore obiezione

di parte ricorrente relativa alla incongruenza presunta di una

disciplina che commini la nullità del negozio pur dopo l'effet

tuazione del trasporto e l'erogazione di un (presuntivamente par

ziale) corrispettivo. Questa è una mera eventuale conseguenza di fatto che non è in grado di mutare la sostanziale invalidità

del contratto.

Peraltro, la soluzione della presente controversia, ad avviso

del pretore, va ricostruita su altri parametri di riferimento, pe culiari alla riconosciuta esistenza di un rapporto di lavoro c.d.

parasubordinato. È noto che con questa generica definizione (ricavata tutta dalla

sopra richiamata norma processuale del n. 3 dell'art. 409 del

codice di rito) si è voluto indicare in dottrina e quindi nella

giurisprudenza di merito e di legittimità un'ampia casistica di

rapporti di lavoro, certamente non subordinati e caratterizzati

dai requisiti di cui al par. 1, riconducibili comunque ad un tipo di prestazione di lavoro c.d. eterodiretto, in cui — come pure

per anni si è affermato, con una eccessiva generalizzazione —

erano e sono evidenti elementi di debolezza contrattuale e su

bordinazione economica da parte del prestatore di lavoro (pur

sempre) autonomo nei confronti del committente.

Sulla base di quanto ora esposto e più recentemente sulla scorta

di una diversa — ma sul punto convergente quanto agli esiti — impostazione che parte, per essere brevi e schematici, dalla

graduale e tendenziale omogeneizzazione delle garanzie e delle

tutele riconosciute al lavoro dipendente e a questa particolare

categoria di lavoro autonomo, o meglio alla inizialmente timida

ma sempre più consapevole estensione (da parte della giurispru

denza) di garanzie ritagliate e affermate per il lavoro subordi

nato anche al lavoro parasubordinato, si è pervenuti ad affer

mare l'applicabilità di precisi presidi anche a favore di quest'ul

timo. È noto quanto sul punto intervenuto in tema di garanzia

retributiva ex art. 36 Cost.

Nella materia in esame, peraltro, la questione è resa maggior

mente complessa dalla necessità legale di iscrizione allo speciale

albo, la cui mancata indicazione (equiparabile ai nostri fini alla

mancata iscrizione tout court) — si è visto — rende nulla la

stipulazione del contratto di trasporto.

Risalente e tormentata sull'argomento è stata l'interpretazio

ne di dottrina e giurisprudenza per quanto attiene l'analoga fat

tispecie di contratti di agenzia stipulati da soggetti non iscritti all'albo corrispondente. Già Cass. 4928/81 (Foro it., 1981, I,

2699) e Cass. 255/82 (id., 1982, I, 693), d'altro canto, distac candosi dall' orientamento fin allora consolidato (v., ad es., Cass.

4264/78, id., Rep. 1978, voce Agenzia, n. 18), avevano ritenuto

che, nonostante la nullità del contratto d'agenzia per mancanza

dell'iscrizione in questione, l'agente che aveva prestato opera

Il Foro Italiano — 1999.

qualificabile come parasubordinata aveva diritto al compenso

comunque inerente alla prestazione svolta ai sensi dell'art. 2126

c.c. Presupposto per l'applicazione di tale norma risultava ov

viamente non essere la nullità contrattuale riconducibile alla illi

ceità dell'oggetto e della causa del rapporto (1° comma dell'art.

2126). I tempi per una tale impegnativa operazione di avvicina

mento di regime tra lavoro autonomo e subordinato non erano

maturi se con Cass. 6729/83 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 14) e 6730/83 (id., 1984, I, 92), inquadrata la nullità in questione tra quelle per contrarietà a norma imperativa (di ordine pubbli

co), venne riaffermato il precedente indirizzo negativo circa l'ap

plicabilità del citato art. 2126 a rapporti non qualificabili come

subordinati.

Non è questa la sede per ripercorrere l'evoluzione interpreta tiva sul punto, né le tappe del ricordato processo di tendenziale

avvicinamento delle discipline regolative il lavoro autonomo e

il lavoro subordinato.

L'assetto della giurisprudenza, allo stato, non è univoco, ma

ritiene il pretore di aderire all'indirizzo che legge nella discipli na dell'art. 2126 un tassello rilevante per dotare di garanzie economico-retributive l'attività di lavoro concretamente resa dai

soggetti riconducibili al vasto «universo» della parasubordina

zione, che con felice espressione è stato recentemente definito

«lavoro autonomo di seconda generazione». Cass. 9277/93 (id.,

Rep. 1993, voce Sanitario, n. 82), e Cass. 930/96 (id., Rep.

1996, voce cit., n. 44), pur escludendo l'applicazione della nor

ma in questione a tutti i rapporti di lavoro autonomo, sono

giunte ad ammettere l'estensione di essa ai rapporti di lavoro

parasubordinato. È consapevole il giudicante di opposte scelte

interpretative nella giurisprudenza di merito e anche di legitti mità (v., ad es., Cass. 12259/95, id., Rep. 1995, voce Lavoro

(rapporto), n. 485), ma — come detto — viene scelta la tesi

affermativa perché maggiormente consonante ad un'interpreta zione evolutiva dell'ordinamento rispetto ai mutamenti in corso

nelle dinamiche sociali e ad una quindi più attuale interpreta zione dell'art. 35 Cost., che impone alla repubblica — e a tutti

i suoi organi; quindi, in principal modo, alla giurisdizione —

di tutelare «il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni» (1°

comma). D'altra parte, l'art. 2126 cit. ha solo limitati effetti retrospet

tivi che presuppongono comunque l'esistenza di un contratto,

sebbene invalido (ed infatti viene esclusa l'applicabilità della nor

ma in questione alle ipotesi di prestazioni rese invito domino,

oltre che a quelle testualmente indicate di illiceità dell'oggetto e della causa del contratto). Nel caso dei trasporti effettuati

da Lapadula per conto della Pistoiese trasporti s.a.s. — che

indubbiamente non sono illeciti per causa o oggetto — risulta

evidente l'esistenza dei plurimi accordi (contratto) per l'esecu

zione del trasporto, com'è evidenziato altresì dagli intercorsi pa

gamenti e rapporti economici tra le parti. Per concludere in argomento, deve soltanto essere ribadito

che le nullità invocate dalla convenuta, relative alle prescrizioni

di cui all'art. 56 1. 298/74 e all'art. 1 d.l. 82/93, non appaiono

collegate a finalità di ordine pubblico, bensì attengono — come

accennato sopra — ad adempimenti di tipo amministrativo, cer

tificativi della congruità ed affidabilità del vettore. Alcuni di

essi, poi, si compendiano in obblighi di carattere contabile e

fiscale che non possono riverberare negative incidenze sulla strut

tura dell'atto e del rapporto. 3. - Sulla chiamata in causa dei vari committenti e del prece

dente socio accomandante. La convenuta, fin dalla memoria

di costituzione, ha chiesto che fossero chiamati in causa tutti

i numerosi committenti, per i quali essa società ha svolto opera

di intermediazione verso il Lapadula, ovvero ha assunto la ve

ste di vettore che poi ha utilizzato il ricorrente come subvettore.

In sostanza si tratta di un'anomala chiamata in garanzia, fon

data sul presupposto secondo cui i prezzi dei trasporti vengono

asseritamente imposti dai committenti. Indimostrata, peraltro,

tale circostanza, la chiamata in causa in questione si palesa ul

tronea non sussistendo nel caso ipotesi di litisconsorzio necessa

rio ed esulando del tutto dal rapporto tra vettore (o sub

committente) e sub-vettore (o vettore) il rapporto di provvista

dei singoli incarichi di trasporto di cose per conto terzi.

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2763 PARTE PRIMA 2764

Neppure appare invocabile sul punto l'argomento — franca

mente del tutto extragiuridico — secondo il quale la pretesa del ricorrente di applicare la tariffa legale (e, si noti, la più bassa del sistema a forcella) non renderebbe economicamente

remunerativa l'attività di intermediazione di fatto esclusivamen

te svolta dalla s.a.s. convenuta (che «non ha dipendenti» come

autisti: cfr. deposizione Maltagliati). Questo rientra nel «nor

male» rischio d'impresa, dipende dagli andamenti e dalla strut

tura stessa del mercato e in questa sede giurisdizionale non vi

si può ovviare invocando le responsabilità della «clientela».

Altrettanto esula dalla cognizione del giudicante l'eventuale

responsabilità del socio accomandante (fino al 24 novembre

1995), che avrebbe posto in essere una serie di inadempienze verso la società e gli altri soci, tra cui definizione di prezzi e

affari senza la relativa procura. Non è dato intendere come questo si sia riflesso nel rappor

to di circa quattro anni intercorso tra la società e il Lapadula

e, comunque, la vicenda è inerente a rapporti e conflitti endo

sociali per i quali non solo non vi è competenza funzionale

di questo giudice del lavoro ma non si vede quali effetti

possano spiegare riguardo alle pretese spiegate in giudizio dal

ricorrente.

Per tali motivi non è stato dato corso alle esposte richieste

processuali della convenuta.

4. - Sulla violazione da parte del sistema delle tariffe a forcel la degli art. 3, 41 e 101 Cost. Nel procedere all'esame del meri

to delle pretese del ricorrente occorre delibare in ordine alle

eccezioni sollevate da parte convenuta riguardo alla legittimità costituzionale del sistema tariffario delineato dalla 1. 298/74 ed

esteso ad ogni tipo di trasporto dal d.l. 82/93, convertito nella

1. 162/93. Riprende la convenuta tutti i passaggi argomentativi utilizzati

— da ultimo — da un'ordinanza di rimessione (Trib. Livorno

26 gennaio 1996, id., Rep. 1996, voce Autoservizi, n. 2) alla

Consulta che ha sospettato la violazione della Carta fondamen

tale per quanto attiene l'estensione della vincolatività del siste

ma delle tariffe a forcella per ogni tipo di contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto di cose.

La questione — come pure quella relativa alla legittimità di

un sistema tariffario legale — è certamente rilevante, giacché — come sancito dalla giurisprudenza espressasi sul punto (Cass.

11703/92, id., Rep. 1993, voce Prescrizione e decadenza, n. 78;

42/97, id., 1997, I, 795) — il sistema legale delle tariffe a for

cella (applicabile al rapporto de quo per quanto esposto sub

2) sostituisce automaticamente le pattuizioni di compensi non

compresi (come nella specie è incontroverso) nell'apertura della

forcella.

Già Corte cost. 420/91 (id., 1992, I, 642), sia pure inciden

ter tantum, ha ritenuto costituzionalmente corretta tale auto

matica sostituzione delle clausole difformi; sul punto della

legittimità ex art. 41 Cost, va anche considerato Trib. Lucca

29 aprile 1991 (id., Rep. 1992, voce Autoservizi, nn. 34-36), secondo il quale le limitazioni, imposte con l'introduzione del

detto sistema a forcella, alla libertà delle imprese di fissare

le tariffe di trasporto sono rivolte ad evitare lo sfruttamento

abusivo di posizione dominante e una concorrenza rovinosa

al ribasso; rispondono dunque, in conformità al dettato del

l'art. 41 Cost., all'esigenza di garantire l'equilibrio degli scam

bi e la lealtà nella concorrenza.

Corte cost. 386/96 (id., 1997, I, 994), più recentemente e in

risposta alla sollecitazione della citata ordinanza del Tribunale

di Livorno, ha confermato la legittimità costituzionale del siste

ma delle tariffe a forcella e dell'art. 3 d.l. 82/93 che, con dispo sizione di interpretazione autentica, lo ha esteso a tutti i tipi di contratto che prevedono l'effettuazione di autotrasporto di

cose per conto terzi.

Le motivazioni della corte — che parte della dottrina ha rite

nuto non del tutto esaustive della complessa problematica sotte

sa alla disciplina in esame — appaiono a questo giudicante suf

ficienti e dirimenti. Anche, laddove — come nelle note 8 feb

braio 1997 di parte convenuta — si voglia introdurre un ulteriore

argomento, non esaminato dalla corte, per sostenere comunque

l'illegittimità del sistema, la conclusione non muta.

Sostiene la s.a.s. convenuta che la disciplina della 1. 298/74

Il Foro Italiano — 1999.

e del suo regolamento di esecuzione, d.p.r. 56/78, «vivono

nella realtà delle norme» del d.m. 18 novembre 1982, il cui

art. 1 prevede l'estensione delle tariffe (poi, a mano a mano

aggiornate con successivi decreti ministeriali) «a tutti i contrat

ti di trasporto eseguiti nel territorio nazionale». E ritiene che

anche questa integrazione della norma primaria da parte di

normazione secondaria sarebbe dovuta esser sottoposta al va

glio di costituzionalità ed eventualmente disapplicata dal giudi ce che la scrutinasse contraria a taluni principi contenuti nella

Carta del 1948. Sollecita, infine, il giudicante a tale disapplica zione sulla scorta della dedotta incostituzionalità tra costi reali

di mercato e le tariffe obbligatorie per tutte le fattispecie di

autotrasporto. Ancora una volta, ad avviso del pretore, all'obiezione sopra

formulata può rispondersi ricordando la inintroducibilità di pa rametri di riferimento tutti economicistici nella valutazione giu ridica di una compiuta disciplina che, nel suo complesso, appa re aderente anche ai principi costituzionali. Senza sottacere, inol

tre, che i dati indicati circa la differenza tra prezzo di mercato

e tariffe obbligatorie risultano indimostrati e che comunque sa

rebbe stato necessario valutare caso per caso, trasporto per tra

sporto effettuato da Lapadula, l'eventuale abnorme discosta

mento tra i due termini.

Inoltre, anche qualora questa disamina avesse potuto porta re ad una ipotetica disapplicazione dei decreti ministeriali e

delle tariffe «generali» ivi previste, non è dato rinvenire a qua li ulteriori parametri il giudice potrebbe ancorare la sua valuta

zione equitativa sostitutiva, considerato che senza dubbio i soli

prezzi di mercato sono criterio eccessivamente ablatorio e

parziale. 5. - Sulla violazione della disciplina di diritto comunitario

da parte della I. 162/93. Ulteriore profilo di illegittimità della

disciplina italiana della materia in esame viene segnalato dalla

convenuta in riferimento alla regolamentazione della materia in

ambito comunitario. Più precisamente la società eccepisce l'in

compatibilità di un sistema tariffario inderogabile con il regola mento Cee 21 dicembre 1989 n. 4058.

Questo all'art. 2 ebbe a prevedere che a partire dal 1° gen naio 1990 i prezzi dei trasporti di merci su strada per conto

terzi tra gli Stati membri vanno concordati liberamente tra le

parti del contratto di trasporto. Va evidenziato che la fonte regolamentare rientra tra le disci

pline immediatamente applicabili e non necessita quindi alcun

intervento adeguatore o applicativo da parte dei singoli paesi dell'attuale Unione.

Ciò posto, deve anche essere peraltro messo in evidenza che

il regolamento n. 4058 si riferisce a trasporti che avvengono «tra» gli Stati membri e non a quelli che si svolgono ed esauri

scono «all'interno» di un singolo Stato. È vero che la conside

razione posta come preambolo all'articolato, cioè che «la libe

ra formazione dei prezzi dei trasporti di merci su strada costi

tuisce il regime tariffario più adatto alla creazione di un libero

mercato dei trasporti . . . nonché alla finalità del mercato in

terno e all'esigenza di istituire un sistema di tariffazione uni

formemente applicabile all'insieme della Comunità», astratta

mente appare compatibile e coerente anche con un'applicabili tà ai trasporti svolgentisi all'interno di un solo paese. Tuttavia, risulta evidente la preoccupazione del consiglio emanante il re

golamento di disciplinare soltanto l'aspetto dell'eventuale dum

ping tra le normative statali nel loro aspetto esterno, ossia

allorché il trasporto avvenga in più Stati della Comunità (ora

Unione) e coinvolga differenti trattamenti a livello di prezzo del servizio.

Sulla specifica normativa dell'estensione delle tariffe a forcel

la a tutti i tipi di trasporto (art. 3 1. 162/93), poi, ha avuto

modo di esprimere parere negativo l'Autorità garante della con

correnza e del mercato con nota del 20 maggio 1993 rivolta

al presidente del senato, al presidente del consiglio dei ministri

e al ministro dei trasporti, ove — tra l'altro — si legge che

le previsioni normative in questione potrebbero produrre impli cazioni distorsive nei rapporti intercorrenti tra vettori e com

mittenti. Ma, di tanto, si è detto, si è occupata Corte cost.

386/96, cit. Tornando al regolamento del 1989, è necessaria un'ulteriore

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

riflessione che può compendiarsi nella seguente indicazione: una

cosa è la tutela della concorrenza tra imprese nell'ambito comu

nitario (una delle originarie ispirazioni del trattato di Roma, che ha sempre guidato buona parte della produzione normativa

degli organismi comunitari), presupposto indispensabile per la

creazione di un mercato comune tendenzialmente armonizzato; altro sono le eventuali singole regolamentazioni degli Stati, che

rispondono altresì all'esigenza d'uniformare le discipline con

crete ai principi fondamentali sanciti nelle rispettive Carte costi

tuzionali ovvero ricostruiti all'interno di consolidate interpre tazioni.

In argomento, è noto il risalente contenzioso che ha visto

protagoniste da un lato la Corte di giustizia delle Comunità

e dall'altro alcune Corti supreme, preoccupate di evitare che

il pur riconosciuto primato del diritto comunitario travolgesse

gli assetti nazionali in tema di diritti fondamentali, per quanto

riguarda soprattutto i c.d. diritti sociali. La querelle non è defi

nita, ancorché si sono sopiti gli spunti polemici delle Corti co

stituzionali riguardo alla prerogativa autoriconosciutasi dai giu dici di Lussemburgo di verificare il rispetto dei diritti fonda mentali da parte del diritto comunitario. Il problema insoluto

resta allo stato quello di individuare se esistano e quali siano — a livello di Unione europea — diritti fondamentali concla

mati e se essi esauriscano il catalogo di essi contenuto nelle Co

stituzioni dei vari Stati membri, a cominciare da quelle dei pae si più avanzati sotto questo profilo, tra cui certamente è da

annoverare l'Italia.

Non è questa la sede per esaminare e discutere lo stato

dell'arte sul punto, però non può farsi a meno di richiamare

le note posizioni espresse dalla Corte costituzionale italiana,

da quella federale tedesca e da quella spagnola che, in diver

so modo, hanno comunque tracciato un limite oltre il quale — impossibilitata in ogni modo la Corte di giustizia a inter

venire — va affermato il diritto delle corti nazionali a ribadi

re affermazione e tutela dei diritti fondamentali contenuti

nelle singole Costituzioni, anche in contrasto con un'eventua

le disciplina di diritto comunitario direttamente applicabile al caso concreto.

Si è voluto richiamare questo condivisibile approdo interpre tativo per confermare che, nella specie, quand'anche il regola mento 4058/89 fosse stato davvero applicabile alla fattispecie de qua, i principi costituzionali enucleati dalle sentenze della

Consulta nelle decisioni richiamate al par. 4, nonché quelli rela

tivi alla tutela delle posizioni dei lavoratori contro lo sfrutta

mento (e l'autosfruttamento) intensivo da parte di soggetti in

posizione contrattuale e socio-economica dominante, sembrano

di necessità essere prevalenti rispetto alla tutela della concorren

za tra imprese.

Ma, d'altra parte, il sistema delle tariffe a forcella ha supera to due volte il vaglio della aderenza ai principi comunitari da

parte della Corte di giustizia di Lussemburgo. Corte giust. 17

novembre 1993, causa C-185/91, Reiff (id., 1994, IV, 458), ha in prima battuta dichiarato non violativa del trattato una nor

mativa interna che preveda tariffe obbligatorie per tutti gli ope ratori economici, stabilite da commissioni i cui membri siano

esperti indipendenti incaricati di fissare tali tariffe in funzione

di considerazioni di interesse generale e qualora sia prevista la

vigilanza e il potere sostitutivo nella fissazione delle tariffe da

parte della pubblica amministrazione (così come appunto è sta

to riscontrato sancire il sistema italiano). Più recentemente Corte giust. 1° ottobre 1998, causa C-38/97,

Librandi, allo stato inedita, richiamata la sentenza sopra ripor

tata ed altre di analogo tenore, ha ulteriormente confermato

la compatibilità con il diritto comunitario e con il trattato isti

tutivo di un sistema di tariffe obbligatorie per i servizi di auto

trasporti e l'estensione di esso ad altri tipi di contratto (secon

do quanto in contrario sospettato dal Giudice di pace di Geno

va, che con ordinanza 30 dicembre 1996 aveva dato corso al

rinvio pregiudiziale sul punto ai sensi dell'art. 177 del trattato

di Roma). Ai fini della presente controversia, vanno sottolineati i punti

3 e 4 del dispositivo della decisione 1° ottobre 1998. Nel primo

viene esplicitamente affermato che spetta agli Stati membri de

terminare i criteri concreti di fissazione delle tariffe e ai giudici

Il Foro Italiano — 1999.

nazionali di controllare se i criteri così definiti siano poi rispet tati. Sotto questo profilo nessuna doglianza viene mossa dalla

convenuta società ai decreti ministeriali applicativi. Al punto 4 viene esclusa l'incompatibilità con il diritto comu

nitario della possibilità di conclusione di accordi collettivi di fissazione di tariffe efficaci anche nei confronti di operatori che

non hanno sottoscritto gli accordi (art. 13 del citato d.m. 18

novembre 1982). Questa efficacia generale non ha l'effetto di

restringere la concorrenza. Anzi, si può aggiungere, consente

un più assestato regime di mercato regolato ed impedisce sol

tanto la selvaggia concorrenza al ribasso.

A conclusione della disamina fino a questo punto operata, si deve dunque affermare che: a) Lapadula — da intendersi la

voratore parasubordinato —, ai sensi dell'art. 2126 c.c., ha di

ritto a vedersi applicata la tariffa minima della forcella tariffa

ria prevista ai sensi delle 1. 298/74 e 162/93; b) queste normati

ve italiane non confliggono con superiori principi di rango costituzionale o di derivazione comunitaria.

6. - Sull'eccezione di prescrizione annuale ex art. 2951 c.c.

Nella prima difesa la società convenuta ha tempestivamente sol

levato l'eccezione di prescrizione dei crediti vantati dal Lapadu la anteriori all'entrata in vigore del d.l. 82/93, che ha previsto

l'applicabilità della prescrizione quinquennale ai diritti derivan

ti da contratti di autotrasporto soggetti al sistema di tariffe le

gali c.d. a forcella.

Anche ai rapporti di lavoro parasubordinato la Corte costitu

zionale (sent. 365/95, id., Rep. 1995, voce Prescrizione e deca

denza, n. 69) ha reputato legittimamente applicabile il termine

prescrizionale di un anno stabilito dal 1° comma dell'art. 2951

c.c. per i diritti scaturenti da contratti di spedizione e di tra

sporto. La decisione della Consulta ha altresì ritenuto rimessa

al potere discrezionale del legislatore la questione circa il diver

so regime del decorso del termine prescrizionale in pendenza 0 meno del rapporto di lavoro, laddove si verta in tema di ser

vizio di autotrasporto reso da un lavoratore parasubordinato

(come il ricorrente) ovvero subordinato (e fuori dai limiti legali relativi alla stabilità del posto).

Anche la recente Cass. 42/97, nel fare applicazione della sen

tenza 365/95, ha dunque stabilito che si prescrive nel termine

di un anno il diritto a percepire la differenza di compensi (ri

spetto alla tariffa legale) maturata fino all'entrata in vigore del

d.l. n. 82, convertito nella 1. n. 162 più volte citata.

Il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato depositato il 15 dicembre 1995 e non vi è deduzione di alcun atto interrut

tivo precedente; pertanto, risultano prescritte le pretese avanza

te da Lapadula per i trasporti effettuati negli anni 1991 e 1992

e quelli dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 1993.

Non è, invece, trascorso il termine quinquennale di prescri zione per le richieste inerenti gli altri nove mesi del 1993 e le

prestazioni rese nel corso del 1994.

Rispetto ai conteggi operati, per il primo come per questo secondo periodo del rapporto, dal ricorrente sia nel ricorso, sia

nel prospetto analitico richiesto di produzione da parte del pre

tore, la convenuta s.a.s. nulla ha contestato, limitandosi — da

un canto — a negare in radice la pretesa e — dall'altro —,

in caso di accoglimento della domanda, a chiedere la suddivi

sione dell'eventuale quantum a carico di ciascun committente

1 singoli trasporti, di cui aveva appunto chiesto la chiamata in

causa (su cui cfr. quanto motivato al par. 3). 7. - Determinazione delle differenze a favore del ricorrente.

La ora ricordata mancata contestazione in ordine ai conteggi

attorei, e la verificata congruenza di essi rispetto alle fatture

(prodotte dall'attore) e ai trasporti ivi indicati per ciascuno

dei mesi nei quali Lapadula ha operato per la Pistoiese tra

sporti, consentono di ritenere corretti e precisi i conteggi in

questione. Vanno così riconosciute e attribuite al ricorrente, a titolo di

differenza tra quanto fatturato alla società e quanto dovuto se

condo le tariffe vigenti, le somme differenziali di cui alle fattu

re nn. 11, 12, 13, 16, 17, 18, 19, 20, 22, 23, 25, 26, 27, 29, 31, 33, 34, e 42 dell'anno 1993 del prospetto acquisito sub a)

del fascicolo d'ufficio, che portano a un totale di lire 45.835.423,

cui va aggiunta la differenza maturata sulle fatture emesse nel

1994 per un totale di lire 57.278.636.

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2767 PARTE PRIMA 2768

Il credito totale del Lapadula viene, quindi, individuato in

lire 103.114.059 per capitale, al quale per legge vanno aggiunti rivalutazione monetaria e interessi al saggio legale.

8. - Sulla somma pretesa per gli interessi riconosciuti alla

convenuta a fronte di pronto pagamento delle fatture emesse

dal ricorrente. Deduce l'attore che, anziché attendere il tempo

convenzionale per il pagamento delle fatture volta a volta emesse

per una certa quantità di trasporti effettuati per conto della

Pistoiese trasporti s.a.s., ha ottenuto il pronto pagamento di

esse mediante il riconoscimento di interessi nella misura del

cinque per cento a favore della società. Questa nega la circo

stanza.

L'istruttoria testimoniale svolta sul punto non assicura tran

quillante certezza circa la fondatezza della deduzione attorea:

il teste Vignati non parla della questione; la teste Maltagliati esclude la trattenuta; il teste Tuosto dichiara che per ottenere

a fine mese il pagamento in contanti della fattura emessa rico

nosceva, oltre la provvigione per l'intermediazione del dieci per cento sul ricavo, un ulteriore quattro per cento che versava alla

s.a.s. con assegno. Pur nell'incertezza istruttoria, l'esistenza di un accordo, co

me quello dedotto da Lapadula, appare plausibile. Da esso, pe

rò, non se ne ricavano le conseguenze restitutorie indicate dal

ricorrente.

L'accordo, infatti, non mostra profilo alcuno di illegittimità;

l'anticipazione dei pagamenti lecitamente può aver previsto il

riconoscimento di interessi a favore del soggetto che esegue pri ma del tempo fissato per la scadenza dell'obbligazione.

La misura di detta controprestazione può essere più o meno

rilevante: l'attore sostiene che su base annua raggiunga il ses

santa per cento a titolo di interessi sulle somme dovute. Non

vi è assolutamente certezza sul punto, mentre va osservato che

la vicenda è intervenuta per intero anteriormente alla vigenza della 1. 108/96 che ha modificato la disciplina del reato di usura

e fissato i criteri per la determinazione trimestrale dei tassi illeciti.

In conclusione, pertanto, la domanda relativa alla condanna

della società a pagare, a tale titolo restitutorio, lire 16.547.372

non è accoglibile.

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Trentino-Alto Adige — Provincia di Bolzano — Scuole di lin

gua tedesca — Insegnanti — Dichiarazione di madrelingua

— Variazione — Esclusione — Questione manifestamente

inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; statuto spe ciale per il Trentino-Alto Adige, art. 19; d.p.r. 10 febbraio

1983 n. 89, approvazione del testo unificato dei d.p.r. 20 gen naio 1973 n. 116 e 4 dicembre 1981 n. 761, concernenti nor

me di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto

Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di

Bolzano, art. 12; d.leg. 24 luglio 1996 n. 434, norme di attua

zione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adi

ge recante modifiche ed integrazioni al d.p.r. 10 febbraio 1983

n. 89, concernente l'ordinamento scolastico in provincia di

Bolzano, art. 7).

Il Foro Italiano — 1999.

È manifestamente inammissibile, in quanto avente ad oggetto una disposizione non più in vigore, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, 2° comma, d.p.r. 10 febbraio 1983

n. 89, nella parte in cui può [rectius: poteva] essere interpretato nel senso di precludere all'aspirante insegnante in una scuola

nella provincia di Bolzano la possibilità di variare la dichiara

zione di madrelingua resa in proposito, in relazione all'art. 19,

1° comma, statuto speciale Trentino-Alto Adige, in riferimento

agli art. 3, 97 Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 4 marzo 1999, n. 52 (Gazzet ta ufficiale, la serie speciale, 10 marzo 1999, n. 10); Pres. Gra

nata, Est. Zagrebelsky; Morelli c. Sovrintendenza scolastica di

Bolzano e altri; interv. Pres. cons, ministri e Prov. Bolzano.

Ord. Trga Trentino-Alto Adige, sez■ Bolzano, 5 marzo 1997

(G.U., la s.s., n. 24 del 1998).

(1) La questione è stata dichiarata manifestamente inammissibile in

quanto, pur essendo stata la stessa sollevata con ordinanza pronunciata il 5 marzo 1997, non teneva conto che la disposizione impugnata non era più vigente, essendo stata, da quasi un anno, sostituita dall'art. 7 d.leg. 24 luglio 1996 n. 434.

Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu zionale dell'art. 20, 1° comma, d.p.r. 15 luglio 1988 n. 574, nella parte in cui impedisce alla parte di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta, v. Corte cost., ord. 17 dicembre 1997, n. 411, Foro it., 1998,1, 956, con nota di richiami.

Sul requisito della lingua ai fini dell'assegnazione di funzioni di do cenza in Trentino-Alto Adige, v. Trga Trentino-Alto Adige, sez. Bolza

no, 21 gennaio 1994, n. 16, id., Rep. 1994, voce Istruzione pubblica, n. 212; sede Trento 6 ottobre 1993, n. 300, ibid., voce Trentino-Alto

Adige, n. 85; Corte cost. 20 luglio 1990, n. 343, id., 1991, I, 725, con nota di richiami.

In ordine all'uso della lingua, in Trentino-Alto Adige, con riguardo agli atti giudiziari e al processo, v. Cass. 11 febbraio 1998, n. 1400, in questo fascicolo, I, 2673, con nota di richiami; 19 novembre 1997,

Schoroffenegger, id., Rep. 1998, voce Procedimento penale, n. 8; 10

luglio 1996, n. 6301, id., Rep. 1997, voce Trentino-Alto Adige, n. 43; Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 16, id., 1996, I, 1580, con nota di richiami e osservazioni di Vaglio, commentata da Lampis, in Regioni, 1995, 1057, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 15, 5° comma, d.p.r. 15 luglio 1988 n. 574, nella

parte in cui consente al solo difensore di fiducia, e non anche a quello d'ufficio, di madrelingua diversa da quella del processo, di svolgere nella propria lingua gli interventi difensivi orali con verbalizzazione nel la lingua del processo.

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