sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F. Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti(Avv. Venturini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2757/2758-2767/2768Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193654 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mente appetibili gli immobili pignorati, va osservato che appare sin da ora sconveniente rifissare l'incanto secondo gli ordinari
prezzi di mercato, sembrando del tutto improbabile che i beni
in questione vengano venduti a tali condizioni.
D'altro canto, ragionando a contrario, va pure detto che
tra un «giusto valore» del cespite e quello che sia invece
«notevolmente inferiore» (ex art. 586 c.p.c.) vi sono moltepli ci gradi intermedi che — soprattutto se rapportati alle peculia rità del caso concreto — consentono di escludere che il prezzo di un bene pur non essendo congruo sia però addirittura ir
risorio.
In questa ipotetica scala di valori può quindi ritenersi, consi
derati anche i particolari profili in esame, che il nuovo prezzo base di lire 300 milioni (pari alla metà di quello originariamente
fissato) costituisca idonea misura di partenza per la nuova fis
sanda gara.
Infatti, da una parte si evita che il prezzo diventi irrisorio
(conformemente alla finalità di cui al citato art. 19 bis) e, dal
l'altra, si mette all'asta un compendio che presenta un valore
comunque conveniente e perciò appetibile. Pur nelle comprensibili perplessità legate al fatto che già vi
siano stati molteplici incanti andati deserti, bisogna però dire
che la soluzione qui accolta appare preferibile per le ragioni
sinora descritte e che possono così riassumersi:
a) allo stato non vi è alcuna effettiva soddisfazione né per il creditore pignorante né tantomeno per gli interventori;
b) l'irrisorietà del prezzo realizzato è comunque oggettiva mente tale da precludere l'emissione del decreto di trasferimen
to, la cui adozione avverrebbe infatti in violazione dell'art. 586
c.p.c. e dell'art. 19 bis 1. 203/91;
c) una nuova e più ampia pubblicità specializzata e naziona
le, con la determinazione di un prezzo base conveniente, indu
cono ad esperire nuovi incanti, data anche l'assoluta insuffi
cienza ed inadeguatezza delle somme introitate.
Oltre alle considerazioni riassuntive appena indicate, va poi evidenziato che il procedente Banco di Napoli (titolare di inte
ressi economici molteplici e ramificati), nell'ipotesi di nuove di
serzioni degli incanti potrà sempre richiedere, ex art. 588 c.p.c.,
l'assegnazione dei cespiti staggiti, che, giova ricordare, sono co
stituiti da oltre trentuno ettari con relativi fabbricati.
In definitiva, l'alternata possibilità di vendere i beni a miglior
prezzo o di chiedere per essi l'assegnazione, rende certamente
legittima ed opportuna la scelta qui operata, a fronte — ove
fosse emesso il decreto di trasferimento — della sicura violazio
ne dei citati art. 586 e 19 bis e dell'altrettanto palese insoddisfa
zione del ceto creditorio.
Infine, sembra opportuno che il pignorante o taluno degli interventori voglia sollecitare, ex art. 559, 2° comma, c.p.c., la surroga dei debitori-custodi.
Visto l'art. 586, prima parte, c.p.c., per questi motivi, so
spende la vendita di cui all'ordinanza di aggiudicazione del 24
novembre 1996 a Della Corte Filomena, alla quale vanno resti
tuite le somme da essa depositate, con sua conseguente ed in
colpevole decadenza dall'aggiudicazione stessa.
Il Foro Italiano — 1999.
PRETURA DI PISTOIA; sentenza 22 febbraio 1999; Giud. F.
Amato; Lapadula (Avv. Totaro) c. Soc. Pistoiese trasporti (Avv. Venturini).
PRETURA DI PISTOIA;
Autoservizi — Contratti di trasporto per conto terzi — Viola
zione degli obblighi formali — Diritto al compenso per le
prestazioni eseguite — Applicazione dei minimi previsti dalla
forcella tariffaria (Cod. civ., art. 2126; d.l. 29 marzo 1993
n. 82, misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose
per conto di terzi, art. 2, 3; 1. 27 maggio 1993 n. 162, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 29 marzo
1993 n. 82).
Nei contratti di autotrasporto di cose per conto terzi, le anno
tazioni documentali previste dalla legge attengono ad adem
pimenti di tipo amministrativo, certificativi della congruità ed affidabilità del vettore; ne consegue che la loro mancan
za non invalida il contratto ed il relativo compenso deve
essere corrisposto secondo il sistema legate delle tariffe a
forcella. (1)
(1) Nel vasto panorama delle nullità comminate per carenza di iscri zione all'albo professionale (v., da ultimo, Pret. Torino 23 ottobre 1998, Foro it., 1999, I, 710, con osservazioni di Caputi, sulla nullità del con tratto di mediazione stipulato da un ausiliario non iscritto), probabil mente gli autotrasportatori per conto terzi godono del regime più favo revole. Infatti, il recupero della validità del rapporto e, per questa via, del compenso dovuto al vettore, avviene su più fronti.
Innanzitutto, ribadita la necessità della forma scritta ad substantiam, l'art. 1 d.l. 82/93, convertito in 1. 162/93, richiede — quale ulteriore
requisito — l'indicazione degli estremi dell'iscrizione all'albo dei tra
sportatori e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi (sul la nullità per carenza di forma scritta, v. Trib. Alba 30 novembre 1995, id., Rep. 1997, voce Trasporto (contratto di), n. 31, e Trib. Milano 3 luglio 1997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 25 — per esteso, Riv. giur. circolai- e trasp., 1998, 519, con nota di Sarzina, Le tariffe inutili
anzi dannose —, che esclude tanto l'applicazione delle tariffe a forcel
la, che l'azione per la ripetizione d'indebito ex art. 2033 c.c., «trattan dosi di prestazioni di facere e non di dare, soggette come tali soltanto alle norme sussidiarie sull'arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.; di conseguenza, i corrispettivi concordati tra le parti restano validi per ché compensano la diminuzione patrimoniale, vale a dire il danno deri
vante dall'esecuzione del trasporto»). Tanto, perché sui documenti com
provanti il trasporto vengano indicati alcuni dati atti a garantire la «ge nuinità» dello scambio e l'aderenza a parametri di credibilità ed
affidabilità dei soggetti interessati. A fronte del dato testuale, però, il giudicante «ritiene di condividere il consolidato orientamento sul punto espresso dalla giurisprudenza di merito circa la natura giuridica all'in validità riscontrabile nei contratti in questione» nel senso che le nullità
de quibus non sono collegate a finalità di ordine pubblico, ma attengo no ad adempimenti di tipo amministrativo, certificativi della congruità ed affidabilità del vettore. Ciò spiana la strada all'applicazione dell'art. 2126 c.c., al fine di «dotare di garanzie economico-retributive l'attività
di lavoro concretamente resa dai soggetti riconducibili al vasto universo della parasubordinazione». Se, dunque, il rapporto viene fatto salvo
(e, sul punto, v. Bosticco, Tariffe imposte: applicazione e natura del
l'accertamento, in Contratti, 1997, 52, che ricorda come la 1. 162/93, all'art. 3, abbia esteso l'applicazione della normativa sulle tariffe a for
cella, disponendo che non è ammessa la stipulazione di alcun tipo di
contratto che preveda tariffe diverse da quelle imposte, con la conse
guente sostituzione di diritto delle clausole difformi; nonché, Cass. 7
gennaio 1997, n. 42, Foro it., 1997, I, 795, con nota di richiami, per cui «[n]el trasporto di merci su strada, in caso di violazione del sistema tariffario a forcella, la clausola contrattuale difforme è affetta da nulli
tà e viene automaticamente sostituita con il minimo o con il massimo delle tariffe, a seconda che la deroga sia stata pattuita in diminuzione
rispetto all'uno o in aumento rispetto all'altro»), è giocoforza applicar vi le tariffe a forcella (soprattutto dopo Corte cost. 5 novembre 1996, n. 386, ibid., 994, con nota di Cosentino, Chi vince e chi perde nel
diritto e nell'economia dei trasporti, che ha confermato la legittimità costituzionale del sistema tariffario a forcella, diretto ad evitare il dum
ping, così garantendo l'equilibrio degli scambi e la lealtà della concor
renza, in ossequio all'art. 41 Cost.), estendendole a tutti i tipi di con
tratto che prevedono l'effettuazione di autotrasporto per conto terzi
(v. Cass. 6 dicembre 1996, n. 10894, id., Rep. 1997, voce cit., n. 30,
per cui il prefato divieto «deve intendersi esteso a qualunque tipo di
contratto che preveda la effettuazione di autotrasporto di cose per con
to di terzi», e Trib. Padova 15 luglio 1997, id., Rep. 1998, voce Auto
servizi, n. 32, e, per esteso, Nuovo dir., 1997, 1215, con nota di Zocco,
Trasporto di cose per conto di terzi e regime tariffario-, «la normativa
tariffaria vincolistica, prevista dalla 1. 6 giugno 1974 n. 298, e di cui
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2759 PARTE PRIMA 2760
Processo e conclusioni. — Domenico Lapadula, titolare di
una ditta individuale di autotrasporti, esposto di aver pressoché ininterrottamente dal maggio 1991 al dicembre 1994 effettuato
trasporti su commissione della società convenuta, per un nume
ro complessivo di 519, lamenta che non gli sono stati corrispo sti gli importi secondo le tariffe legali, aggiornate nel tempo dai decreti ministeriali cui rinvia l'art. 51 1. 298/74.
Richiede, quindi, la differenza di quanto erogato dalla conve
nuta e l'importo risultante dall'applicazione dei minimi tariffa
ri, quantificando a proprio credito una differenza di lire
203.122.778. Deduce, inoltre, che al fine di ottenere un più pronto paga
mento delle fatture volta a volta emesse (un anticipo di circa
trenta giorni) la Pistoiese trasporti gli ha richiesto il pagamento di interessi al cinque per cento, per un totale di lire 16.547.372.
Chiede il pagamento anche di questa somma, concludendo,
quindi, per la condanna della s.a.s. convenuta a corrispondergli la complessiva somma di lire 219.670.150.
La s.a.s. si è costituita, formulando difese in rito e nel meri
to. Eccepisce la convenuta l'incompetenza funzionale del giudi ce del lavoro, non rientrando il rapporto intercorso tra le parti fra quelli di cui al n. 3 dell'art. 409 c.p.c.
Deduce la società che il prezzo del trasporto non è stato
da essa determinato bensì dallo stesso subvettore Lapadula che lo ha indicato nelle fatture emesse. Rileva altresì essere
uso comune che il prezzo praticato per gli autotrasporti è
inferiore alla tariffa legale di cui alla 1. 298/74, malgrado la sancita inderogabilità del sistema delle tariffe c.d. a forcel
la. Assume, peraltro, che l'applicazione di essa comporterebbe un esborso da parte della società molto superiore alle somme
concretamente introitate. Rileva anche che nella fattispecie si
è realizzato un appalto di servizi ai sensi dell'art. 1677 c.c., richiamando in argomento la questione di legittimità costitu
zionale sollevata dal Tribunale di Livorno in ordine alla esten
sione a tutti i tipi di trasporto del sistema tariffario in que stione disposta dall'art. 3 1. 162/93, sollecitando anche questo
giudicante a rilevarne la non manifesta infondatezza in riferi
mento agli art. 3 e 41 Cost.
Eccepisce anche la nullità dei vari contratti di trasporto,
giacché risulta carente la documentazione e le annotazioni che
devono accompagnarli secondo quanto previsto dalle 1. 298/74
e 162/93, a pena di nullità assoluta dello stipulato negozio; indica una serie di carenze nei documenti prodotti dal ricor
rente. Eccepisce, infine, la prescrizione annuale dei crediti
vantati.
Sentite le parti, è stata esperita istruttoria per testi e per do
cumenti, nonché autorizzata la produzione da parte dei litiganti di note sulle questioni di diritto inerenti alla disciplina della
materia risultante dal diritto comunitario e dalle decisioni della
Corte di giustizia del Lussemburgo. Attesa la sentenza di tale organo giurisdizionale su un punto
rilevante della lite, su cui era stata investita la corte da un'ordi
al d.m. 18 novembre 1982, si applica anche ai contratti, diversi da quel lo di trasporto, che comunque comportino l'esecuzione di prestazioni di trasporti»).
Un'ultima notazione. In sentenza si fa accenno alla compatibilità, con il diritto comunitario e con il trattato (ribadita da Corte giust. 1° ottobre 1998, causa C-38/97, Librandi, in Dir. trasporti, 1999, 161), di un sistema di tariffe obbligatorie per i servizi di autotrasporti, con relativa estensione ad altri tipi di contratti. Questo sulla scorta: a) di Corte giust. 17 novembre 1993, causa C-185/91, Reiff, in Foro it., 1994, IV, 458, che ha dichiarato non violativa del trattato una normativa interna che preveda tariffe obbligatorie per tutti gli operatori economi
ci, stabilita da commissari i cui membri siano esperti indipendenti inca ricati di fissare tali tariffe in funzione di considerazioni di interesse
generale e qualora siano previsti la vigilanza ed il potere sostitutivo nella fissazione delle tariffe da parte della pubblica amministrazione, così come in Italia; b) dei punti 3 e 4 del proprio dispositivo, in virtù dei quali spetta agii Stati membri determinare i criteri concreti di fissa zione delle tariffe e ai giudici nazionali di controllare il rispetto degli stessi, posta la legittimità comunitaria degli accordi collettivi di fissa zione delle tariffe a forcella, «efficaci, in virtù del diritto nazionale, anche nei confronti degli operatori che non li hanno sottoscritti, [poi ché] non ha[nno] per effetto di restringere la concorrenza ai sensi del l'art. 85 del trattato» (e impediscono, piuttosto, i fenomeni di dumping).
Il Foro Italiano — 1999.
nanza del Giudice di pace di Genova emessa ai sensi dell'art.
177 del trattato Ce, all'odierna udienza, la causa è stata discus
sa oralmente dai procuratori e decisa come da infrascritto di
spositivo. Motivi. — 1. - Sulla competenza funzionale del giudice del
lavoro. È incontroverso tra le parti che il Lapadula ha svolto
per conto della società convenuta in poco più di tre anni e
mezzo 519 trasporti; questo dato, ad avviso del pretore con
sente in primo luogo di ritenere sussistente nel prolungato rap
porto de quo il requisito della continuità, richiesto — con altri — dal n. 3 dell'art. 409 c.p.c. al fine di radicare la competenza del giudice del lavoro per le controversie vertenti su rapporti di lavoro autonomo, in cui l'attività del prestatore abbia con
notati tali da avvicinarla in maniera apprezzabile a quella tra
dizionalmente resa dal lavoratore subordinato. Infatti, il men
zionato dato numerico indica una media di circa 150 trasporti all'anno; il che significa che — eccettuato un normale periodo feriale di circa un mese — il ricorrente ha svolto per conto
della convenuta mediamente 13-14 trasporti al mese, ossia un
trasporto ogni due giorni lavorativi. Questo risultato, inoltre, va apprezzato anche tenendo conto della circostanza secondo
cui i trasporti fuori provincia erano da un canto i più numero
si e impiegavano generalmente tutta una giornata (cfr. deposi zione Vignati). Lo stesso legale rappresentante della convenuta
ha, d'altra parte, ammesso che Lapadula ha lavorato per la
s.a.s. «con una certa continuità», mentre la teste Maltagliati, indotta dalla società, ha dichiarato di ricordare il ricorrente
«abbastanza frequentemente fra coloro che effettuavano i tra
sporti». Incontroverso è risultato il secondo parametro richiesto dal
l'art. 409 cit., relativo all'attività prevalentemente personale del
lavoratore autonomo che intende fruire della corsia privilegiata del rito speciale del lavoro.
Nessuna contestazione è giunta dalla convenuta, infatti, circa
la deduzione del ricorso introduttivo concernente il non avere
Lapadula dipendenti e di svolgere da solo l'attività di autista.
Ritiene il giudicante essere presente nella fattispecie in esame
anche il requisito della coordinazione dell'attività del Lapadula con quella della Pistoiese trasporti.
Tale coordinamento, anzi, deve ritenersi intrinseco all'attività
di intermediazione effettuata dal vettore Pistoiese trasporti tra
«cliente» richiedente il trasporto e «padroncino» cui affidarlo.
La struttura stessa della società, in altri termini, è funzionale
a questa opera di raccordo tra domanda e offerta di trasporto, senza trascurare la circostanza che era ed è proprio la società
(com'è emerso chiaramente dall'istruttoria condotta) a organiz zare al meglio l'attività dei subvettori rintracciando per loro
un eventuale trasporto di ritorno dal luogo ove i primi sono
richiesti di recarsi. Non influisce su ciò il fatto che in alcune
occasioni o molto spesso sia il subvettore, Lapadula compreso, a mettersi per primo in contatto con la s.a.s.: è comunque que st'ultima che poi sviluppa e coordina la mera disponibilità ma
nifestata dal «padroncino». Illuminante al riguardo appare la deduzione del teste Vignati
che ha dedotto essere le ditte committenti a non volere «usare
padroncini singoli» (per intuitive ragioni di affidabilità e impu tazione della responsabilità del trasporto), ragion per cui la «in
termediazione» dei vettori risulta necessitata e giocoforza anche
condizionante l'attività dei singoli subvettori.
La possibilità di concludere contratti di trasporto direttamen
te con singoli diversi clienti committenti — com'è risultato esse re avvenuto in minima parte anche per il ricorrente nel periodo in esame — non esclude la prevalenza (che si è riscontrata so
pra) del vincolo con la società convenuta e la stretta coordina
zione del lavoro del Lapadula con gli impegni presi dalla s.a.s.
vettrice con i suoi committenti; serve soltanto a confermare l'in
contestata natura autonoma e non subordinata delle prestazioni del ricorrente in favore della convenuta.
Dunque, sussiste la competenza di questo giudice a conoscere della lite.
2. - Sulla nullità dei contratti di trasporto per violazioni degli
obblighi formali e sulle conseguenze di tale vizio. — La difesa della convenuta società ha reiterato anche in sede di discussione orale la specifica eccezione circa la nullità dei singoli contratti di trasporto conclusi con il Lapadula per violazione della forma
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ad substantiam richiesta dalla normativa di settore che prevede la esplicita formale indicazione di una serie di dati su bolle di
accompagnamento e fatture all'evidente fine di evitare per quanto
possibile un «selvaggio» regime di concorrenza al ribasso nel
settore del trasporto merci. Significative al proposito sono le
prescrizioni contenute nell'art. 1 d.l. 82/93, convertito nella 1.
162/93, che richiede l'indicazione degli estremi dell'iscrizione
all'Albo dei trasportatori e dell'autorizzazione al trasporto di
cose per conto terzi. È sostanzialmente previsto, dunque, che
sui documenti comprovanti il trasporto vengano indicati alcuni
dati che garantiscano la «genuinità» dello scambio e l'aderenza
a parametri di credibilità e affidabilità dei soggetti interessati. Che trattasi di nullità, nel caso di omissione di tali formalità, e non di mera irregolarità sanabile e suscettibile di ratifica suc
cessiva appare ricavabile dal dato testuale della disciplina, an
che se non va sottaciuto quanto eccepito dalla difesa del ricor
rente, in sede di discussione orale, ossia la necessità di collegare
teleologicamente la sancita nullità con i fini precipui perseguiti dalla medesima disciplina, tra i quali — almeno questo non
sembra revocabile in dubbio — non si rinviene quello di esclu
dere da ogni garanzia il «padroncino» qualificabile come «cor
saro». Tuttavia, sotto questo profilo, il giudicante ritiene di con
dividere il consolidato orientamento sul punto espresso dalla
giurisprudenza di merito (cfr. le sentenze prodotte all'odierna
udienza dalla difesa della convenuta) circa la natura giuridica della invalidità riscontrabile nei contratti in questione. Priva di
rilievo giuridico, d'altra parte, si mostra l'ulteriore obiezione
di parte ricorrente relativa alla incongruenza presunta di una
disciplina che commini la nullità del negozio pur dopo l'effet
tuazione del trasporto e l'erogazione di un (presuntivamente par
ziale) corrispettivo. Questa è una mera eventuale conseguenza di fatto che non è in grado di mutare la sostanziale invalidità
del contratto.
Peraltro, la soluzione della presente controversia, ad avviso
del pretore, va ricostruita su altri parametri di riferimento, pe culiari alla riconosciuta esistenza di un rapporto di lavoro c.d.
parasubordinato. È noto che con questa generica definizione (ricavata tutta dalla
sopra richiamata norma processuale del n. 3 dell'art. 409 del
codice di rito) si è voluto indicare in dottrina e quindi nella
giurisprudenza di merito e di legittimità un'ampia casistica di
rapporti di lavoro, certamente non subordinati e caratterizzati
dai requisiti di cui al par. 1, riconducibili comunque ad un tipo di prestazione di lavoro c.d. eterodiretto, in cui — come pure
per anni si è affermato, con una eccessiva generalizzazione —
erano e sono evidenti elementi di debolezza contrattuale e su
bordinazione economica da parte del prestatore di lavoro (pur
sempre) autonomo nei confronti del committente.
Sulla base di quanto ora esposto e più recentemente sulla scorta
di una diversa — ma sul punto convergente quanto agli esiti — impostazione che parte, per essere brevi e schematici, dalla
graduale e tendenziale omogeneizzazione delle garanzie e delle
tutele riconosciute al lavoro dipendente e a questa particolare
categoria di lavoro autonomo, o meglio alla inizialmente timida
ma sempre più consapevole estensione (da parte della giurispru
denza) di garanzie ritagliate e affermate per il lavoro subordi
nato anche al lavoro parasubordinato, si è pervenuti ad affer
mare l'applicabilità di precisi presidi anche a favore di quest'ul
timo. È noto quanto sul punto intervenuto in tema di garanzia
retributiva ex art. 36 Cost.
Nella materia in esame, peraltro, la questione è resa maggior
mente complessa dalla necessità legale di iscrizione allo speciale
albo, la cui mancata indicazione (equiparabile ai nostri fini alla
mancata iscrizione tout court) — si è visto — rende nulla la
stipulazione del contratto di trasporto.
Risalente e tormentata sull'argomento è stata l'interpretazio
ne di dottrina e giurisprudenza per quanto attiene l'analoga fat
tispecie di contratti di agenzia stipulati da soggetti non iscritti all'albo corrispondente. Già Cass. 4928/81 (Foro it., 1981, I,
2699) e Cass. 255/82 (id., 1982, I, 693), d'altro canto, distac candosi dall' orientamento fin allora consolidato (v., ad es., Cass.
4264/78, id., Rep. 1978, voce Agenzia, n. 18), avevano ritenuto
che, nonostante la nullità del contratto d'agenzia per mancanza
dell'iscrizione in questione, l'agente che aveva prestato opera
Il Foro Italiano — 1999.
qualificabile come parasubordinata aveva diritto al compenso
comunque inerente alla prestazione svolta ai sensi dell'art. 2126
c.c. Presupposto per l'applicazione di tale norma risultava ov
viamente non essere la nullità contrattuale riconducibile alla illi
ceità dell'oggetto e della causa del rapporto (1° comma dell'art.
2126). I tempi per una tale impegnativa operazione di avvicina
mento di regime tra lavoro autonomo e subordinato non erano
maturi se con Cass. 6729/83 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 14) e 6730/83 (id., 1984, I, 92), inquadrata la nullità in questione tra quelle per contrarietà a norma imperativa (di ordine pubbli
co), venne riaffermato il precedente indirizzo negativo circa l'ap
plicabilità del citato art. 2126 a rapporti non qualificabili come
subordinati.
Non è questa la sede per ripercorrere l'evoluzione interpreta tiva sul punto, né le tappe del ricordato processo di tendenziale
avvicinamento delle discipline regolative il lavoro autonomo e
il lavoro subordinato.
L'assetto della giurisprudenza, allo stato, non è univoco, ma
ritiene il pretore di aderire all'indirizzo che legge nella discipli na dell'art. 2126 un tassello rilevante per dotare di garanzie economico-retributive l'attività di lavoro concretamente resa dai
soggetti riconducibili al vasto «universo» della parasubordina
zione, che con felice espressione è stato recentemente definito
«lavoro autonomo di seconda generazione». Cass. 9277/93 (id.,
Rep. 1993, voce Sanitario, n. 82), e Cass. 930/96 (id., Rep.
1996, voce cit., n. 44), pur escludendo l'applicazione della nor
ma in questione a tutti i rapporti di lavoro autonomo, sono
giunte ad ammettere l'estensione di essa ai rapporti di lavoro
parasubordinato. È consapevole il giudicante di opposte scelte
interpretative nella giurisprudenza di merito e anche di legitti mità (v., ad es., Cass. 12259/95, id., Rep. 1995, voce Lavoro
(rapporto), n. 485), ma — come detto — viene scelta la tesi
affermativa perché maggiormente consonante ad un'interpreta zione evolutiva dell'ordinamento rispetto ai mutamenti in corso
nelle dinamiche sociali e ad una quindi più attuale interpreta zione dell'art. 35 Cost., che impone alla repubblica — e a tutti
i suoi organi; quindi, in principal modo, alla giurisdizione —
di tutelare «il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni» (1°
comma). D'altra parte, l'art. 2126 cit. ha solo limitati effetti retrospet
tivi che presuppongono comunque l'esistenza di un contratto,
sebbene invalido (ed infatti viene esclusa l'applicabilità della nor
ma in questione alle ipotesi di prestazioni rese invito domino,
oltre che a quelle testualmente indicate di illiceità dell'oggetto e della causa del contratto). Nel caso dei trasporti effettuati
da Lapadula per conto della Pistoiese trasporti s.a.s. — che
indubbiamente non sono illeciti per causa o oggetto — risulta
evidente l'esistenza dei plurimi accordi (contratto) per l'esecu
zione del trasporto, com'è evidenziato altresì dagli intercorsi pa
gamenti e rapporti economici tra le parti. Per concludere in argomento, deve soltanto essere ribadito
che le nullità invocate dalla convenuta, relative alle prescrizioni
di cui all'art. 56 1. 298/74 e all'art. 1 d.l. 82/93, non appaiono
collegate a finalità di ordine pubblico, bensì attengono — come
accennato sopra — ad adempimenti di tipo amministrativo, cer
tificativi della congruità ed affidabilità del vettore. Alcuni di
essi, poi, si compendiano in obblighi di carattere contabile e
fiscale che non possono riverberare negative incidenze sulla strut
tura dell'atto e del rapporto. 3. - Sulla chiamata in causa dei vari committenti e del prece
dente socio accomandante. La convenuta, fin dalla memoria
di costituzione, ha chiesto che fossero chiamati in causa tutti
i numerosi committenti, per i quali essa società ha svolto opera
di intermediazione verso il Lapadula, ovvero ha assunto la ve
ste di vettore che poi ha utilizzato il ricorrente come subvettore.
In sostanza si tratta di un'anomala chiamata in garanzia, fon
data sul presupposto secondo cui i prezzi dei trasporti vengono
asseritamente imposti dai committenti. Indimostrata, peraltro,
tale circostanza, la chiamata in causa in questione si palesa ul
tronea non sussistendo nel caso ipotesi di litisconsorzio necessa
rio ed esulando del tutto dal rapporto tra vettore (o sub
committente) e sub-vettore (o vettore) il rapporto di provvista
dei singoli incarichi di trasporto di cose per conto terzi.
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2763 PARTE PRIMA 2764
Neppure appare invocabile sul punto l'argomento — franca
mente del tutto extragiuridico — secondo il quale la pretesa del ricorrente di applicare la tariffa legale (e, si noti, la più bassa del sistema a forcella) non renderebbe economicamente
remunerativa l'attività di intermediazione di fatto esclusivamen
te svolta dalla s.a.s. convenuta (che «non ha dipendenti» come
autisti: cfr. deposizione Maltagliati). Questo rientra nel «nor
male» rischio d'impresa, dipende dagli andamenti e dalla strut
tura stessa del mercato e in questa sede giurisdizionale non vi
si può ovviare invocando le responsabilità della «clientela».
Altrettanto esula dalla cognizione del giudicante l'eventuale
responsabilità del socio accomandante (fino al 24 novembre
1995), che avrebbe posto in essere una serie di inadempienze verso la società e gli altri soci, tra cui definizione di prezzi e
affari senza la relativa procura. Non è dato intendere come questo si sia riflesso nel rappor
to di circa quattro anni intercorso tra la società e il Lapadula
e, comunque, la vicenda è inerente a rapporti e conflitti endo
sociali per i quali non solo non vi è competenza funzionale
di questo giudice del lavoro ma non si vede quali effetti
possano spiegare riguardo alle pretese spiegate in giudizio dal
ricorrente.
Per tali motivi non è stato dato corso alle esposte richieste
processuali della convenuta.
4. - Sulla violazione da parte del sistema delle tariffe a forcel la degli art. 3, 41 e 101 Cost. Nel procedere all'esame del meri
to delle pretese del ricorrente occorre delibare in ordine alle
eccezioni sollevate da parte convenuta riguardo alla legittimità costituzionale del sistema tariffario delineato dalla 1. 298/74 ed
esteso ad ogni tipo di trasporto dal d.l. 82/93, convertito nella
1. 162/93. Riprende la convenuta tutti i passaggi argomentativi utilizzati
— da ultimo — da un'ordinanza di rimessione (Trib. Livorno
26 gennaio 1996, id., Rep. 1996, voce Autoservizi, n. 2) alla
Consulta che ha sospettato la violazione della Carta fondamen
tale per quanto attiene l'estensione della vincolatività del siste
ma delle tariffe a forcella per ogni tipo di contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto di cose.
La questione — come pure quella relativa alla legittimità di
un sistema tariffario legale — è certamente rilevante, giacché — come sancito dalla giurisprudenza espressasi sul punto (Cass.
11703/92, id., Rep. 1993, voce Prescrizione e decadenza, n. 78;
42/97, id., 1997, I, 795) — il sistema legale delle tariffe a for
cella (applicabile al rapporto de quo per quanto esposto sub
2) sostituisce automaticamente le pattuizioni di compensi non
compresi (come nella specie è incontroverso) nell'apertura della
forcella.
Già Corte cost. 420/91 (id., 1992, I, 642), sia pure inciden
ter tantum, ha ritenuto costituzionalmente corretta tale auto
matica sostituzione delle clausole difformi; sul punto della
legittimità ex art. 41 Cost, va anche considerato Trib. Lucca
29 aprile 1991 (id., Rep. 1992, voce Autoservizi, nn. 34-36), secondo il quale le limitazioni, imposte con l'introduzione del
detto sistema a forcella, alla libertà delle imprese di fissare
le tariffe di trasporto sono rivolte ad evitare lo sfruttamento
abusivo di posizione dominante e una concorrenza rovinosa
al ribasso; rispondono dunque, in conformità al dettato del
l'art. 41 Cost., all'esigenza di garantire l'equilibrio degli scam
bi e la lealtà nella concorrenza.
Corte cost. 386/96 (id., 1997, I, 994), più recentemente e in
risposta alla sollecitazione della citata ordinanza del Tribunale
di Livorno, ha confermato la legittimità costituzionale del siste
ma delle tariffe a forcella e dell'art. 3 d.l. 82/93 che, con dispo sizione di interpretazione autentica, lo ha esteso a tutti i tipi di contratto che prevedono l'effettuazione di autotrasporto di
cose per conto terzi.
Le motivazioni della corte — che parte della dottrina ha rite
nuto non del tutto esaustive della complessa problematica sotte
sa alla disciplina in esame — appaiono a questo giudicante suf
ficienti e dirimenti. Anche, laddove — come nelle note 8 feb
braio 1997 di parte convenuta — si voglia introdurre un ulteriore
argomento, non esaminato dalla corte, per sostenere comunque
l'illegittimità del sistema, la conclusione non muta.
Sostiene la s.a.s. convenuta che la disciplina della 1. 298/74
Il Foro Italiano — 1999.
e del suo regolamento di esecuzione, d.p.r. 56/78, «vivono
nella realtà delle norme» del d.m. 18 novembre 1982, il cui
art. 1 prevede l'estensione delle tariffe (poi, a mano a mano
aggiornate con successivi decreti ministeriali) «a tutti i contrat
ti di trasporto eseguiti nel territorio nazionale». E ritiene che
anche questa integrazione della norma primaria da parte di
normazione secondaria sarebbe dovuta esser sottoposta al va
glio di costituzionalità ed eventualmente disapplicata dal giudi ce che la scrutinasse contraria a taluni principi contenuti nella
Carta del 1948. Sollecita, infine, il giudicante a tale disapplica zione sulla scorta della dedotta incostituzionalità tra costi reali
di mercato e le tariffe obbligatorie per tutte le fattispecie di
autotrasporto. Ancora una volta, ad avviso del pretore, all'obiezione sopra
formulata può rispondersi ricordando la inintroducibilità di pa rametri di riferimento tutti economicistici nella valutazione giu ridica di una compiuta disciplina che, nel suo complesso, appa re aderente anche ai principi costituzionali. Senza sottacere, inol
tre, che i dati indicati circa la differenza tra prezzo di mercato
e tariffe obbligatorie risultano indimostrati e che comunque sa
rebbe stato necessario valutare caso per caso, trasporto per tra
sporto effettuato da Lapadula, l'eventuale abnorme discosta
mento tra i due termini.
Inoltre, anche qualora questa disamina avesse potuto porta re ad una ipotetica disapplicazione dei decreti ministeriali e
delle tariffe «generali» ivi previste, non è dato rinvenire a qua li ulteriori parametri il giudice potrebbe ancorare la sua valuta
zione equitativa sostitutiva, considerato che senza dubbio i soli
prezzi di mercato sono criterio eccessivamente ablatorio e
parziale. 5. - Sulla violazione della disciplina di diritto comunitario
da parte della I. 162/93. Ulteriore profilo di illegittimità della
disciplina italiana della materia in esame viene segnalato dalla
convenuta in riferimento alla regolamentazione della materia in
ambito comunitario. Più precisamente la società eccepisce l'in
compatibilità di un sistema tariffario inderogabile con il regola mento Cee 21 dicembre 1989 n. 4058.
Questo all'art. 2 ebbe a prevedere che a partire dal 1° gen naio 1990 i prezzi dei trasporti di merci su strada per conto
terzi tra gli Stati membri vanno concordati liberamente tra le
parti del contratto di trasporto. Va evidenziato che la fonte regolamentare rientra tra le disci
pline immediatamente applicabili e non necessita quindi alcun
intervento adeguatore o applicativo da parte dei singoli paesi dell'attuale Unione.
Ciò posto, deve anche essere peraltro messo in evidenza che
il regolamento n. 4058 si riferisce a trasporti che avvengono «tra» gli Stati membri e non a quelli che si svolgono ed esauri
scono «all'interno» di un singolo Stato. È vero che la conside
razione posta come preambolo all'articolato, cioè che «la libe
ra formazione dei prezzi dei trasporti di merci su strada costi
tuisce il regime tariffario più adatto alla creazione di un libero
mercato dei trasporti . . . nonché alla finalità del mercato in
terno e all'esigenza di istituire un sistema di tariffazione uni
formemente applicabile all'insieme della Comunità», astratta
mente appare compatibile e coerente anche con un'applicabili tà ai trasporti svolgentisi all'interno di un solo paese. Tuttavia, risulta evidente la preoccupazione del consiglio emanante il re
golamento di disciplinare soltanto l'aspetto dell'eventuale dum
ping tra le normative statali nel loro aspetto esterno, ossia
allorché il trasporto avvenga in più Stati della Comunità (ora
Unione) e coinvolga differenti trattamenti a livello di prezzo del servizio.
Sulla specifica normativa dell'estensione delle tariffe a forcel
la a tutti i tipi di trasporto (art. 3 1. 162/93), poi, ha avuto
modo di esprimere parere negativo l'Autorità garante della con
correnza e del mercato con nota del 20 maggio 1993 rivolta
al presidente del senato, al presidente del consiglio dei ministri
e al ministro dei trasporti, ove — tra l'altro — si legge che
le previsioni normative in questione potrebbero produrre impli cazioni distorsive nei rapporti intercorrenti tra vettori e com
mittenti. Ma, di tanto, si è detto, si è occupata Corte cost.
386/96, cit. Tornando al regolamento del 1989, è necessaria un'ulteriore
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
riflessione che può compendiarsi nella seguente indicazione: una
cosa è la tutela della concorrenza tra imprese nell'ambito comu
nitario (una delle originarie ispirazioni del trattato di Roma, che ha sempre guidato buona parte della produzione normativa
degli organismi comunitari), presupposto indispensabile per la
creazione di un mercato comune tendenzialmente armonizzato; altro sono le eventuali singole regolamentazioni degli Stati, che
rispondono altresì all'esigenza d'uniformare le discipline con
crete ai principi fondamentali sanciti nelle rispettive Carte costi
tuzionali ovvero ricostruiti all'interno di consolidate interpre tazioni.
In argomento, è noto il risalente contenzioso che ha visto
protagoniste da un lato la Corte di giustizia delle Comunità
e dall'altro alcune Corti supreme, preoccupate di evitare che
il pur riconosciuto primato del diritto comunitario travolgesse
gli assetti nazionali in tema di diritti fondamentali, per quanto
riguarda soprattutto i c.d. diritti sociali. La querelle non è defi
nita, ancorché si sono sopiti gli spunti polemici delle Corti co
stituzionali riguardo alla prerogativa autoriconosciutasi dai giu dici di Lussemburgo di verificare il rispetto dei diritti fonda mentali da parte del diritto comunitario. Il problema insoluto
resta allo stato quello di individuare se esistano e quali siano — a livello di Unione europea — diritti fondamentali concla
mati e se essi esauriscano il catalogo di essi contenuto nelle Co
stituzioni dei vari Stati membri, a cominciare da quelle dei pae si più avanzati sotto questo profilo, tra cui certamente è da
annoverare l'Italia.
Non è questa la sede per esaminare e discutere lo stato
dell'arte sul punto, però non può farsi a meno di richiamare
le note posizioni espresse dalla Corte costituzionale italiana,
da quella federale tedesca e da quella spagnola che, in diver
so modo, hanno comunque tracciato un limite oltre il quale — impossibilitata in ogni modo la Corte di giustizia a inter
venire — va affermato il diritto delle corti nazionali a ribadi
re affermazione e tutela dei diritti fondamentali contenuti
nelle singole Costituzioni, anche in contrasto con un'eventua
le disciplina di diritto comunitario direttamente applicabile al caso concreto.
Si è voluto richiamare questo condivisibile approdo interpre tativo per confermare che, nella specie, quand'anche il regola mento 4058/89 fosse stato davvero applicabile alla fattispecie de qua, i principi costituzionali enucleati dalle sentenze della
Consulta nelle decisioni richiamate al par. 4, nonché quelli rela
tivi alla tutela delle posizioni dei lavoratori contro lo sfrutta
mento (e l'autosfruttamento) intensivo da parte di soggetti in
posizione contrattuale e socio-economica dominante, sembrano
di necessità essere prevalenti rispetto alla tutela della concorren
za tra imprese.
Ma, d'altra parte, il sistema delle tariffe a forcella ha supera to due volte il vaglio della aderenza ai principi comunitari da
parte della Corte di giustizia di Lussemburgo. Corte giust. 17
novembre 1993, causa C-185/91, Reiff (id., 1994, IV, 458), ha in prima battuta dichiarato non violativa del trattato una nor
mativa interna che preveda tariffe obbligatorie per tutti gli ope ratori economici, stabilite da commissioni i cui membri siano
esperti indipendenti incaricati di fissare tali tariffe in funzione
di considerazioni di interesse generale e qualora sia prevista la
vigilanza e il potere sostitutivo nella fissazione delle tariffe da
parte della pubblica amministrazione (così come appunto è sta
to riscontrato sancire il sistema italiano). Più recentemente Corte giust. 1° ottobre 1998, causa C-38/97,
Librandi, allo stato inedita, richiamata la sentenza sopra ripor
tata ed altre di analogo tenore, ha ulteriormente confermato
la compatibilità con il diritto comunitario e con il trattato isti
tutivo di un sistema di tariffe obbligatorie per i servizi di auto
trasporti e l'estensione di esso ad altri tipi di contratto (secon
do quanto in contrario sospettato dal Giudice di pace di Geno
va, che con ordinanza 30 dicembre 1996 aveva dato corso al
rinvio pregiudiziale sul punto ai sensi dell'art. 177 del trattato
di Roma). Ai fini della presente controversia, vanno sottolineati i punti
3 e 4 del dispositivo della decisione 1° ottobre 1998. Nel primo
viene esplicitamente affermato che spetta agli Stati membri de
terminare i criteri concreti di fissazione delle tariffe e ai giudici
Il Foro Italiano — 1999.
nazionali di controllare se i criteri così definiti siano poi rispet tati. Sotto questo profilo nessuna doglianza viene mossa dalla
convenuta società ai decreti ministeriali applicativi. Al punto 4 viene esclusa l'incompatibilità con il diritto comu
nitario della possibilità di conclusione di accordi collettivi di fissazione di tariffe efficaci anche nei confronti di operatori che
non hanno sottoscritto gli accordi (art. 13 del citato d.m. 18
novembre 1982). Questa efficacia generale non ha l'effetto di
restringere la concorrenza. Anzi, si può aggiungere, consente
un più assestato regime di mercato regolato ed impedisce sol
tanto la selvaggia concorrenza al ribasso.
A conclusione della disamina fino a questo punto operata, si deve dunque affermare che: a) Lapadula — da intendersi la
voratore parasubordinato —, ai sensi dell'art. 2126 c.c., ha di
ritto a vedersi applicata la tariffa minima della forcella tariffa
ria prevista ai sensi delle 1. 298/74 e 162/93; b) queste normati
ve italiane non confliggono con superiori principi di rango costituzionale o di derivazione comunitaria.
6. - Sull'eccezione di prescrizione annuale ex art. 2951 c.c.
Nella prima difesa la società convenuta ha tempestivamente sol
levato l'eccezione di prescrizione dei crediti vantati dal Lapadu la anteriori all'entrata in vigore del d.l. 82/93, che ha previsto
l'applicabilità della prescrizione quinquennale ai diritti derivan
ti da contratti di autotrasporto soggetti al sistema di tariffe le
gali c.d. a forcella.
Anche ai rapporti di lavoro parasubordinato la Corte costitu
zionale (sent. 365/95, id., Rep. 1995, voce Prescrizione e deca
denza, n. 69) ha reputato legittimamente applicabile il termine
prescrizionale di un anno stabilito dal 1° comma dell'art. 2951
c.c. per i diritti scaturenti da contratti di spedizione e di tra
sporto. La decisione della Consulta ha altresì ritenuto rimessa
al potere discrezionale del legislatore la questione circa il diver
so regime del decorso del termine prescrizionale in pendenza 0 meno del rapporto di lavoro, laddove si verta in tema di ser
vizio di autotrasporto reso da un lavoratore parasubordinato
(come il ricorrente) ovvero subordinato (e fuori dai limiti legali relativi alla stabilità del posto).
Anche la recente Cass. 42/97, nel fare applicazione della sen
tenza 365/95, ha dunque stabilito che si prescrive nel termine
di un anno il diritto a percepire la differenza di compensi (ri
spetto alla tariffa legale) maturata fino all'entrata in vigore del
d.l. n. 82, convertito nella 1. n. 162 più volte citata.
Il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato depositato il 15 dicembre 1995 e non vi è deduzione di alcun atto interrut
tivo precedente; pertanto, risultano prescritte le pretese avanza
te da Lapadula per i trasporti effettuati negli anni 1991 e 1992
e quelli dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 1993.
Non è, invece, trascorso il termine quinquennale di prescri zione per le richieste inerenti gli altri nove mesi del 1993 e le
prestazioni rese nel corso del 1994.
Rispetto ai conteggi operati, per il primo come per questo secondo periodo del rapporto, dal ricorrente sia nel ricorso, sia
nel prospetto analitico richiesto di produzione da parte del pre
tore, la convenuta s.a.s. nulla ha contestato, limitandosi — da
un canto — a negare in radice la pretesa e — dall'altro —,
in caso di accoglimento della domanda, a chiedere la suddivi
sione dell'eventuale quantum a carico di ciascun committente
1 singoli trasporti, di cui aveva appunto chiesto la chiamata in
causa (su cui cfr. quanto motivato al par. 3). 7. - Determinazione delle differenze a favore del ricorrente.
La ora ricordata mancata contestazione in ordine ai conteggi
attorei, e la verificata congruenza di essi rispetto alle fatture
(prodotte dall'attore) e ai trasporti ivi indicati per ciascuno
dei mesi nei quali Lapadula ha operato per la Pistoiese tra
sporti, consentono di ritenere corretti e precisi i conteggi in
questione. Vanno così riconosciute e attribuite al ricorrente, a titolo di
differenza tra quanto fatturato alla società e quanto dovuto se
condo le tariffe vigenti, le somme differenziali di cui alle fattu
re nn. 11, 12, 13, 16, 17, 18, 19, 20, 22, 23, 25, 26, 27, 29, 31, 33, 34, e 42 dell'anno 1993 del prospetto acquisito sub a)
del fascicolo d'ufficio, che portano a un totale di lire 45.835.423,
cui va aggiunta la differenza maturata sulle fatture emesse nel
1994 per un totale di lire 57.278.636.
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2767 PARTE PRIMA 2768
Il credito totale del Lapadula viene, quindi, individuato in
lire 103.114.059 per capitale, al quale per legge vanno aggiunti rivalutazione monetaria e interessi al saggio legale.
8. - Sulla somma pretesa per gli interessi riconosciuti alla
convenuta a fronte di pronto pagamento delle fatture emesse
dal ricorrente. Deduce l'attore che, anziché attendere il tempo
convenzionale per il pagamento delle fatture volta a volta emesse
per una certa quantità di trasporti effettuati per conto della
Pistoiese trasporti s.a.s., ha ottenuto il pronto pagamento di
esse mediante il riconoscimento di interessi nella misura del
cinque per cento a favore della società. Questa nega la circo
stanza.
L'istruttoria testimoniale svolta sul punto non assicura tran
quillante certezza circa la fondatezza della deduzione attorea:
il teste Vignati non parla della questione; la teste Maltagliati esclude la trattenuta; il teste Tuosto dichiara che per ottenere
a fine mese il pagamento in contanti della fattura emessa rico
nosceva, oltre la provvigione per l'intermediazione del dieci per cento sul ricavo, un ulteriore quattro per cento che versava alla
s.a.s. con assegno. Pur nell'incertezza istruttoria, l'esistenza di un accordo, co
me quello dedotto da Lapadula, appare plausibile. Da esso, pe
rò, non se ne ricavano le conseguenze restitutorie indicate dal
ricorrente.
L'accordo, infatti, non mostra profilo alcuno di illegittimità;
l'anticipazione dei pagamenti lecitamente può aver previsto il
riconoscimento di interessi a favore del soggetto che esegue pri ma del tempo fissato per la scadenza dell'obbligazione.
La misura di detta controprestazione può essere più o meno
rilevante: l'attore sostiene che su base annua raggiunga il ses
santa per cento a titolo di interessi sulle somme dovute. Non
vi è assolutamente certezza sul punto, mentre va osservato che
la vicenda è intervenuta per intero anteriormente alla vigenza della 1. 108/96 che ha modificato la disciplina del reato di usura
e fissato i criteri per la determinazione trimestrale dei tassi illeciti.
In conclusione, pertanto, la domanda relativa alla condanna
della società a pagare, a tale titolo restitutorio, lire 16.547.372
non è accoglibile.
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
Trentino-Alto Adige — Provincia di Bolzano — Scuole di lin
gua tedesca — Insegnanti — Dichiarazione di madrelingua
— Variazione — Esclusione — Questione manifestamente
inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; statuto spe ciale per il Trentino-Alto Adige, art. 19; d.p.r. 10 febbraio
1983 n. 89, approvazione del testo unificato dei d.p.r. 20 gen naio 1973 n. 116 e 4 dicembre 1981 n. 761, concernenti nor
me di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di
Bolzano, art. 12; d.leg. 24 luglio 1996 n. 434, norme di attua
zione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adi
ge recante modifiche ed integrazioni al d.p.r. 10 febbraio 1983
n. 89, concernente l'ordinamento scolastico in provincia di
Bolzano, art. 7).
Il Foro Italiano — 1999.
È manifestamente inammissibile, in quanto avente ad oggetto una disposizione non più in vigore, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, 2° comma, d.p.r. 10 febbraio 1983
n. 89, nella parte in cui può [rectius: poteva] essere interpretato nel senso di precludere all'aspirante insegnante in una scuola
nella provincia di Bolzano la possibilità di variare la dichiara
zione di madrelingua resa in proposito, in relazione all'art. 19,
1° comma, statuto speciale Trentino-Alto Adige, in riferimento
agli art. 3, 97 Cost. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 4 marzo 1999, n. 52 (Gazzet ta ufficiale, la serie speciale, 10 marzo 1999, n. 10); Pres. Gra
nata, Est. Zagrebelsky; Morelli c. Sovrintendenza scolastica di
Bolzano e altri; interv. Pres. cons, ministri e Prov. Bolzano.
Ord. Trga Trentino-Alto Adige, sez■ Bolzano, 5 marzo 1997
(G.U., la s.s., n. 24 del 1998).
(1) La questione è stata dichiarata manifestamente inammissibile in
quanto, pur essendo stata la stessa sollevata con ordinanza pronunciata il 5 marzo 1997, non teneva conto che la disposizione impugnata non era più vigente, essendo stata, da quasi un anno, sostituita dall'art. 7 d.leg. 24 luglio 1996 n. 434.
Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu zionale dell'art. 20, 1° comma, d.p.r. 15 luglio 1988 n. 574, nella parte in cui impedisce alla parte di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta, v. Corte cost., ord. 17 dicembre 1997, n. 411, Foro it., 1998,1, 956, con nota di richiami.
Sul requisito della lingua ai fini dell'assegnazione di funzioni di do cenza in Trentino-Alto Adige, v. Trga Trentino-Alto Adige, sez. Bolza
no, 21 gennaio 1994, n. 16, id., Rep. 1994, voce Istruzione pubblica, n. 212; sede Trento 6 ottobre 1993, n. 300, ibid., voce Trentino-Alto
Adige, n. 85; Corte cost. 20 luglio 1990, n. 343, id., 1991, I, 725, con nota di richiami.
In ordine all'uso della lingua, in Trentino-Alto Adige, con riguardo agli atti giudiziari e al processo, v. Cass. 11 febbraio 1998, n. 1400, in questo fascicolo, I, 2673, con nota di richiami; 19 novembre 1997,
Schoroffenegger, id., Rep. 1998, voce Procedimento penale, n. 8; 10
luglio 1996, n. 6301, id., Rep. 1997, voce Trentino-Alto Adige, n. 43; Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 16, id., 1996, I, 1580, con nota di richiami e osservazioni di Vaglio, commentata da Lampis, in Regioni, 1995, 1057, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 15, 5° comma, d.p.r. 15 luglio 1988 n. 574, nella
parte in cui consente al solo difensore di fiducia, e non anche a quello d'ufficio, di madrelingua diversa da quella del processo, di svolgere nella propria lingua gli interventi difensivi orali con verbalizzazione nel la lingua del processo.
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