sentenza 22 gennaio 1985; Giud. L. De Angelis; Soc. immob. Ravello (Avv. Procaccini) c. Avanza(Avv. Bozzi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 2 (FEBBRAIO 1986), pp. 591/592-593/594Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180528 .
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PARTE PRIMA
straordinario (o avventizio) i dipendenti da aziende esercenti
linee in alcune stagioni balneari (v. lett. a).
Pertanto si deve ritenere del tutto legittima l'assunzione di
personale straordinario a tempo determinato per la gestione di
linee che colleghino le spiagge cittadine, nonostante l'annuale
ricorrenza di tale necessità. Infatti, chiarita la specialità della
normativa che regola la materia, il principio lex generalis poste rior non derogat priori speciali consente di individuare corretta
mente le disposizioni che legittimano le assunzioni stagionali, nell'art. 8, 4° comma, lett. a), r.d. cit.
Del resto non si può dimenticare che la disciplina del r.d. 148/31 si applica a tutti gli addetti ai pubblici trasporti, sia che dipendano da enti pubblici, sia che dipendano da aziende private esercenti
pubblici servizi in concessione. Da ciò consegue che la normativa
speciale contiene una tipologia di attività e di organizzazione strettamente ed essenzialmente pubblicistica, che riguarda la ge stione dei servizi pubblici di trasporto ed è sottratta alla norma
tiva del comune rapporto di lavoro privato.
Quindi, qualora il lavoratore sia stato assunto (come nella
fattispecie) per esigenze stagionali di trasporto pubblico, il con
tratto deve ritenersi validamente stipulato a termine (Cass. 5
novembre 1983, n. 6543, Foro it., Rep. 1983, voce Ferrovie e
tramvie, n. 43). 2. - Ciò premesso, si deve osservare che il dipendente assunto a
termine per l'effettuazione di lavori straordinari limitati nel
tempo, può essere anche impiegato in attività diverse da quelle che
ne determinano l'assunzione, poiché, una volta accertata l'obietti
va ricorrenza della situazione iniziale che ha permesso la costitu
zione del rapporto a tempo determinato, la disciplina relativa alle
mansioni del lavoratore rimane regolata dalla norma generale dell'art. 2103 c.c. senza che possa introdursi alcuna eccezione
(v. Trib. Pavia 22 dicembre 1982, id., Rep. 1983, Lavoro (rappor to), n. 837; v. anche Cass. 21 gennaio 1982, n. 408, id., Rep.
1982, voce cit., n. 738). Pertanto la circostanza che il ricorrente
abbia lavorato come autista prevalentemente in ordinarie linee di
trasporto urbano e soltanto eccezionalmente sulle linee balneari, è
del tutto irrilevante, essendo risultata comunque provata la sussi
stenza delle esigenze stagionali posta a fondamento della delibera
di assunzione.
3. - Tali considerazioni sarebbero, quindi, sufficienti da sole a
legittimare la reiezione della domanda, tuttavia appare opportuno rilevare che essa appare infondata pure sotto altri profili.
Si deve, infatti, rammentare che anche in caso di illegittima apposizione del termine, non potrebbe derivarne, quale effetto, il
conseguimento da parte dell'attore della stabilità del posto di
lavoro, poiché l'azienda municipalizzata resistente è assoggettata alla normativa finanziaria sul controllo degli organici degli enti
pubblici. Negli ultimi anni il carattere oramai quasi interamente derivato
dalla finanza locale, le cui entrate sono per la maggior parte costituite da trasferimento di fondi statali e regionali, e la necessità di adeguare gli organici alle mutate esigenze dei servizi hanno suggerito un tassativo sistema di limitazioni e controlli intesi ad evitare la formazione di piante organiche esuberanti con
ripercussioni dannose sulle finanze locali e quindi sul bilancio del lo Stato che le integra. Perciò sono stati imposti a comuni, province, loro aziende e loro consorzi divieti di nuove assunzioni, limiti alle assunzioni temporanee e straordinarie, obblighi circa le modalità di reclutamento del personale (cfr. art. 5 d.l. 29 ottobre 1977 n. 946, conv. 1. 27 febbraio 1978 n. 43; art. 10 1. 22 dicembre 1981 n. 786, conv. 1. 26 febbraio 1982 n. 51; art. 20 d.l. 28 febbraio 1981 n. 38, conv. 1. 23 aprile 1981 n. 153; art. 4 d.l. 7 maggio 1980 n. 153, conv. 1. 7 luglio 1980 n. 299; art. 5 d.l. 10 novembre 1978 n. 702, conv. 1. 8 gennaio 1979 n. 3; 1. 28
febbraio 1983 n. 55, conv. 1. 26 aprile 1983 n. 131).
In particolare il rapporto di lavoro dedotto in giudizio è
soggetto alla disciplina dell'art. 15 d.l. 55/83 che (al 3° com
ma, lett. a) consente l'assunzione di personale per esigenze stagionali e richiama (al 5° comma) l'art. 10, 6° comma, 1. 51/82.
Quest'ultima disposizione fa espresso riferimento all'art. 5 d.l. 10 novembre 1978 n. 702 (conv. 1. 8 gennaio 1979 n. 3) che sancisce (15° comma) il principio inderogabile in base al quale il
personale straordinario non può essere tenuto in servizio per un
periodo di tempo superiore a novanta giorni nell'anno solare, al
compimento del quale il rapporto di lavoro è risolto di diritto con divieto di riassunzione se non siano trascorsi almeno sei mesi (16° comma). I provvedimenti di assunzione o di conferma in servizio adottati in violazione di quanto sopra indicato sono nulli di diritto (v. art. 5, 17° comma, 1. n. 3/79).
11 Foro Italiano — 1986.
4. - Peraltro, a norma dell'art. 5, 12° comma, 1. n. 3/79, le
assunzioni di nuovo personale di ruolo possono avvenire solo per
pubblico concorso (o per prova pubblica selettiva, consentita per il solo personale salariato ed ausiliario), secondo un principio di
gnerale applicazione ribadito anche dal 6°, 7°, 19° e 20° comma
della medesima disposizione e recepito da tutta la normativa per il personale dipendente da enti locali (v. art. 6 d.l. 29 dicembre
1977 n. 946, d.p.r. 1° giugno 1979 n. 191 e d.p.r. 7 novembre
1980 n. 810).
Pertanto la eventuale assunzione in pianta stabile senza concor so di dipendenti da parte di comuni, province, loro aziende e loro consorzi, costituisce motivo di nullità per inosservanza di norme imperative, che — a norma dell'art. 2126 c.c. — non
produce effetto limitatamente al periodo in cui il rapporto ha
avuto esecuzione di fatto (cfr. Cass. 23 aprile 1981, n. 2434, id.,
Rep. 1981, voce cit., n. 679). Tuttavia la norma dell'art. 2126 c.c. non equipara il contratto di lavoro invalido a quello valido, bensì
disciplina soltanto gli effetti dal rapporto di lavoro già svoltosi,
riconoscendogli efficacia, a prescindere dalla sua invalidità, per il solo periodo in cui è durato, al fine di tutelare il diritto del
lavoratore alla retribuzione, onde essa non opera nel caso in cui il lavoratore pretenda dal datore di lavoro l'osservanza di regole, che, presupponendone la validità, tendono a conservare il rappor to o ad impedire il recesso. Quindi, nel caso di assunzione, senza concorso (in violazione di norme imperative), non è applicabile — a termini dell'art. 2126 c.c. — qualsiasi disciplina vincolistica
(1. 604/66; 1. 300/70; r.d. 148/31) in materia di licenziamento dei lavoratori subordinati (cfr. Cass. 12 maggio 1978, n. 2341, id.,
Rep. 1978, voce cit., n. 498).
Nel caso di specie dal testo della delibazione n. 629 del 2
giugno 1983 della commissione amministratrice dell'AMNU-AMTU si evince chiaramente che l'istante è stato assunto senza alcun concorso. Deve, pertanto, escludersi che l'istante abbia potuto (in
qualsiasi forma) conseguire il diritto alla stabilità del posto di
lavoro (v. Pret. Ascoli Piceno 5 dicembre 1983, Vagnoni c.
Cotravat, inedita; Pret. Ascoli Piceno: 2 giugno 1983, Di Giallu ca c/Cotravat inedita; Cass. 2 febbraio 1985, n. 696, id., Mass., 154).
5. - Quindi, riassumendo le considerazioni svolte, si può concludere che: 1) l'assunzione a termine dell'istante è pienamen te legittima sia ai sensi dell'art. 8, 4° comma, lett. a), r.d. n. 148/31, che dell'art. 15, 3° comma, lett. a), 1. n. 55/83; 2) le mansioni
svolte dal ricorrente appaiono giustificate dall'art. 2103 c.c.; 3) allo scadere del termine il rapporto di lavoro si è risolto di diritto (senza possibilità di prosecuzione) ai sensi dell'art. 5, 15°, 16" e 17° comma, 1. n. 34/79; non può sussistere, comunque, aluna stabilità nel posto di lavoro, in mancanza dell'assunzione
per concorso prescritta dall'art. 5, 12° comma, 1. 3/79). Da quanto esposto consegue il rigetto della domanda. (Omissis)
PRETURA DI PAVIA; sentenza 22 gennaio 1985; Giud. l. De
Angelis; Soc. immob. Ravello (Avv. Procaccini) c. Avanza
(Avv. Bozzi).
PRETURA DI PAVIA;
Competenza civile — Sfratto — Finita locazione — Procedimento
ordinario di rilascio per finita locazione per la stessa data —
Litispendenza — Sussistenza (Cod. proc. civ., art. 39, 657).
Sussiste litispendenza tra il procedimento speciale per convalida
di licenza o di sfratto per finita locazione e quello ordinario di
rilascio, quando entrambi hanno ad oggetto la declaratoria di
cessazione della locazione per la stessa data. (1)
(1) La sentenza in epigrafe si pone in deciso e consapevole contrasto con il costante orientamento della Cassazione (cfr., da ultimo, sent. 8 ottobre 1983, n. 5862, Foro it., Rep. 1983, voce Competenza civile, n. 156; 24 marzo 1981, n. 1701, id., Rep. 1981, voce cit., n. 196, che però si riferisce ad una ipotesi di concorso tra procedi mento di sfratto per morosità promosso dal locatore e procedimento ordinario instaurato dal conduttore ed avente ad oggetto in via
principale la riduzione del canone ed in via subordinata la risolu zione del rapporto di locazione; 3 febbraio 1984, n. 823 e 12 settembre 1984, n. 4792, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 113, 115; 25
giugno 1983, n. 4371, id., 1984, I, 508; 21 luglio 1979, n. 4395, id., Rep. 1979, voce cit., n. 154, che hanno escluso esservi litispendenza nel caso di due azioni di risoluzione per morosità aventi ad oggetto il
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — 1. - Dai documenti prodotti emerge la pendenza avanti il Tribunale di Pavia di causa tra le stesse
parti avente ad oggetto l'accertamento della cessazione della
locazione al 29 luglio 1984 e la condanna di Avanza al rilascio
dell'immobile per tale data « o per quell'altra che l'ill.mo tribuna,
le vorrà indicare secondo legge o giustizia ». Tale causa è stata
introdotta con atto di citazione in riassunzione successivo a
provvedimento ex art. 667, 2° comma, c.p.c. reso dal pretore, che
era stato adito con la procedura della « convalida ».
Posto ciò, si deve osservare che la giurisprudenza di legittimità è costante nell'escludere la litispendenza tra cause di cui una ha
appunto tale oggetto e l'altra consiste in un procedimento per convalida di licenza per finita locazione: diversi infatti sarebbero
il petitum e la causa petendi (Cass. 8 ottobre 1983, n. 5862, Fo
ro it., Rep. 1983, voce Competenza civile, n. 156; 28 dicem
bre 1973, n. 3460, id., Rep. 1973, voce cit., n. 222; 14 giu
gno 1972, n. 1879, id., Rep. 1972, voce cit., n. 251). Come pure, è stata esclusa la continenza, per difetto del requisito c.d. della
differenza quantitativa dell'oggetto (v. Cass. n. 5862/83, cit.). Tale principio, in particolare il primo che più può attagliarsi
alla fattispecie, trova la sua base teorica nella tesi, particolarmen te esplicitata e sviluppata in giurisprudenza nella sent. n.
1879/72, secondo la quale il procedimento per convalida è uno
strumento processuale con una peculiare struttura ed un partico lare contenuto. Esso comprende cioè, come unico atto complesso, l'intimazione del locatore e la conferma di essa da parte del
giudice, dal cui insieme l'ordine di rilascio della parte assume
attualità, certezza ed indiscutibilità. Di qui la differenza con
l'azione ordinaria di rilascio. Questa impostazione, pur ben argo
mentata, non convince, sembrando invece preferibile quella, so
stenuta da una classica dottrina, che facendo leva sul carattere
definitivo del provvedimento di cui all'art. 663 c.p.c., vede nella
procedura in questione un processo speciale di cognizione e, cioè,
per quel che attiene alla finita locazione, una forma particolare di
azione di condanna. La conseguenza di questa qualificazione
dovrebbe quindi essere la dichiarazione di litispendenza tra le
due cause.
2. - In questa sede, e cioè nella fase successiva a quella
speciale instauratasi a seguito dell'opposizione, la conclusione
deve essere la stessa pur se ci si muove nella logica della
giurisprudenza di legittimità prima richiamata. In tale momento,
infatti, è incontestabile la identità di azioni (v., però, postea),
mancato pagamento del canone in epoche diverse), avallato dalla
dottrina prevalente (v. Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e
per la convalida di sfratto, 1979, 321; S. Satta, Commentario, I,
172, secondo cui non può aversi litispendenza quando manca l'omoge neità dei procedimenti; contra Rognoni, Litispendenza e continenza di
cause, in Riv. dir. proc., 1952, II, 236 s.; Giudiceandrea, Il
procedimento per convalida di sfratto, 1956, 143), secondo cui tra
l'azione per finita locazione proposta nelle forme speciali del procedi mento di convalida e quella instaurata secondo il rito ordinario non
sussiste litispendenza, poiché le due domande, ancorché identiche
soggettivamente, sarebbero oggettivamente diverse, sia per il petitum che per la causa petendi, e darebbero vita, di conseguenza, a due
distinti rapporti processuali. Tuttavia, Garbagnati (op. cit., 321) afferma la possibilità per la
parte che abbia conseguito l'ordinanza di convalida, di invocare nel
procedimento ordinario il giudicato. Peraltro, in dottrina non si è mancato di avvertire (Cerino-Cano
va, La domanda giudiziale ed il suo contenuto, in Commentario del
c.p.c., direttto da Allorio, 1980, II, 1, 228 ss., spec. 230 s.) che la
configurabilità di un concorso di azioni facenti capo alla stessa parte
(ove siano previsti più rimedi, alcuni speciali, altri ordinari, a tutela
della stessa situazione sostanziale) può aver senso solo se il concetto
di azione viene direttamente riferito alle forme procedimentali ed
inteso in funzione di questo soltanto; ma fuori di questi limiti tale
concetto diventa sicuramente inidoneo a risolvere altre questioni, quale, ad esempio, proprio quella della litispendenza.
In ogni caso, mette conto rilevare che l'inoperatività della disciplina dettata dall'art. 39 del codice di rito dovrebbe essere limitata soltanto
alla fase sommaria del procedimento di sfratto, giacché, ove l'intimato
si opponga ed eccepisca la litispendenza, la trasformazione del proce dimento speciale di convalida in un giudizio a cognizione ordinaria
comporta per il giudice l'obbligo di dichiarare la litispendenza (cosi
Garbagnati, op. loc. cit.). Nella specie, poiché nel primo giudizio (an
ch'esso iniziato nelle forme speciali del procedimento di convalida e
successivamente trasformatosi, a seguito dell'opposizione dell'intimato,
in un processo a cognizione ordinaria) il locatore aveva chiesto la decla
ratoria di cessazione del rapporto, oltre che per una certa data, anche per
un'altra da determinare, il pretore ha ritenuto sussistere la litispenden za perché il termine certo di scadenza del rapporto indicato nel
secondo giudizio ben poteva coincidere con quello indeterminato di cui
alla prima causa.
Il Foro Italiano — 1986.
dato che anche quella instaurata successivamente ha natura ordinaria ed ha come oggetto l'accertamento della scadenza del
rapporto e la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile. Ed è in proposito significativo come, nel caso deciso da Cass. n.
3460/73, in cui la prima richiesta era di accertamento negativo della cessazione della locazione sollecitato dal conduttore, la corte abbia prospettato l'eventuale continenza, appunto da dichiararsi nella fase di merito. Ed appare d'altra parte evidente come la
necessità di una declaratoria successiva di tale tipo rappresenti per il giudice grave motivo per respingere l'istanza di emissione
di ordinanza di rilascio ai sensi dell'art. 665 c.p.c.
3. - Nel caso in esame potrebbe però indurre ad escludere la
litispendenza la circostanza che le date di rilascio indicate negli atti introduttivi dei due procedimenti sembrerebbero diverse (29
luglio 1984 e 15 ottobre 1985), come ha evidenziato la difesa
della società attrice in comparsa conclusionale. Ed il rilievo troverebbe conforto nella decisione 3 luglio 1968, n. 2230 della Cassazione (id., Rep. 1968, voce cit., n. 335), che ha appunto affermato che, per carenza di identità del petitum (immediato), non vi è litispendenza tra la causa di rilascio di immobile ad una certa data e quella di rilascio ad una data differente. In tal caso infatti, ha aggiunto una dottrina che ha aderito alla tesi, i risultati delle due azioni soddisfano interessi diversi.
Il pretore non ritiene necessario prendere posizione in generale sul problema, nella soluzione del quale non dovrebbe però essere trascurato l'aspetto dell'ambito coperto dai giudicati delle pronun ce in cui sfociano i due diversi giudizi e delle eventuali possibili tà di conflitto tra essi; conflitto che, appunto, la normativa sulla
litispendenza vuole evitare (v., ad es., Cass. 8 febbraio 1983, n. 1056, id., Rep. 1983, voce cit., n. 15). Infatti, come è stato sopra posto in luce, nel primo procedimento l'attore ha chiesto il rilascio dell'immobile per il 29 luglio 1984 o per altra data indicanda dal tribunale, la quale naturalmente ben può essere
quella del 15 ottobre 1985 di cui alla seconda citazione. Anche la coincidenza tra petita appare quindi piena.
Di conseguenza va dichiarata la litispendenza dedotta e va emessa la separata ordinanza di cui all'art. 39, 1° comma, c.p.c. (Omissis)
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile Tributi locali — Tassa di occupazione del sottosuolo stradale —
Tariffe — Non conformità dei testi approvati dalla camera e dal senato — Questione manifestamente infondata di costitu zionalità (Cost., art. 70, 72; 1. 2 luglio 1952 n. 703, disposizioni in materia di finanza locale, art. 39).
È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 70 e 72
Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 1. 2
luglio 1952 n. 703, nella parte in cui prevede la tariffa massima della tassa di occupazione del sottosuolo stradale commisurandola a quella stabilita dall'art. 198 r.d. 14 settembre 1931 n. 1175 «e successive modificazioni », dizione che non ricorre nel testo
approvato dal senato della repubblica. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 30 dicembre 1985, n. 372 (Gaz zetta ufficiale, 1* serie speciale, 15 gennaio 1986, n. 2); Pres.
Paladin, Rei. Ferrari; E.n.el. c. Comune di La Spezia. Orci. T.A.R.
Liguria 24 novembre 1983 (G. U. n. 62 bis del 1985).
(1) L'illegittimità dell'art. 39, 1° comma, 1. 2 luglio 1952 n. 703 è stata dichiarata da Corte cost. 19 dicembre 1984, n. 292 (Foro it., 1985, I, 349, con osservazioni di G. Marziale), richiamata in motivazione.
Va comunque notato che molto spesso è difficilmente documentabile la « verità storica » dei deliberati parlamentari al fine di verificarne la conformità testuale in entrambi i rami del parlamento. Nel senso che nulla è capace di provare l'esatta corrispondenza tra la lettera della disposizione e la formulazione effettivamente approvata. Nella prassi, infatti, per scongiurare ipotesi del tipo di quella esaminata dalla corte nell'indicata sentenza si suole — quando si ravvisi l'esigenza di introdurre una modifica in sede di coordinamento successivo al voto finale — regolarizzare ex post gli atti della fase antecedente del procedimento, mediante apposite ristampe od errata corrige. L'accer tamento di conformità si esaurisce pertanto nel profilo meramente formale. Stante l'indirizzo adottato dalla corte con gli accorgimenti in
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