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sentenza 22 luglio 1985, n. 214 (Gazzetta ufficiale 7 agosto 1985, n. 185 bis); Pres. Roehrssen,Rel. Saja; Regione Lombardia (Avv. Pototschnig); Provincia autonoma di Bolzano (Avv. Panunzio)c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fanelli). Conflitto di attribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1986), pp. 1811/1812-1815/1816Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180728 .
Accessed: 25/06/2014 07:13
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1811 PARTE PRIMA 1812
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 luglio 1985, n. 217
(Gazzetta ufficiale 7 agosto 1985, n. 185 bis); Pres. Roherssen, Rei. Saja; Pres. regione Toscana c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Caramazza). Conflitto di attribuzioni.
Regione — Toscana — Opere dell'amministrazione statale —
Sospensione dei lavori da parte del sindaco — Eccezione
del prefetto — Invasione della competenza regionale — In
sussistenza — Inammissibilità del ricorso regionale (Cost., art. 117, 134; 1. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art.
32; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzio
namento della Corte costituzionale, art. 39; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 81).
È inammissibile, perché difetta nella fattispecie un atto invasivo
della competenza da parte dello Stato, il ricorso del presidente della regione Toscana avverso la nota del 15 ottobre 1980 n.
1897/24/3 gab. del prefetto di Livorno in cui veniva affermata
l'illegittimità dell'ordinanza del 7 ottobre 1980 n. 42/80 del
sindaco di Livorno, che dispose la sospensione dei lavori di
ristrutturazione in corso presso l'istituto penale dell'isola della
Gorgona in quanto non autorizzati e contrastanti con il piano
regolatore della città, in riferimento all'art. 39 l. 11 marzo
1953 n. 87. (1)
Diritto. — 1. - Osserva anzitutto la corte che la giunta regio nale, nel proporre il conflitto di attribuzione, avrebbe dovuto informare — il che non risulta abbia fatto — il consiglio regionale (art. 46, lett. h, statuto regione Toscana); l'incorsa omissione non costituisce però motivo di inammissibilità, ma si
risolve in una mera irregolarità, in quanto la detta comunicazio
ne, concernendo i rapporti interni tra i due organi regionali, non
può considerarsi come requisito indispensabile per il raggiungi mento dello scopo inerente all'atto introduttivo del giudizio.
Va rilevato poi che il conflitto deve ritenersi ammissibile, anche se è dedotta la violazione di un'attribuzione regionale non direttamente prevista da una norma costituzionale, potendo il
(1) Prima di occuparsi del merito del conflitto, la corte risolve una questione preliminare, stabilendo che è ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzioni anche se è dedotta l'attribuzione di una competenza regionale non direttamente prevista da una norma costitu zionale, potendo il parametro dei giudizi essere integrato da norme esecutive o integrative di disposizioni costituzionali, nel caso specifico il d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616; in tal senso è ormai costante la giurisprudenza della corte: sent. 30 dicembre 1958, n. 82, Foro it., 1959, I, 1; 19 dicembre 1966, n. 120, id., 1967, I, 422; 19 giugno 1973, n. 81, id., 1973, I, 2685, richiamate in motivazione. La corte ha comunque dichiarato inammissibile il ricorso in quanto la nota del prefetto di Livorno non è stata ritenuta idonea a dar vita a un con flitto di attribuzione fra Stato e regione, poiché in essa si contesta il provvedimento del sindaco di Livorno, di sospensione dei lavori, ma non vi è alcun accenno alla posizione della regione (alla quale la nota è indirizzata per mera conoscenza).
Sui presupposti e sull'oggetto dei conflitti di attribuzione fra Stato e regioni, Corte cost. 10 novembre 1977, n. 40, id., 1977, I, 766, con nota di richiami, e 22 febbraio 1984, n. 39, id., 1985, I, 93, con nota di richiami.
In dottrina, da ultimo, S. Grassi, Il conflitto di attribuzioni fra Stato e regioni, 1984, anche per ulteriori riferimenti bibliografici. Sui profili problematici dell'edilizia di interesse statale a seguito dell'entra ta in vigore del d.p.r. 616/77 e della 1. 25 marzo 1982 n. 94, IClitsche De La Grange, in Foro amm., 1984, 1064, anche per riferimenti dottrina li, per il quale l'art. 81 costituisce una eccezione alla regola della competenza in materia « urbanistica » ed « edilizia » del comune e della regione.
Sull'art. 81 1. 24 luglio 1977 n. 616, v. Cons. Stato, sez. VI, 3
maggio 1985, n. 197, Foro it., 1985, III, 360, con nota di richiami, che ha dichiarato illegittimo il provvedimento con il quale il sindaco aveva ordinato la sospensione dei lavori intrapresi dall'E.n.el. perché privi di
concessione, ma la cui conformità agli strumenti urbanistici del comune interessato era stata preventivamente accertata dal ministro dei lavori
pubblici, d'intesa con la regione. La tesi secondo cui il ricorso al giudice amministrativo contro un
provvedimento statale può essere esperito dalla regione in pacifica concorrenza con la sollevazione di un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale da parte della stessa regione contro il medesimo provvedimento è sostenuta da Cons. Stato, sez. IV, 27
settembre 1979, n. 732, id., 1981, III, 446; conforme, Cass. 20 maggio 1978, n. 2499, id., 1978, I, 1638, con nota di richiami e osservazioni di C. M. Barone.
Al contrario nel senso di ritenere il ricorso al giudice amministrativo e quello per conflitto di attribuzioni rimedi alternativi almeno in
relazione ai motivi deducibili nell'una e nell'altra sede, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 aprile 1978, n. 369, id., 1979, III, 114, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1986.
parametro dei giudizi sui conflitti essere integrato, com'è ormai
giurisprudenza costante di questa corte (v. sent. n. 82 del 1958,
Foro it., 1959, I, 1; 120 del 1966, id., 1967, I, 422; 81 del 1973,
id., 1973, I, 2685), anche da norme esecutive o integrative di
disposizioni formalmente costituzionali. È il caso di quelle conte
nute nel cit. d.p.r. n. 616 del 1977, che ha disciplinato il
trasferimento alle regioni ordinarie delle funzioni ad esse attribui
te dalla Costituzione: e nella specie si fa appunto riferimento
all'art. 81, 2° comma, d.p.r. cit., perché non vi sarebbe stata
l'intesa tra Stato e regione, prevista dalla detta norma per
l'accertamento della conformità dell'opera statale alle prescrizioni edilizie e dei piani regolatori.
2. - Il proposto conflitto risulta invece inammissibile sotto altro
profilo e precisamente perché difetta nella fattispecie un atto
invasivo della competenza regionale da parte dello Stato.
La ricorrente ha posto a base della doglianza la nota in data
15 ottobre 1980 del prefetto di Livorno, ma tale atto, osserva la
corte, non è affatto idoneo a dare vita a un conflitto tra Stato e
regione. In esso, per vero, il prefetto definisce viziata da assoluta
carenza di potere l'ordinanza n. 42/80 del 7 ottobre 1980, con cui
il sindaco della stessa città sospese i lavori di ristrutturazione e
ampliamento del carcere giudiziario dell'isola della Gorgona. Ed
in proposito la nota richiama correttamente l'art. 32 della legge
urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, che, per le opere dell'ammi
nistrazione statale eseguite senza l'osservanza della disciplina
urbanistica, attribuisce al sindaco soltanto il potere di informare il
ministro dei lavori pubblici, ma non gli conferisce la potestà di
adottare il provvedimento cautelare della sospensione. Né può rilevare la circostanza che nella menzionata nota sono
indicate altre disposizioni di legge, tra cui il cit. art. 81, 2°
comma, d.p.r. n. 616 del 1977. È infatti evidente che tale norma
è stata richiamata in contrapposizione al contenuto dell'ordinanza
del sindaco, che aveva pure fatto riferimento ad essa consideran
dola attributiva del potere di sospensione, mentre l'organo gover nativo nega la legittimità del provvedimento cautelare, appunto in
base all'interpretazione opposta (sulla mancanza del potere del
sindaco di sospendere le opere statali, si veda ora anche l'art. 5 1.
28 febbraio 1985 n. 47).
Della posizione della regione non è alcun cenno nella nota
indicata, ove, per contro, il prefetto espressamente afferma di non
voler esaminare il merito della vicenda, contestando soltanto il
provvedimento adottato dal sindaco. E appunto perciò — il che è
molto significativo — la nota è indirizzata a quest'ultimo, quale unico destinatario dell'invito ad annullare il provvedimento stesso,
mentre viene inviata ad altre autorità (ministeri di grazia e
giustizia e dei lavori pubblici, avvocatura dello Stato, procura della repubblica di Livorno, regione Toscana) soltanto per cono
scenza.
Stante la mancanza di un contrasto con la regione, deve
escludersi nella specie la configurabilità di un conflitto tra enti, le
cui attribuzioni siano costituzionalmente garantite, essendo invece
in discussione soltanto la legittimità della disposta sospensione, il
cui accertamento rientra nella cognizione del giudice amministra
tivo. Per questi motivi, la Corte costituzionale, dichiara inammissibi
le il conflitto di attribuzioni sollevato dalla regione Toscana nei
confronti dello Stato col ricorso indicato in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 luglio 1985, n. 214
(Gazzetta ufficiale 7 agosto 1985, n. 185 bis); Pres. Roehrssen, Rei. Saja; Regione Lombardia (Avv. Pototschnig); Provincia
autonoma di Bolzano (Avv. Panunzio) c. Pres. cons, ministri
(Avv. dello Stato Fanelli). Conflitto di attribuzioni.
Regione — Lombardia — Urbanistica e lavori pubblici — Legge statale — Invasione della sfera di competenza regionale —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117; d.p.r. 24
luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22
luglio 1975 n. 382, art. 79, 80, 87; 1. 3 gennaio 1978 n. 1, accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere pubbli che e di impianti e costruzioni industriali).
Trentino-Alto Adige — Provincia di Bolzano — Urbanistica e
lavori pubblici — Lesione della potestà legislativa primaria —
Questione infondata di costituzionalità (D.p.r. 31 agosto 1972 n.
670, t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige, art. 8, 17, 22, 28; 1. 3 gennaio 1878
n. 1).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
È infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 3
gennaio 1978 n. 1, sull'accelerazione delle procedure per l'esecu
zione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, in riferimento agli art. 117 Cost, nonché in relazione agli art. 79, 80, 87 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616. (1)
È infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 3
gennaio 1978 n. 1, sull'accelerazione delle procedure per l'esecu
zione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, in riferimento agli art. 8, n. 5, 17, 22, 28 t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino
Alto Adige approvato con d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670. (2)
Diritto. — 1. - La regione Lombardia e la provincia autonoma
di Bolzano hanno impugnato in via principale, sia pure per motivi diversi, la medesima legge statale 3 gennaio 1978 n. 1, relativa all'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di ope re pubbliche, di impianti e costruzioni industriali; pertanto, dato il comune oggetto delle impugnazioni, può disporsi la riunione dei due giudizi e deciderli con unica sentenza.
2. - La regione Lombardia si duole che il legislatore statale abbia violato con la legge suddetta la competenza legislativa ripartita ad essa spettante in tema di urbanistica e di opere pubbliche regionali, deducendo, quali parametri, l'art. 117 Cost, nonché gli art. 79, 80 e 87 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616; precisamente la ricorrente eccepisce che, sebbene essa avesse già legiferato in subiecta materia, l'impugnata legge statale, invece di limitarsi a dettare disposizioni di principio, conterrebbe anche norme di dettaglio (in proposito, vengono indicati gli art. 1, 3, 7, 10, 12, 14, 15, 16, 21, 22, 23 e 25), le quali, perché tali, invaderebbero appunto la sua sfera di attribuzione, disciplinando procedure e rapporti già regolati da leggi regionali o comunque soggetti alla potestà legislativa locale.
3. - L'impugnativa non è fondata. Con la ricordata 1. n. 1 del 1978 il legislatore ha disposto una
serie di misure intese ad accelerare le procedure ed i modi di attuazione delle opere pubbliche dello Stato, delle regioni e degli altri enti territoriali, al fine di eliminare gli inconvenienti insisten temente lamentati in materia di lavori pubblici e incidenti sulla
politica economica generale. In particolare, tali inconvenienti traevano origine dagli abituali, notevoli ritardi nella realizzazione delle opere suddette, da cui derivavano gravi conseguenze negati ve, quali principalmente, da un lato, lo sconvolgimento dei piani finanziari, con enorme aumento di costi a carico della p.a., e,
(1-2) La corte afferma la potestà dello Stato di ridisciplinare una materia già regolata da precedente normativa regionale, quando nuove e diverse esigenze di politica legislativa lo richiedano fissando cosi nuovi principi ai sensi dell'art. 117 Cost.
In proposito, l'art. 10 1. n. 62/53 stabilisce che: « le leggi della repubblica che modificano i principi fondamentali abrogano le leggi regionali che siano in contrasto con esse. I consigli regionali dovranno portare alle leggi regionali le conseguenti modifiche entro novanta giorni ».
Per un commento a tale articolo, Zagrebelsky, Il sistema costituziona le delle fonti del diritto, 1984, 234 ss.; ìPaladin, Diritto regionale, 1985, 92 ss.
Sulla applicabilità della normativa statale di dettaglio fino a quando la regione non abbia provveduto ad adeguare la normativa di sua competenza ai nuovi principi, Corte cost. 3 marzo 1972, n. 40, Foro it., 1972, I, 1084, con nota di richiami.
Sulla definizione dei principi fondamentali Corte cost. 1° agosto 1979, n. 102, id., 1979, -I, 2525, con nota di richiami; 26 maggio 1981, n. 70, id., 1981, I, 1856, con nota di richiami e osservazioni di G. Volpe; 29 aprile 1982, n. 83, id., 1982, I, 3, con nota di richiami e osservazioni di C. M. Barone.
In dottrina, Nania, Limiti dei « principi » e autonomia legislativa regionale, in Giur. costit., 1980, I, 1774 ss.; M. Carli, I principi fondamentali nelle leg°i dello Stato, in Le regioni, 1981, I, 3, cui adda S. Bartole, I principi fondamentali nella giurisprudenza della Corte costituzionale, ibid., 17.
Ad avviso della corte la competenza della provincia di Bolzano in materia urbanistica e di opere pubbliche non esclude l'intervento della legge statale per le fattispecie non concretamente disciplinate nell'e sercizio della potestà legislativa provinciale. In questo senso Corte cost. 25 giugno 1980, n. 100, Foro it., 1980, I, 2383, con nota di richiami.
Sul limite derivante al legislatore locale dalle grandi riforme econo mico-sociali Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 160, id., 1970, I, 379; 20 aprile 1978, n. 45, id., 1978, I, 1870, con nota di richiami.
Sul limite derivante alle regioni a statuto speciale dall'interesse nazionale Corte cost. 15 dicembre 1983, n. 340, id., 1984, I, 1466, con nota di richiami; per le regioni a statuto ordinario Corte cost. 4 marzo 1971, n. 39, id., 1971, I, 1180; 29 luglio 1982, n. 150, id., 1983, I, 603; 11 ottobre 1983, n. 307, id., 1984, I, 342, con nota di richiami.
In dottrina Barbera, Regioni e interesse nazionale, 1981.
Il Foro Italiano — 1986.
dall'altro, le ricorrenti interruzioni dei lavori, che cagionavano
frequenti stasi del livello di occupazione e appesantivano la
posizione delle imprese, costrette ad un'attività discontinua.
Il legislatore, come risulta dai lavori preparatori (vedasi rela
zione al disegno di legge, camera dei deputati, atto n. 1432 del
1977), ebbe ben presente che la materia non era estranea alle
attribuzioni regionali ed espressamente avverti che intendeva
rispettare detta competenza ed emanare perciò una legge-cornice. Il che trova precisa ed esplicita conferma, in particolare, nell'art.
35, il quale impose alle regioni (naturalmente a statuto ordinario) di adottare legislativamente entro novanta giorni le misure idonee ad accelerare le procedure facenti capo ad esse, secondo i
principi fondamentali previsti dalla legge in questione. 4. - Senonché, deduce la regione Lombardia, tale intenzione
non sarebbe stata nella realtà completamente tradotta nella legge impugnata, la quale, nonostante la precedente legislazione regio nale, conterrebbe le norme sopra specificate, caratterizzate da un contenuto analitico e puntuale. In proposito va anzitutto osserva to che la dedotta circostanza della sussistenza di una precedente regolamentazione regionale non impediva allo Stato di esercitare la potestà, istituzionalmente spettantegli, di ridisciplinare la mate
ria, tenendo conto dei mutamenti della situazione e delle nuove
esigenze richiedenti una diversa normat;va più aderente alla realtà socio-economica. È ben evidente, infatti, come le attribu
zioni statali non vengono paralizzate dalla circostanza che l'ente
regionale abbia precedentemente emanato una legislazione di
dettaglio, ma possono trovare ulteriore e successiva esplicazione se
esigenze di politica legislativa, frattanto emerse, lo richiedano. Né
la legge dello Stato deve essere necessariamente limitata a dispo sizioni di principio, essendo invece consentito l'inserimento anche di norme puntuali di dettaglio, le quali sono efficaci soltanto per il tempo in cui la regione non abbia provveduto ad adeguare la
normativa di sua competenza ai nuovi principi dettati dal parla mento. La pretesa di una parte della dottrina, secondo cui
nell'ipotesi prospettata la precedente normativa regionale impedi rebbe allo Stato di integrare la legislazione di principio con
quella di dettaglio, non può essere seguita dalla corte. Con essa,
infatti, si perverebbe all'assurdo risultato che la preesistente
legislazione regionale, in difetto del necessario adeguamento a
quella statale successiva, vanificherebbe in realtà quest'ultima, i cui
(nuovi) principi resterebbero senza effettiva applicazione, sicché risulterebbe compromessa l'intera regolamentazione della materia alla quale essi si riferiscono: situazione questa che sicuramente si sarebbe verificata nella fattispecie, dato che la legge impugnata ha profondamente innovato, mediante disposizioni dirette ad
eliminare i gravi inconvenienti in precedenza verificatisi e ispirate quindi a criteri profondamente diversi. In proposito è anche
significativo che la legge non sia stata impugnata dalle altre
regioni ordinarie, le quali hanno cosi chiaramente dimostrato di considerarne legittimo il contenuto, siccome ispirato alla fonda mentale esigenza di evitare un vuoto legislativo per tutto il tempo necessario all'emanazione delle conseguenti norme di competenza locale. Peraltro, la stessa regione Lombardia ha avvertito la necessità di sostituire, a seguito della nuova normazione statale, la preesistente propria legislazione, divenuta ormai inidonea e di fatto inoperante: e a ciò essa ha provveduto con la 1. reg. 12 settembre 1983 n. 70, con la quale ha recepito le disposizioni della legge-quadro, comprese quelle di cui aveva particolarmente sostenuto l'illegittimità (v. art. 50 e 51 della predetta 1. reg.).
Sicché va riconosciuta la legittimità costituzionale della legge impugnata nella sua interezza sino all'entrata in vigore della nuova normativa regionale, mentre quest'ultima — da quella data — viene a sostituire le norme di dettaglio della legge (statale) predetta. Deve pertanto concludersi che non vi è stata nessuna violazione della competenza regionale e che il ricorso della
regione Lombardia non può trovare accoglimento. 5. - Differente è la portata dell'impugnazione della provincia di
Bolzano, la quale, richiamata la disposizione dell'art. 1 1. cit. (che si riferisce a tutte le regioni, anche a statuto speciale, e alle due
province autonome di Trento e Bolzano), deduce che la stessa
legge avrebbe violato le sue competenze primarie in materia di urbanistica e di opere pubbliche locali. La provincia muove chiaramente dal presupposto di essere destinataria dell'intera nuova normativa, così come le regioni di diritto comune, e lamenta conseguentemente il mancato rispetto dello statuto specia le del Trentino-Alto Adige.
In contrario è però anzitutto da richiamare quanto già rilevato sulla volontà del legislatore circa i limiti soggettivi della nuova normativa: volontà risultante sia dai lavori preparatori sia dalle
singole disposizioni della legge, e particolarmente dal citato art.
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1815 PARTE PRIMA 1816
35. Il quale, disponendo che le regioni, entro novanta giorni, dovranno emanare le norme di dettaglio necessarie all'attuazione
della legge, nel rispetto dei principi fondamentali della materia
contenuti nella legge stessa, non può, in base alla disciplina del
vigente ordinamento costituzionale, che riferirsi alle regioni a
statuto ordinario, sicché restano escluse quelle differenziate.
Né, sotto altro profilo, sarebbe stato consentito al legislatore statale legiferare in materia, non ricorrendo alcuno dei limiti
previsti dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige,
quanto alla potestà legislativa primaria della provincia di Bolza
no: in particolare la legge impugnata, pur se di notevole rilievo, non comporta certo, per il suo contenuto prevalentemente proce dimentale e per il suo carattere temporaneo (art. 1, 7° comma), una grande riforma economico-sociale in senso tecnico; né intui
tivamente può ritenersi che essa esprima principi generali dell'or
dinamento giuridico ovvero concerna interessi nazionali, la cui
tutela è estranea alla competenza regionale. Ciò chiarito, deve
dedursi, coordinando la disposizione dell'art. 1 con quella dell'art.
35 della legge impugnata, che il legislatore statale non ha voluto
imporre in ogni caso la nuova disciplina alle regioni a statuto
speciale e alle due province autonome, dotate in subiecta materia
di competenza primaria. Il disposto del ricordato art. 1, con il
riferimento esteso ai suddetti enti locali, va inteso, quindi, nel
senso dell'applicabilità ad essi della sopravvenuta normativa sol
tanto nel caso in cui ne fossero sprovvisti: il che è del tutto
corretto, dato che l'applicazione della legge statale, anche per
quanto riguarda le regioni a statuto speciale, incontra limita
zioni soltanto nel caso in cui la potestà legislativa locale sia stata
in concreto effettivamente esercitata.
Cosi inteso — e questa sembra l'unica interpretazione possibile in base alle normali regole d'ermeneutica —, il disposto norma
tivo si presenta costituzionalmente corretto e non merita quindi la
censura mossa col ricorso in esame.
Va infine rilevato che, a parte ogni altra considerazione, la
materia regolata dalla impugnata legge presenta profili del tutto
nuovi, con implicazioni vaste e complesse. Pertanto il censurato
intervento statale trova giustificazione anche nella circostanza che
non sarebbe stato possibile accertare in astratto ed a priori se la
materia disciplinata fosse realmente coperta dalle singole norma
tive di tutte le regioni a statuto speciale e delle due province
autonome; o se, invece, com'era più probabile, sussistessero dei
settori non regolati da dette normative, con la conseguenza che
per essi fosse necessaria e dovesse provvisoriamente applicarsi la
disciplina statale. Trattasi, comunque, di un problema di interpre tazione delle due leggi (statale e locale) circa la reciproca portata e la conseguente loro applicabilità, ma non è in proposito ravvisabile una questione di legittimità costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i ricorsi, a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
della 1. 3 gennaio 1978, n. 1, sollevata col ricorso indicato in
epigrafe dalla regione Lombardia in riferimento agli art. 117
Cost, nonché 79, 80 e 87 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616; b) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale della cit. 1.
n. 1 del 1978, sollevata col ricorso indicato in epigrafe dalla
provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli art. 8, n. 5, 17, 22 e 28 t.u. delle leggi concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige approvato con d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26
giugno 1986, n. 4249; Pres. Brancaccio, Est. Perrotti, P. M.
Fabi (conci, parz. diff.); Falvo (Aw. Lenci) c. Collegio prov.
geometri di Cosenza e Proc. repubblica Trib. Cosenza. Confer ma Cons. naz. geometri 12 gennaio 1983.
CORTE DI CASSAZIONE;
Professioni intellettuali — Geometra — Ordine di cattura — Li
bertà provvisoria — Esercizio della professione — Sospensione — Cessazione — Esclusione (Cod. proc. pen., art. 251, 282,
292; r.d. 11 febbraio 1929 n. 274, regolamento per la profes sione di geometra, art. 13).
La concessione della libertà provvisoria al geometra, colpito da
ordine di cattura, non equivalendo a revoca dello stesso, è
inidonea a far venir meno la sospensione cautelare dall'eserci
zio della professione disposta ai sensi dell'art. 13, 1° comma, r.d. 11 febbraio 1929 n. 274. (1)
(1) Le sezioni unite ribadiscono l'orientamento espresso dalle preceden ti sentenze, puntualmente richiamate in motivazione, confutando le con
trarie enunciazioni della decisione 12 settembre 1984 n. 18 della
Il Foro Italiano — 1986.
Fatto. — Il consiglio del collegio dei geometri di Cosenza, a
seguito di ordine di cattura emesso nei confronti del geometra Alberto Giulio Falvo (per appropriazione indebita aggravata e
falso), con deliberazione del 3 agosto 1981, dispose a norma
dell'art. 13, 1° comma, 2° parte, r.d.l. 11 febbraio 1929 n. 274, la
sospensione cautelare del geometra dall'esercizio professionale a
tempo indeterminato. Il professionista, ottenuta la libertà provvisoria come da prov
vedimento del 21 agosto 1981, chiese la revoca della detta
sospensione, ma il collegio dei geometri di Cosenza, con delibera
zione del 21 dicembre 1981, respinse l'istanza, osservando che il
beneficio della libertà provvisoria non poteva essere equiparato al
provvedimento di revoca dell'ordine di cattura.
Avverso tale delibera il Falvo propose ricorso al consiglio nazionale dei geometri che, con decisione del 9 dicembre 1982,
depositata il 12 gennaio 1983, respinse l'impugnazione, osservan
do: (omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). Per quel che riguarda il
provvedimento di sospensione emesso il 3 agosto 1981 dal consi
glio del collegio dei geometri di Cosenza, va premesso che la
relativa delibera non risulta mai impugnata, per cui, sotto tale
profilo, le censure qui formulate che investono direttamente tale
delibera sono certamente inammissibili. Infatti, come si legge nella parte espositiva della decisione del consiglio nazionale e
come, del resto, è chiaramente detto nel ricorso, il geom. Falvo il
26 agosto 1981 chiese (allo stesso consiglio provinciale) la revoca
della delibera del 3 agosto precedente solo per sopravvenuta inefficacia (a suo avviso) dell'ordine di cattura in conseguenza della libertà provvisoria ottenuta. Egli, quindi, non impugnò il
provvedimento di sospensione, né comunque ne dedusse l'illegit
timità, ma si limitò a chiederne la revoca per fatto sopravvenuto
(la libertà provvisoria) che (a suo avviso) avrebbe fatto venir
meno il presupposto che legittimava inizialmente la sospensione medesima.
Il consiglio del collegio provinciale respinse tale istanza di
revoca rilevando appunto che il beneficio della libertà provvisoria
non equivale a revoca del mandato (o dell'ordine) di cattura.
Questo è il provvedimento che fu impugnato avanti al consiglio
nazionale e poiché il ricorso fu respinto per i motivi sopra
enunciati, l'attuale tema decidendum non può che rimanere
circoscritto all'esame della legittimità di tale reiezione, il cui
punto saliente riguarda appunto la questione della equivalenza o
meno della concessione della libertà provvisoria alla revoca del
mandato (o dell'ordine) di cattura, prevista dalla norma come
causa di cessazione della sospensione cautelare.
Sul punto queste sezioni unite, anche recentemente, in relazio
ne a provvedimenti di sospensione cautelare disposti nei confronti
di soggetti appartenenti alle categorie delle libere professioni, hanno ritenuto che la concessione della libertà provvisoria a
professionisti colpiti da ordini (o da mandati) di cattura, non
determinandone la caducazione, è inidonea a far venire meno la
sospensione di diritto dall'esercizio della professione disposta a
norma dei rispettivi regolamenti (cfr. sent. n. 3225 dell'I 1 maggio
1983, Foro it., Rep. 1983, voce Professioni intellettuali, n. 71; n.
5107, id., 1984, I, 2575 e n. 5108 del 25 luglio 1983, id., Rep.
1983, voce Notaio, n. 53). Tale orientamento giurisprudenziale non è stato seguito dalla
commissione centrale esercenti professioni sanitarie che, con deci
sione 12 settembre 1984, n. 18 (id., 1984, I, 2576), ha affermato il
principio opposto, nel senso che la concessione della libertà
provvisoria al medico colpito da ordine di cattura, facendone
cessare gli effetti, determina l'inefficacia della sospensione di
diritto dall'esercizio della professione. Ma gli argomenti addotti in tale ultima decisione sul tema,
specialmente in relazione ai pur gravi inconvenienti prospettati,
Commissione centrale esercenti professioni sanitarie, riprodotta in Foro
it., 1984, I, 2576, di seguito a sez. un. 25 luglio 1983, n. 5107, ibid.,
2575, proprio per evidenziare, nella nota redazionale, il contrasto
esistente tra le due pronunzie. Riesaminando, come auspicato nella ripetuta nota redazionale, la
questione degli effetti (della concessione) della libertà provvisoria sulla
sospensione dell'attività dei professionisti colpiti da mandato e/o ordine di cattura, la Cassazione conferma la validità delle sue
precedenti affermazioni, sottolineando la irrilevanza, ai fini della
soluzione della questione in parola, delle norme relative alle sanzioni
disciplinari (anche cautelari) dei pubblici dipendenti, valorizzate, inve
ce, dalla commissione centrale esercenti professioni sanitarie nella
menzionata decisione. E cosi, grazie anche alla segnalazione di questa
rivista, non sfuggita, certo, alla riportata sentenza, la corte riesce a
valutare sollecitamente la portata della decisione de qua, evidenziando ne per tempo la inutilizzabilità in futuri (eventuali) casi simili. [C. M.
Barone]
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