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sentenza 22 luglio 1996, n. 287 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 31 luglio 1996, n. 31); Pres....

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sentenza 22 luglio 1996, n. 287 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 luglio 1996, n. 31); Pres. Ferri, Est. Santosuosso; Di Cosmo c. Ufficio imposte dirette di Cantù. Ord. Comm. trib. I grado Como 3 giugno 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 43 del 1995) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 2961/2962-2963/2964 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191097 . Accessed: 28/06/2014 18:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.64 on Sat, 28 Jun 2014 18:28:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 22 luglio 1996, n. 287 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 31 luglio 1996, n. 31); Pres. Ferri, Est. Santosuosso; Di Cosmo c. Ufficio imposte dirette di Cantù. Ord. Comm.

sentenza 22 luglio 1996, n. 287 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 luglio 1996, n. 31);Pres. Ferri, Est. Santosuosso; Di Cosmo c. Ufficio imposte dirette di Cantù. Ord. Comm. trib. Igrado Como 3 giugno 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 43 del 1995)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 2961/2962-2963/2964Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191097 .

Accessed: 28/06/2014 18:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 luglio 1996, n. 287

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 luglio 1996, n. 31); Pres. Ferri, Est. Santosuosso; Di Cosmo c. Ufficio imposte dirette di Cantù. Orci. Comm. trib. I grado Como 3 giugno 1995 (G.U., la s.s., n. 43 del 1995).

Redditi (imposte sui) — Redditi assimilati a quelli di lavoro

dipendente — Indennità di disoccupazione — Tassazione se

parata — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 38;

d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, approvazione del testo unico

delle imposte sui redditi, art. 16).

È incostituzionale l'art. 16, lett. b), d.p.r. 22 dicembre 1986

n. 917 (approvazione del testo unico delle imposte sui reddi

ti), nella parte in cui non ricomprende tra i redditi ammessi

a tassazione separata l'indennità di disoccupazione. (1)

Diritto. — 1. - La Commissione tributaria di Como dubita

della legittimità costituzionale dell'art. 16, lett. b), d.p.r. 22 di

cembre 1986 n. 917, nella parte in cui non ricomprende tra i

redditi soggetti a tassazione separata l'indennità di disoccupa zione. A parere del giudice a quo tale mancata ricomprensione si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost, in quanto la sottopo sizione dell'indennità di disoccupazione ad un regime tributario

diverso da quello previsto per gli arretrati di lavoro dipendente non sarebbe giustificabile in considerazione del fatto che l'in

dennità in questione svolge una funzione sostitutiva della retri

buzione; sarebbe inoltre violato l'art. 38 Cost, poiché la mag

gior aliquota cui viene assoggettato il trattamento di disoccupa zione in conseguenza della impossibilità di far luogo al più favorevole regime della tassazione separata, verrebbe a vanifi

care, o quantomeno a ridurre in misura considerevole, l'utilità

del trattamento medesimo.

2. - Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di inam

missibilità sollevata dall'avvocatura generale dello Stato secon

(1) Comm. trib. I grado Como 3 giugno 1995, da citi scaturisce l'o

dierna pronuncia, è riportata in Comm. trib., 1995, II, 707 (la lettura

di tale ordinanza consente di avvedersi del refuso in cui è incorsa la

Consulta in relazione al ritardo nella percezione, da parte del contri

buente, dell'indennità di disoccupazione). L'indennità di disoccupazione era stata già ricompresa tra gli emolu

menti arretrati soggetti a tassazione separata — ai sensi dell'art. 12, lett. d), d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (trasfuso poi nell'art. 16, lett.

b, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, su cui ora è intervenuta la Corte

costituzionale) — da Comm. trib. centrale 11 novembre 1994, n. 3783, Foro it., Rep. 1995, voce Redditi (imposte sui), n. 432, sul rilievo che

tale indennità è sostitutiva del salario «e può essere, sul piano socio

economico, ad esso assimilato. Sotto il profilo fiscale, poi, non è dub

bio che debba soggiacere al regime previsto per il lavoro dipendente». Tale interpretazione è però esclusa dalla Corte costituzionale alla luce

del fatto che la omessa espressa indicazione dell'indennità in questione tra i redditi soggetti a tassazione separata preclude l'applicazione di

tale (di regola, più vantaggioso) criterio di applicazione dell'imposta. La possibilità — affermata dalla Commissione centrale, ma esclusa

dalla Consulta — di risolvere in via interpretativa la questione della

estensione del regime della tassazione separata all'indennità di disoccu

pazione rinvia al più generale problema della applicabilità di tale regi me alle fattispecie di redditi «assimilati» ai redditi di lavoro dipendente diversi da quelli menzionati nelle lett. a) e g) dell'art. 47, 1° comma,

d.p.r. 917/86, ai quali soli fa riferimento l'art. 16, lett. b), di tale d.p.r.: su siffatta problematica, v., nel senso che l'elencazione dei redditi «as

similati» ammessi al beneficio della tassazione separata è tassativa, Cass.

23 marzo 1993, n. 3450, id., 1993, I, 1839.

In generale, sulla tassazione separata degli emolumenti arretrati, cfr., da ultimo, G. Spaziani Testa, Il concetto di emolumento arretrato ai

fini della tassazione separata. Vecchia e nuova disciplina, in Fisco, 1996, 1065.

Sulla disciplina fiscale di trattamenti di disoccupazione diversi dal

l'indennità di cui alla 1. 5 novembre 1968 n. 1115 — che è la sola

espressamente contemplata dall'art. 47, 1° comma, lett. e), d.p.r. 917/86, cui si riferiva l'ordinanza di rimessione — v. art. 3, 82° comma, lett.

a), n. 2, 1. 28 dicembre 1995 n. 549, che ha aggiunto la lett. c bis) all'art. 16 d.p.r. 917/86, a tenore del quale è assoggettabile a tassazione

separata, se erogata in via anticipata, l'indennità di mobilità prevista dalla 1. 23 luglio 1991 n. 223. V. anche min. fin., ris. 16 marzo 1983, n. 8/75, id., 1983, 1974, ove si ricomprende nel novero dei redditi di

lavoro dipendente (assoggettabili, in linea di principio, al regime della

tassazione separata) il sussidio speciale di disoccupazione agricola spet

tante, in base all'art. 45 1. 8 agosto 1972 n. 457 e all'art. 7 1. 16 feb

braio 1977 n. 37 agli operai agricoli avventizi.

Il Foro Italiano — 1996.

do cui, avendo la tassazione separata un'utilità pratica per il

contribuente solo se gli consente di abbattere il carico tributa

rio, il giudice rimettente avrebbe dovuto indicare un parametro di riferimento per individuare l'aliquota applicabile al disoc

cupato. Poiché in sostanza l'avvocatura generale lamenta un difetto

di motivazione sulla rilevanza della sollevata questione, è suffi

ciente osservare che il giudice a quo ha ben evidenziato che

ove fosse stato adottato il regime della tassazione separata l'ali

quota applicabile sarebbe stata senza dubbio più favorevole di

quella conseguente al regime del cumulo dei redditi.

3. - Nel merito la questione è fondata.

Le censure avanzate dal rimettente fanno leva sul fatto che

la norma impugnata, nell'elencare i redditi soggetti a tassazione

separata, menziona espressamente gli emolumenti, relativi ad

anni precedenti, percepiti per prestazioni di lavoro dipendente, nonché le indennità di cui alle lett. a) e g) del 1° comma del

l'art. 47 d.p.r. n. 917 del 1986, senza tuttavia indicare la lett.

e) che concerne appunto l'indennità di disoccupazione. A parere del giudice a quo il mancato esplicito riferimento

alla indennità di disoccupazione non consentirebbe di estendere

a tale trattamento il più favorevole regime della tassazione se

parata previsto per le altre categorie di emolumenti espressa mente indicati. Ma la portata di tale sistema normativo sembra

al giudice rimettente censurabile sotto il profilo costituzionale.

4. - Pur se l'art. 47 del citato d.p.r. n. 917 del 1986 ricom

prende tra i redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente l'indennità di disoccupazione, la omessa espressa indicazione di

tale indennità tra i redditi soggetti a tassazione separata (art.

16) non consente di colmare tale lacuna in via interpretativa, con la conseguenza che il trattamento di disoccupazione viene

di fatto assoggettato al meno favorevole regime del cumulo dei

redditi. Ciò, tuttavia, non appare conforme ai parametri costi

tuzionali invocati atteso che l'indennità in oggetto spetta in luo

go della retribuzione che viene a mancare per motivi indipen denti dalla volontà dei prestatori di lavoro. Svolgendo, quindi, una funzione sostitutiva del salario, l'indennità di disocuppa zione deve soggiacere allo stesso regime fiscale previsto per il

reddito di lavoro dipendente e va così soggetta al regime della

tassazione separata ove venga, come nel caso, corrisposta in

periodo d'imposta successivo a quello di riferimento. Invero, le finalità sottese alla previsione dello speciale sistema della tas

sazione separata, vanno ricercate nella esigenza di attenuare gli

effetti negativi derivanti dalla rigida applicazione del «principio di cassa» nei riguardi di redditi formatisi nel corso di periodi

d'imposta precedenti quello di percezione delle somme.

Se dunque la ratio dell'istituto in esame è quella di evitare

il determinarsi di una iniqua applicazione del meccanismo della

progressività dell'Irpef, tale ratio deve a maggior ragione valere

nei riguardi dell'indennità di disoccupazione involontaria; la ri

duzione della misura di tale trattamento in conseguenza della

maggior imposizione fiscale derivante dal sistema del cumulo

dei redditi, non può ritenersi consentita in quanto l'indennità

in questione mira proprio a dare attuazione al precetto dell'art.

38, 2° comma, Cost, che riconosce ai lavoratori il diritto socia

le a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro

esigenze di vita in caso di disoccupazione involontaria.

Né, d'altra parte, il diverso regime fiscale previsto può trova

re giustificazione — come sostenuto dall'avvocatura generale dello Stato — nel fatto che l'indennità di disoccupazione non

sarebbe giuridicamente equiparabile alla retribuzione percepita

per la prestazione di lavoro subordinato, dal momento che la

prima costituisce una forma previdenziale mentre la seconda il

corrispettivo di un contratto sinallagmatico. Ed invero, la diversa natura degli emolumenti erogati al lavo

ratore dipendente non assume alcuna rilevanza ai fini fiscali;

lo stesso art. 46, 2° comma, d.p.r. n. 917 del 1986, infatti,

include nella categoria dei redditi di lavoro dipendente «le pen

sioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati», ed anche

la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso che costi

tuisce emolumento arretrato qualsiasi somma, anche occasiona

le, connessa ad un rapporto di lavoro dipendente e versata in

tempestivamente rispetto alla scadenza ordinaria.

L'art. 16, lett. b), d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, deve per

tanto essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non ricomprende tra i redditi ammessi a tassazione sepa

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Page 3: sentenza 22 luglio 1996, n. 287 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 31 luglio 1996, n. 31); Pres. Ferri, Est. Santosuosso; Di Cosmo c. Ufficio imposte dirette di Cantù. Ord. Comm.

2963 PARTE PRIMA 2964

rata l'indennità di disoccupazione, corrisposta in periodo d'im

posta successivo a quello di riferimento.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 16, lett. b, d.p.r. 22 dicembre 1986

n. 917 (approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), nella parte in cui non ricomprende tra i redditi ammessi a tassa

zione separata l'indennità di disoccupazione.

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 22 luglio 1996, n. 293

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 agosto 1996, n. 32); Pres. Ferri, Rei. Mengoni; Luzzi e altra c. Piredda e altra.

Ord. Trib. Bologna 13 giugno 1995 (G.U., la s.s., n. 20 del

1996).

Danni in materia civile — Danno morale — Risarcimento —

Limitazione ad ipotesi di reato — Questione manifestamente

infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 32; cod. civ., art.

2043, 2059; cod. pen., art. 185).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 2059 c.c., nella parte in cui esclude la risarci

bilità del danno morale, al di fuori di accertate ipotesi di rea

to, in riferimento agli art. 24 e 32 Cost. (1)

(1) L'ordinanza di rimessione, Trib. Bologna 13 giugno 1995, si legge in Resp. civ., 1995, 783, con nota di Giannini, Danno alla persona, anno zero, si ricomincia daccapo (a proposito dell'ordinanza Trib. Bo

logna 13 giugno 1995), ibid., 655; si vedano, altresì, le osservazioni di Zmz, Viaggi ai confini del danno psichico, id., 1996, 172, e di Co

mande, L'incostituzionalità dell'art. 2059 c.c. tra necessità e moda, in Giur. it., 1995, I, 2, 891.

* * *

Brevi note sulla nozione di danno psichico.

Con l'ordinanza in epigrafe la Corte costituzionale si è liberata rapi damente del problema posto dai rapporti tra danno all'integrità psichi ca e danno morale: problema, nato dal riconoscimento dell'autonoma tutelabilità aquiliana della lesione all'integrità psico-fisica, che sta affa ticando non poco coloro che operano nel settore della responsabilità civile.

Il Tribunale di Bologna, con l'ordinanza 13 giugno 1995 (1), dopo aver qualificato il danno morale come uno stato psichico di rilevante turbamento dell'ordinario assetto interiore del soggetto, incidente in un arco di tempo più o meno lungo, ma comunque delimitato, aveva rite nuto di considerarlo uno dei modi nei quali si può atteggiare il danno

biologico da invalidità temporanea. Dal momento che la tutela della

salute, in quanto garantita dall'art. 32 Cost., non può subire limiti e

compressioni in base a una scelta discrezionale del legislatore, i giudici emiliani avevano sollevato il dubbio di legittimità costituzionale del l'art. 2059 c.c., nella parte in cui esclude la risarcibilità del danno mo rale «al di fuori di accertate ipotesi di reato».

La Consulta, richiamando la propria giurisprudenza (2), ribadisce che

(1) La si può leggere in Resp. civ., 1995, 783, con nota di Giannini, Danno alla persona, anno zero, si ricomincia daccapo (a proposito del l'ordinanza Trib. Bologna 13 giugno 1995), ibid., 655; si vedano, altre

sì, le osservazioni di Zrviz, Viaggio ai confini del danno psichico, id., 1996, 172, e di Comande, L'incostituzionalità dell'art. 2059 c.c. tra necessità e moda, in Giur. it., 1995, I, 2, 891.

(2) Corte cost. 14 luglio 1986, n. 184, Foro it., 1986, I, 2053, con nota di Ponzanelli, La Corte costituzionale, il danno non patrimonia le e il danno alla salute; 18 luglio 1991, n. 356, id., 1991, I, 2967, con nota di chi scrive, Pregiudizio alla capacità lavorativa generica: danno da lucro cessante o danno alle salute; 17 febbraio 1994, n. 37, id., 1994, I, 1326. con note di Poletti, L'azione di regresso previden

II Foro Italiano — 1996.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile promosso da Fla

vio Luzzi ed altra contro Bruna Piredda ed altre per il risarci

mento dei danni a cose e alle persone cagionati da un incidente

stradale, il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 13 giugno

1995, pervenuta a questa corte il 29 aprile 1996, ha sollevato, in riferimento agli art. 24 e 32 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 2059 c.c. «nella parte in cui esclude la

risarcibilità del danno morale al di fuori di accertate ipotesi di reato»;

il danno alla salute e il danno morale, pur riconducibili al comune ge nere del danno non patrimoniale, hanno una natura differente, con la conseguenza che la garanzia apprestata dall'art. 32 Cost, non può essere invocata a favore della seconda specie di danno.

La corte, dunque, non ha ritenuto di spendere altre parole sulla di

stinzione, talché appare opportuno andare a riconsiderare le afferma zioni contenute nei precedenti arresti dei giudici delle leggi.

Nella sentenza 14 luglio 1986, n. 184 (3), si affermava che il danno morale subiettivo ci concreta in un «momentaneo, tendenzialmente tran

seunte, turbamento psicologico del soggetto»; la sentenza 17 febbraio

1994, n. 37 (4), confermata quella nozione, specificava che da quel pre giudizio vanno tenute distinte quelle «alterazioni della psiche tali da incidere negativamente sull'attitudine del soggetto a partecipare nor malmente alle attività, alle situazioni e ai rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita».

Per comprendere appieno il senso della precisazione occorre inqua drarla negli sviluppo giurisprudenziali che hanno fatto seguito alla sen tenza 184/86. In questa decisione si leggeva, infatti, che l'attore aveva l'onere di provare la menomazione, ma non anche il fatto che essa avesse impedito le manifestazioni, le attività extralavorative non retri buite che esprimono, realizzandola, la salute in senso fisio-psichico.

La Corte di cassazione iniziò a correggere il tiro, con la sentenza 13 gennaio 1993, n. 357 (5). statuendo che il giudice di merito avrebbe dovuto motivare in ordine al significato che la lesione aveva assunto nella vicenda concreta, inquadrando e ponderando l'evento biologico nel contesto organico del danneggiato e nel quadro delle funzioni vitali in cui tale contesto si estrinseca.

Il processo evolutivo ha avuto il suggello della Consulta, quando questa, con la sentenza 27 ottobre 1994, n. 372 (6), chiarito che l'oggetto del risarcimento non può che consistere in una perdita cagionata dalla le sione di una situazione giuridica soggettiva, ha eliminato ogni equivoco alimentato dalla sent. 184/86, precisando che la prova della menoma zione normalmente dimostra l'esistenza del danno — dal momento che da una seria lesione dell'integrità psico-fisica difficilmente si può guari re in modo perfetto —, ma non anche la sua entità (7).

Il momento qualificante del danno psichico rispetto al danno morale

è, pertanto, rappresentato, nel pensiero della corte, dal fatto che solo il primo incide sull'attitudine del soggetto a svolgere normalmente le attività extralavorative realizzatrici della persona umana (8).

Giuridicamente, questo è il discrimen che deve guidare il giudice chia mato a valutare la fondatezza delle pretese risarcitorie del danneggiato e che deve orientare la valutazione medico-legale.

Dal punto di vista clinico, può non essere agevole individuare regole definitorie che consentano di distinguere le due voci di danno (9); del

ziale, il danno morale e il nuovo «diritto vivente» e di Castronovo, Danno alla salute e infortuni. La Corte costituzionale e i diritti secondi, id., 1995, I, 84.

(3) Citata alla n. 2.

(4) Anch'essa citata alla n. 2.

(5) Foro it., 1993, I, 1897, con osservazioni di chi scrive.

(6) Anch'essa citata in motivazione; la si legge, fra l'altro, in Foro

it., 1994, I, 3297, con nota di Ponzanelli, La Corte costituzionale e il danno da morte; Giust. civ., 1994, I, 3034, con nota di Busnelli, Tre «punti esclamativi», tre «punti interrogativi», un «punto a capo».

(7) Il carattere meramente presuntivo del normale modo di argomen tare è svelato chiaramente, in effetti, nel caso in cui il danneggiato non sopravviva.

(8) D'Amico, Il danno da emozioni, Giuffrè, 1992, conclude nel sen so che i fattori emozionali negativi di lievissima entità e di breve durata non si riflettono sull'attitudine a ricevere utilità dal mondo esterno o ad esplicare le facoltà che costituiscono il contenuto della salute; Co

mande, op. cit., 896, sottolinea come l'essenza del danno alla salute consista nella diversa ed inferiore qualità della vita imposta al danneg giato: del pari, Zrvtz, op. cit., Ili, secondo la quale saranno le conse

guenze negative prodottesi a livello di attività non reddituali a costituire il danno psichico; anche Giannini, op. cit., 666, valorizza l'aspetto di namico del danno alla salute, anche se secondo una prospettiva non

condivisibile, per le ragioni che si espongono nel testo.

(9) Ritiene che si tratti di un tentativo «pressoché impossibile» Pon

ti, Danno psichiatrico e attuale percezione pschiatrica del disturbo men

tale, in Riv. it. medicina legale, 1992, 533; Castiglioni, Temporaneità e permanenza del danno psichico in Brondolo-Marigliano (a cura di),

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