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sentenza 22 luglio 2003, n. 263 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 30 luglio 2003, n. 30);Pres. Chieppa, Est. Onida; Camera dei deputati (Avv. Luciani) c. Corte d'assise di ReggioCalabria (Avv. Pitruzzella); interv. Senato della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto diattribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 2 (FEBBRAIO 2004), pp. 379/380-381/382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200447 .
Accessed: 28/06/2014 18:44
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379 PARTE PRIMA 380
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 luglio 2003, n.
263 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 30 luglio 2003, n.
30); Pres. Chieppa, Est. Onida; Camera dei deputati (Avv.
Luciani) c. Corte d'assise di Reggio Calabria (Avv. Pitruz
zella); interv. Senato della repubblica (Avv. Grassi). Con
flitto di attribuzione.
Dibattimento penale — Imputato — Esercizio dei diritti doveri inerenti la funzione parlamentare —
Impedimento a comparire
— Valutazione — Spettanza all'autorità giu diziaria — Esclusione (Cost., art. 64, 67, 68, 72, 73, 79, 83, 90, 138; cod. proc. pen., art. 485, 486).
Non spettava alla Corte d'assise di primo grado di Reggio Ca
labria, senza una valutazione del caso concreto che tenesse
conto, oltre che dell'interesse alla speditezza del processo, dell'interesse della camera dei deputati alla partecipazione del suo componente allo svolgimento delle attività parlamen tari, negare la validità dell'impedimento addotto a giustifica zione dell'assenza dell'imputato componente della camera
medesima e, conseguentemente, va annullata l'ordinanza 16
novembre 1998 della Corte d'assise di primo grado di Reggio Calabria. (1)
Diritto. — 1. - Il ricorso per conflitto di attribuzioni è stato
proposto dalla camera dei deputati, con atto depositato il 14 no vembre 2000, contro la Corte d'assise di primo grado di Reggio Calabria, in relazione all'ordinanza da questa emessa il 16 no vembre 1998 nell'ambito del processo nei confronti di Amedeo Gennaro Matacena, all'epoca componente della camera dei de
putati. Alla prima udienza del processo, che in seguito è stato riunito
con altro pendente nei confronti di diversi imputati, la difesa del
deputato Matacena chiedeva di giustificare l'assenza del mede
simo, producendo un telegramma del presidente della camera dei deputati in cui, in relazione al processo in questione, fissato
presso la Corte d'assise di Reggio Calabria per lunedì 16 no vembre 1998, si comunicava che in detta data erano «previsti lavori parlamentari». La corte decideva nel modo seguente:
(1) La Corte costituzionale esclude che il lungo periodo di tempo (circa due anni) trascorso dall'emissione dell'atto impugnato, il fatto che il deputato aveva partecipato, di fatto, alle sedute parlamentari in
questione o che, attualmente, non rivestiva più la carica di parlamenta re, possano essere ritenuti motivi di inammissibilità del ricorso, per so
pravvenuta carenza di interesse. Nel merito la corte conferma interamente i principi espressi nella sua
precedente sent. 6 luglio 2001, n. 225 (Foro it., 2001, I, 2390, con nota di richiami e osservazioni di Romboli, commentata da Spangher, Ca biddu e Brunelli, in Giur. costit., 2001, 2002, 2005, 2012, da Pansini, in Dir. e giustizia, 2001, fase. 29, 15, da Geninatti Satè, in Questione giustizia, 2001, 998, e da Greci, in Guida a! dir., 2001. fase. 28, 22), la quale, in un caso del tutto analogo, ha deciso che non spettava al g.i.p. presso il Tribunale di Milano, in funzione di g.u.p., nell'apprezzare i caratteri e la rilevanza degli impedimenti addotti dalla difesa dell'im
putato per chiedere il rinvio dell'udienza, affermare che l'interesse della camera dei deputati allo svolgimento delle attività parlamentari, e
quindi all'esercizio dei diritti-doveri inerenti alla funzione parlamenta re, dovesse essere sacrificato all'interesse relativo alla speditezza del procedimento giudiziario.
Il conflitto risolto con la pronuncia in epigrafe era stato dichiarato ammissibile da Corte cost., ord. 31 maggio 2001, n. 178, Foro it., Rep. 2002, voce Corte costituzionale, n. 74.
Analogo conflitto è stato dichiarato ammissibile da Corte cost., ord. 16 aprile 2002, n. 126, id., 2002, I, 1583, con nota di richiami e osser vazioni di Saitta, commentata da Veronesi, in Giur. costit., 2002, 973, con riguardo al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla camera dei deputati nei confronti dell'ordinanza 18 febbraio 1998 del Tribunale di Taranto e delle decisioni, pronunciate in sede di gra vame, della Corte d'appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, e della Corte di cassazione, sezione quinta penale, con le quali è stato escluso che il diritto-dovere di partecipare all'attività parlamentare, ed in particolare alle votazioni assembleari da parte di un parlamentare (nella specie, l'on. Cito), rivesta il carattere di impedimento assoluto a
comparire all'udienza penale. Per la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 486, 1° e 3° comma, c.p.p., nella parte in cui non consente la sospensione della prescrizione in caso di rinvio per legitti mo impedimento del difensore o dell'imputato, v. Corte cost., ord. 22
giugno 2000, n. 232, Foro it.. 2001,1, 373, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2004.
«Ritenuto che l'imputato ha giustificato la propria assenza ad
ducendo la concomitanza di lavori parlamentari, atteso che non
appare specificato se esso Matacena parteciperà a detti lavori o
se la sua presenza per eventuali votazioni o interpolazioni pre notate sia oggi indispensabile in parlamento, (...) attesa la ge nericità delle giustificazioni addotte non le ritiene fondate, con
seguentemente essendo stata la notifica del decreto che dispone il giudizio regolarmente effettuata, ed essendo il Matacena oggi assente non adducendo valide giustificazioni, ne dichiara la
contumacia».
La camera ricorrente, premesso di ritenere doversi considera
re in ogni caso assoluto l'impedimento del parlamentare impu tato solo nel caso — verificatosi nella specie
— di concomitan
za di votazioni in assemblea, lamenta in primo luogo la viola
zione degli art. 64, 68 e 72 Cost, in relazione alla lesione della
autonomia organizzativa della camera stessa e della indipenden za dei suoi membri; in secondo luogo, la violazione dell'art. 64, 3° comma, Cost, anche in riferimento alle altre norme costitu
zionali che prescrivono speciali maggioranze per le deliberazio
ni delle camere, a causa dell'impedimento alla funzionalità del
parlamento che discenderebbe dall'ostacolo frapposto alla par tecipazione del parlamentare alle votazioni; in terzo luogo, la violazione degli art. 67 e 68 Cost, per la lesione al libero eserci zio del mandato parlamentare, che si tradurrebbe in lesione del
l'autonomia e dell'indipendenza della camera. Lamenta ancora, infine, la mancanza, nell'atto impugnato, di un bilanciamento
fra le esigenze, entrambe di rilevanza costituzionale, della spe ditezza del processo e della libera esplicazione del mandato
parlamentare nonché della funzionalità delle assemblee; e la violazione del principio di leale collaborazione.
La camera chiede pertanto dichiararsi che «non spetta alla
Corte d'assise di primo grado di Reggio Calabria stabilire che
non costituisce impedimento assoluto alla partecipazione del
deputato alle udienze penali, e perciò causa di giustificazione della sua assenza, il diritto-dovere del deputato di assolvere il mandato parlamentare attraverso la partecipazione a votazioni in
assemblea», e conseguentemente annullarsi l'ordinanza impu
gnata. 2. - Il ricorso è stato dichiarato ammissibile con l'ordinanza
n. 178 del 2001 (Foro it., Rep. 2002, voce Corte costituzionale, n. 74), ed è stato in seguito regolarmente notificato e depositato. Questa corte ha disposto la notifica del ricorso anche al senato della repubblica, che si è a sua volta costituito chiedendo che la corte riconosca la fondatezza dei principi affermati nel ricorso, in particolare del principio di leale collaborazione fra i poteri titolari della funzione giurisdizionale e i poteri titolari della fun zione parlamentare, nell'ipotesi in cui la presenza fisica di un
singolo parlamentare sia necessaria al corretto esercizio di en
trambe le funzioni, e che conseguentemente annulli l'ordinanza
impugnata. 3. - Non possono essere accolte le eccezioni di inammissibi
lità del ricorso, avanzate dalla difesa della resistente Corte d'as sise di primo grado di Reggio Calabria.
Non quella, in primo luogo, fondata sulla non attualità del l'interesse fatto valere dalla ricorrente in relazione al lungo tempo trascorso (circa due anni) dall'emissione dell'atto impu gnato alla proposizione del ricorso, poiché, in assenza di un termine perentorio per la proposizione del conflitto di attribu zioni fra poteri, non può escludersi, in linea di principio, la sus sistenza dell'interesse solo per il decorso del tempo.
Né può condividersi l'eccezione di carenza di interesse al ri corso in ragione della duplice circostanza che il deputato Mata cena prese parte, nel giorno indicato, alla seduta della camera e alle votazioni in essa indette, e che egli non è più, attualmente, membro della camera, non essendo stato rieletto nella presente legislatura. Infatti, per quanto riguarda il primo aspetto, l'even tuale lesione delle attribuzioni della camera può sussistere anche
indipendentemente dalla effettiva partecipazione del deputato ai lavori dell'assemblea; quanto al secondo aspetto, la lesione delle attribuzioni della camera, che si fosse verificata, non ver rebbe meno per il solo fatto che, successivamente, il parlamen tare non venga rieletto.
Nemmeno, infine, può condividersi la tesi secondo cui non vi sarebbe materia di un conflitto quando si controverta sul modo concreto in cui l'autorità giudiziaria ha conformato «il concreto
atteggiarsi del diritto di difesa nei procedimenti che si svolgo no» innanzi ad essa, poiché, se da un lato il singolo parlamenta
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
re può far valere nel processo le eventuali violazioni del suo di
ritto di difesa, non è escluso che una pronuncia dell'autorità
giudiziaria, in ragione del suo specifico contenuto o della sua
motivazione, risulti lesiva delle attribuzioni costituzionali del
parlamento, e come tale sia suscettibile di dar luogo ad un con
flitto costituzionale.
4. - Nel merito, il ricorso è fondato nei termini di cui appres so.
I principi di ordine costituzionale che connotano la materia in
questione sono stati individuati da questa corte nella sentenza n.
225 del 2001 (id., 2001,1, 2390), in termini che debbono qui es sere interamente confermati.
Secondo tali principi, «la posizione dell'imputato, che sia
membro del parlamento, di fronte alla giurisdizione penale (...) non è assistita da speciali garanzie costituzionali diverse da
quelle stabilite» dall'art. 68, 1° e 2° comma, Cost., onde al di
fuori delle ipotesi ivi stabilite «trovano applicazione, nei con
fronti dell'imputato parlamentare, le generali regole del proces so, assistite dalle correlative sanzioni, e soggette nella loro ap
plicazione agli ordinari rimedi processuali». Non è compito di
questa corte, ma dei competenti organi della giurisdizione, in
terpretare e applicare le regole processuali, e nemmeno dunque «stabilire se e in che limiti gli impedimenti legittimi derivanti (...) dalla sussistenza di doveri funzionali relativi ad attività di
cui sia titolare l'imputato, rivestano tale carattere di assolutezza
da dover essere equiparati, secondo il dettato dell'art. 486
c.p.p., a cause di forza maggiore». Non v'è dunque luogo ad in
dividuare «regole speciali, derogatorie del diritto comune», e
nemmeno, quindi, la regola che la camera dei deputati vorrebbe
fosse introdotta, per cui costituirebbe impedimento assoluto solo
quello derivante dalla necessità dell'imputato di prendere parte a votazioni in assemblea: il che significherebbe introdurre una
distinzione «fra diversi aspetti dell'attività del parlamentare, tutti riconducibili egualmente ai suoi diritti e doveri funzionali», non potendosi inoltre «escludere che l'esigenza di indire vota
zioni insorga in ogni momento nel corso delle attività delle as
semblee parlamentari, indipendentemente dalla preventiva pro
grammazione dei lavori».
Tuttavia l'autorità giudiziaria, come ogni altro potere, «allor
quando agisce nel campo suo proprio e nell'esercizio delle sue
competenze», deve tener conto «non solo delle esigenze delle
attività di propria pertinenza, ma anche degli interessi, costitu
zionalmente tutelati, di altri poteri, che vengano in considera
zione ai fini dell'applicazione delle regole comuni», e così «ai
fini dell'apprezzamento degli impedimenti invocati per chiedere
il rinvio dell'udienza» (tutte le citazioni sono tratte dalla sen
tenza n. 225 del 2001 ). Pertanto il giudice non può, al di fuori di
un ragionevole bilanciamento fra le due esigenze, entrambe di
valore costituzionale, della speditezza del processo e della inte
grità funzionale del parlamento, far prevalere solo la prima,
ignorando totalmente la seconda.
5. - Nella specie, la Corte d'assise di primo grado di Reggio Calabria non ha rispettato tali principi.
Di fronte all'allegazione di un impedimento, accompagnata da un telegramma del presidente della camera dei deputati, che
attestava inequivocabilmente la concomitanza di «lavori parla mentari» nella stessa data, l'autorità giudicante (che si trovava a
celebrare la prima udienza del processo) non ha operato alcuna
valutazione in concreto atta a confrontare o bilanciare l'interes
se del processo con l'interesse della camera alla partecipazione del suo componente ai lavori in programma, o a rendere compa tibili le due esigenze, ma si è limitata a osservare che non sa
rebbe stato specificato se il deputato avrebbe effettivamente
partecipato ai lavori o se la sua presenza fosse «indispensabile in parlamento».
Essa non ha dunque adeguatamente valutato, in correlazione
con l'interesse del processo, quello a non privare l'assemblea
parlamentare della partecipazione del suo componente, il cui di
ritto-dovere di prendere parte ai lavori sussiste, in linea di prin
cipio, rispetto ad ogni attività della camera di appartenenza: con
ciò ha leso le attribuzioni costituzionali della ricorrente.
Alla constatazione dell'avvenuta lesione consegue l'annulla
mento del provvedimento impugnato, fermo restando che spette rà alle competenti autorità giurisdizionali investite del processo (essendosi questo nel frattempo concluso in primo grado) valu
tare le eventuali conseguenze di tale annullamento sul piano
processuale.
Il Foro Italiano — 2004.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
a) dichiara, in accoglimento del ricorso in epigrafe, che non
spettava alla Corte d'assise di primo grado di Reggio Calabria, senza una valutazione del caso concreto che tenesse conto, oltre
che dell'interesse alla speditezza del processo, dell'interesse
della camera dei deputati alla partecipazione del suo compo nente allo svolgimento delle attività parlamentari, negare la va
lidità dell'impedimento addotto a giustificazione dell'assenza
dell'imputato componente della camera medesima; e conse
guentemente
b) annulla l'impugnata ordinanza 16 novembre 1998 della
Corte d'assise di primo grado di Reggio Calabria.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 luglio 2002, n. 394 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 luglio 2002, n.
30); Pres. Ruperto, Est. Mezzanotte. Ord. Cass. 27 luglio 2001, n. 10313 (G.U., las.s„ n. 49 del 2001).
Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il penale) e pregiudizialità penale — Sentenza di applicazio ne della pena su richiesta — Efficacia nel giudizio per re sponsabilità disciplinare — Retroattività della nuova di sciplina — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc.
pen., art. 444, 445, 653; 1. 27 marzo 2001 n. 97, norme sul
rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, art. 10).
E incostituzionale l'art. 10, 1° comma, l. 27 marzo 2001 n. 97, nella parte in cui prevede che gli art. 1 e 2 stessa legge, con
cernenti gli effetti della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti nel giudizio disciplinare, si riferiscano anche alle sentenze pronunciate anteriormente alla sua en
trata in vigore. (1)
(1) La nuova disciplina, introdotta con la 1. 97/01, ha previsto che anche le sentenze di condanna (e non più solo quelle di assoluzione) hanno efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari, quanto all'accer tamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'af fermazione che l'imputato lo ha commesso e che le sentenze di patteg giamento sono a tal fine parificate alle sentenze di condanna.
La Corte costituzionale rileva come il fondamento del patteggia mento deve essere visto nell'accordo tra p.m. ed imputato sul merito
dell'imputazione e come effetto saliente dell'accordo, secondo la disci
plina previgente, era la garanzia per l'imputato che il suo diritto di di
fesa sarebbe restato integro nel successivo, eventuale, giudizio discipli nare relativo ai medesimi fatti. Per questo la corte ha ritenuto che tale
disciplina non poteva essere retroattivamente rimossa, ma doveva esse re preservata, in quanto indefettibile condizione della già intervenuta
applicazione della pena su richiesta. L'ordinanza di rinvio Cass. 27 luglio 2001. n. 10313, è riportata in
Foro it., 2002, I, 455, con nota dì richiami, e la sentenza in epigrafe è commentata da Aprile, in Nuovo dir., 2002, I, 961, e da Palamara, in
Guida al dir., 2002, fase. 36, 68. Per l'affermazione secondo cui, in tema di rapporto tra procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, le disposizio ni transitorie procedimentali della 1. 97/01 non si applicano ai procedi menti disciplinari già conclusi, ancorché sia in corso controversia civile relativamente al procedimento stesso e comunque alla procedura previ sta dalla contrattazione collettiva per il recesso per giusta causa, atteso
che sarebbe contrario al principio di ragionevolezza ritenere che l'am
ministrazione decada dall'esercizio del potere disciplinare per violazio
ne di regole procedimentali non ancora venute in esistenza nel mo
mento in cui avrebbero dovuto essere applicate, v. Cass. 7 marzo 2003, n. 3483, Foro it., Mass., 305.
Nel senso che la 1. 97/01 è legittimamente applicabile sia ai dipen denti delle pubbliche amministrazioni, sia ai professionisti, v. Cass. 30
luglio 2001, n. 10393, id., Rep. 2002, voce Giudizio (rapporto), n. 36; in senso contrario, Cass. 14 maggio 2003, n. 7365, id., Mass., 657, se
condo cui, in tema di procedimenti disciplinari a carico di professioni
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