sentenza 22 novembre 2000; Giud. Maiore; Maglitto e altre (Avv. Modica) c. Soc. Sgs ThomsonMicroelectronics (Avv. Andronico, Leonardi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1777/1778-1783/1784Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196201 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
prevedente detta capitalizzazione trimestrale (v. Cass. 11 no
vembre 1999, n. 12507, id., 2000, I, 451; 16 marzo 1999, n.
2374, id., 1999,1, 1153; 30 marzo 1999, n. 3096, ibid.). Inoltre, la norma del 3° comma dell'art. 25 d.leg. 4 agosto 1999 n. 342,
prevedente una sorta di sanatoria per le clausole anatocistiche
inserite nei contratti bancari stipulati precedentemente alla deli
bera del comitato interministeriale per il credito e il risparmio di
cui al 2° comma del citato art. 25, è stata recentemente dichia
rata incostituzionale con sentenza 425/00 (id., 2000,1, 3045) del
giudice delle leggi. Conseguentemente, l'importo dovuto dagli
opponenti dovrà essere rideterminato attraverso la capitalizza zione annuale, e non più trimestrale, degli interessi come sopra determinati.
La nullità parziale dei contratti di conto corrente e la conse
guente necessità di rideterminazione del debito dei debitori
principali coinvolge anche la posizione dei fideiussori, stante
l'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria rispetto a quella
principale sancita dall'art. 1939 c.c. Al riguardo, va detto che la
pattuizione con la quale le parti, in deroga all'art. 1939 c.c., hanno stabilito la conservazione dell'efficacia della fideiussione
anche nel caso d'invalidità dell'obbligazione principale, deve
essere considerata non apposta, ai sensi dell'art. 1419 c.c., senza
travolgere l'intero contratto, nei limiti in cui comporti un'ecce
denza quantitativa dell'obbligazione del fideiussore rispetto a
quella dell'obbligato principale, perché in contrasto con il ca
rattere accessorio dell'una riguardo all'altra (v. Cass. 22 giugno
1993, n. 6897, id., Rep. 1993, voce Fideiussione e mandato di
credito, n. 38). Peraltro, va rilevato che tale clausola, contenuta
solo in alcune delle prime fideiussioni stipulate tra le parti in
causa nel 1986, non è stata riproposta nelle fideiussioni stipulate con la fissazione dell'importo massimo garantito, sempre tra le
stesse parti, successivamente al 1992, con la conseguenza che la
deroga al principio dell'accessorietà dell'obbligazione fideius
soria ha cessato di esistere anche nel rapporto contrattuale tra le
parti. Devono, in definitiva, revocarsi i decreti ingiuntivi opposti,
sia con riferimento alla posizione dei debitori principali che a
quella dei fideiussori, per effetto della nullità parziale dei con
tratti di conto corrente azionati in via monitoria, che comporta la necessità di rimettere la causa in istruttoria al fine di rideter
minare, attraverso c.t.u., il credito della banca opposta sulla ba
se dei parametri sopra indicati, essendo gli importi chiesti ed
ottenuti monitoriamente dalla banca comprensivi anche degli interessi addebitati fino all'emissione dei decreti ingiuntivi. Pe
raltro, deve rilevarsi anche che la certificazione prodotta dalla
banca opposta per documentare il credito vantato non è confor
me al disposto di cui all'art. 50 d.leg. 385/93; ed infatti, come
illustrato nella relazione governativa, l'estratto conto di cui al
l'art. 50 si differenzia dall'estratto di saldaconto di cui all'art.
102 r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, perché l'estratto conto deve
rappresentare il risultato di tutte le voci a credito ed a debito ri
cadenti nell'arco di tempo considerato, ivi compresi i diritti di
commissione, le spese, le ritenute fiscali e gli interessi attivi e
passivi maturati, mentre nel caso di specie sono state indicate
solo alcune operazioni compiute tra il 30 marzo 1995 ed il 15
aprile 1995.
Infine, va rilevata la nullità dei decreti ingiuntivi opposti an
che con riferimento alla posizione soggettiva dei debitori in
giunti Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele, dovendo la pre tesa della banca essere necessariamente contenuta, nei confronti
di tali soggetti, quali eredi minori della madre Sorba Gloria, e
quindi, legalmente ed inderogabilmente eredi con il beneficio di
inventario, ai sensi dell'art. 471 c.c., entro i limiti dell'inventa
rio, mentre tale domanda è stata formulata senza limiti e,
ugualmente, senza alcuna limitazione sono stati pronunciati i
decreti ingiuntivi opposti. Al riguardo, rispondendo alle conte
stazioni della banca opposta, secondo la quale limitazioni sog
gettive del tipo di quella in esame andrebbero fatte valere solo
nella fase dell'esecuzione del credito, deve dirsi che la respon sabilità intra vires dell'erede beneficiario per i debiti ereditari
costituisce una qualità del relativo rapporto che assume rilievo
già nella fase antecedente l'esecuzione forzata, precludendo
ogni misura anche cautelare sui beni personali dell'erede, onde
l'interesse di quest'ultimo al relativo accertamento già nel giu dizio di cognizione (così, Cass. 18 maggio 1993, n. 5641, id., Rep. 1994, voce Successione ereditaria, n. 67, che nella specie ha confermato la decisione di merito che aveva riconosciuto
Il Foro Italiano — 2001.
l'interesse del coerede ad opporsi al decreto ingiuntivo emesso
per il pagamento di un debito ereditario senza alcun riferimento
alla qualità di erede beneficiario, sì da esporlo alla responsabi lità ultra vires per l'intero debito).
Conclusivamente, deve emettersi sentenza non definitiva di
revoca dei decreti ingiuntivi opposti, per tutte le ragioni suespo ste.
TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 22 novembre 2000; Giud. Maiore; Maglitto e altre (Avv. Modica) c. Soc. Sgs Thomson Microelectronics (Avv. Andronico, Leonardi).
TRIBUNALE DI CATANIA;
Lavoro (rapporto di) — Parità uomo-donna — Discrimina
zione indiretta — Configurabilità — Fattispecie (L. 10 aprile 1991 n. 125, azioni positive per la realizzazione della
parità uomo-donna nel lavoro, art. 4, 5). Lavoro (rapporto di) — Parità uomo-donna — Discrimina
zione indiretta — Piano di rimozione — Ordine giudiziale (L. 10 aprile 1991 n. 125, art. 4, 5).
Costituisce discriminazione sessuale indiretta di natura colletti
va nell'ambito della progressione in carriera, la richiesta, ai
fini del conseguimento della qualifica superiore al quarto li
vello (c.c.n.l. settore metalmeccanico), di un titolo di studio di
scuola tecnica superiore, trattandosi di un requisito che, sep
pure di carattere formalmente neutro, è riferibile solo al per sonale di sesso maschile, ove non risulti dimostrata l'inciden
za di tale requisito sulla capacità a svolgere le mansioni su
periori (nella specie, la società resistente non aveva mosso
alcuna contestazione in ordine alle risultanze della prova statistica —fornita dalle ricorrenti ai sensi dell'art. 4, 5°
comma, l. n. 125 del 1991 — né addotto alcuna prova al fine di dimostrare l'insussistenza della discriminazione). (1)
La società che ha posto in essere la condotta discriminatoria
sessuale indiretta ha l'obbligo di predisporre, entro il termi
ne di tre mesi, un piano di rimozione delle discriminazioni, mediante un criterio che faccia riferimento alla valutazione
della professionalità pregressa ed escludendo ogni riferi mento al possesso di diploma di scuola superiore. (2)
(1-2) I. - A fronte di una casistica giurisprudenziale in materia di di
scriminazione per ragioni di sesso nell'accesso al lavoro, l'attribuzione
di mansioni e la progressione in carriera, cronicamente priva di spunti significativi, non può sfuggire la rilevanza della pronuncia in epigrafe. In essa, il Tribunale di Catania fa ampio utilizzo dello strumentario
processuale e sanzionatorio messo a disposizione del giudicante dal
l'art. 4 1. n. 125 del 1991 (vecchio testo): 1 ) in primo luogo, su istanza di parte ricorrente, dispone una consu
lenza tecnica al fine dell'accertamento delle percentuali di lavoratori e lavoratrici che. nel corso degli anni, hanno realizzato una progressione in carriera, mediante riconoscimento delle qualifiche superiori;
2) assunti tali elementi alla stregua di prova statistica, idonea a fon
dare, ai sensi dell'art. 4, 5° comma (vecchio testo), la presunzione del
l'esistenza di comportamenti discriminatori in ragione del sesso, e una
volta verificata la carenza di una prova di parte resistente circa l'insus
sistenza della discriminazione, il giudice si pronuncia nei senso della
configurabilità di un comportamento discriminatorio di carattere col
lettivo; 3) pertanto, al fine dì rimediare a tale situazione e scongiurare il re
iterarsi di tale condotta illegittima per il futuro, ordina all'azienda di
predisporre, ai sensi dell'art. 4, 7° comma (vecchio testo), un piano di
rimozione delle discriminazioni, indicando i criteri cui il piano dovrà
attenersi ed il relativo termine finale.
Un elemento che vale la pena mettere in rilievo è che la sentenza
realizza un ampliamento degli ambiti di legittimazione ad esercitare
l'azione a tutela degli interessi collettivi ex art. 4 1. n. 125 del 1991, ri
correndo all'ordine di predisposizione del «piano di rimozione» al di
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1779 PARTE PRIMA 1780
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data
28 febbraio 1997 Maglitto Concetta adiva questo giudice del la
voro e premesso di essere stata assunta dalla Sgs Thomson ed
inquadrata alla quarta categoria funzionale, corrispondente al
primo livello; che negli anni 1971, 1975 e 1992 era stata inqua drata rispettivamente nella terza, seconda e prima categoria, cor
rispondenti al secondo, terzo e quarto livello del contratto col
lettivo nazionale degli operai metalmeccanici, esponeva che le
mansioni svolte potevano essere ricondotte a quelle dei lavora
tori inquadrati nella sesta categoria, riguardo al profilo degli
operatori elettronici del settore elettromeccanico ed elettronico,
in conformità alla declaratoria dell'art. 4 del c.c.n.l. già richia
mato.
In particolare rilevava che le mansioni svolte potevano così
essere riassunte: deporre i componenti elettronici in appositi forni, inviando ordini a mezzo computer controllato da consolle
dalla lavoratrice stessa, mentre il forno è in funzione; provvede re alla preparazione di altre «fette» lavandole in appositi acidi
utilizzando da circa un anno una particolare macchina; sottopor re il componente elettronico a misurazione di precisione, per ve
rificare la rispondenza a uno standard previsto; avviare quindi la
«fetta» a successive fasi di lavorazione, ovvero arrestare la la
vorazione in caso di difformità, e quindi arresto della produzio ne.
Esponeva quindi che tutte le fasi del lavoro richiedevano una
attenzione particolare, essendo correlata alla corretta program mazione dell'elaboratore elettronico variabile a seconda del tipo di «fetta» e allo schema di lavorazione, e rilevava di aver la
«gestione» del reparto, insieme alle altre sue colleghe, sicché le
mansioni svolte dovevano essere ricondotte a quelle dei lavora
tori inquadrati nella sesta categoria, riguardo al profilo degli
operatori elettronici del settore elettromeccanico ed elettronico, in conformità alla declaratoria dell'art. 4 del c.c.n.l. già richia
mato.
Rilevava altresì che, sulla scorta dell'allegata analisi compa rativa, i lavoratori di sesso maschile appartenenti alla stessa
azienda, addetti a mansioni analoghe, erano stati inquadrati, mediamente, a livelli superiori (dal quinto livello in su) e che la
maggioranza delle donne dei reparti di produzione della Sgs Thomson di Catania era collocata al terzo e quarto livello del
l'inquadramento, pur avendo acquisito una professionalità di
fatto corrispondente ad un superiore inquadramento. Deducendo questi ed altri argomenti chiedeva, sia ai sensi
dell'art. 4 del c.c.n.l. cit., che ai sensi dell'art. 4 1. 125/91, l'in
quadramento al sesto livello del c.c.n.l. metalmeccanico delle
imprese pubbliche con effetti normativi e retributivi dal 24 gen naio 1987; il riconoscimento del trattamento economico corri
fuori del caso espressamente previsto da quest'ultima disposizione, al lorché si tratti cioè di azione esperita dal consigliere di parità istituito a livello regionale (nel medesimo senso, dell'ammissibilità dell'azione ex art. 4 1. n. 125 del 1991, con domanda volta ad ottenere un ordine
giudiziale di predisposizione del piano di rimozione delle discrimina zioni indirette, proposta da parte delle lavoratrici uri singuli e in caren za dell'iniziativa del consigliere di parità, Trib. Roma, ord. 30 ottobre 1998, Foro it., 1999,1, 335).
II. - La controversia in rassegna è risolta sulla base dell'originaria formulazione dell'art. 4 1. n. 125 del 1991, alla stregua del principio tempus regit actum.
È da sottolineare, infatti, che il recente d.leg. n. 196 del 2000 (art. 8) ha interamente riformulato la norma con i seguenti esiti, almeno in re lazione ai profili che qui interessano: 1) non risulta modificata la disci
plina in materia di prova statistica e conseguente parziale inversione dell'onere della prova; 2) per contro, l'art. 4, 8° comma (nuovo testo), precisa che «con riguardo alle discriminazioni di carattere collettivo di cui al 7° comma, le consigliere o i consiglieri di parità (...) possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro (.. .)»; ai sensi del successivo 9° comma «il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi dell'8° comma, ordina all'autore della discriminazione di definire un
piano di rimozione delle discriminazioni accertate (...). Nella sentenza il giudice fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della defi nizione ed attuazione del piano».
III. - In giurisprudenza, sulla nozione comunitaria di discriminazione indiretta ai sensi dell'art. 141 del trattato, v. Corte giust. 9 febbraio
1999, causa C-167/97, Seymour-Smith, id., Rep. 1999, voce Unione eu
ropea, n. 1255. In ambito nazionale, su un caso di discriminazione col lettiva dimostrata mediante prova statistica, cfr. Pret. Bologna, decr. 27
giugno 1998, id., 1999,1, 3424, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2001.
spondente al quinto livello del c.c.n.l. del settore dal 20 aprile 1983 fino al 24 gennaio 1987 e la condanna della società alle
conseguenti differenze retributive, oltre alla rivalutazione mo
netaria e agli interessi legali. Con vittoria di spese e compensi. Costituitasi in giudizio la Sgs Thomson s.p.a. preliminar
mente rilevava che la doglianza relativa alla discriminazione, ai
sensi dell'art. 4 1. 125/91 non era seguita da alcuna domanda,
distinta da quella volta al riconoscimento della qualifica supe riore, ai sensi dell'art. 2103 c.c.
Rilevava inoltre che le attività svolte dalla ricorrente rivesti
vano un mero carattere esecutivo, senza possibilità di intervento
sui parametri produttivi e che quindi non erano affatto ricondu
cibili al superiore inquadramento rivendicato e che pertanto la
domanda doveva essere rigettata. Al presente ricorso ne venivano riuniti altri aventi il medesi
mo oggetto, proposti sempre nei confronti della Sgs dalle ricor
renti indicate nell'intestazione.
All'esito della compiuta istruttoria, nel corso della quale si
faceva luogo all'ispezione giudiziale e all'escussione della pro va testimoniale richiesta dalle parti, all'esito della disposta c.t.u., la causa veniva decisa all'udienza odierna come da dispo sitivo che segue di cui ritualmente veniva data lettura.
Motivi della decisione. — Della qualifica superiore. Ritiene
il giudice che dalle acquisizioni istruttorie non emergono ele
menti idonei a suffragare lo svolgimento da parte delle ricor
renti di mansioni riconducibili all'invocato superiore inquadra mento, sicché in ordine a tale capo la domanda va rigettata.
Si legge infatti nella declaratoria dell'invocata sesta categoria
(vi appartengono) «i lavoratori che, oltre a possedere tutte le ca
ratteristiche indicate nel primo alinea della declaratoria della
quinta categoria, svolgono attività di responsabilità operativa avvalendosi eventualmente anche dell'ausilio di altri lavoratori, attività tecnico-manuali che richiedono una visione di insieme e
una completa conoscenza del ciclo del lavoro, delle tecnologie inerenti la propria specializzazione e di quelle correlate, anche
con interventi di regolazione e controllo su! processo produtti vo, finalizzati, per quanto di loro competenza, alla realizzazione
del programma».
Opportuno appare anche il richiamo alla declaratoria della
quinta categoria del citato c.c.n.l. (alla quale appartengono) «i
lavoratori che, oltre a svolgere le attività e a possedere tutte le
caratteristiche indicate nel primo alinea della declaratoria della
quarta categoria, compiono con maggiore autonomia esecutiva e
con l'apporto di particolare personale di competenza operazioni su apparati o attrezzature complessi che presuppongono la co
noscenza della tecnologia specifica del lavoro e del funziona
mento degli apparati stessi».
Dalla lettura delle declaratorie surriportate si evince che le
mansioni ivi descritte sono caratterizzate da una autonomia di
azione (maggiore o minore) che si richiede in misura diversa a
seconda che si tratti di quinta o di sesta categoria (in riferimento
alla quale sì manifesta in capacità di intervenire in un processo produttivo) e che, per come risulta dalle acquisizioni istruttorie, non è dato riscontrare nelle mansioni svolte dalle ricorrenti.
In particolare il teste Lanza (direttore di produzione in alcuni
dei reparti a cui le ricorrenti sono addette) ha riferito che
«quando avviene l'arresto della fase di produzione su segnala zione dell'elaboratore, l'operatore (una delle ricorrenti) non può effettuare alcun intervento ma deve limitarsi a chiamare il capo sala senza avviare altri processi sulla macchina bloccata».
Tale deposizione è stata confermata anche da quanto riferito
dal teste Schillaci (anch'egli direttore di produzione) il quale fra
l'altro ha riferito che «... in pratica per ogni fase di lavorazione
l'operatore di volta in volta addetto deve eseguire le indicazioni
risultanti dalla scheda di lavorazione che accompagna ogni lotto
ed effettuare tramite il computer le operazioni previste dalla
specifica per ogni fase e senza alcuna possibilità di modifiche», ribadendo ulteriormente in capo alle ricorrenti quella mancanza
di autonomia esecutiva, requisito incompatibile con la superiore
qualifica rivendicata.
Né del resto a suffragare la tesi difensiva delle ricorrenti può farsi riferimento alle dichiarazioni testimoniali dalle stesse reci
procamente rese.
Infatti, è ragionevole ritenere che l'interesse al riconosci
mento della superiore qualifica non viene meno nel momento in
cui le ricorrenti rivestono l'ufficio di teste, sicché tali deposi zioni testimoniali avrebbero potuto avere una valenza probatoria
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
adeguata solo se accreditate da altri elementi di prova, nella fat
tispecie mancanti.
Comunque va evidenziato che le stesse ricorrenti hanno rife
rito che la lavorazione sulla singola «fetta» avviene sulla base di
parametri fissati dall'azienda e ancora che sulla scheda di lavo
razione di ogni lotto sono specificati i singoli comandi da invia
re al computer per la lavorazione (così teste Papa), elementi tutti
che dimostrano come le mansioni svolte siano mancanti di quel l'autonomia necessaria per la richiamata declaratoria.
Pertanto la domanda ai sensi dell'art. 2103 c.c. va rigettata. Della discriminazione indiretta. Preliminarmente va rilevato
che, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa della società
resistente, sussiste senz'altro una domanda proposta ai sensi
dell'art. 4, 2° comma, 1. 125/91 in ordine alla quale va quindi emessa una pronuncia da parte del giudice adito.
Ormai consolidato deve ritenersi l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il
pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice «...
interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione {petitum e cau
sa petendi) attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un
bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno im
plicitamente o virtualmente nella domanda ...»: così Cass. 3
febbraio 1999, n. 919, Foro it., Rep. 1999, voce Sentenza civile, n. 22; in questo senso, Cass. 12 ottobre 1999, n. 11455, ibid., n.
26. Nel caso di specie, dalla lettura del ricorso si evince inequi vocabilmente che lo stesso è finalizzato: al riconoscimento del
diritto individuale alla qualifica superiore (ai sensi dell'art.
2103 c.c.) e alla rimozione di una discriminazione per sesso ai
sensi dell'art. 4, 2° comma, 1. 125/91, che quindi, per espressa menzione del ricorrente, costituisce uno degli obiettivi a cui
punta l'azione proposta. Tale qualificazione della domanda è peraltro suffragata dalla
circostanza che nell'esposizione del fatto risultano evidenziati
tutti i requisiti, anche in ordine alla prova (dato statistico), ri
chiesti dal 5° comma dell'art. 4 1. 125/91.
Risulta quindi chiaro, anche dalla lettura del 7° comma, che
la domanda proposta ai sensi dell'art. 4 1. 125/91 è volta in pri mo luogo a richiedere l'accertamento della situazione di discri
minazione indiretta e successivamente la rimozione della stessa,
senza specificare le modalità con cui ciò dovrà avvenire.
La norma surrichiamata rimette al giudice adito di adottare
provvedimenti più idonei alla rimozione dell'accertata discrimi
nazione, sì come avviene con riferimento all'azione promossa ai
sensi dell'art. 700 c.p.c. Pertanto, per ottenere una statuizione che elimini l'accertata
discriminazione non è necessaria alcuna specificazione del pe titum da parte attrice — come per l'appunto nel caso di specie si
è verificato — sicché nessuna violazione del principio di cui al
l'art. 112 c.p.c. può dirsi verificata.
Ritiene poi il giudice che nella fattispecie sussiste senz'altro
una condotta discriminatoria indiretta da parte della società,
avendo quest'ultima richiesto, seppur con l'adesione delle stes
se organizzazioni sindacali, per l'attribuzione di livelli superiori al quarto il diploma di scuola superiore specializzata, ovverosia
un titolo di studio riferibile solo al personale di sesso maschile,
per ammissione della stessa società resistente odierna.
Incontestabili, e comunque come vedremo incontestate, sono
le risultanze della prova statistica, sia di quella allegata al ricor
so sia di quella allegata alla disposta c.t.u. in atti versata, le cui
conclusioni vanno senz'altro condivise in quanto immuni da vi
zio logico e giuridico. Ed invero dalla c.t.u. risulta che alla data di presentazione del
ricorso sono 270 i dipendenti addetti all'area produttiva nei li
velli dal quarto al sesto dello stabilimento di Catania, dei quali le unità addette al reparto LI sono 113 (79 uomini e 34 donne)
ed al reparto M3 157 (56 uomini e 101 donne). Risulta ancora che nei diversi livelli d'inquadramento, per
come evidenziato dalle note statistiche allegate alla c.t.u., gli uomini addetti ai reparti LI e M3 al momento dell'assunzione
erano nella percentuale del 94,82 per cento inquadrati nel quarto livello ed oggi il 74,81 per cento inquadrato al quinto livello;
che invece le donne addette ai reparti LI e M3 al momento del
l'assunzione risultavano inquadrate il 69,12 per cento al primo livello ed il 38 per cento al secondo ed oggi, a distanza di tren
t'anni, il 95,59 per cento (130 unità) inquadrato al quarto livel
lo.
Il Foro Italiano — 2001.
Risulta ancora che al biennio precedente alla presentazione del ricorso fra i dipendenti che hanno conseguito l'inquadra mento superiore al quarto livello, vi è solo una donna nel re
parto LI (percentuale del 3,70 per cento), e una percentuale di
uomini pari al 96,30 per cento, mentre nel reparto M3 l'inqua dramento superiore è stato conseguito da una percentuale di
uomini pari al 100 per cento e di donne pari allo 0.
Risulta infine dalla detta c.t.u. che su 84 lavoratori assunti
con contratti di formazione e lavoro, 80 sono uomini, pari alla
percentuale del 95,24 per cento e 4 donne, pari alla percentuale del 4,76 per cento. Ciò posto va rilevato che la società non solo
non ha mosso alcuna contestazione in ordine alle risultanze del
detto dato statistico, la cui rilevanza probatoria è stata ribadita
dall'art. 4, 5° comma, 1. cit., ma non ha neanche fornito alcuna
prova —
pur avendone l'onere in virtù della citata disposizione — al fine di dimostrare l'insussistenza della dedotta discrimina
zione.
Invero, al fine di giustificare la propria linea di politica occu
pazionale, la Sgs si è limitata a richiamare il verbale di accordo
sindacale e l'allegato del 4 marzo 1998 relativi alla gestione dei
contratti di formazione e lavoro, riferiti alla qualifica di operaio manutentore (quinto livello) — la cui declaratoria è ivi caratte
rizzata dal detto titolo di studio — e a sottolineare il fatto che «è
notorio che presso gli istituti industriali sì iscrivono solo uomini
e non donne».
Nessun elemento di prova ha invece allegato la Sgs Thomson — che per come si è detto ne aveva l'onere — al fine di dimo
strare che per svolgere le mansioni corrispondenti alla qualifica di operaio manutentore sono necessari dei requisiti teorici oltre
che pratici che è possibile acquisire solo grazie al consegui mento del detto diploma.
In proposito non può certo sostenersi che tale titolo di studio
sia stato reso necessario per lo svolgimento di mansioni che
comportano il comando di componenti di elettronica i cui mes
saggi sono in lingua inglese. E infatti evidente che trattasi di frasi in lingua straniera che
ripetitivamente compaiono sul monitor del computer e la cui
comprensione non presuppone affatto una conoscenza di livello
scolastico della lingua inglese ma piuttosto l'avvenuta acquisi zione di una notevole pratica (o professionalità) nell'uso di
quell'apparecchio.
Ugualmente, per quanto riguarda i caratteri pratici della quali fica, non risulta che le mansioni svolte dalle ricorrenti nel corso
della propria carriera fossero eterogenee rispetto a quelle svolte
dai propri colleghi uomini inquadrati poi al livello superiore, in
quanto, dalle acquisizioni istruttorie è emerso che i requisiti per 10 svolgimento dell'attività di operatore (corrispondente al
quarto livello) sono analoghi a quelli dell'attività di operatore manutentore (corrispondente al livello quinto).
Ritiene pertanto il giudice che, all'interno dello stabilimento
della Sgs di Catania, con riferimento ai reparti a cui sono ad
dette le odierne ricorrenti (LI e M3) la progressione in carriera
fra donne e uomini sia avvenuta in modo differenziato, in ragio ne del sesso e quindi illegittimamente ai sensi dell'art. 4, 2°
comma, 1. 125/91.
Invero l'aver richiesto per il conseguimento della qualifica
superiore al quarto livello il titolo di studio di scuola tecnica su
periore integra un comportamento che configura una discrimi
nazione indiretta, trattandosi di un requisito che, seppur for
malmente di carattere neutro, è riferibile, per ammissione della
stessa società resistente, solo al personale di sesso maschile.
Ne deriva che il subordinare la progressione in carriera al
possesso del detto requisito serve chiaramente solo a privilegia re i lavoratori di sesso maschile, ove non risulti dimostrato, co
me per l'appunto è avvenuto nel caso di specie, che incide sulla
capacità a svolgere le mansioni superiori. Ciò posto occorre in questa sede adottare una misura che per
11 futuro scongiuri il reiterarsi di siffatta illegittima condotta di
scriminatoria all'interno dell'azienda.
A tal fine ritiene il giudice che, ai sensi dell'art. 5 1. 125/91,
vada ordinata alla Sgs Thomson la predisposizione, sentite le
organizzazioni sindacali, entro il termine di mesi tre, di un pia no di rimozione delle discriminazioni come sopra accertate che
per l'avanzamento del personale a livelli d'inquadramento supe riore al quarto del c.c.n.l. del settore metalmeccanico introduca
un criterio che faccia riferimento alla valutazione della profes sionalità pregressa, escludendo ogni riferimento' al possesso di
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PARTE PRIMA 1784
diploma (perito elettrotecnico ed elettronico, perito chimico) di
scuola superiore. Nessuna altra statuizione —
quale per esempio quella di con
danna — può essere fatta derivare dall'accertamento della di
scriminazione, in quanto per come si è detto l'azione è volta alla
rimozione della situazione illegittima e all'adozione dei provve dimenti idonei in futuro a scongiurarne il reiterarsi.
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
Cassazione civile — Memoria — Riproduzione del ricorso — Nullità — Estremi (Cod. proc. civ., art. 156, 378).
È nulla, per inidoneità al raggiungimento dello scopo, la me
moria difensiva del ricorrente in Cassazione che riproduce il
contenuto del ricorso, senza modifiche o aggiunte. (1)
Corte di cassazione; sezione III civile; sentenza 9 gennaio
2001, n. 238; Pres. Sommella, Est. Lupo, P.M. Raimondi (conci,
conf.); N. Caiazza (Avv. F. Caiazza) c. Paralisi. Conferma Trib.
Napoli 16 maggio 1997.
(1) La corte torna ad occuparsi del contenuto delle memorie previste dall'art. 378 c.p.c., che, per giurisprudenza costante (fra le più recenti, in motivazione, Cass. 22 novembre 2000, n. 15112, Foro it., 2001, I, 471, con nota di richiami; 27 maggio 1999, n. 5171, e 16 dicembre
1999, n. 14167, id.. Rep. 1999, voce Cassazione civile, nn. 277 e 278; 1° dicembre 1998, n. 12168, id., Rep. 1998, voce cit., n. 277), possono essere utilizzate esclusivamente per illustrare e chiarire i motivi già compiutamente svolti con il ricorso o per confutare le tesi avversarie, ma non per dedurre nuove censure o sollevare nuove questioni non ri levabili anche d'ufficio e neppure per specificare, integrare o ampliare il contenuto dei motivi originari di impugnazione.
Le anzidette memorie (su cui pure C.M. Barone, Memoria, voce del l' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XIX, spec. 2), che, a
seguito di Cass. 4 novembre 1997, n. 10797. Foro it., 1998, I, 2201, con osservazioni di R. Caponi, si depositano, ormai pacificamente, cin
que giorni non liberi prima dell'udienza, sono peraltro distinte dalle «brevi osservazioni per iscritto» previste dall'ultimo comma dell'art. 379 c.p.c. Secondo Cass. 16 dicembre 2000, n. 15902, id., Mass., 1471, infatti, nel giudizio di cassazione, la facoltà degli avvocati delle parti di
presentare in udienza le predette «brevi osservazioni per iscritto» non vale a giustificare la presentazione di un testo difensivo il quale, per la
lunghezza ed il contenuto di contestazione delle tesi difensive dell'av
versario, lasci configurare l'elusìone del termine fissato dall'art. 378
per il deposito di memorie di parte in cancelleria.
* * *
La sentenza è così motivata: Motivi della decisione. — 1. - Va, in
nanzitutto, dichiarata nulla la memoria presentata dal ricorrente a nor ma dell'art. 378 c.p.c., poiché tale atto ha l'identico contenuto del ri corso per cassazione, senza alcuna modifica o aggiunta. Esso, quindi, manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello
scopo per cui è previsto il deposito di memorie di parte, è quello del l'illustrazione ed approfondimento degli atti iniziali del giudizio di cas sazione (ricorso e controricorso). Tale scopo non può essere raggiunto da un atto che, come quello qui considerato, ripete integralmente ed inutilmente il testo del ricorso e che perciò va qualificato nullo ai sensi della disposizione generale prevista dall'art. 156, 2° comma, c.p.c. (Omissis)
Il Foro Italiano — 2001.
Cassazione civile — Documenti nuovi — Comparsa di costi
tuzione di primo grado — Copia — Produzione — Am
missibilità (Cod. proc. civ., art. 372).
È ammissibile la produzione in Cassazione di copia della
comparsa di costituzione di primo grado di una parte, eseguita dal ricorrente sull'assunto della inclusione di tale atto nel fasci
colo di quest'ultima. ( 1 )
Corte di cassazione; sezione III civile; sentenza 23 novem
bre 2000, n. 15148; Pres. Grossi, Est. Talevi, P.M. Nardi (conci,
diff.); Zanon (Avv. Massano, Cornelio) c. Charkhandaz (Avv.
Lotti). Cassa Trib. Venezia 20 maggio 1997.
(1) La corte richiama a sostegno dell'affermazione riassunta in mas sima Cass. 6 marzo 1998, n. 2482, Foro it., Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 234, e 22 gennaio 1998, n. 570, ibid., n. 235 (riportata, per al
tra parte, in Giust. civ., 1999,1, 255, con nota di Santagada). La sentenza n. 2482 del 1998, che ha ricollegato alla inosservanza
dell'art. 372 c.p.c. non l'inammissibilità del ricorso ma quella della
produzione documentale eseguita in violazione della norma, ha ricono sciuto alla parte la possibilità di produrre in Cassazione anche il proprio fascicolo di primo grado, ancorché non depositato nel giudizio di ap pello, ritenendone tuttavia precluso l'esame al giudice di legittimità. La sentenza n. 570 del 1998 ha precisato, dal canto suo, che non è vietata
l'allegazione al ricorso in Cassazione dei documenti già acquisiti al
giudizio nei gradi precedenti, o perché prodotti da esso ricorrente ovve ro dalle controparti, o perché acquisiti in causa d'ufficio.
Tali essendo le enunciazioni in parte qua delle pronunzie richiamate nella motivazione della riportata sentenza, non appare agevole conci liare l'affermazione riassunta in massima con l'assunto, propalato in
motivazione, della verificabilità, s'intende ad opera della Corte di cas
sazione, del «fatto che» la copia prodotta «abbia effettivamente fatto
parte del fascicolo», anche perché, come si è visto, la citata Cass. n. 2482 del 1998, sembra avere escluso la possibilità di esame, ad opera della Cassazione, dei documenti come sopra prodotti con il ricorso.
[C.M. Barone]
* * *
La sentenza è così motivata: Motivi della decisione. — (Omissis). Il ricorso degli Zanon va accolto per quanto di ragione.
La produzione della suddetta copia della comparsa di risposta di
Aghdas Noghreh Khameh (dalla quale emerge che gli avvocati Fabio Baret e Mauro Albertini erano suoi difensori e domiciliatari) deve rite nersi rituale. Infatti va affermato a tal proposito il seguente principio di diritto. Il divieto, stabilito dall'art. 372 c.p.c., di produrre nuovi docu menti nel giudizio di cassazione (fatta eccezione per «. . . quelli che ri
guardano la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ri corso e del controricorso . . . ») non riguarda gli atti e documenti già fa centi parte del fascicolo di ufficio e/o di un fascicolo di parte di un pre cedente grado del processo («. . . atti e documenti non prodotti nei pre cedenti gradi del processo . ..»); con la conseguenza che qualora una
parte produca in Cassazione una copia di un atto o documento assu mendo che ha fatto parte del fascicolo di ufficio e/o di un fascicolo di
parte di un precedente grado del processo, la sussistenza di un siffatto assunto è sufficiente perché la produzione non possa essere considerata senz'altro inammissibile nel giudizio di legittimità, ma vada invece
presa in esame (cfr. Cass. 6 marzo 1998, n. 2482, Foro it., Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 234; 22 gennaio 1998, n. 570, ibid., n. 235), restando peraltro ovviamente impregiudicata ogni questione in ordine alla corrispondenza all'originale della copia ed in ordine al fatto che abbia effettivamente fatto parte di uno dei predetti fascicoli. (Omissis)
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