sentenza 23 aprile 1998, n. 143 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 29 aprile 1998, n. 17);Pres. Granata, Est. Santosuosso; Del Frate (Avv. Petronio, Vacirca) c. Caseificio sociale S. Paolo;interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Parma 19 maggio 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 29 del 1997)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2057/2058-2059/2060Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193098 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che il ricorrente chiede pertanto che la corte, dichiarata l'am
missibilità del ricorso, risolva il conflitto ripristinando il diritto dei membri del parlamento a non essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse in presenza di una deliberazione di insin
dacabilità della camera di appartenenza; che il ricorrente afferma, in ordine al suo diritto a ricorrere
alla corte per denunciare il conflitto tra poteri dello Stato, che
essendo i singoli organi giurisdizionali legittimati ad essere par te nei conflitti di attribuzione, analoga legittimazione non può essere negata ai singoli parlamentari «aggrediti» da comporta menti degli organi giudiziari che attentano alle prerogative par
lamentari;
che, successivamente alla presentazione del predetto ricorso,
la camera dei deputati ha, a sua volta, in data 7 gennaio 1998,
proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato nei confronti del Tribunale civile di Ferrara e del giudice istruttore del medesimo tribunale in relazione alla medesima vi
cenda processuale; che con tale ricorso la camera dei deputati espone che, sebbe
ne fosse stata affermata con delibeazione in data 14 settembre
1995 l'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Sgar
bi, il Tribunale di Ferrara aveva egualmente proceduto nello
svolgimento del procedimento civile;
che, in particolare, con ordinanza collegiale in data 5 feb
braio 1997 il Tribunale di Ferrara aveva rimesso la causa al
giudice istruttore per la prosecuzione dell'istruttoria e questi con
ordinanza in data 25 luglio 1997 aveva fissato udienza per l'as
sunzione delle prove ammesse;
che la camera ricorrente deduce che il giudice istruttore del
Tribunale di Ferrara ha ecceduto i limiti delle proprie attribu
zioni, invadendo la sfera di potestà costituzionalmente garanti ta alla camera stessa dall'art. 68, 1° comma, Cost., e pertanto chiede alla corte: di dichiarare che il Tribunale di Ferrara e
il giudice istruttore del predetto tribunale non potevano prose
guire nel giudizio civile di responsabilità nei confronti del depu tato Sgarbi; di dichiarare che spetta alla competenza esclusiva
della camera pronunciarsi sulla sindacabilità dei comportamenti dei suoi componenti ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.; di
annullare tutti gli atti compiuti dal Tribunale di Ferrara dopo la deliberazione di insindacabilità della camera in data 14 set
tembre 1995.
Considerato che i ricorsi vanno riuniti in quanto la materia
dei conflitti è oggettivamente identica e si riferisce al medesimo
giudizio civile; che in questa fase del giudizio la corte è chiamata a decidere
preliminarmente, senza contraddittorio, a norma dell'art. 37,
3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, se i ricorsi siano am
missibili, in quanto esista la materia di un conflitto la cui riso
luzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti
soggettivi e oggettivi richiamati dal 1° comma dello stesso ar
ticolo;
che, con riferimento al ricorso proposto dalla camera dei de
putati, la ricorrente è legittimata a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la propria vo
lontà in ordine all'applicabilità dell'art. 68, 1° comma, Cost.; che al Tribunale di Ferrara va riconosciuta la legittimazione
passiva, in quanto organo competente a dichiarare definitiva
mente la volontà del potere cui appartiene, nell'ambito delle
funzioni giurisdizionali ad esso attribuite per la decisione sulla
domanda di risarcimento del danno avanzata in sede civile;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo, la ricorrente la
menta la lesione di attribuzioni ad essa spettanti in base alla
Costituzione;
che, per quanto riguarda il ricorso proposto personalmente
dal deputato Sgarbi, l'attribuzione che può essere difesa me
diante lo strumento del conflitto costituzionale è la potestà ri
conosciuta alla camera di dichiarare che l'opinione espressa da
un proprio componente rientra nella sfera dell'insindacabilità
(cfr. sentenze n. 265 del 1997, Foro it., 1997, I, 2361; n. 443
del 1993, id., 1994, I, 985, e n. 1150 del 1988, id., 1989, I, 326), sicché l'organo costituzionale legittimato a sollevare con
flitto con l'autorità giudiziaria è esclusivamente la camera di
appartenenza, e non anche il singolo parlamentare; che il parlamentare non rimane comunque privo di tutela in
ordine alla posizione soggettiva di irresponsabilità riconosciuta
li Foro Italiano — 1998.
gli dall'art. 68, 1° comma, Cost.: ove l'autorità giudiziaria con
tinui a procedere malgrado l'intervenuta deliberazione di insin
dacabilità della camera, il membro del parlamento può infatti
ricorrere agli opportuni rimedi endoprocessuali per ottenere che
lo stesso organo procedente o altre istanze giudiziarie prendano atto della deliberazione parlamentare, salva la facoltà dell'auto
rità giudiziaria di sollevare a sua volta conflitto di attribuzione
davanti a questa corte (v. sentenza n. 275 del 1997, cit.); che il conflitto sollevato dal deputato Sgarbi è circoscritto
ai rapporti tra prerogative parlamentari e autorità giudiziaria delineati dall'art. 68, 1° comma, Cost., restando impregiudica ta la questione se in altre situazioni siano configurabili attribu
zioni individuali di potere costituzionale, per la cui tutela il sin golo parlamentare sia legittimato a ricorrere allo strumento del
conflitto tra poteri dello Stato.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla
camera dei deputati nei confronti del Tribunale civile di Ferrara
e del giudice istruttore presso il predetto tribunale con il ricorso
indicato in epigrafe; dispone: a) che la cancelleria della corte dia immediata comu
nicazione alla camera dei deputati, ricorrente, della presente or
dinanza; b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Tribunale civile di Ferrara e al giu dice istruttore presso il predetto tribunale entro dieci giorni dal
la comunicazione; dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione
sollevato dal deputato al parlamento Vittorio Sgarbi, deposita to il 9 settembre 1997.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 aprile 1998, n. 143
0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 aprile 1998, n. 17); Pres. Granata, Est. Santosuosso; Del Frate (Avv. Petro
nio, Vacirca) c. Caseificio sociale S. Paolo; interv. Pres. cons,
ministri. Ord. Pret. Parma 19 maggio 1997 (G.U., la s.s., n. 29 del 1997).
Lavoro (rapporto di) — Regime convenzionale di stabilità reale
nelle piccole imprese — Licenziamento disciplinare — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 44; 1. 15
luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art.
8; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà
e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art.
18; 1. 11 maggio 1990 n. 108, disciplina dei licenziamenti indi
viduali, art. 1, 2).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
8 I. 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dall'art. 2 I. 11
maggio 1990 n. 108, nella parte in cui non prevede che al
licenziamento intimato in violazione dell'art. 7 l. 300/70 da
parte di un piccolo imprenditore, soggetto solo in forza di
contratto collettivo al regime dell'art. 18 I. 300/70 medesima, siano comunque inderogabilmente applicate le norme relative
alla tutela obbligatoria di cui al citato art. 8, in riferimento
agli art. 3 e 44, 10 comma, Cost. (1)
(1) Con la presente sentenza la Corte costituzionale perviene alla sta tuizione di infondatezza attraverso i seguenti passaggi, tutti espressione di principi già enunciati dal giudice delle leggi: a) l'autonomia collettiva
può essere compressa o annullata solo quando introduca un trattamen
to deteriore rispetto a quello previsto dalla legge, ovvero, nell'ipotesi
opposta, esclusivamente a salvaguardia di superiori interessi generali (Corte cost. 26 marzo 1991, n. 124, Foro it., 1991, I, 1333, con nota di richiami; 7 febbraio 1985, n. 34, id., 1985, I, 975, con nota di O.
Mazzotta, Il neocontrattualismo alla prova, e ibid., 1923, con nota di C. Brusco, Autonomia negoziale del sindacato e prassi concertative
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2059 PARTE PRIMA 2060
Diritto. — 1. - Il Pretore di Parma ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli art. 3 e 44, 1° comma, Cost., dell'art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), come modificato dall'art. 2 1. 11 mag gio 1990 n. 108, nella parte in cui non prevede e non consente
che al licenziamento disciplinare intimato in violazione dell'art. 7 del c.d. statuto dei lavoratori (1. 20 maggio 1970 n. 300) da parte di un piccolo imprenditore, soggetto convenzionalmente
al regime dell'art. 18 dello statuto medesimo, siano comunque e inderogabilmente applicate le norme relative alla tutela obbli
gatoria di cui al citato art. 8, specifiche per tale tipo di impren ditore.
2. - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibi lità dedotta sia dalla parte costituita che dall'avvocatura dello
Stato, secondo la quale la questione sarebbe dovuto essere pro
posta nei confronti non della norma denunciata, ma dell'art.
12 1. n. 604 del 1966 e dell'art. 40, 2° comma, 1. 20 maggio 1970 n. 300, che fanno salve le disposizioni dei contratti collet
tivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori. In realtà, tali ultime norme si limitano a ribadire un principio
generale che, nel quadro dell'autonomia negoziale, informa il
diritto del lavoro, in forza del quale i contratti di lavoro posso no derogare in melius alle norme di legge non imperative, come
si verifica anche nella presente fattispecie. Nella quale, tuttavia, la normativa che il pretore è chiamato direttamente ad applica re è in effetti quella che stabilisce le sanzioni in caso di licenzia mento illegittimo e che è dettata dall'art. 8 1. n. 604 del 1966
e dall'art. 18 1. n. 300 del 1970. È vero che viene impugnata soltanto la prima di tali disposizioni, ma ciò si giustifica in quanto essa rappresenta la disciplina che sarebbe applicabile alla fatti
specie concreta in mancanza di una diversa pattuizione del con
tratto collettivo; ed è appunto la derogabilità dell'art. 8 ad esse
re censurata.
3. - Nel merito la questione non è fondata.
Non si può, infatti, affermare che il legislatore, nella discipli na delle conseguenze sanzionatorie derivanti dai licenziamenti
illegittimi, abbia equiparato il trattamento di situazioni ontolo gicamente differenti, come sostenuto dal giudice rimettente nel
denunziare la violazione dell'art. 3 Cost.
Prescindendo dall'ulteriore parificazione, quanto alle suddet
te conseguenze sanzionatorie, della violazione delle norme rela
tive alla mera procedura di licenziamento e di quelle che preve dono i motivi giustificativi dello stesso — parificazione che il
centralizzate davanti alla Corte costituzionale); b) anche se nell'art. 44 Cost, è ravvisabile un principio generale di favore per le piccole impre se, ciò non significa che per i dipendenti di queste ultime debba sempre escludersi la c.d. tutela reale del posto, come è nel caso di licenziamen to privo di forma scritta (Corte cost. 23 novembre 1994, n. 398, id., 1995, I, 19, con nota di richiami; contra, Trib. Milano 9 aprile 1997, Orient. giur. lav., 1997, 450; Pret. Parma 18 giugno 1996, Foro it., 1997, I, 330, con nota di richiami, anche al dominante indirizzo nel medesimo senso della Corte costituzionale, e, da ultimo, Cass. 10 no vembre 1997, n. 11094, 28 ottobre 1997, n. 10624, 23 giugno 1997, n. 5596, id., Mass., 1096, 1053, 546; 29 novembre 1996, n. 10697, id., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1365); c) l'art. 18 I. n. 300 del 1970 non è norma speciale né eccezionale, ma è dotato di forza espansi va riguardo a casi diversi, purché assimilabili per identità di ratio (Cor te cost. 24 marzo 1988, n. 338, id., Rep. 1988, voce cit., n. 2215; ma
già Corte cost. 30 novembre 1982, n. 204, id., 1982, I, 2981, con nota di G. Silvestri). Prima ancora, però, la corte dà per scontata, come il giudice rimettente, l'applicazione della tutela reale convenzionale alla violazione dell'art. 7 1. n. 300, cit.: in senso conforme, con riguardo però all'applicazione della tutela convenzionale prevista per il licenzia mento ingiustificato dei dirigenti, che secondo alcuni, con riguardo ai
dirigenti non componenti la direzione dell'intera azienda del settore c.d.
Assicredito, è di tipo reale (cfr., di recente, A. Vallebona, Tutele giu risdizionali e autotutela individuale del lavoratore, Cedam, Padova, 1995, 59; contra, per il carattere obbligatorio della tutela, pur se non standar dizzato come per l'ipotesi dell'art. 8 1. n. 604 del 1966, P. Tosi, La
questione del licenziamento cosiddetto disciplinare del dirigente d'azienda, in AA.VV., Questioni attuali di diritto del lavoro, in Notiziario giuris prudenza lav., 1989, suppl., 183 ss.), cfr. Cass. 19 dicembre 1997, n.
12902, Foro it., Mass., 1237; al riguardo, cfr., altresì, in riferimento al contratto dei dipendenti delle esattorie-tesorerie gestite dai privati, Cass. 27 novembre 1997, n. 12001, id., 1998,1, 729, con nota di richia
mi; contra, L. de Angelis, Il licenziamento disciplinare del dirigente. Essere dell'ontologia o non essere del potere disciplinare?, in Riv. giur. lav., 1997, I, 26 ss.
li Foro Italiano — 1998.
giudice a quo non censura —, il legislatore ha effettivamente
previsto sanzioni differenti a seconda che ci si trovi nelle picco le ovvero nelle inedie e grandi imprese. Ma nel caso di specie è stata la contrattazione collettiva integrativa ad estendere an
che alle imprese minori la disciplina dettata per quelle maggiori dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori.
Orbene, l'autonomia collettiva, se non è priva di limiti legali — potendo sempre il legislatore stabilire criteri direttivi o vin coli di compatibilità con obiettivi generali —, non può tuttavia essere annullata o compressa nei suoi esiti concreti, tra i quali, ad esempio, la determinazione della misura delle retribuzioni
0, appunto, la disciplina sanzionatoria in caso di licenziamento
illegittimo; compressione ed annullamento che possono verifi
carsi solo quando detta autonomia introduca un trattamento
deteriore rispetto a quanto previsto dalla legge, ovvero, nell'i
potesi opposta, esclusivamente a salvaguardia di superiori inte
ressi generali (cfr. le sentenze n. 34 del 1985, Foro it., 1985,
1, 975, e n. 124 del 1991, id., 1991, I, 1333), interessi che non sono ravvisabili nella presente fattispecie.
A fondamento della questione non è neppure invocabile l'art.
44 Cost., riguardo al quale questa corte ha già avuto modo
di precisare che, anche se è ravvisabile in esso un principio ge nerale di favore per le piccole imprese (giustificato soprattutto da fini occupazionali), ciò non significa che per i loro dipen denti debba sempre escludersi la c.d. tutela reale del posto di
lavoro: al contrario, questa deve ritenersi operante nel caso di
un licenziamento privo dell'essenziale forma scritta (cfr. la sen
tenza n. 398 del 1994, id., 1995, I, 19) e, a maggior ragione,
nell'ipotesi in cui il datore di lavoro si sia liberamente impegna
to, nella contrattazione collettiva, a garantire detta maggior tutela.
Infine, occorre ricordare che l'art. 18 dello statuto dei lavo
ratori, prevedendo tale forma di tutela, non è norma speciale né eccezionale, ma è dotato di forza espansiva, che lo rende
applicabile anche a casi diversi, purché assimilabili per identità di ratio (cfr. l'ordinanza n. 338 del 1988, id., Rep. 1988, voce
Lavoro (rapporto), n. 2215). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 1. 15 lu
glio 1966 n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), come mo dificato dall'art. 2 1. 11 maggio 1990 n. 108, sollevata in riferi
mento agli art. 3 e 44, 1° comma, Cost., dal Pretore di Parma
con l'ordinanza di cui in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 aprile 1998, n. 138
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 aprile 1998, n. 17); Pres. Granata, Est. Mezzanotte; interv. Pres. cons, mini
stri. Ord. App. Trieste 18 marzo 1997 (G.U., la s.s., n. 21
del 1997).
Circostanze di reato — Circostanze attenuanti — Riparazione del danno — Questione infondata di costituzionalità nei sensi
di cui in motivazione (Cost., art. 3; cod. pen., art. 62).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione (posto che, ad avvi
so della corte, la circostanza attenuante della riparazione del
danno si applica anche quando l'intervento riparatorio sia stato
compiuto, prima del giudizio, dall'assicuratore della respon sabilità civile dell'imputato), la questione dì legittimità costi tuzionale dell'art. 62, n. 6, c.p., in riferimento all'art. 3
Cost. (1)
(1) La circostanza attenuante comune della riparazione del danno, prevista dalla prima parte dell'art. 62, n. 6, c.p., è da sempre al centro di un vivace dibattito nell'ambito della dottrina e della giurisprudenza.
Al di là del problema teorico di fondo, concernente la classificazione della circostanza, secondo lo schema dell'art. 70 c.p., come oggettiva
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