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sentenza 23 luglio 2002, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 31 luglio 2002, n. 30); Pres....

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sentenza 23 luglio 2002, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 luglio 2002, n. 30); Pres. Ruperto, Est. Onida; Regioni Liguria (Avv. Baroli) e Emilia-Romagna (Avv. Falcon, Manzi) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Favara); interv. Comune di Genova Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2563/2564-2571/2572 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198677 . Accessed: 28/06/2014 12:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.0.146.7 on Sat, 28 Jun 2014 12:45:36 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 23 luglio 2002, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 luglio 2002, n. 30);Pres. Ruperto, Est. Onida; Regioni Liguria (Avv. Baroli) e Emilia-Romagna (Avv. Falcon, Manzi)c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Favara); interv. Comune di GenovaSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2563/2564-2571/2572Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198677 .

Accessed: 28/06/2014 12:45

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2563 PARTE PRIMA 2564

pensioni erogate ai giornalisti dall'Inpgi (sentenza n. 209 del

1984) ed ai notai dalla relativa cassa (sentenza n. 155 del 1987,

id., 1987, I, 1665), nonché alle rendite corrisposte dall'Inail

(sentenza n. 572 del 1989, id., 1990,1, 2137).

Così come per i crediti alimentari, non sussiste ragione alcu

na, con riguardo a quelli tributari, perché i titolari di pensioni

Inps godano di un trattamento di favore — rispetto ai dipendenti dalle pubbliche amministrazioni e, conseguentemente, ai profes sionisti che percepiscono assegni dalle rispettive casse di previ denza —- in punto di pignorabilità o sequestrabilità dei crediti da

essi vantati, a titolo di pensioni, assegni o altre indennità, nei

confronti dell'Inps).

Conseguentemente, assorbito ogni ulteriore rilievo relativa

mente all'invocato art. 53 Cost., deve dichiararsi l'incostituzio

nalità dell'art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, nella parte in

cui esclude la pignorabilità di pensioni, indennità che ne tenga no luogo ed assegni fino alla concorrenza di un quinto, valutato

al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e

ai comuni, facenti carico, fino dalla loro origine, al pensionato. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti

mità costituzionale dell'art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827

(perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza

sociale), convertito, con modificazioni, nella 1. 6 aprile 1936 n.

1155, nella parte in cui non consente, entro i limiti stabiliti dal

l'art. 2, 1° comma, n. 3, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 (approva zione del t.u. delle leggi concernenti il sequestro, il pignora mento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipen denti dalle pubbliche amministrazioni), la pignorabilità per cre

diti tributari di pensioni, indennità che ne tengano luogo ed as

segni corrisposti dall'Inps.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 luglio 2002, n.

376 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 luglio 2002, n.

30); Pres. Ruperto, Est. Onida; Regioni Liguria (Avv. Baro

li) e Emilia-Romagna (Avv. Falcon, Manzi) c. Pres. cons,

ministri (Avv. dello Stato Favara); interv. Comune di Geno

va.

Atto amministrativo — Delegificazione e semplificazione dei

procedimenti — Regolamenti «di delegificazione» — Ma terie di competenza regionale — Questione infondata di

costituzionalità (Cost., art. 117, 118; 1. 15 marzo 1997 n. 59,

delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica ammi

nistrazione e per la semplificazione amministrativa, art. 20; 1.

24 novembre 2000 n. 340, disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti ammini

strativi, art. 1 ). Economia nazionale e programmazione economica —

Spor tello unico per le attività produttive — Enti coinvolti nel

procedimento — Riconoscimento di attività istruttorie —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 5, 70, 71,

72, 81, 97, 101, 111, 113, 117, 118, 119, 128, 129; d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, conferimento di funzioni e compiti ammi

nistrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attua

zione del capo 11. 15 marzo 1997 n. 59, art. 27 bis; 1. 24 no

vembre 2000 n. 340, art. 6).

E infondata la questione di legittimità costituzionale dell 'art. 1,

1°, 2°, 3° e 4° comma, lett. a.), I. 24 novembre 2000 n. 340, nella parte in cui prevede la delegificazione e la semplifica zione, ai sensi dell'art. 20 l. 15 marzo 1997 n. 59, di una se

rie di procedimenti amministrativi e di adempimenti elencati

nell'allegato A alla legge stessa e la soppressione di quelli elencati nell'allegato B e stabilisce che, nelle materie di cui

all'art. 117, 1° comma, Cost., i regolamenti di delegificazio

II Foro Italiano — 2003.

ne trovano applicazione solo fino a quando la regione non

provveda a disciplinare autonomamente la materia medesi

ma, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost. (1) E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6

l. 24 novembre 2000 n. 340, nella parte in cui introduce l'art.

27 bis nel d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, che, con riguardo alla

determinazione di misure organizzative per lo sportello unico

delle imprese, qualifica come «atti istruttori» gli atti ed i

provvedimenti propri dei diversi enti coinvolti nel procedi

mento, in riferimento agli art. 5, 70, 71, 72, 81, 97, 101, 111,

113, 117, 118, 119, 128 e 129 Cost. (2)

(1-2) La decisione si presenta assai interessante sia sotto il profilo del processo costituzionale, relativamente ai riflessi della revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione sui giudizi in corso, sia sotto l'aspetto sostanziale dei limiti del potere regolamentare statale e

degli effetti della c.d, delegificazione nelle materie di competenza re

gionale. Sotto il primo aspetto la Corte costituzionale afferma che la questio

ne sollevata deve essere decisa facendo riferimento solo al parametro costituzionale vigente al momento del ricorso e quindi nel testo anterio re alla riforma, osservando come la sorte dei regolamenti emanati prima della riforma, sulla base della legge impugnata, discende dall'applica zione del principio di continuità, in base al quale restano in vigore le norme preesistenti stabilite in conformità al passato quadro costituzio

nale, fin quando non sono sostituite da nuove norme dettate dalla re

gione sulla base della competenza ad essa riconosciuta dal nuovo testo della Costituzione. La corte aggiunge pure che «le regioni non manche rebbero di strumenti processuali per censurare eventuali nuove manife stazioni di potestà regolamentare statale, che fossero ritenute in contra sto con le attribuzioni ora ad esse spettanti, aprendo così anche la stra

da, ove necessario, ad una valutazione della ulteriore applicabilità e della compatibilità della norma di legge qui impugnata nel nuovo qua dro costituzionale».

Per l'affermazione, nel giudizio proposto in via principale, del prin cipio di continuità, v. Corte cost. 18 ottobre 2002, n. 422, Foro it., 2003, I, 1661, con nota di richiami e osservazioni di Romboli, nonché Corte cost. 28 marzo 2003, nn. 92, 93 e 96, G.U. n. 13 del 2003; 5 giu gno 2003, n. 197, id., n. 23 del 2003, e, nel giudizio in via incidentale, Corte cost. 24 giugno 2003, n. 223, Foro it., 2003, I, 2208, con nota di richiami.

Nel merito la Corte costituzionale procede ad una puntuale ricostru zione della propria giurisprudenza e dei principi da questa affermati in ordine all'intervento di regolamenti statali in materia di competenza re

gionale. Essa ricorda come questi ultimi, compresi i c.d. regolamenti di

delegificazione, non potessero regolare materie di competenza legisla tiva regionale e che, d'altra parte, diversi settori, in mancanza di una

disciplina regionale, restano ancora regolati da leggi statali. In base a tali considerazioni la corte conclude che «l'emanazione dei regolamenti statali di delegificazione, riguardanti eventualmente ambiti materiali di

competenza regionale, non ha alcun effetto abrogativo né invalidante sulle leggi regionali in vigore, sia emanate in attuazione dei principi di

semplificazione, sia semplicemente preesistenti, né produce effetti di vincolo per i legislatori regionali. Le norme regolamentari vanno sem

plicemente a sostituire, in parte qua, le norme legislative statali di det

taglio che già risultassero applicabili, a titolo suppletivo e cedevole, in assenza di corrispondente disciplina regionale».

Per la questione di costituzionalità dell'art. 14, 3° comma, d.leg. 30

aprile 1998 n. 173 per presunto contrasto con il nuovo art. 117 Cost., in

quanto il regolamento sulla semplificazione ed armonizzazione di pro cedure relative al settore vitivinicolo, approvato con d.p.r. 4 febbraio 2000, nel prevedere l'adozione di ulteriori regolamenti delegati appare in contrasto con il nuovo assetto costituzionale che non assegna la ma teria vitivinicola alla potestà legislativa statale, v. Corte conti, sez. centr. contr. Stato legittimità, ord. 13 giugno 2002, n. 2/P, id.. Rep. 2002, voce Agricoltura, n. 91, e analogamente, con riguardo all'art. 20, 2° comma, 1. 59/97, in quanto il regolamento governativo (approvato con d.p.r. 3 settembre 1999 n. 353) per la semplificazione dei procedi menti relativi alla composizione e al funzionamento delle commissioni

provinciali per l'artigianato, previsto nel citato art. 20, attiene ad una materia (l'artigianato) sottratta alla potestà legislativa statale, v. Corte

conti, sez. centr. contr. Stato legittimità, ord. 13 giugno 2002, n. 2/P,

cit., ibid., voce Regione, n. 500; la stessa Corte conti, sez. contr. Stato, 30 dicembre 2000, n. 115, id., Rep. 2001, voce Artigianato, n. 27, ave va invece ritenuto, prima della revisione costituzionale dell'art. 117

Cost., che, nonostante la materia dell'artigianato rientri tra quelle asse

gnate alla potestà legislativa delle regioni (concorrente per le regioni a statuto ordinario, esclusiva per quelle a statuto speciale), non è illegit timo l'inserimento della stessa tra quelle che il regolamento previsto dall'art. 20, 8° comma, 1. 59/97 sottopone a semplificazione: l'inclu sione appare necessaria perché il regolamento riguarda attività che pos sono essere svolte anche in forma artigianale.

A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, 4° comma, lett. a), 1.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - I due ricorsi, promossi rispettivamente dalla

regione Liguria (reg. ric. n. 25 del 2000) e dalla regione Emilia

Romagna (reg. ric. n. 2 del 2001), sollevano questioni di legit timità costituzionale di alcune disposizioni, parzialmente coin

cidenti, della 1. 24 novembre 2000 n. 340 (disposizioni per la

delegificazione di norme e per la semplificazione di procedi menti amministrativi -

Legge di semplificazione 1999). I giudizi

possono dunque essere riuniti per essere decisi con unica pro nunzia.

2. - Deve preliminarmente essere dichiarato inammissibile

l'intervento spiegato dal comune di Genova nel giudizio pro mosso con ricorso della regione Liguria (reg. ric. n. 25 del

2000), per l'assorbente ragione che il relativo atto è stato depo sitato quando il termine di cui all'art. 23, 3° comma, delle nor

me integrative era scaduto, anche se dovesse computarsene la

decorrenza dal giorno della pubblicazione del ricorso nella Gaz

zetta ufficiale. 3. - Entrambe le regioni ricorrenti impugnano l'art. 1 1. n. 340

del 2000: la regione Liguria censura il 1°, 2°, 3° e 4° comma, lett. a); la regione Emilia-Romagna censura il solo 4° comma, lett. a). Ma la sostanza delle due impugnazioni non è diversa.

340/00, Corte cost., ord. 23 marzo 2001, n. 77, ibid., voce Regione, n.

219, commentata da Mabellini, in Giur. costit., 2001, 523, ha ordinato la restituzione al giudice a quo degli atti, in relazione alle questioni di costituzionalità proposte nei confronti di diverse disposizioni legislati ve, in quanto autorizzano l'emanazione di regolamenti di delegificazio ne in materie attribuite alla competenza delle regioni.

In ordine all'intervento di regolamenti di delegificazione in materie di competenza regionale, v. Corte cost. 14 dicembre 1998, n. 408, Foro

it., 2000, I, 1354, con nota di richiami, che ha dichiarato infondate le

questioni di legittimità costituzionale degli art. 1, 2, 2° comma, 3, 1°

comma, lett. c) ed/), 4, 1°, 2°, 3° comma, lett. a), e 5° comma, 8, ad esclusione del 5° comma, lett. c), 9, 1° comma, prima parte, e 20, dal 1° al 7° comma, 1. 59/97, nella parte in cui stabiliscono la delega al gover no per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali ed i relativi criteri direttivi, nonché in tema di regolamenti di delegifi cazione.

Sui problemi connessi all'intervento della fonte regolamentare sta tale a regolare, a fini di semplificazione amministrativa, materie di sup posta competenza regionale, v. Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2002, n.

2537, id., Rep. 2002, voce cit., n. 523, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, 3°

comma, d.leg. 19 novembre 1997 n. 422, nella parte in cui demanda ad un regolamento la disciplina della navigazione nella laguna, perché rientra nei poteri del legislatore la scelta di modelli istituzionali che mi rano alla semplificazione e al coordinamento delle competenze, nonché alla chiarezza della normativa in settori essenziali per la tutela dell'am

biente; Corte conti, sez. contr. Stato, 17 gennaio 2001, n. 5, id., Rep. 2001, voce Amministrazione dello Stato, n. 167, secondo cui, conside rata l'esigenza di semplificare e snellire le procedure, in relazione so

prattutto all'aggiornamento del Sii (sistema informativo del lavoro), è

legittimo l'intervento in materia di un regolamento governativo di sem

plificazione ai sensi della 1. 59/97, nella misura in cui con tale stru mento vengono disciplinati aspetti strumentali del procedimento relati vo al collocamento ed all'avvio al lavoro per esigenze di armonizzazio ne delle procedure e di razionalizzazione, senza interferire nell'eserci zio di competenze trasferite alle regioni; Corte cost. 1° marzo 1995, n.

69, id., 1995, I, 1745. con osservazioni di Bin e di Romboli, la quale ha annullato l'art. 1, 3° comma, l'art. 2, 1° e 2° comma, lett. b), 4° e 6°

comma, l'art. 3, 2° comma, l'art. 4, l'art. 5, 2° comma, d.p.r. 18 aprile 1994 n. 390, recante semplificazione dei procedimenti amministrativi di approvazione delle deliberazioni degli enti autonomi fieristici vigi lati dal ministero dell'industria, di riconoscimento della qualifica di internazionale delle manifestazioni fieristiche, di autorizzazione allo

svolgimento di manifestazioni fieristiche e di emanazione del calenda rio ufficiale delle manifestazioni fieristiche.

Sulla legittimità dei c.d. regolamenti di deligificazione, v. Corte

conti, sez. contr., 12 ottobre 1998, n. 114, id., 1999, III, 147, con nota di richiami, commentata da Scorza, in Contratti Stato e enti pubbl., 1998, 563, secondo cui non è conforme a legge il «regolamento di de

legificazione» che, essendo autorizzato a semplificare aspetti procedi mentali di una materia, introduca nella disciplina di questa modifica

zioni di carattere sostanziale che altre disposizioni di legge demandano

ad uno specifico regolamento delegificante, da adottare con diverso

procedimento; 6 febbraio 1998, n. 13, Foro it., 1998, III, 583, con nota

di richiami, che ha ritenuto non conformi a legge le disposizioni di un

regolamento governativo «delegificante» che disciplinano materie de

volute da specifiche leggi ad una fonte regolamentare di livello inferio

re (regolamento ministeriale) o alla contrattazione collettiva, ovvero

che estendono la loro efficacia a soggetti non compresi fra quelli cui si

riferisce la legge che autorizza il regolamento. [R. Romboli]

li. Foro Italiano — 2003.

Infatti i primi tre commi dell'art. 1 prevedono «la delegificazio ne e la semplificazione», ai sensi dell'art. 20, 1° comma, 1. n. 59

del 1997, di una serie di procedimenti amministrativi e di

adempimenti elencati nell'allegato A alla legge e la soppressio ne di quelli elencati nell'allegato B (1° comma); alla delegifica zione e alla semplificazione si provvede mediante regolamenti emanati ai sensi dell'art. 17, 2° comma, 1. n. 400 del 1988, nel

rispetto dei principi, criteri e procedure di cui all'art. 20 1. n. 59

del 1997 (2° comma); quanto ai procedimenti soppressi, le rela

tive disposizioni sono abrogate a far tempo dall'entrata in vigo re della stessa 1. n. 340 del 2000 (3° comma). Il 4° comma, lett.

a), sostituisce il testo dell'art. 20, 2° comma, citata 1. n. 59 del

1997, stabilendo che «nelle materie di cui all'art. 117, 1° com

ma, Cost., i regolamenti di delegificazione trovano applicazione solo fino a quando la regione non provveda a disciplinare auto

nomamente la materia medesima» e che «resta fermo quanto

previsto dall'art. 2, 2° comma, della presente legge e dall'art. 7

t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con

d.leg. 18 agosto 2000 n. 267» (questi due ultimi rinvìi normativi

si riferiscono alla potestà riconosciuta alle regioni e agli enti lo

cali di disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento delle fun

zioni rispettivamente conferite). In entrambi i ricorsi si lamenta che la previsione dell'emana

zione di regolamenti di delegificazione si estenda a materie e a

procedimenti di competenza regionale, come risulterebbe, se

condo il ricorso della regione Liguria, dal fatto che l'elenco al

legato alla legge comprenderebbe appunto anche procedimenti di spettanza regionale, e, secondo il ricorso della regione Emi

lia-Romagna, dall'esplicita statuizione del nuovo testo dell'art.

20, 2° comma, 1. n. 59 del 1997 (applicabile a tutti i regolamenti di delegificazione in tema di procedimenti amministrativi, ema

nati sia sulla base della stessa 1. n. 59 del 1997, sia sulla base

delle successive leggi annuali «di semplificazione», come la 1.

n. 340 del 2000), il quale, nel prevedere il carattere «cedevole»

della disciplina regolamentare rispetto alla sopravveniente legis lazione regionale, implicitamente disporrebbe l'efficacia dei re

golamenti nelle materie regionali, e anzi la loro idoneità a pre valere, abrogandole, sulle leggi regionali preesistenti.

Le ricorrenti sostengono, richiamandosi alla giurisprudenza di

questa corte, che la disciplina dei procedimenti afferenti alle

materie di competenza regionale spetta alle regioni, con i soli

limiti derivanti dai principi fondamentali che si traggono da

leggi, e non da regolamenti, statali; che questi ultimi non posso no dettare norme sui procedimenti regionali, e comunque norme

che prevalgano sulle leggi regionali preesistenti, ancorché «ce

devoli» rispetto alle leggi regionali sopravvenute; e che il mec

canismo della delegificazione previsto da una legge dello Stato

non può operare nei confronti di fonti regionali. Per queste ra

gioni le disposizioni impugnate violerebbero gli art. 117 e 118

Cost, (nel testo in vigore prima della 1. cost. 18 ottobre 2001 n.

3). 4. - La questione deve essere decìsa avendo riguardo esclusi

vamente alle disposizioni costituzionali nel testo anteriore alla

riforma recata alla 1. cost. n. 3 del 2001, trattandosi di ricorso

proposto anteriormente all'entrata in vigore di quest'ultima, che

invoca quindi come parametri dette disposizioni. La corte non ha invece motivo per porsi, in questa sede, in as

senza di nuove impugnazioni, il diverso problema della compa tibilità della legge impugnata con il sistema cui ha dato vita il

nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione che non

solo ha posto su basi rinnovate il riparto delle competenze nor

mative fra Stato e regioni, ma ha stabilito che la potestà regola mentare spetta allo Stato solo «nelle materie di legislazione

[statale] esclusiva», mentre «spetta alle regioni in ogni altra

materia» (art. 117, 6° comma. Cost., nel nuovo testo).

D'altronde, mentre la sorte dei regolamenti che fossero stati

legittimamente emanati, prima della riforma, in base alla norma

impugnata, discenderebbe dal principio di continuità, per cui re

stano in vigore le norme preesistenti, stabilite in conformità al

passato quadro costituzionale, fino a quando non vengano so

stituite da nuove norme dettate dall'autorità dotata di competen za nel nuovo sistema (cfr. sentenza n. 13 del 1974, Foro it.,

1974, I, 609), le regioni non mancherebbero di strumenti pro cessuali per censurare eventuali nuove manifestazioni di potestà

regolamentare statale, che fossero ritenute in contrasto con le

attribuzioni ora ad esse spettanti, aprendo così anche la strada, ove necessario, ad una valutazione dell'ulteriore applicabilità e

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2567 PARTE PRIMA 2568

della compatibilità della norma di legge qui impugnata nel nuo

vo quadro costituzionale.

5. - La questione, così delimitata, è infondata nei termini di

seguito specificati. Nel sistema del vecchio art. 117 Cost., costituivano punti

fermi le seguenti affermazioni:

a) nelle materie di competenza propria delle regioni, i princi

pi fondamentali della disciplina, vincolanti nei confronti dei le

gislatori regionali, potevano trarsi solo da leggi o da atti aventi

forza di legge dello Stato, con esclusione dunque degli atti re

golamentari; b) le leggi regionali potevano essere abrogate, oltre che da

leggi regionali sopravvenute, solo per effetto del sopravvenire di nuove leggi statali recanti norme di principio, con le quali la

legge regionale preesistente fosse incompatibile, secondo il

meccanismo previsto dall'art. 10 1. n. 62 del 1953.

Tali principi, che derivavano dalla configurazione del sistema

costituzionale delle fonti e dei rapporti fra Stato e regioni, de

vono essere qui ribaditi.

Essi comportavano, di conseguenza, che l'intervento di re

golamenti statali fosse di norma precluso nelle materie attribuite

alle regioni, come risultava anche dal disposto dell'art. 17, 1°

comma, lett. b), 1. n. 400 del 1988, che escludeva le materie di

competenza regionale da quelle nelle quali potevano essere

emanati regolamenti statali per disciplinare «l'attuazione e

l'integrazione» dei principi recati da provvedimenti legislativi

(cfr. ad es. sentenze n. 204 del 1991, id., Rep. 1991, voce Tren

tino-Alto Adige, n. 16; n. 391 del 1991, id., 1992,1, 1619; n. 461

del 1992, id., 1994. I, 3581; n. 250 del 1996, id., 1996, I, 3575; n. 61 del 1997, id., 1997, I, 1685; n. 420 del 1999, id., 2000, I, 8; n. 84 del 2001, id., 2001,1, 2426).

Non diversamente si poneva il problema dei regolamenti detti

«di delegificazione», previsti dall'art. 17, 2° comma, stessa 1. n.

400, destinati a sostituire, in materie non coperte da riserva «as

soluta» di legge, preesistenti disposizioni legislative statali, in

conformità a nuove «norme generali regolatrici della materia»

stabilite con legge, e con effetto di abrogazione differita delle

disposizioni legislative sostituite. Anche per tali regolamenti era

di norma esclusa la possibilità di operare nelle materie spettanti alla potestà legislativa delle regioni, quanto meno in assenza di

ragioni giustificatrici particolari che abilitassero il legislatore statale a sostituirsi a quelli regionali nella disciplina di qualche

aspetto delle materie medesime (cfr. ad es. sentenze n. 465 del

1991, id., 1992, I, 640, e n. 482 del 1995, id.. Rep. 1995, voce

Opere pubbliche, n. 121). Si deve tuttavia ricordare che in molte materie, pur attribuite

alla competenza regionale, la mancanza di una compiuta disci

plina dettata da leggi regionali ha fatto sì che continuassero a

spiegare efficacia leggi statali previgenti, non solo come fonti

da cui si desumevano i principi fondamentali vincolanti per le

regioni (secondo la previsione dell'art. 9, 1° comma, 1. n. 62 del

1953, come modificato dall'art. 17 1. n. 281 del 1970), ma anche

come disciplina di dettaglio efficace in assenza dell'intervento

del legislatore locale. Per di più la giurisprudenza di questa corte, a partire dalla sentenza n. 214 del 1985, id., 1986,1, 1812, ha ammesso che la legge statale, allorquando interveniva a mo

dificare i principi di disciplina di una materia di competenza re

gionale (con effetto eventualmente abrogativo delle leggi regio nali preesistenti divenute incompatibili, ai sensi del citato art. 10

1. n. 62 del 1953), potesse altresì, al fine di garantire l'attuazio

ne immediata dei nuovi principi, recare una normativa di detta

glio, immediatamente operativa, idonea a disciplinare la materia

fino a quando non venisse sostituita da una legislazione regio nale conforme ai nuovi principi (anzi, talvolta si è ammesso

espressamente che potessero anche essere dettate — in mancan

za di legislazione regionale — norme regolamentari «cedevoli»,

per dare esecuzione a leggi statali o a norme comunitarie ope ranti in materie regionali: cfr. ad es. sentenze n. 226 del 1986,

id., 1987, I, 2682; n. 165 del 1989, id., 1990,1, 1865; n. 378 del 1995, id., 1996, I, 772; n. 425 del 1999, id.. Rep. 1999, voce Regione, n. 163; n. 507 del 2000, id., Rep. 2001, voce Edilizia e

urbanistica, n. 164; ordinanza n. 106 del 2001, id., 2002, I,

1301). Si aggiunga la circostanza che, non di rado, la legge sta

tale continuava a disciplinare, sul piano sostanziale e procedu rale, in base alle previsioni costituzionali degli art. i 18, 1°

comma, e 128 (vecchi testi) Cost., l'esercizio di funzioni attri

II Foro Italiano — 2003.

buite agli enti locali, pur in ambiti materiali spettanti in via di

principio alla competenza regionale. Tutto ciò spiega perché il legislatore statale, allorché si è po

sto, in anni recenti, il problema di interventi generalizzati volti a

realizzare la «semplificazione» dei procedimenti amministrativi,

in vista della riduzione dei tempi e degli oneri per i cittadini che

chiedessero provvedimenti abilitativi o concessivi o prestazioni dovute dalla pubblica amministrazione, si sia trovato di fronte

ad un corpo di norme statali in vigore di grado legislativo, talora

assai risalenti, altre volte rinnovate in epoca più recente, ancora

di fatto operanti, in taluni casi, in ambiti appartenenti, in tutto o

in parte, alla sfera della competenza regionale. L'art. 20 1. n. 59 del 1997 ha previsto, all'uopo, l'emanazione

di una legge annuale di semplificazione che operasse mediante

meccanismi di delegificazione, ai sensi dell'art. 17, 2° comma, 1. n. 400 del 1988, nel quadro dell'indirizzo generale, seguito nella legislazione più recente, di favore per un consistente pas

saggio da una disciplina legislativa ad una regolamentare di

molti aspetti dell'organizzazione e dell'attività amministrativa,

salvo quelli coperti da riserva di legge secondo la Costituzione.

La semplificazione era l'obiettivo, la delegificazione lo stru

mento: i nuovi regolamenti avrebbero dovuto da un lato realiz

zare l'obiettivo, prevedendo procedimenti «semplificati», dal

l'altro sostituire la disciplina legislativa in vigore con una modi

ficabile, anche in seguito, mediante l'esercizio della potestà re

golamentare. La delegificazione

-— cioè la sostituzione di una disciplina di

livello regolamentare ad una preesistente di livello legislativo — riguardava però (e poteva riguardare) solo la legislazione statale preesistente: ed infatti nell'elenco di provvedimenti legis lativi elencati, nell'allegato alla 1. n. 59 e negli allegati alle

successive leggi annuali di semplificazione, come fonti di disci

plina dei procedimenti destinati ad essere ridisegnati e «sempli

ficati», compaiono solo leggi dello Stato.

Riguardo al problema dei procedimenti afferenti a materie di

competenza regionale, il legislatore del 1997 indicava un modo

di procedere conforme ai principi consolidati in tema di rap

porto fra fonti statali e regionali. Il 2° comma dell'art. 20 1. n.

59, nel testo originario, prevedeva che con la legge annuale di

semplificazione fossero individuati altresì «i procedimenti rela

tivi a funzioni e servizi che, per le loro caratteristiche e per la

loro pertinenza alle comunità territoriali, sono attribuiti alla po testà normativa delle regioni e degli enti locali», e fossero con

testualmente indicati «i principi che restano regolati con legge della repubblica ai sensi degli art. 117, 1° e 2° comma, e 128

Cost.» (si consideravano dunque insieme sia le materie di com

petenza propria delle regioni, che quelle di competenza «inte

grativa-delegata» delle regioni stesse e quelle attribuite alla

competenza amministrativa degli enti locali, nelle quali potesse

dispiegarsi la potestà regolamentare di questi ultimi, ricono

sciuta in generale dall'art. 2, 2° comma, stessa 1. n. 59 del

1997). Si indicavano poi, al 5° comma dell'art. 20, i «criteri e

principi» di semplificazione cui avrebbero dovuto conformarsi i

regolamenti di delegificazione. Il 7° comma prevedeva che le

regioni a statuto ordinario regolassero «le materie disciplinate dai commi da 1 a 6» — cioè, più propriamente, i procedimenti afferenti all'ambito delle materie di propria competenza, ai

quali potessero riferirsi i principi della «semplicificazione» —

«nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essi

[cioè nei commi da 1 a 6] contenute, che costituiscono principi

generali dell'ordinamento giuridico». Si sanciva cioè il vincolo

per le regioni a rispettare, nella propria legislazione di semplifi cazione dei procedimenti, i «criteri e principi» indicati nel 5°

comma (e ciò era conforme al sistema, trattandosi di principi

espressi in disposizioni legislative). Si aggiungeva poi che «tali

disposizioni [vale a dire, sembrerebbe, sempre quelle dei commi

da 1 a 6] operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a

quando esse non avranno legiferato in materia»: previsione in

vero di oscuro significato, dato che non era chiaro come principi

quali quelli di semplificazione, riduzione di procedimenti e di

termini, regolazione uniforme di procedimenti dello stesso tipo, accelerazione delle procedure contabili, sostituzione di organi

collegiali con conferenze di servizi (cfr. il citato 5° comma),

potessero operare direttamente in assenza di una disciplina at

tuativa.

Comunque fosse, il 7° comma dell'art. 20, come ebbe a rico

noscere questa corte con la sentenza n. 408 del 1998 {id., 2000,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I, 1354), non conteneva alcuna previsione di possibile efficacia

dei regolamenti statali di delegificazione, da emanarsi ai sensi

del 1° comma, per la disciplina di materie di competenza regio nale.

Dopo una prima modifica, irrilevante in questa sede, appor tata all'art. 20 con l'art. 1 1. 16 giugno 1998 n. 191, il 2° comma

venne sostituito dall'art. 2 1. 8 marzo 1999 n. 50 (legge di sem

plificazione per il 1998), che integrò anche l'indicazione dei

criteri e principi da rispettare nell'emanazione dei regolamenti (5° comma). Il nuovo testo del 2° comma stabiliva che «in sede

di attuazione della delegificazione, il governo individua, con le

modalità di cui al d.leg. 28 agosto 1997 n. 241 [che riguarda la

conferenza Stato-regioni e la conferenza unificata Stato-regioni

città], i procedimenti o gli aspetti del procedimento che possono essere autonomamente disciplinati dalle regioni e dagli enti lo

cali»: dizione che sembrava alludere ad una disciplina in sede

regolamentare, sia pure eventualmente in funzione solo ricogni tiva, dell'ambito della competenza regionale.

La disposizione in esame è stata poi nuovamente sostituita

dall'art. 1, 4° comma, lett. a), 1. n. 340 del 2000, impugnato in

questa sede. Il testo attuale non allude più ad una normativa re

golamentare che riguardi la competenza regionale per la disci

plina dei procedimenti, ma si limita a prevedere che nelle mate

rie attribuite dalla Costituzione alla potestà legislativa delle re

gioni i regolamenti di delegificazione trovano applicazione solo

fino al sopravvenire di un'autonoma disciplina regionale: san

cendo dunque espressamente il carattere «cedevole» della disci

plina regolamentare nei confronti della successiva normazione

di fonte regionale, ma implicitamente confermando che i rego lamenti possono riguardare procedimenti in materie regionali, anche se viene ribadita la competenza delle regioni ad attuare i

principi di semplificazione in tali materie, ai sensi dell'invariato

7° comma dello stesso art. 20.

6. - Se, come sostiene in particolare la ricorrente regione

Emilia-Romagna, ciò significasse che la legge attribuisce ai re

golamenti di delegificazione l'efficacia di sostituire la preesi stente disciplina delle leggi regionali (dettata o meno in attua

zione dei nuovi criteri di semplificazione dei procedimenti am

ministrativi), causandone l'abrogazione, sarebbe giocoforza concludere che la disposizione impugnata altera il rapporto co

stituzionalmente dovuto tra fonti statali e fonti regionali. Ma le

disposizioni impugnate consentono, e dunque richiedono, una

diversa lettura, rispettosa invece di quel rapporto. La premessa sta nei principi che si sono richiamati all'inizio,

e che la legge impugnata non smentisce. La delegificazione è

solo lo strumento adottato dal legislatore statale per realizzare

l'obiettivo della semplificazione dei procedimenti nell'ambito

di ciò che era già disciplinato dalla leggi statali precedente mente in vigore. La sostituzione, in parte qua, con norme rego lamentari riguarda esclusivamente le preesistenti disposizioni di

leggi statali, come confermano i riferimenti negli allegati delle

leggi di semplificazione: e dunque, per ciò che rileva in questa sede, le disposizioni di leggi statali che già operavano nelle

materie di competenza regionale. Tali leggi (a parte i casi di interventi particolari che lo Stato

avesse effettuato sulla base di specifici titoli costituzionalmente

giustificati, e che però in quanto tali si collocavano, propria mente, al di fuori dell'ambito delle attribuzioni regionali) pote vano spiegare efficacia ad un doppio titolo: in quanto recanti le

disposizioni da cui si desumevano i principi fondamentali vin

colanti per i legislatori regionali, o in quanto recanti disposizio ni immediatamente operative (di dettaglio) applicabili a titolo

suppletivo in mancanza di legislazione regionale.

L'operazione di delegificazione non riguarda e non può ri

guardare il primo tipo di disposizioni (e infatti l'originario testo

dell'art. 20, 2° comma, della legge impugnata prevedeva espres samente che i principi delle materie restassero «regolati con

legge della Repubblica»), poiché la sostituzione di norme legis lative con norme regolamentari esclude di per sé che da queste ultime possano trarsi principi vincolanti per le regioni: come è

testualmente confermato, del resto, dall'esplicita ammissione

del carattere «cedevole» dei regolamenti. La delegificazione riguarda dunque e può riguardare

— oltre

a disposizioni di leggi statali regolanti oggetti a qualsiasi titolo

attribuiti alla competenza dello Stato — solo disposizioni di

leggi statali che, nelle materie regionali, già avessero carattere

di norme di dettaglio cedevoli la cui efficacia si esplicava nel

II Foro Italiano — 2003.

l'assenza di legislazione regionale. La delegificazione, anzi, è in

grado di introdurre, da questo punto di vista, un elemento di

chiarezza: mentre in presenza di norme tutte legislative, nel cui

ambito non si faceva alcuna distinzione, poteva sussistere il

dubbio circa la loro natura di principio o di dettaglio, vincolante

o cedevole, in presenza invece di norme regolamentari non può sussistere dubbio alcuno sull'assenza di ogni loro carattere di

norme di principio, come tali vincolanti per le regioni, e dunque sulla loro inidoneità a prevalere sulle disposizioni di leggi re

gionali. Quanto alle leggi regionali preesistenti, su di esse non può

spiegare alcun effetto abrogativo l'entrata in vigore delle nuove

norme regolamentari. Esse potrebbero ritenersi abrogate solo

dall'entrata in vigore di nuove norme legislative statali di prin

cipio, con le quali risultino incompatibili. E vero che lo stesso

art. 20 1. n. 59 stabilisce «criteri e principi» di semplificazione dei procedimenti, affermandone espressamente il carattere vin

colante anche per le regioni (7° comma). Ma — a parte il fatto

che si tratta di principi procedurali, di massima inidonei, per il

loro contenuto, a causare l'abrogazione per incompatibilità delle

leggi regionali anteriormente vigenti (tanto che lo stesso legis latore statale li qualifica alla stregua di «principi generali del

l'ordinamento giuridico»: 7° comma dell'art. 20) —, l'ipotetica

abrogazione sarebbe effetto autonomo dell'entrata in vigore delle disposizioni legislative contenenti i principi (secondo

quanto previsto dall'art. 10 1. n. 62 del 1953), e non già dell'en

trata in vigore dei regolamenti di delegificazione, che condizio

na soltanto — secondo il meccanismo sancito dall'art. 17, 2°

comma, 1. n. 400 del 1988, e ribadito dall'art. 20, 4° comma, se

condo periodo, 1. n. 59 del 1997 — l'abrogazione delle disposi

zioni di leggi statali delegificate. Conclusivamente: fermo restando il consueto rapporto fra le

gislazione regionale e principi fondamentali desumibili dalle

leggi statali, l'emanazione dei regolamenti statali di delegifica zione, riguardanti eventualmente ambiti materiali di competenza

regionale, non ha alcun effetto abrogativo né invalidante sulle

leggi regionali in vigore, sia emanate in attuazione dei principi di semplificazione, sia semplicemente preesistenti, né produce effetti di vincolo per i legislatori regionali. Le norme regola mentari vanno semplicemente a sostituire, in parte qua, le nor

me legislative statali di dettaglio che già risultassero applicabili, a titolo suppletivo e cedevole, in assenza di corrispondente di

sciplina regionale. E questa l'unica lettura della norma impugnata che si rivela

coerente con il sistema e con i presupposti costituzionali. Così

intesa, essa non incorre nelle censure di costituzionalità mosse

dalle regioni ricorrenti.

7. - La sola ricorrente regione Liguria impugna altresì l'art. 6

1. n. 340 del 2000, che introduce nel capo IV d.leg. n. 112 del

1998 (intitolato «conferimenti ai comuni e sportello unico per le

attività produttive») un art. 27 bis (misure organizzative per lo

sportello unico delle imprese). L'art. 23, 1° comma, del decreto legislativo attribuisce ai co

muni «le funzioni amministrative concernenti la realizzazione,

l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione

e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio

delle concessioni o autorizzazioni edilizie». L'art. 24, 1° com

ma, stabilisce che «ogni comune esercita, singolarmente o in

forma associata, anche con altri enti locali, le funzioni di cui al

l'art. 23, assicurando che un'unica struttura sia responsabile dell'intero procedimento» (1° comma), e che «presso la struttu

ra è istituito uno sportello unico al fine di garantire a tutti gli interessati l'accesso, anche in via telematica, al proprio archivio

informatico contenente i dati concernenti le domande di autoriz

zazione e il relativo iter procedurale, gli adempimenti necessari

per le procedure autorizzatorie, nonché tutte le informazioni di

sponibili a livello regionale, ivi comprese quelle concernenti le

attività promozionali, che dovranno essere fornite in modo co

ordinato». L'art. 25, a sua volta, prescrive che «il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di

attività produttive è unico» e che «l'istruttoria ha per oggetto in

particolare i profili urbanistici, sanitari, della tutela ambientale e

della sicurezza»; e detta i principi cui si ispira tale procedimen

to, «disciplinato con uno o più regolamenti ai sensi dell'art. 20, 8° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59».

L'art. 27 bis, aggiunto dalla disposizione impugnata in questa sede, stabilisce che «le amministrazioni, gli enti e le autorità

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PARTE PRIMA 2572

competenti a svolgere, ai sensi degli art. da 23 a 27, attività

istruttorie nell'ambito del procedimento di cui al regolamento

previsto dall'art. 20, 8° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, per la

realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione, la riconversio

ne di impianti produttivi e per l'esecuzione di opere interne ai

fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli investimenti produttivi, provvedono all'adozione delle misure

organizzative necessarie allo snellimento delle predette attività

istruttorie, al fine di assicurare il coordinamento dei termini di

queste con i termini di cui al citato regolamento». Secondo la regione ricorrente, tale disposizione avrebbe lo

scopo, ancorché «occultato» sotto l'apparenza di una previsione ovvia, di qualificare espressamente come «atti istruttori» gli atti

e i provvedimenti propri dei diversi enti coinvolti nel procedi mento, fra cui la regione, e ciò al fine di spostare in capo al co

mune la competenza sostanziale all'esercizio delle relative fun

zioni, lasciando agli altri enti solo un potere istruttorio «non ri

servato» ed «eventuale».

In questo modo, prosegue la regione, omettendo di mettere in

evidenza tale scopo concreto e di accedere alle richieste di mo

difica avanzate in proposito dalla conferenza Stato-regioni e

dalla conferenza unificata, si sarebbero violati anzitutto i princi

pi costituzionali sulla collaborazione tra Stato e regioni e sulle

procedure legislative (art. 70, 71, 72, in connessione con gli art.

117, 118 e 119 Cost.), nonché i principi di autonomia e decen

tramento (art. 5, 128 e 129 Cost.). Sotto un secondo profilo, sa

rebbero lese le competenze delle regioni di cui agli art. 117, 118

e 119 Cost., per avere ri-conformato sostanzialmente procedure e competenze, incidendo anche sulla disciplina regionale vi

gente in tema di deleghe di funzioni alle province e alle comu

nità montane. Sotto un terzo profilo, sarebbe violato l'art. 81

Cost, per l'attribuzione di competenze ai comuni senza copertu ra finanziaria e per l'alterazione della copertura già prevista dalle leggi regionali che hanno delegato funzioni ad altri enti.

Infine sarebbero violati i principi di certezza del diritto, di chia

rezza normativa, di legalità e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 70, 71, 72, 97, 101, 111 e 113 Cost.), per ché si sarebbero introdotte situazioni normative non chiare sia

per le amministrazioni titolari delle funzioni, sia per i cittadini e

per le imprese. 8. - La questione non è fondata.

Anche tale questione deve essere valutata alla luce delle nor

me costituzionali, invocate dalla ricorrente, come risultanti dal

testo anteriore alla riforma del titolo V della parte seconda della

Costituzione recata dalla 1. cost. n. 3 del 2001. L'eventuale inci

denza delle nuove norme costituzionali, in termini di modifiche

delle competenze rispettive di Stato e regione, sarebbe infatti

suscettibile di tradursi solo in nuove e diverse possibilità di in

tervento legislativo della regione o dello Stato, senza che però

venga meno, in forza del principio di continuità, l'efficacia

della normativa preesistente conforme al quadro costituzionale

in vigore all'epoca della sua emanazione (cfr. sentenza n. 13 del

1974, cit.). La disciplina concernente il c.d. «sportello unico per le atti

vità produttive» è dettata dagli art. da 23 a 27 d.leg. n. 112 del

1998, non contestati in questa sede. Essa è fondata sulla con

centrazione in una sola struttura, istituita dal comune, della re

sponsabilità dell'unico procedimento attraverso cui i soggetti interessati possono ottenere l'insieme dei provvedimenti abili

tativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti pro duttivi, nonché sulla concentrazione nello «sportello unico»,

presso la predetta struttura, dell'accesso a tutte le informazioni

da parte dei medesimi soggetti interessati: ciò al fine di evitare

che la pluralità delle competenze e degli interessi pubblici og

getto di cura in questo ambito si traduca per i cittadini in tempi

troppo lunghi e in difficoltà di rapporti con le amministrazioni.

Quello che la legge configura è una sorta di «procedimento di

procedimenti», cioè un iter procedimentale unico in cui conflui

scono e si coordinano gli atti e gli adempimenti, facenti capo a

diverse competenze, richiesti dalle norme in vigore perché l'in

serimento produttivo possa legittimamente essere realizzato. In

questo senso, quelli che erano, in precedenza, autonomi provve dimenti, ciascuno dei quali veniva adottato sulla base di un pro cedimento a sé stante, diventano «atti istruttori» al fine del

l'adozione dell'unico provvedimento conclusivo, titolo per la

realizzazione dell'intervento richiesto (cfr. art. 4, 1° comma,

d.p.r. n. 447 del 1998, come modificato dall'art. 1 d.p.r. n. 440

Il Foro Italiano — 2003.

del 2000). Ciò non significa però che vengano meno le distinte

competenze e le distinte responsabilità delle amministrazioni

deputate alla cura degli interessi pubblici coinvolti: tanto è vero

che, nel c.d. «procedimento semplificato», ove una delle ammi

nistrazioni chiamate a decidere si pronunci negativamente, «il

procedimento si intende concluso», salva la possibilità per l'in

teressato di chiedere la convocazione di «una conferenza di ser

vizi al fine di eventualmente concordare quali siano le condi

zioni per ottenere il superamento della pronuncia negativa» (art.

4, 2° comma, d.p.r. n. 447 del 1998, come modificato dall'art. 1

d.p.r. n. 440 del 2000). In ogni caso, la configurazione delle competenze in questa

materia risulta dai citati art. da 23 a 27 d.leg. n. 112 del 1998.

La disposizione in questa sede impugnata ha lo scopo e la por

tata, assai più modesti, di prevedere che ciascuna delle diverse

amministrazioni competenti adotti, nella propria autonomia, le

misure organizzative necessarie perché le attività ad essa de

mandate siano svolte nel modo più rapido, così da coordinare i

termini stabiliti per ciascuna di tali attività con i termini previsti

per il compimento del procedimento unico di cui all'art. 25, 1°

comma, medesimo d.leg. n. 112 del 1998. Un'esigenza di coor

dinamento, questa, che si correla naturalmente con l'intento uni

ficante e semplificante che sta a base della scelta del legislatore. 9. - Stante l'effettiva portata della norma impugnata, quale

emerge dalle considerazioni svolte, sono prive di fondamento le

censure mosse dalla ricorrente sotto i profili dell'affermata vio

lazione delle competenze regionali, che non sono modificate da

detta norma, del principio di leale collaborazione e della pre sunta incidenza sulla finanza regionale, che non è toccata. Ma

risultano altresì privi di consistenza anche gli altri profili di cen

sura, che si richiamano alle regole del procedimento legislativo e ai principi di certezza del diritto, di chiarezza normativa e di

buon andamento dell'amministrazione, senza che la corte debba

porsi il problema della loro ammissibilità nel giudizio in via

principale promosso da una regione nei confronti di una legge dello Stato.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi:

a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 1, 1°, 2°, 3° e 4° comma, lett. a), 1. 24 novembre

2000 n. 340 (disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi -

Legge di

semplificazione 1999), sollevata, in riferimento agli art. 117 e

118 Cost., dalla regione Liguria con il ricorso in epigrafe (reg. ric. n. 25 del 2000);

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 1, 4° comma, lett. a), predetta 1. n. 340 del 2000,

sollevata, in riferimento agli art. 117, 1° comma, e 118, 1°

comma, Cost., nonché ai principi costituzionali relativi all'eser

cizio del potere regolamentare, della regione Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe (reg. ric. n. 2 del 2001);

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 6 predetta 1. n. 340 del 2000, sollevata, in riferi

mento agli art. 5, 70, 71, 72, 81, 97, 101, 111, 113, 117, 118,

119, 128 e 129 Cost., dalla regione Liguria con il ricorso in epi

grafe (reg. ric. n. 25 del 2000).

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