sentenza 23 maggio 1997, n. 143 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 maggio 1997, n. 22);Pres. Granata, Est. Mirabelli; Calenda ed altro c. Parrocchia di Brignano ed altro; interv. Pres.cons. ministri. Ord. Pret. Salerno 26 settembre 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 6 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 11 (NOVEMBRE 1998), pp. 3071/3072-3073/3074Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192422 .
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3071 PARTE PRIMA 3072
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 maggio 1997, n. 143
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 maggio 1997, n. 22); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Calenda ed altro c. Parroc
chia di Brignano ed altro; interv. Pres. cons, ministri. Ord.
Pret. Salerno 26 settembre 1995 (G.U., la s.s., n. 6 del 1996).
Enfiteusi — Rapporti costituiti prima del 28 ottobre 1941 — Affrancazione — Valore di riferimento — Aggiornamento pe riodico — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 42; 1. 22 luglio 1966 n. 607, norme in materia di enfiteusi e pre stazioni fondiarie perpetue, art. 1).
È incostituzionale l'art. 1, 1° e 4° comma, l. 22 luglio 1966
n. 607, nella parte in cui, per le enfiteusi fondiarie costituite
anteriormente al 28 ottobre 1941, non prevede che il valore
di riferimento per la determinazione del capitale per l'affran cazione delle stesse sia periodicamente aggiornato mediante
l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a man tenerne adeguata, con ragionevole approssimazione, la corri
spondenza con la effettiva realtà economica. (1)
Diritto. — La questione di legittimità costituzionale investe
l'art. 1 1. 22 luglio 1966 n. 607 (norme in materia di enfiteusi
e prestazioni fondiarie perpetue), là dove prevede che l'affran
cazione dei canoni enfiteutici si opera mediante il pagamento di una somma corrispondente a quindici volte il loro valore (4°
comma), comunque non superiore all'ammontare corrisponden te al reddito dominicale del fondo sul quale gravano, determi
nato a norma del r.d.l. 4 aprile 1939 n. 589, convertito nella
1. 29 giugno 1939 n. 976, rivalutato con il d.leg. c.p.s. 12 mag
gio 1947 n. 356 (1° comma). Il Pretore di Salerno ritiene che questo criterio di determina
zione del capitale di affrancazione possa essere in contrasto con la Costituzione, nella parte in cui non prevede che il canone
enfiteutico rilevante ai fini della quantificazione del capitale di
affrancazione sia aggiornato, al momento della determinazione
in giudizio, mediante l'applicazione di coefficienti di maggiora zione idonei a mantenerne adeguata, con una ragionevole ap
prossimazione, la corrispondenza con l'effettiva realtà economica. Il contrasto con la Costituzione viene prospettato in riferi
mento al principio di eguaglianza ed alla tutela della proprietà
privata (art. 3 e 42, 2° e 3° comma, Cost.), giacché per le enfi
teusi costituite dopo il 28 ottobre 1941 (data di entrata in vigore del libro della proprietà del codice civile) operano, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che non li prevedeva (sentenza n. 406 del 1988, Foro it., 1990, I,
2462), idonei coefficienti di maggiorazione, mentre non sarebbe
(1) L'art. 1 1. 607/66 è stato in un primo momento dichiarato incosti
tuzionale, per la parte in cui riferiva i criteri di determinazione della misura dei canoni, e correlativamente dei capitali di affranco, anche ai rapporti conclusi dopo il 28 ottobre 1941 (Corte cost. 21 marzo 1969, n. 37, Foro it., 1969, I, 781, con nota di richiami). La nuova disciplina dettata conseguentemente dal legislatore per la determinazione dei capi tali di affranco (1. 18 dicembre 1970 n. 1138) è stata anch'essa dichiara ta incostituzionale da Corte cost. 18 luglio 1973, n. 145, id., 1973, I, 2341, con nota di richiami. L'ulteriore, successiva, disciplina, contenu ta nella 1. 14 giugno 1974 n. 270, è stata a sua volta dichiarata incosti tuzionale nella parte in cui non prevedeva che il valore di riferimento da essa prescelto per la determinazione del canone enfiteutico, e quindi del capitale di affrancazione, fosse periodicamente aggiornato mediante
l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere ade
guata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con l'ef fettiva realtà economica (Corte cost. 7 aprile 1988, n. 406, id., 1990, I, 2462, con nota di richiami).
Sugli effetti di tale ultima pronuncia di incostituzionalità e per l'af fermazione secondo cui essa trova applicazione solo per i rapporti enfi teutici costituiti successivamente al 28 ottobre 1941, v. Cass. 14 feb braio 1997, n. 1375, id., Rep. 1997, voce Enfiteusi, n. 7; 19 settembre 1996, n. 8352, id., Rep. 1996, voce cit., n. 3.
Con riguardo ai rapporti enfiteutici instaurati prima del 28 ottobre 1941, la corte aveva in precedente occasione dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 1 1. 607/66, nella parte in cui non prevede un congegno rivalutativo che restituisca al capitale di af franco potere remunerativo, osservando che non rientrava tra i poteri ad essa riconosciuti l'introduzione di limiti all'applicazione del princi pio nominalistico (Corte cost. 9 dicembre 1991, n. 441, id., Rep. 1992, voce cit., n. 2, commentata da Caterini, in Giur. costit., 1991, 3695).
La decisione in epigrafe è commentata da Vrrucci, id., 1997, 1574 e da Lipari, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1997, 391.
Il Foro Italiano — 1998.
giustificata la diversità di trattamento delle enfiteusi costituite
prima di quella data. Inoltre, ad avviso del giudice rimettente, il capitale di affrancazione, rimanendo ancorato ai dati catasta
li del 1939, considerati inadeguati anche ai fini fiscali, verrebbe determinato in un ammontare talmente esiguo da trasformare
l'affrancazione in una sostanziale ablazione della proprietà sen
za idoneo corrispettivo per il concedente.
2. - La medesima disposizione denunciata dal Pretore di Sa
lerno è stata in precedenza sottoposta a verifica di legittimità
costituzionale, sotto il profilo della mancata rivalutazione, in
rapporto al mutato potere di acquisto della moneta, della som
ma per l'affrancazione determinata in base al canone enfiteuti
co. Veniva allora denunciata la violazione sia dell'art. 3 Cost,
per disparità di trattamento tra concedente ed enfiteuta e tra
concedenti, in relazione all'epoca in cui fosse esercitato il dirit
to di affrancazione, sia dell'art. 42, 3° comma, Cost, perché la irrisorietà del capitale di affrancazione avrebbe determinato
una espropriazione, di fatto senza indennizzo, del diritto del
concedente.
La questione, nei termini in cui era stata proposta, venne
dichiarata inammissibile. Non essendo contestata la legittimità del sistema di determinazione del canone, la richiesta di rivalu
tazione monetaria del capitale di affrancazione avrebbe portato ad introdurre un limite all'applicazione del principio nominali stico per i debiti di valuta, che esula dai poteri della corte (sen tenza n. 441 del 1991, id., Rep. 1992, voce Enfiteusi, n. 2).
Il Pretore di Salerno prospetta ora la questione in termini
diversi da quelli in precedenza esaminati. Non chiede la rivalu
tazione del capitale di affrancazione in base al mutato valore
della moneta ed indica un diverso elemento di comparazione in relazione al principio di eguaglianza. La disparità di tratta
mento si verificherebbe perché, senza ragioni che giustifichino la diversità di disciplina, alle enfiteusi costituite prima del 28
ottobre 1941 non si applicherebbe alcun coefficiente di maggio razione del canone, ai fini della determinazione del capitale di
affrancazione, tale da mantenerne ragionevolmente adeguata la
corrispondenza con la realtà economica, a differenza di quanto è ora previsto per le enfiteusi costituite dopo quella data.
3. - La questione è fondata.
La giurisprudenza costituzionale ha preso in considerazione
i criteri di determinazione del canone enfiteutico in correlazione
all'ammontare del capitale di affranco ed ha ritenuto che il ri corso al reddito imponibile quale risulta dai dati catastali, con
siderati un mezzo possibile per conseguire il riferimento ad un
reddito su base orientativa, non sia di per sé illegittimo (senten za n. 145 del 1973, id., 1973, I, 2341). Ma ha anche attribuito
rilievo, per l'affrancazione del fondo, alla dissociazione tra il
momento a cui va riferito il calcolo del valore del diritto, anco rato a valori catastali talvolta remoti nel tempo, ed il momento
in cui il diritto da indennizzare viene colpito. In questa prospet tiva è stato ritenuto in contrasto con la Costituzione il conge
gno determinato dalla legge che, per quanto riguarda la misura
dei canoni e correlativamente i capitali di affranco, operava una
dissociazione profonda ed incolmabile tra questi due momenti, tale da far scendere il capitale di affranco al di sotto del livello
dell'equa valutazione richiesta dall'art. 42, 3° comma, Cost, (sen tenza n. 37 del 1969, id., 1969, I, 781).
Queste enunciazioni erano riferite ai rapporti enfiteutici sorti
successivamente all'entrata in vigore del libro della proprietà del codice civile (28 ottobre 1941), che si è ritenuto segnasse una importante linea di demarcazione, non solo per il muta
mento dei valori economici ma anche per la introduzione del
diritto alla revisione del canone, previsto dall'art. 962 c.c., che
aveva così innovato nella tradizione, recepita dal codice civile
del 1865, della inalterabilità del canone (sentenza n. 37 del 1969,
cit.). Esaminando la disciplina che il legislatore ha adottato per
regolamentare i canoni enfiteutici nei rapporti sorti successiva
mente al 28 ottobre 1941, a seguito della dichiarata illegittimità costituzionale delle norme ad essi relative, la giurisprudenza co
stituzionale ha individuato un ulteriore elemento di riferimento
per la determinazione dei capitali per l'affrancazione dei fondi rustici. Pur tenendo conto che l'affrancazione determina la sola
acquisizione del dominio diretto e che i concedenti hanno godu to dei canoni, si è ritenuto che un limite, al di sotto del quale la regola che determina il capitale per l'affrancazione non con
trasta con la Costituzione, sia costituito dal criterio che fissi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
un valore non inferiore a quello che allo stesso terreno sarebbe
stato attribuito nel caso di espropriazione, attuata in applica tone delle leggi di riforma agraria (sentenza n. 145 del 1973, cit.).
Questi criteri non sono stati enunciati attribuendo loro un
carattere statico. Difatti, esaminando le disposizioni legislative che ne recepiscono il contenuto per disciplinare i canoni delle
enfiteusi sorte successivamente al 28 ottobre 1941, la giurispru denza costituzionale ha affermato che il riferimento al reddito
imponibile risultante dai dati catastali non è illegittimo, a con
dizione che sia tenuta distinta la funzione generica del ricorso
ai dati catastali dalla misura della loro operatività in concreto,
affinché ne sia mantenuta adeguata, nei limiti di una ragione vole approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realtà
economica (sentenza n. 145 del 1973, cit.). La corte ha quindi
ribadito che il valore di riferimento prescelto, ancorato ai dati
catastali, per la determinazione del canone, in base al quale è calcolato il capitale per l'affrancazione, deve essere periodica mente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di mag
giorazione idonei a mantenerne adeguata, con una ragionevole
approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realtà eco
nomica (sentenza n. 406 del 1988, cit.). L'affermazione di questo principio, enunciato nel dichiarare
la illegittimità costituzionale delle norme in materia di enfiteusi
per i rapporti costituiti successivamente al 28 ottobre 1941 (art. 1 1. 14 giugno 1974 n. 270), non può che venire estesa anche
ai rapporti costituiti prima di tale data, in quanto, come rende
evidente l'ordinanza di rimessione, il capitale di affranco sia
divenuto irrisorio o comunque inferiore al livello di una equa
valutazione, quale potrebbe in ipotesi risultare, tra l'altro, an
che dall'aggiornamento del valore dei fondi disposto dal legisla tore per calcolare le imposte sui redditi (da ultimo: art. 3, com
ma 50, 1. 23 dicembre 1996 n. 662; art. 31, 1° comma, 1. 23
dicembre 1994 n. 724; art. 4 d.l. 4 agosto 1987 n. 326).
La diversità di trattamento che risulta nelle regole di determi
nazione del capitale di affranco per le enfiteusi anteriori al 28
ottobre 1941, per le quali non è previsto alcun meccanismo di
adeguamento del calcolo in base ai valori catastali del 1939,
rivalutati nel 1947, rispetto alle enfiteusi costituite successiva
mente alla data che segna il discrimine, e per le quali opera
a seguito della sentenza n. 406 del 1988 il principio dell'applica
zione di un coefficiente di maggiorazione, non trova ragionevo
le giustificazione. Difatti la regola della revisione periodica del canone, origina
riamente prevista dall'art. 962 c.c. solo per le nuove enfiteusi,
è stata soppressa anche per queste ultime (art. 18, 2° comma,
1. n. 607 del 1966), mentre comune a tutti i rapporti enfiteutici,
anzi più accentuato per quelli costituiti in epoca remota, è il
divario tra il capitale di affrancazione e la realtà economica.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 1, 1° e 4° comma, 1. 22 luglio 1966
n. 607 (norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie
perpetue), nella parte in cui, per le enfiteusi fondiarie costituite
anteriormente al 28 ottobre 1941, non prevede che il valore di
riferimento per la determinazione del capitale per l'affrancazio
ne delle stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'appli
cazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne
adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispon
denza con la effettiva realtà economica.
li Foro Italiano — 1998.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 aprile 1997, n. 99
(Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 23 aprile 1997, n. 17); Pres. Granata, Est. Santosuosso; Ciarfei c. Mari. Ord. App.
Napoli 31 gennaio 1996 (G.U., la s.s., n. 22 del 1996).
Separazione di coniugi — Assegno alimentare — Sequestro di
beni del coniuge obbligato — Genitore di figlio naturale rico nosciuto — Applicabilità — Esclusione — Questione infon
data di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 3, 30; cod. civ., art. 156).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 156, 6° comma, c.c., nella
parte in cui escluderebbe che il provvedimento di sequestro ivi previsto possa essere disposto anche in favore di un figlio naturale riconosciuto, in riferimento agli art. 3, 1° e 2° com
ma, e 30 Cost, (la disposizione impugnata viene interpretata dalla corte nel senso che questa trova applicazione anche nel
le controversie concernenti il mantenimento dei figli na
turali). (1)
Diritto. — 1. - La Corte d'appello di Napoli solleva questio ne di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3, 1° e 2° comma, Cost., dell'art. 156, 6° comma, c.c., nella parte in
cui esclude che il provvedimento di sequestro ivi previsto possa essere disposto anche in favore di un figlio naturale riconosciu
to, poiché tale omissione si tradurrebbe in un'ingiustificata di sparità di trattamento tra figli legittimi e figli naturali.
2. - Deve preliminarmente rilevarsi che, pur avendo l'ordi
nanza di rimessione della Corte d'appello di Napoli fatto riferi
mento al solo parametro dell'art. 3 Cost., dal tenore complessi vo del provvedimento si evince con sufficiente chiarezza un im
plicito richiamo anche all'art. 30 Cost., poiché la doglianza del
giudice a quo si riferisce ad una ingiustificata disparità di trat tamento tra figli legittimi e figli naturali. Questa corte ha più volte affermato in proposito che (v. sentenze n. 352 del 1996,
Foro it., 1996, I, 3281; n. 153 del 1995, ibid., 1934, e n. 305 del 1994, id., Rep. 1994, voce Procedimento penale davanti al
pretore, n. 34), in caso di omissione, nel dispositivo dell'ordi nanza di rinvio, dell'indicazione di parametri costituzionali, la
(1) La Corte costituzionale risolve la questione attraverso una deci
sione interpretativa di rigetto, con cui supera, appunto in via interpre tativa, il dubbio di costituzionalità posto dal giudice a quo. Essa rileva
infatti come il sequestro di cui all'art. 156 c.c. è una forma di attuazio
ne del principio di responsabilità genitoriale, il quale postula che sia
data tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di mantenimento
del figlio, a prescindere dalla qualificazione dello status.
L'art. 156, 6° comma, c.c. è stato dichiarato incostituzionale prima nella parte in cui non prevedeva che il giudice istruttore potesse ordina re a terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento di versare
una parte delle somme direttamente agli aventi diritto (Corte cost. 6
luglio 1994, n. 278, Foro it., 1994, I, 2948, con nota di richiami e
osservazioni di Acone) e poi nella parte in cui escludeva che lo stesso
giudice istruttore potesse adottare il provvedimento di sequestro di par te dei beni del coniuge obbligato al mantenimento (Corte cost. 19 luglio 1996, n. 258, id., 1996, I, 3603, con nota di richiami e osservazioni di Cipriani). Nel senso che è reclamabile ai collegio l'ordinanza con
cui il giudice istruttore del processo di separazione autorizza il seque stro ai sensi dell'art. 156, 6° comma, c.c. in danno di uno dei coniugi, v. Trib. Cagliari, ord. 21 maggio 1998, id., 1998, I, 2285, con nota
di richiami e osservazioni di Cipriani. In ordine al trattamento dei figli naturali, in rapporto a quelli legitti
mi, v., di recente, Corte cost. 25 giugno 1996, n. 214, e 5 febbraio
1996, n. 23, id., 1997, I, 61, con nota di richiami e nota di Cipriani, Mantenimento per i figli naturali, competenza del giudice e intervento
del p.m. In dottrina, v. Graziosi, Strumenti processuali a tutela dei
figli legittimi e dei figli naturali, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1995, 311.
Per l'infondatezza della questione di costituzionalità degli art. 317
bis c.c. e 38 disp. att. c.c., nella parte in cui devolvono al tribunale
ordinario, anziché a quello dei minorenni, la competenza sulla doman da per la determinazione del contributo per il mantenimento del figlio
naturale, dovuto da un genitore all'altro, v. Corte cost. 30 dicembre
1997, n. 451, Foro it., 1998, 1, 1377, con nota di richiami e osservazio
ni di Cosentino. Per un'applicazione all'ipotesi di pregressa e conclusa convivenza more
uxorio del principio secondo cui il genitore che abbia integralmente adem
piuto l'obbligo di mantenimento dei figli, anche per la quota facente carico all'altro genitore, è legittimato ad agire iure proprio per il rim
borso di detta quota, v. Cass. 5 dicembre 1996, n. 10849, id., 1997,
I, 3337, con nota di richiami.
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