Sentenza 23 marzo 1960, n. 13; Pres. Azzariti P., Rel. Jaegher; Pres. Regione siciliana (Avv.Piccardi, Ramirez) c. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Guglielmi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 5 (1960), pp. 717/718-721/722Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174895 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
materia, che quando il Ministro dell'interno dispone, per
ogni esercizio finanziario, il riparto per provincie, non può esaurire tutto il fondo, ma deve disporre soltanto dei quat tro quinti : il residuo quinto, stabilisce l'art. 17 decreto
del 19 agosto 1954 n. 968, resta a disposizione del Ministero
per fronteggiare successive esigenze inerenti all'integra zione dei bilanci degli enti predetti.
La natura speciale delle somme costituenti queste inte
grazioni, la loro origine e l'attività discrezionale insita
nella loro ripartizione sono tutti elementi che non possono non riflettersi anche nell'attribuzione fatta dalla legge ai
prefetti, quali organi diretti del Ministero dell'interno, della competenza circa la distribuzione di quelle somme a
singoli enti (citato art. 17 legge n. 968 del 1954). Non
viola perciò alcuna disposizione dello Statuto speciale, e
non viola in alcun modo l'autonomia della Regione la dispo sizione dell'art. 9 delle norme di attuazione in esame, che
attribuisce al Commissario del Governo la competenza a
provvedere al riparto delle somme concesse dal Ministero
dell'interno per l'integrazione dei bilanci degli enti comu
nali di assistenza, quando, per giunta, tenendosi conto di
una spiegabile ingerenza degli organi regionali, si è stabi
lito, nell'articolo stesso, che la ripartizione deve avvenire
«d'intesa» col Presidente della Giunta regionale. Per questi motivi, dichiara non fondate le questioni
proposte dal Presidente della Eegione Trentino-Aldo Adige, con ricorso notificato il 27 aprile 1959, sulla legittimità costituzionale dell'art. 7, 1° comma, e dell'art. 9 decreto
pres. 26 gennaio 1959 n. 97, recante « Norme di attuazione
dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e benefi
cenza », in riferimento, rispettivamente, agli art. 5, n. 2,
13, 76 e 77, ed agli art. 4, n. 1, 5, n. 2, e 13 dello Statuto
stesso ; respinge, in conseguenza, il ricorso.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 23 marzo 1960, n. 13 ; Pres. Azzaeiti P., Eel.
Jaegher ; Pres. Regione siciliana (Avv. Piccardi,
Ramirez) c. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato
Guglielmi).
(Conflitto d'attribuzione)
Corte costituzionale — Notificazioni al Presidente del
Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle Camere
— Modalità (Legge 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costitu
zionale, art. 23, 41 ; 1. 25 marzo 1958 n. 260, modifi
cazioni alle norme sulla rappresentanza dello Stato
in giudizio, art. 1). Sicilia — Soppressione di servizio ferroviario —
Beni attinenti — Appartenenza allo Stato (Statuto
per la Regione siciliana, art. 32, 33).
Nei giudizi avanti la Oorte costituzionale le notificazioni
debbono essere fatte personalmente al Presidente del Con
siglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere, ma
la notificazione eseguita presso l'Avvocatura dello Stato
non determina la nullità dell'atto- notificato. (1)
(1) Questione nuova, per quanto consta ; l'Adunanza ple
naria del Consiglio di Stato (decis. 15 gennaio 1960, n. 1, in questo
volume, III, 25, con nota di Andbioli a col. 51, e con nota critica
di A. Sandulli, in Giusi, civ., 1960, II, 84) ha ritenuto inappli
cabile la legge n. 260 del 1958 ai giudizi avanti il Consiglio di
Stato e la Corte dei conti.
Sulla natura giuridica dell'attività della Corte, v., da ultimo,
A. Sandulm, in Riv. trim. dir. ■pubbl., 1959, 63 ; Azzariti, in
questo stesso fascicolo, IV, 167.
Alle sentenze citate, nella motivazione della presente, a proposito dell'inapplicabilità dell'acquiescenza ai giudizi
avanti la Corte costituzionale, adde Corte cost. 28 luglio 1959,
n. 50, Foro it., 1959, I, 1249, con nota di richiami.
Lo Stato è competente a disporre dei beni attinenti ai servizi
di trasporto esercitati dall' Amministrazione delle Ferrovie
dello Stato nell'ambito del territorio della Begione sici
liana, anche successivamente alla soppressionej del ser
vizio. (2)
La Corte, ecc. — La difesa dello Stato ha sostenuto in
via preliminare la nullità della notificazione e conseguente mente del ricorso della Regione, perchè esso venne notifi
cato al Presidente del Consiglio dei ministri presso l'Avvo
catura generale dello Stato, mentre le disposizioni degli art. 41 e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 (in aggiunta alle quali deve essere menzionato il primo comma dell'art. 27 delle
Norme integrative per i giudizi approvate dalla Corte costi
tuzionale il 16 marzo 1956) non prevedono tale forma di
notificazione.
La difesa stessa esclude che siano applicabili nei giu dizi davanti alla Corte costituzionale le norme della legge 25 marzo 1958 n. 260, poiché la Corte non può essere quali ficata come un organo della giurisdizione amministrativa
o speciale. È quindi necessario risolvere anzitutto tale
questione, che si presenta per la prima volta all'esame della
Corte.
In proposito si deve rilevare che la Corte esercita essen
zialmente una funzione di controllo costituzionale, di su
prema garanzia della osservanza della Costituzione della
Repubblica da parte degli organi costituzionali dello Stato
e di quelli delle Regioni. È vero che la sua attività si svolge
secondo modalità e con garanzie processuali, ed è discipli
nata in modo da rendere possibile il contraddittorio fra i
soggetti e gli organi ritenuti più idonei, e pertanto legitti
mati, a difendere davanti ad essa interpretazioni even
tualmente diverse delle norme costituzionali. Tutto ciò
riguarda soltanto, però, la scelta del metodo considerato
più idoneo dal legislatore costituente per ottenere la colla
borazione dei soggetti e degli organi meglio informati, e più
sensibili rispetto alle questioni da risolvere ed alle conse
guenze della decisione, tanto è vero che nei casi, in cui la
questione di legittimità costituzionale sorge in relazione ad
una controversia concernente singoli interessati, l'organo
giurisdizionale competente a risolvere tale controversia
conserva il potere di deciderne tutte le altre questioni, ed
anche quello di valutare la rilevanza della questione di legit
timità costituzionale rispetto ad essa ; mentre la Corte è
chiamata a risolvere la questione di legittimità, astraendo
dai rapporti di essa con la controversia principale, e persino
dalle successive vicende processuali di questa (estinzione
del processo per rinuncia accettata, morte dell'imputato,
ecc. : cfr. art. 22 delle Norme integrative). La sua decisione,
concernendo la norma in sè, concorre non tanto alla inter
pretazione ed all'attuazione, quanto all'accertamento della
validità delle norme dell'ordinamento, e, quando ne dichiara
la illegittimità costituzionale, ha, come è noto, efficacia
erga omnes.
È pertanto da respingere l'opinione che la Corte possa
essere inclusa fra gli organi giudiziari ordinari o speciali che
siano, tante sono, e tanto profonde, le differenze tra il
compito affidato alla prima, senza precedenti nell'ordina
mento italiano, e quelli ben noti e storicamente consoli
dati propri degli organi giurisdizionali. Si deve osservare anche che la partecipazione di un'Am
ministrazione dello Stato ai procedimenti davanti alla Corte
costituzionale non è certamente frequente, non essendo
dubbio che quando la legge prevede il così detto intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri, legittimato atti
vamente o passivamente (art. 20, 3° comma ; art. 23, 4°
comma ; art. 25, 3° comma ; art. 31, 2° comma ; art. 32,
2° comma ; art. 33, 2° comma ; art. 35, 1° comma, legge 11
marzo 1953 n. 87 ; art. 27, 1° comma, Norme integrative
approvate dalla Corte), essa vi ravvisa non il capo di una
Amministrazione, ma il rappresentante dello Stato inteso
(2) V., per qualche riferimento, Corte cost. 18 maggio 1959,
n. 31 (menzionata nella motivazione della presente), retro, 520,
con nota di richiami.
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L9 PARTE PRIMA 720
come ordinamento unitario. A chiarimento del concetto
può non essere superfluo ricordare la disposizione dell'art. 35
della legge n. 87 del 1953, che, prevedendo il ricorso di una
Regione alla Corte costituzionale per promuovere la deci
sione sulla competenza prevista dall'art. 127 della Costi
tuzione, prescrive che tale ricorso deve essere notificato al
Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento : organi tutti, che non possono essere
certamente considerati quali titolari di interessi in conflitto, ma solo come rappresentanti degli organi investiti di sfere
di attribuzioni, rispetto alla delimitazione delle quali pos sono sorgere le questioni, la cui soluzione è affidata alla
Corte costituzionale.
Queste considerazioni inducono a ritenere, da un lato, esatta la premessa posta dall'Avvocatura generale dello
Stato, che fra le notificazioni regolate espressamente dalla
citata legge del 1958 non possono ritenersi comprese quelle
previste nei procedimenti davanti alla Corte costituzionale,
riguardino esse il Presidente del Consiglio dei ministri ov
vero i Presidenti delle due Camere del Parlamento ; quindi la forma corretta, alla stregua delle disposizioni vigenti, è
quella della notificazione diretta al destinatario, non presso l'Avvocatura dello Stato.
D'altro lato, il carattere sopra ricordato dei procedimenti e la natura della funzione affidata alla Corte nel sistema
delle garanzie costituzionali inducono a non attribuire ad
una irregolarità commessa nel corso di una notificazione
le stesse conseguenze che essa potrebbe avere in un processo avente ad oggetto un conflitto intersubiettivo di interessi.
Qui, più che in ogni altro caso, l'interesse generale esige l'accertamento e l'attuazione della volontà della legge ;
e, nella specie, la delimitazione delle attribuzioni assegnate da norme costituzionali rispettivamente allo Stato ed alle
Regioni. Attenendosi a principi analoghi, la Corte ha ripe tutamente posto in luce come, dato lo speciale carattere e
lo scopo dei giudizi di legittimità costituzionale, anche
quando essi siano proposti in via principale, non possano avere rilievo istituti specialmente elaborati dalla giuris
prudenza amministrativa, come quelli della inammissi
bilità del ricorso per acquiescenza o per il carattere confer
mativo del provvedimento impugnato (sentenze 18 marzo
1957, n. 44, Foro it., 1957, I, 1383 ; 14 luglio 1958, n. 54, id., 1958, I, 1225 ; 30 dicembre 1958, n. 77, id., 1959, I, 324 ; 18 maggio 1959, n. 30, ibid., 1073).
Tenuto conto poi che è questa la prima volta che la
questione si è presentata, cosi che mancava ogni precedente atto a servire di norma, e che un'altra notificazione dell'atto
sarebbe di fatto superflua, perchè entrambi i soggetti si sono costituiti ed hanno svolto le proprie difese scritte e
orali, la Corte non ritiene di accogliere la eccezione di nul lità proposta dall'Avvocatura generale dello Stato.
Nel merito si osserva anzitutto che il provvedimento cui si riferisce il ricorso della Regione è un decreto del Pre
sidente della Repubblica, mediante il quale non si è fatto altro che porre in essere l'ultimo atto di un complesso pro cedimento iniziato con il decreto ministeriale n. 779 in data 27 luglio 1957. Contro questo provvedimento la Regione siciliana non avanzò alcuna pretesa nè riserva, anzi provvide a tutti i necessari adempimenti, affinchè esso potesse avere
piena e relativamente sollecita esecuzione.
D'altra parte, anche la censura rivolta al decreto pre sidenziale non concerne propriamente il provvedimento stesso, ma alcune delle sue conseguenze, o meglio la mancanza di certe conseguenze, che dovrebbe derivarne secondo la tesi della Regione, e precisamente quella del trasferimento al suo patrimonio di tutti i beni attinenti alla linea ferro viaria ed alla diramazione, soppresse con il decreto.
La difesa della Regione attribuisce all'unica disposizione del decreto « È soppressa la linea ferroviaria a scartamento ridotto Licata-Agrigento Bassa, nonché la linea di dira mazione Margonia-Canicattì » un duplice contenuto : l'or dine di soppressione della linea, contro il quale essa non ha nulla da eccepire,' riconoscendo che esso rientra pienamente nelle attribuzioni dello Stato a norma delle disposizioni vigenti (art. 17, lett. a, Statuto della Regione ; art. 4 de creto pres. 17 dicembre 1953 n. 1113), ed un implicito atto
di disposizione dei beni attinenti alla linea ferroviaria, mediante il quale lo Stato avrebbe trasferito i beni stessi
dal proprio demanio al patrimonio disponibile, come conse
guenza della soppressione della linea stessa. La Regione, che non ravvisa veramente nella prima parte (esplicita) alcun vizio censurabile, tanto più in quanto proprio su di essa fonda la sua domanda relativa al trapasso dei beni
sdemanializzati al patrimonio regionale, denuncia invece
la seconda parte (implicita) per una lacuna clie essa presente rebbe, non avendo dato atto di tale trapasso di beni, fondato
secondo la sua tesi sulla norma contenuta nell'art. 32
dello Statuto speciale per la Regione siciliana.
Con tutto ciò, non è veramente del tutto chiara l'argo mentazione in base alla quale la difesa della Regione, la
quale conclude per l'assegnazione alla medesima della pro prietà sui beni della linea ferroviaria soppressa, giunge a tale conclusione attraverso una censura dello stesso decreto
presidenziale, che costituisce in realtà il presupposto della
sua domanda. Ma è chiaro invece che l'oggetto del presente
giudizio è, in via principale, la questione sull'apparte nenza allo Stato o alla Regione di una potestà pubblica relativamente a certi beni, che la Regione assume trasfe
riti al suo patrimonio e lo Stato ritiene rimasti nel proprio ; così che la specie presenta notevole analogia con un'altra, che si è presentata recentemente al giudizio della Corte
costituzionale, e che dette occasione a questa di affermare la propria competenza a giudicare della appartenenza di un bene allo Stato o alla Regione, come presupposto del legit timo esercizio delle potestà amministrative rispetto al bene stesso (sentenza 18 maggio 1959, n. 31, Foro it., 1960,1,526).
D'altra parte, le censure rivolte al decreto presidenziale del 1959 avrebbero potuto essere dirette piuttosto al de creto ministeriale del 1957, rispetto al quale la difesa della
Regione muove pure alcuni appunti, oltretutto tardivi e
contraddittori, come quello di avere posto dei limiti alla libertà di determinazione della Regione, obbligandola a
provvedere alla sostituzione del servizio ferroviario, una volta che questo fosse stato soppresso, ma non formula conclusioni di sorta.
Precisato così l'oggetto del conflitto di attribuzione ed accertato, proprio in base alle conclusioni contenute nel
ricorso, che la Regione non domanda l'annullamento del decreto presidenziale (e ciò spiega perchè l'accenno, fatto solo per inciso, ad un vizio dell'alto, derivante dalla mancata
partecipazione del Presidente della Regione alla seduta del
Consiglio dei ministri che precedette l'emanazione del prov vedimento, non è stato poi nè svolto adeguatamente, nè
posto a base di una conclusione), la sola questione da risol vere è quella che concerne la proprietà delle attrezzature della linea ferroviaria soppressa.
La stessa difesa della Regione richiama, a sostegno delle
proprie tesi, la interpretazione data da questa Corte alle norme contenute negli art. 32 e 33 dello Statuto speciale (sentenza 19 giugno 1958, n. 37, Foro it., 1958, I, 1061) ; ma il richiamo non è esatto, perchè nel caso deciso con quella sentenza si trattava di un bene, rispetto al quale la situa zione giuridica era rimasta immutata dalla data dell'entrata in vigore dello Statuto, onde occorreva solo un atto di ac certamento della situazione stessa.
Nella controversia presente, invece, la Regione rivendica la proprietà di un bene, che al momento dell'entrata in
vigore dello Statuto era indiscutibilmente compreso nel demanio dello Stato, e la sua pretesa si fonda su un fatto
nuovo, la soppressione della linea ferroviaria, avvenuto ben tredici anni dopo l'approvazione di quello Statuto.
La domanda della Regione deve pertanto essere respinta ; e con ciò rimane assorbita anche la questione concernente la sospensione del decreto presidenziale n. 875 del 26 ago sto 1959.
Per questi motivi, pronunciando sul conflitto di attri buzione sollevato dalla Regione siciliana con atto 23 di cembre 1959 in relazione al decreto del Presidente della
Repubblica 26 agosto 1959 n. 875, respinta la eccezione
pregiudiziale di nullità del ricorso proposta dalla Avvoca tura generale dello Stato, dichiara la competenza dello Stato a disporre dei beni attinenti a servizi di trasporto esercì
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tati dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato nel l'ambito del territorio della Eegione siciliana, anche suc cessivamente alla soppressione del servizio ; respinge per tanto il ricorso proposto dalla Regione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 18 maggio 1960, n. 1233 ; Pres.
Civiletti, Est. Bartolomei, P. M. Maccarone (conci,
conf.) ; Riemma (Avv. Morabito) c. Ditta Crudele
(Avv. Marsilia).
(Regolamento di competenza avverso Trib. Napoli 11 maggio 1959)
Lavoro (competenza e procedimento in materia
di) — Contratto di agenzia — Accordo econom co
collettivo -— Competenza dello speciale foro del
lavoro — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 429, n. 1, 434 ; cod. civ., art. 1742).
Il foro dell'azienda o della dipendenza dell'imprenditore, previsto nell'art. 434 cod. proc. civ., non è applicabile alle controversie dipendenti da contratto di agenzia, seb
bene disciplinato dall'Accordo economico collettivo 25
maggio 1935 e successive modificazioni. (1)
La Corte, ecc. — La denunziata sentenza ritenne che il rapporto di rappresentanza commerciale, intercorrente fra il Riemma e la Ditta Crudele, fosse configurabile come
contratto di lavoro autonomo, e non come contratto di lavoro subordinato. Ne arguì che la controversia in esame, avente ad oggetto il predetto rapporto, non fosse giuridi camente equiparabile alle controversie, relative a rapporti di lavoro di carattere subordinato, indicate dall'art. 429
cod. proc. civ., riguardo alle quali il successivo art. 434, 2° comma, stabilisce la competenza territoriale del «giu dice nella cui circoscrizione si trova l'azienda o una qual siasi dipendenza di questa, alla quale è addetto il lavora tore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento
della fine del rapporto ». Statuì quindi l'impugnata sen
tenza che non potesse giustificarsi, ex art. 434 precitato, come il Riemma pretendeva, la competenza territoriale del
Tribunale di Napoli, davanti al quale egli aveva citato la
Ditta Crudele, sul presupposto che una dipendenza della
sua azienda fosse ubicata nella circoscrizione di quel Tri bunale.
Osserva il ricorrente che il controverso rapporto di rap
presentanza commerciale è regolato dall'Accordo economico
collettivo del 25 maggio 1935, modificato dal successivo
accordo del 15 maggio 1951. Ora, poiché, ad avviso del
ricorrente, gli accordi economici collettivi sono norme
equiparate ai contratti collettivi di lavoro, la controversia
in esame, indipendentemente dal carattere autonomo o
(1) In fattispecie analoga fu esclusa la competenza speciale del giudice del lavoro, con una diversa motivazione basata sulla
legislazione allora vigente, da Cass. .20 gennaio 1939, n. 220,
riportata in Foro it., 1939, I, 228, con nota di richiami. Sul punto che l'accordo economico collettivo non presup
pone l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato (il cui esame rientra nella competenza dello speciale foro del lavoro), v. Cass. 18 luglio 1958, n. 2642, id., Rep. 1958, voce Lavoro
(contratto collettivo), n. 80.
Riguardo alla configurazione del contratto di agenzia, o
rappresentanza commerciale, come contratto di lavoro auto nomo (perciò distinto dal rapporto di lavoro subordinato), ancorché possa essere disciplinato da un accordo economico
collettivo (che costituisce poi il presupposto onde le contro versie concernenti una convenzione del genere sono sottratte alla competenza del giudice del lavoro), cfr., per tutti, Mes
sineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1958, vol. V, pag. 66-70 ; nonché, da ultimo, a proposito dell'indennità
dovuta all'agente a seguito dello scioglimento del rapporto, Cass. 12 maggio 1959, n. 1401, Foro it., 1959, I, 1288, con nota
di E. M. Barbieri.
Il Foro Italiano — Volume LXXXIII — Parte 1-47.
subordinato del contratto di lavoro in disputa, rientrerebbe tra le controversie individuali del lavoro, previste dall'art.
429, n. 1, cioè fra quelle « relative a rapporti di lavoro e di
impiego che sono o possono essere disciplinati da contratti collettivi o da norme equiparate ». Conclude il ricorrente
che, rientrando la presente lite fra le controversie individuali del lavoro, previste dall'art. 429, n. 1, riguardo alle quali i! successivo art. 434 stabilisce la competenza di uno speciale foro del lavoro, ritualmente sia stato da lui adito, per otte nere la condanna della Ditta convenuta al pagamento delle sue spettanze, il Tribunale di Napoli, quale foro del lavoro.
L'esposta tesi non si palesa dotata di fondamento giu ridico.
Il richiamato art. 429, n. 1, elenca, come si è detto, fra le controversie individuali del lavoro (da trattare presso 10 speciale foro del lavoro stabilito dal successivo art. 434), quelle «relative a rapporti di lavoro e d'impiego che sono o possono essere disciplinati da contratti collettivi o da norme equiparate ». Ora il contratto di lavoro, che può formare oggetto di una di tali controversie (detto anche contratto d'impiego, allorché i prestatori d'opera siano im
piegati invece che operai), presenta, per la sua natura giu ridica di looatio operarum, la fondamentale caratteristica della subordinazione del prestatore di lavoro all'imprenditore o datore di lavoro. Difatti detta l'art. 2086 cod. civ. che
«l'imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori », formulando una re
gola, che si trova ribadita dal disposto del successivo art.
2094, secondo il quale « è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'im
presa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore ». Sicché le controversie individuali di cui all'art. 429, n. 1,
comprendono rapporti relativi a contratti di lavoro (o di
impiego) di carattere subordinato, che sono appunto quei rapporti, suscettibili, secondo la riferita locuzione della
norma, di quella regolamentazione collettiva, favorita dal l'ordinamento giuridico per assicurare, insieme con una
disciplina uniforme di tali contratti, il miglior trattamento economico del lavoratore subordinato.
Dato, dunque, che le controversie di cui all'art. 429, n. 1, non possono avere ad oggetto che rapporti di lavoro
(o d'impiego) di carattere subordinato, non è certamente
configurable una controversia del genere riguardo a rap porti nascenti da un contratto di lavoro autonomo o con tratto d'opera (locatio operi»), che, a differenza del tipico contratto di lavoro (locatio operarum), esclude, secondo la testuale definizione che ne dà l'art. 2222 cod. civ., ogni vincolo di subordinazione del prestatore d'opera nei con fronti del committente.
Ciò premesso, è da notare che il rapporto di agenzia, o rappresentanza commerciale, su cui verte la presente lite, non è affatto equiparabile (come neppure il ricorrente
contesta) ad un rapporto di lavoro subordinato. Infatti
l'agente non è affatto tenuto ad esplicare mansioni lavorative (operae) sotto la dipendenza gerarchica di un datore di lavoro, così com'è tenuto ad esplicarle un lavora tore subordinato ; è tenuto invece ad eseguire l'incarico di
procurare al preponente, attraverso la propria autonoma
organizzazione, un risultato (opus), consistente nel pro muovere, per conto del preponente stesso, la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 cod. civ.). 11 contratto di agenzia è, dunque, un contratto d'opera (locatio operis) ; onde, pertanto, riguardo ad esso, non è
configurabile, secondo i suesposti rilievi, l'insorgere di una controversia individuale del lavoro, ai sensi dell'art. 429, n. 1.
Nè vale ad indurre ad opposto avviso la circostanza che il rapporto di agenzia, dedotto in lite, è regolato da un accordo economico collettivo : opposto avviso, che il ricor
rente, come si è notato, sostiene sul riflesso della equipara bilità degli accordi economici collettivi ai contratti collet
tivi, traendone l'illazione che la presente causa, vertendo su un rapporto disciplinato da norme equiparate ai con tratti collettivi, rientri nella previsione dell'art. 429, n. 1.
Infatti è da rammentare, a tal riguardo, che « norme
equiparate » ai contratti collettivi, nella disciplina dei rap
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