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sentenza 23 marzo 1983, n. 70 (Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rel. Reale;...

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sentenza 23 marzo 1983, n. 70 (Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rel. Reale; Pacini ed altri (Avv. Spagnuolo Vigorita, Sorrentino); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Carafa). Ord. C. conti, sez. II, 27 novembre 1975 e sez. I 9 aprile 1976 (Gazz. uff. 24 novembre 1976, n. 314 e 17 novembre 1976, n. 307) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 6 (GIUGNO 1983), pp. 1527/1528-1529/1530 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177077 . Accessed: 28/06/2014 07:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 07:28:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 23 marzo 1983, n. 70 (Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rel. Reale;Pacini ed altri (Avv. Spagnuolo Vigorita, Sorrentino); interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Carafa). Ord. C. conti, sez. II, 27 novembre 1975 e sez. I 9 aprile 1976 (Gazz. uff. 24novembre 1976, n. 314 e 17 novembre 1976, n. 307)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 6 (GIUGNO 1983), pp. 1527/1528-1529/1530Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177077 .

Accessed: 28/06/2014 07:28

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1527 PARTE PRIMA 1528

Per questi motivi, riuniti i giudizi, dichiara non fondate, nei

sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzio

nale relative all'art. 252 t. u. della legge comunale e provinciale

approvato con r. d. 3 marzo 1934 n. 383, sollevate dalla Corte

dei conti in riferimento agli art. 3, 5, 24, 28, 97 e 128 Cost, con

le ordinanze in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 marzo 1983, n. 70

'(Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rei.

Reale; Pacini ed altri (Aw. Spagnuolo Vigorita, Sorrenti

no); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Carafa). Ord. C. conti, sez. II, 27 novembre 1975 e sez. I 9 aprile 1976 (Gazz. uff. 24 novembre 1976, n. 314 e 17 novembre 1976, n. 307).

Istruzione pubblica — Università — Amministratori — Personale

non insegnante — Compensi indebitamente corrisposti — Sa

natoria dell'indebita erogazione — Questione infondata di

costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 25, 28, 42, 54, 97, 101-113; 1. 25 novembre 1971 n. 1042, provvedimenti per il personale non insegnante delle università e istituti di istruzione seconda

ria, art. 2).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2

l. 25 novembre 1971 n. 1042 nella parte in cui sana, anche per ciò che concerne la responsabilità degli amministratori, l'inde

bita corresponsione al personale non docente dell'università di

speciali compensi incentivanti, in riferimento agli art. 3, 24,

25, 28, 42, 54, 97 e 101 a 113 Cost. (t)

(1) Le ordinanze di rimessione, C. conti, sez. II, 27 novembre

1975, e sez. I 9 aprile 1976, sono massimate rispettivamente in Foro

it., 1977, III, 120, con nota di richiami, e id., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 378 a. Leggi che sanino situazioni irregolari, escludendo retroattivamente le responsabilità di chi in queste situazio ni si è trovato coinvolto, non sono rare nel nostro ordinamento e sono state spesso sottoposte al vaglio della Corte costituzionale: il riferimento più recente è all'ordinanza della corte 24 gennaio 1983, n. 5, Gazzetta ufficiale 2 febbraio 1983, n. 32, che ha dichiarato manife stamente inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 10 bis 1. 8 agosto 1980 n. 441 che sanava la responsabilità degli amministra tori ospedalieri che avevano corrisposto ai dipendenti un trattamento economico difforme da quello previsto dagli accordi collettivi, dal momento che, con precedente sentenza 29 luglio 1982, n. 161, Foro it., 1982, I, 2995, con nota di richiami, è stata dichiarata l'illegittimi tà costituzionale della norma da cui la responsabilità derivava; di poco antecedente è la sentenza 19 novembre 1982, n. 195, ibid., 2693, con ampia nota di richiami e osservazioni di A. Lener, che ha dichiarato inammissibile, perché non individua con precisione l'oggetto della censura, la questione di legittimità costituzionale della 1. 27 marzo 1980 n. 112, sollevata per eccesso di potere legislativo e con riferimento all'art. 104, 1° comma. Cost., sotto il profilo che la legge attribuirebbe con efficacia retroattiva la personalità giuridica di diritto privato agli istituti di patronato allo scopo di influire sul giudizio penale instaurato contro gli amministratori di uno dei detti istituti nella presupposta qualità di pubblici ufficiali; altra questione in parte simile era stata affrontata, sempre su ordinanza di rimessione della Corte dei conti, dalla sentenza 12 luglio 1967, n. 108, id., 1967, I,. 2491, con nota di richiami, che aveva dichiarato infondata la que stione di legittimità dedotta nei confronti della 1. 30 marzo 1965 n. 340 che aveva retroattivamente limitato la responsabilità per gli agenti contabili dell'amministrazione delle antichità e belle arti.

Il particolare regime della responsabilità degli amministratori dell'u niversità, limitato ai casi di dolo e colpa grave, è stato ritenuto costituzionalmente legittimo da ultimo da Corte cost. 22 ottobre 1982, n. 164, id., 1983, I, 284, con nota di richiami.

Nel caso di specie va sottolineato come nella sentenza vi sia anche una pronuncia di inammissibilità (che spesso pare provocata da preoccupazioni diverse, come rilevano, da ultimo, con varietà di accen ti, Carlassare, «La tecnica e il rito»: ovvero il formalismo nel controllo sulla rilevanza, in Giur. costit., 1979, I, spec. 761; Mezza notte, Irrilevanza e infondatezza per ragioni formali, id., 1977, I, 230; Occhiocupo, La Corte costituzionale come giudice di « opportu nità » delle leggi, ibid., 1698), giustificata in modo estremamente formale, e che ha giocato un ruolo significativo nello sgombrare il campo dalla censura più consistente e unificante dei vari profili esaminati (anche se le ordinanze di rimessione, quasi in anticipo consapevoli, hanno dedicato ampio spazio alla deduzione di una pluralità di specifiche censure, che singolarmente prese appaiono debo li). La corte ha infatti ritenuto inammissibile la censura di irragione volezza perché contenuta nella sola motivazione e non nel dispositivo dell'ordinanza e perché non riferita ad una specifica norma della Costituzione: va però rilevato che si ritiene sufficiente l'indicazione delle norme di riferimento in modo implicito non occorrendo l'indica zione degli articoli, ed anche se contenuta nella sola motivazione (A.

Diritto. — 1. - Le due ordinanze della Corte dei conti di cui

in epigrafe sollevano questione di legittimità costituzionale della

stessa norma di legge. I relativi giudizi possono quindi essere

esaminati e decisi con unica sentenza.

2. - I consigli di amministrazione delle università e degli isti

tuti universitari, come si desume dai lavori preparatori della 1.

25 novembre 1971 n. 1042, si erano trovati da vari anni, per evitare « l'arresto totale del funzionamento della vita universita

ria » conseguente all'enorme aumento dell'onere di lavoro senza

che gli organici del personale non insegnante fossero adeguati

per numero e per remunerazione alla nuova situazione, nell'asso

luta necessità di accordare al personale non insegnante speciale

compensi incentivanti « con riferimento all'eccezionale stato di

necessità » ; facendoli gravare « sui fondi di bilancio non desti

nati per legge a fini specifici ». Organi consultivi e di controllo

avevano negato la legittimità delle erogazioni, creando « una

situazione di estremo disagio in tutte le università».

Per regolarizzare questa grave situazione, la citata 1. n. 1042 . cosi disponeva all'art. 2, 1° comma: « I compensi attribuiti, anche per il titolo di cui all'art. 13 1. 18 dicembre 1951 n. 1551

(relativo ai diritti di segreteria e alla loro destinazione) pur in

mancanza del decreto del presidente della repubblica in esso

previsto al personale non insegnante delle università e degli istituti di istruzione universitaria, continuano ad essere corrispo sti come in precedenza secondo le deliberazioni dei rispettivi

consigli di amministrazione nei limiti dei fondi stanziati nei

rispettivi bilanci e delle disposizioni che seguono ».

La Corte dei conti con le due ordinanze riassunte in narrativa

dubita della legittimità costituzionale della norma citata.

3. - Con l'ordinanza 27 novembre 1975, la seconda sezione

giurisdizionale identifica la ratio legis nella volontà del legislato re di legittimare la situazione di fatto determinata dalla corre

sponsione dei compensi attribuiti contra legem al personale non

insegnante, sanando non soltanto gli effetti di tale comportamen to, cioè la percezione dei compensi da parte del personale non

insegnante (il che non darebbe luogo a rilievi di carattere costi

tuzionale), ma anche il comportamento stesso degli amministrato

ri che ne avevano disposto l'erogazione, il che la legge non

avrebbe potuto fare retroattivamente e incidendo in processi di

responsabilità in corso senza « incongruenza e irragionevolezza »

e senza violare molteplici articoli della Costituzione.

La questione non è fondata.

Quanto alla censura di « incongruenza e irragionevolezza »

della norma impugnata, alla quale il giudice a quo fa cenno

nella motivazione, a parte che essa non potrebbe avere ingresso non essendo rapportata a parametri costituzionali, per dispensare la corte dal prenderla in considerazione sta il fatto che della

stessa non è cenno nel dispositivo dell'ordinanza, ricco, invece, di ben venti articoli costituzionali di riferimento.

4. - Vengono innanzitutto indicate come parametri della affer

mata illegittimità costituzionale le disposizioni del titolo quarto del libro secondo della Costituzione (la magistratura), cioè gli art. da 101 a 113, come è specificato nella motivazione dell'ordi

nanza, ancorché nel dispositivo per evidente omissione materiale sia indicato solo l'art. 101 seguito da un trattino.

Poiché queste disposizioni sono « intese a garantire l'indipen denza della funzione giudiziaria da ogni potere », afferma la

Corte dei conti, non è lecito « modificare con legge il contenuto

di una sentenza », « sindacare l'operato di un giudice » o « sottrarre al giudizio una qualsiasi controversia » : ciò che nella

specie si sarebbe appunto verificato con l'art. 2, 1° comma, 1. n.

1042.

La censura è priva di ogni fondamento. La norma di diritto sostanziale che regola una situazione anche pregressa senza vio

lare un giudicato non modifica il contenuto di una sentenza

(nella specie inesistente); non sindaca l'operato di un giudice, ma costituisce la legge alla quale il giudice è soggetto: non

M. Sandulli, Il giudizio sulle leggi, 1969, 24, n. 38, che richiama Corte cost. 8 luglio 1957, n. 122, Foro it., 1957, I, 1129, con nota di richiami, che aveva risolto perentoriamente la questione, nonché An gelici, La giustizia costituzionale, 1974, I, 325, n. 4), mentre la censura di irragionevolezza, seppur riconducibile all'art. 3 Cost., è riferibile ad esigenze generali di logicità e coerenza apprezzabili in sé (A. M. Sandulli, Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale, in Ammin. e società, 1975, 1575). L'orientamento della corte in tema di requisiti di ammissibilità delle ordinanze di rimes sione è riassunto da Elia, Conferenza stampa del presidente della Corte costituzionale, in Foro it., 1983, V, 75, spec. 78; per la più recente applicazione di tale orientamento Corte cost. 9 febbraio 1983, n. 30, id., 1983, I, 265, con nota di richiami di A. LenIer e G. Salmè e in questo fascicolo, I, 1537, con nota di B. Nascimbene, e 24 novembre 1982, n. 198, Foro it., 1983, I, 568, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sottrae al giudice alcuna controversia, ma gli fornisce appunto il

diritto che egli deve applicare. A seguire il ragionamento del giudice a quo bisognerebbe

negare la legittimità costituzionale delle leggi di depenalizzazione e di amnistia, o ipotizzare un generale divieto di retroattività

delle leggi civili e amministrative. Né vale opporre a questa elementare considerazione, come fa l'ordinanza, che l'amnistia

non esclude gli effetti patrimoniali dell'illecito perché il proble ma è altro: è cioè quello di stabilire se al legislatore sia sempre vietato di modificare una legge (depenalizzazione) o di eliderne

gli effetti (amnistia) in pendenza di una procedura giudiziaria. Non c'è quindi « violazione del principio della divisione dei

poteri », come il giudice a quo finisce con l'ammettere passando

agli altri numerosi parametri costituzionali invocati.

5. - Il primo di essi è l'art. 3 insieme con l'art. 25. Il provve dimento legislativo avrebbe « creato una speciale categoria di

cittadini sottraendoli alla loro naturale soggezione al potere giu diziario » e distogliendoli « dal giudice naturale precostituito per

legge ».

A dimostrare la infondatezza della censura basta il rilievo che

la legge si è riferita ad una determinata situazione: solo nel

l'ambito di questa o di fronte a situazioni eguali sarebbe ipotiz zabile una violazione del principio di eguaglianza, a meno di

non volerlo considerare violato da tutte le leggi aventi destinata

ri diversi dalla generalità dei cittadini. Quanto all'art. 25, che

garantisce la precostituzione del giudice « sulla base di criteri

generali fissati in anticipo e non già in vista di determinate

controversie », secondo la giurisprudenza di questa corte (cfr. sentenza n. 128 del 1968, Foro it., 1969, I, 274), esso di tutta

evidenza è fuori causa in una situazione nella quale la legge non ha mutato il giudice, ma ha prodotto il diritto sostanziale

che il giudice deve applicare. Tuttavia — soggiunge l'ordinanza introducendo un ulteriore

parametro — anche escludendo la violazione dell'art. 25, « è

innegabile che con la impugnata norma si è pregiudicato il

diritto dello Stato a far valere in giudizio la pretesa al risarci

mento del danno e che sotto tale riflesso si è violato l'art. 24

Cost. ». Senonché, a dimostrare l'assoluta infondatezza di questa

prospettazione sta, a tacere da ogni altra considerazione, la

costante giurisprudenza della corte, ricordata da ultimo nella

sentenza n. 164 del 1982 (id., 1983, I, 284), secondo la quale « la garanzia giurisdizionale della difesa è riconosciuta entro i

confini della configurazione giuridica di diritto sostanziale».

6. - Segue, nella lista delle illegittimità costituzionali nelle qua li sarebbe incorsa la 1. n. 1042 del 1971, la violazione dell'art.

28 Cost., peraltro non affermata, ma solo ipotizzata nell'ordinan

za di rimessione, nella quale si legge: « ove tale precetto (l'art.

28) si configuri come disposizione di principio, applicabile quin di non solo a tutela dei diritti degli amministrati ma anche di

quelli dell'amministrazione di fronte ai comportamenti illeciti dei

propri dipendenti ».

Ma è appunto questa ipotesi ermeneutica che non regge, sia

perché l'art. 28 « non generalizza, ma espressamente riconduce

al concetto di responsabilità a quanto dispongono le leggi penali, civili e amministrative » (sentenza n. 123 del 1972, id., 1972, I,

2726), sia perché esso « si riferisce chiaramente ed esclusiva

mente alla responsabilità verso i soggetti privati danneggiati e

non anche alle diverse responsabilità di carattere interno del

funzionario o impiegato verso lo Stato o l'ente pubblico » (sen tenza n. 164 del 1982).

7. - L'ordinanza di rimessione prosegue indicando come violato

l'art. 54 Cost, il quale stabilisce che i cittadini cui sono affidate

funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore: questo precetto sarebbe stato violato dagli amministra

tori della università nel corrispondere al personale non insegnan te i compensi non previsti dalle leggi allora vigenti. Ma poiché la legge di sanatoria, e nelle sue disposizioni (« i contributi...

continuano ad essere corrisposti come in precedenza ») e nella

chiarissima motivazione desumibile dai lavori preparatori (regola rizzare una situazione derivante da un « eccezionale stato di

necessità »), riconosce nella specie la liceità del comportamento dei consigli di amministrazione delle università, ne rimane esclu

sa la pretesa violazione, da parte di essi, del dovere di discipli na e di onore.

8. - L'ordinanza della Corte dei conti prosegue invocando un

ulteriore parametro di riferimento della questione sollevata: l'art.

97 Cost, che non concerne « solo l'attività amministrativa, ma

anche le leggi » che la disciplinano. In realtà, l'art. 97 concerne l'organizzazione degli uffici secon

do disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon

andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. In ogni caso,

come giustamente osserva l'avvocatura dello Stato, i lavori pre

paratori della legge dimostrano che essa ha avuto per finalità

proprio quella di legittimare una condotta mirante al buon an

damento dell'amministrazione: il che esclude ogni attendibilità del ricorso all'art. 97 per contestare la legittimità della legge.

9. - Ad escludere ogni correlazione dell'art. 42 Cost. — invo cato come altro parametro dal giudice a quo — con la questio ne relativa all'art. 2, 1° comma, 1. n. 1042, basta la lettura della norma costituzionale, che si riferisce alla proprietà pubblica e

privata e alla loro espropriazione per pubblica utilità. La costru zione dell'ordinanza di rimessione, secondo la quale, legittimando il comportamento dei consigli di amministrazione delle università con la conseguente rinunzia ad un eventuale diritto di risarci mento nei loro confronti, la legge avrebbe « espropriato (lo Stato) gratuitamente e senza che ricorra un motivo di interesse

generale di un bene esistente nel proprio patrimonio », è inge gnosa, ma priva di ogni consistenza giuridica, come del resto la corte ha già avuto occasione di dichiarare (sent. n. 164/82).

10. - L'ordinanza 9 aprile 1976 (n. 626 del reg. ord. 1976) della prima sezione giurisdizionale della Corte dei conti, propo nendo la stessa questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza della seconda sezione, indica quali parametri gli art. 3, 24, 25, 54, 97 e 103 Cost, e quanto ai primi cinque espone argomentazioni non dissimili da quelle dell'ordinanza del la detta sezione seconda, alla quale espressamente si richiama, e che sono state già esaminate.

Quanto all'art. 103 (che pure era compreso nel richiamo glo bale al titolo quarto del libro secondo della Costituzione fatto nell'ordinanza precedente) l'ordinanza ora in esame specifica che con la norma impugnata « si viene ad incidere, limitandola, nella sfera di giurisdizione attribuita dalla Costituzione alla Cor te dei conti con la sottrazione ad essa di fattispecie in cui

possono ravvedersi ipotesi di responsabilità, senza peraltro indi cazione chiara ed espressa dei casi in cui detta limitazione dovrebbe operare ».

Anche questa formulazione del richiamo all'art. 103 è tuttavia

priva di fondamento giuridico. Come già più innanzi (punto 4) si è osservato, una norma di

diritto sostanziale non sottrae al giudice la fattispecie, non anco ra decisa, sulla quale egli deve provvedere. Solo che il giudice deve applicare la legge. Affermare poi che la legge non contiene indicazione chiara ed espressa dei casi in cui deve applicarsi, significa proporre non un problema costituzionale ex art. 103, ma un problema di interpretazione, o se si vuole di difficoltà di

interpretazione, difficoltà esclusa d'altra parte dallo stesso giudice a quo quando ha denunziato la violazione dell'art. 3 perché la norma avrebbe mancato del carattere della generalità col sanare determinate situazioni.

Per questi motivi, dichiara non fondate le questioni di legitti mità costituzionale dell'art. 2, 1° comma, 1. 25 novembre 1971 n. 1042 proposte dalla Corte dei conti, sezione seconda giurisdizio nale, con l'ordinanza 27 novembre 1975 di cui in epigrafe, in riferimento agli art. 3, 24, 25, 28, 42, 54, 97 e 101-113 Cost., e della Corte dei conti, sezione prima giurisdizionale, con l'ordi nanza 9 aprile 1976 di cui in epigrafe, in riferimento agli art. 3, 24, 25, 54, 97 e 103 Cost.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 28 febbraio 1983, n.

45; Pres. Elia, Rei. La Pergola; Comitato promotore del

referendum abrogativo degli art. lei bis d. 1. 1° febbraio

1977 n. 12 convertito in 1. 31 marzo 1977 n. 91 c. Pres. cons,

ministri e Parlamento. Conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato.

Corte costituzionale — Conflitto di attribuzione fra i poteri dello

Stato — Disegno di legge recante disposizioni abrogative di

quelle sottoposte a referendum — Lesione della sfera di attri

buzioni dei promotori del referendum — Insussistenza — Inam

missibilità del conflitto (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, costituzione e funzionamento della Corte costituzionale, art.

37; d. 1. 1° febbraio 1977 n. 12, norme per l'applicazione del

l'indennità di contingenza; 1. 31 marzo 1977 n. 91, conversione

in legge, con modificazioni, del d. 1. 1° febbraio 1977 n. 12).

È inammissibile, perché la lesione della sfera di attribuzioni dei

promotori del referendum è dedotta soltanto in relazione ad

un disegno di legge recante disposizioni abrogatrici di quelle

sottoposte a referendum, il ricorso per conflitto di attribuzioni

proposto dal comitato promotore del referendum abrogativo

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