sentenza 23 marzo 1999, n. 85 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 marzo 1999, n. 13);Pres. Vassalli, Est. Mezzanotte; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Linguiti) c. RegioneAbruzzoSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1377/1378-1381/1382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193447 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale inve
ste l'art. 18, 11°, nonché 12° comma, 1. reg. Lazio 26 giugno 1987 n. 33, i quali stabiliscono che contro il provvedimento del
sindaco, di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia
residenziale pubblica, «l'interessato può proporre ricorso al pre tore» «entro il termine perentorio di trenta giorni dalla notifi
cazione del provvedimento stesso» ed attribuiscono al pretore la «facoltà di sospendere l'esecuzione del decreto». Dal tenore
complessivo dell'ordinanza di rimessione risulta infatti con chia
rezza che la censura del giudice a quo riguarda entrambe le
disposizioni, sicché la questione deve ritenersi ritualmente pro
posta anche in riferimento al 12° comma del suindicato art.
18, nonostante esso non sia stato indicato nel dispositivo. Secondo il rimettente, la norma impugnata viola gli art. 108
e 117 Cost., in quanto non rientrerebbe nelle competenze regio nali la disciplina della giurisdizione e del processo, riservata alla
legge dello Stato.
2. - La questione è fondata.
Il legislatore regionale, secondo la costante e consolidata giu
risprudenza di questa corte, concernente disposizioni molto spesso identiche a quelle censurate, non può statuire in ordine a rimedi
giurisdizionali, ovvero ai poteri o alle facoltà dell'autorità giu
diziaria, dato che l'art. 108 Cost, riserva la materia della giuris
dizione e quella processuale alla competenza del legislatore sta
tale (tra le più recenti, sentenze nn. 134 e 133 del 1998, Foro
it., 1998,1, 1345). La giurisprudenza costituzionale ha più volte
anche affermato, ancora in fattispecie analoghe a quella in esa
me, che la violazione di tale parametro non può essere esclusa,
qualora la legge regionale riproduca, ovvero disponga un rinvio
alla normativa statale contenuta nell'art. 11, 13°, 14° e 15° com
ma, d.p.r. n. 1035 del 1972, in quanto ciò comporta «un'inde
bita novazione della fonte, con tutte le conseguenze che ne deri
vano, anche sul piano applicativo» (ex plurimis, sentenze nn.
134 e 133 del 1998, cit.; n. 390 del 1996, id., 1997, I, 630; n. 457 del 1994 e n. 76 del 1995, id., 1995, I, 1410).
Nel quadro di tali principi, le disposizioni censurate violano
dunque l'art. 108 Cost., disciplinando una materia che è al di
fuori delle competenze regionali fissate dall'art. 117 Cost.
3. - L'art. 18 della legge regionale in esame riproduce, al 13°
comma, l'omologa disposizione contenuta nel 15° comma del
l'art. 11 d.p.r. n. 1035 del 1972, in quanto stabilisce che «il
zione del verbale di consegna, dettavano, peraltro, una disciplina ana
loga a quella prevista dall'art. 11 d.p.r. 1035/72, anche per quanto attiene a termini, modalità e competenza per l'opposizione al provvedi mento di decadenza, nonché al potere del pretore di sospenderne l'ese
cuzione. Con riferimento alla competenza ed al rito applicabili ai giudizi di
opposizione contro provvedimenti ablatori dell'assegnazione — o, co
munque, di rilascio — di alloggi di edilizia residenziale pubblica, dopo l'entrata in vigore della riforma processuale ex 1. 353/90, cfr. Pret.
Bologna, ord. 14 novembre 1995, id., 1997, I, 3704, con nota di E.
Fabiani, e Pret. Mantova 4 marzo 1998, Arch, locazioni, 1998, 745
(entrambe affermative dell'applicabilità delle regole dettate per le con
troversie in materia locatizia dagli art. 8, n. 3, e 447 bis c.p.c. con
riferimento all'ipotesi di opposizione a decreto di rilascio dell'alloggio in quanto occupato sine titulo, sul presupposto della sussistenza nella
specie della giurisdizione del giudice ordinario); in dottrina, L. Graztu
so, Competenza e rito nelle opposizioni proposte, innanzi all'autorità
giudiziaria ordinaria, avverso i provvedimenti di autotutela relativi al
l'assegnazione e gestione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, in
Giust. civ., 1997, II, 69. Sul riparto di giurisdizione, al riguardo, tra
giudice ordinario e giudice amministrativo, v., da ultimo: Cass. 18 di
cembre 1998, n. 12703, Foro it., Mass., 1340; 11 febbraio 1998, n.
1443, ibid., 160; 18 dicembre 1997, n. 12829, id., Rep. 1997, voce Edi
lizia popolare, n. 96; 2 giugno 1997, n. 4908, ibid., n. 97; 3 febbraio
1997, n. 999, ibid., n. 98; 9 ottobre 1996, n. 8830, ibid., n. 82; Cons.
Stato, sez. IV, 18 gennaio 1997, n. 25, ibid., n. 103; 7 giugno 1996,
n. 740, ibid., n. 93; ad. plen. 5 settembre 1995, n. 28, id., 1996, III,
87, con nota di richiami.
Circa le modalità di proposizione dell'opposizione, giova inoltre ram
mentare Cass. 8 agosto 1997, n. 7397, id., Rep. 1997, voce Procedi
mento civile, n. 121, che ha ritenuto affetta da nullità assoluta (che non può considerarsi sanata neppure se l'atto sia stato depositato con
testualmente alla costituzione in giudizio e la controparte non abbia
sollevato specifiche contestazioni) la procura ad litem rilasciata dall'op
ponente in calce alla copia notificatagli del provvedimento ablatorio
in discorso, trattandosi di atto amministrativo privo di natura (sia pure
lato sensu) processuale.
Il Foro Italiano — 1999.
provvedimento di sospensione può essere dato dal pretore con
decreto in calce al ricorso». Quest'ultima disposizione, essendo
state dichiarate illegittime le norme contenute nell'I 1° e nel 12°
comma del succitato art. 18, risulta priva di autonomo signifi cato ed è inapplicabile, dato che è strettamente conseguenziale a quelle annullate. Ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.
87, pertanto, tale norma deve essere dichiarata costituzional
mente illegittima. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara:
a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, 11° e 12° comma, 1. reg. Lazio 26 giugno 1987 n. 33 (disciplina per l'assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edili
zia residenziale pubblica);
b) in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'ille
gittimità costituzionale del 13° comma dell'art. 18 della stessa
legge regionale.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 marzo 1999, n. 85
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 marzo 1999, n. 13); Pres. Vassalli, Est. Mezzanotte; Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Lingotti) c. Regione Abruzzo.
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Abruzzo —
Pesca — Aiuti alle imprese — Contrasto con la normativa
comunitaria — Incostituzionalità (Cost., art. 10, 11; trattato
Ce, art. 93).
È incostituzionale la l. reg. Abruzzo approvata l'8 marzo 1997
e riapprovata I'll giugno successivo, nella parte in cui dispo ne che i contributi concessi alle cooperative di produzione del pescato dalla I. reg. 9 ottobre 1996 n. 93 rientrano nella
categoria degli aiuti c.d. de minimis la cui esecuzione non
è sospesa fino all'esito positivo dell'esame di compatibilità con il mercato comune da parte della commissione Ce. (1)
(1) L'enunciazione riassunta in massima si uniforma al principio (san cito al punto 1.6 della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato
a favore delle piccole e medie imprese adottata dalla commissione il
20 maggio 1992, in G.U.C.E. C213 del 19 agosto 1992, e ribadito dalla
comunicazione della commissione relativa agli aiuti de minimis, in
G.U.C.E. C68 del 6 marzo 1996) dell'inapplicabilità della regola de
minimis (introdotta al punto 3.2 dell'anzidetta disciplina, che svincola
gli aiuti di entità inferiore ad una certa soglia, in quanto ritenuti inido
nei ad incidere in misura significativa sugli scambi e sulla concorrenza, dall'osservanza della disciplina posta dagli art. 92 e 93 del trattato),
agli aiuti concessi alle piccole e medie imprese operanti in settori, quali la pesca, disciplinati da specifiche regolamentazioni comunitarie. L'ese
cuzione di tali aiuti è quindi interdetta alle autorità nazionali finché
non ne sia stata accertata e dichiarata la compatibilità con il mercato
comune (c.d. obbligo di standstill). In argomento, Corte cost. 30 marzo 1995, n. 94, Foro it., 1995, I, 1081.
Ancora sulla regola de minimis in materia di aiuti, v. l'art. 2 del
recente regolamento Ce 994/98 del consiglio 7 maggio 1998, sull'appli cazione degli art. 92 e 93 del trattato a determinate categorie di aiuti
di Stato «orizzontali» (che prescindono cioè da specifiche finalità di
natura regionale o settoriale), a tenor del quale la commissione può «decidere che, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato comu
ne, alcuni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all'art. 92, par.
1, del trattato e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica
di cui all'art. 93, par. 3, del trattato, a condizione che gli aiuti concessi
ad una stessa impresa in un determinato arco di tempo non superino un importo prestabilito».
Per riferimenti alla disciplina comunitaria, con particolare riguardo ai profili procedurali, v., da ultimo, i richiami di M. Orlandi, id.,
1999, IV, 88.
Sugli obblighi derivanti alle regioni dall'art. 93 del trattato, cfr. Cor
te giust. 30 giugno 1992, causa C-47/91, 4 febbraio 1992, causa C-294/90,
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1379 PARTE PRIMA 1380
Diritto. — l.-Il presidente del consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 92 del
trattato Cee e, quindi, dell'art. 10 Cost., della delibera legislati va della regione Abruzzo, riapprovata I'll giugno 1997, intito
lata: modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 9 ottobre 1996 n.
93, relativa a: «concessione di contributi alle cooperative di pro duzione del pescato o loro consorzi per la gestione dei mercati
ittici». La delibera censurata, qualificando come de minimis gli in
terventi previsti dall'art. 2 della citata 1. n. 93 del 1996 e propo nendosi di abrogare la disposizione che prevede la sospensione dell'efficacia di tale legge sino all'esito positivo dell'esame di
compatibilità dell'aiuto suddetto con la normativa comunitaria, contrasterebbe con il trattato istitutivo della Comunità econo
mica europea e con la normativa comunitaria che ad esso dà
attuazione, che esclude il settore della pesca dall'applicabilità del regime degli aiuti di modesto valore alle imprese medie e
piccole, e quindi violerebbe l'art. 10 Cost.
2. - La questione è fondata.
e 21 novembre 1991, causa C-354/90, id., 1992, IV, 469, con nota di G.M. Roberti, Aiuti di Stato e controlli comunitari, e, in dottrina, Ferrelli, Le implicazioni per la legislazione regionale derivanti dall'at
tuazione dell'art. 93 del trattato Cee, in Riv. it. dir. pubbl. comunita
rio, 1992, 1089. Sul piano processuale, la sentenza riportata si iscrive nell'orientamen
to, inaugurato da Corte cost. 10 novembre 1994, n. 384 (Foro it., 1994, I, 3289) e consolidato, con importanti integrazioni e puntualizzazioni, dalla successiva Corte cost. 30 marzo 1995, n. 94, cit., affermativo del la competenza della Consulta, nell'ambito dei giudizi di legittimità co stituzionale instaurati in via principale, a pronunciare l'incostituzionali tà di disposizioni nazionali (regionali e provinciali ovvero statali, queste ultime, però, soltanto quando lesive delle competenze regionali costitu zionalmente garantite) contrastanti con norme comunitarie direttamente
applicabili (per l'esame di questa giurisprudenza e delle sue implicazioni sistematiche, v., riassuntivamente, G. Amoroso, La giurisprudenza co stituzionale nell'anno 1995 in tema di rapporto tra ordinamento comu nitario e ordinamento nazionale: verso una «quarta» fase?, id., 1996, V, 73, spec. 78-82, testo e note).
* * *
Una considerazione parzialmente eccentrica rispetto alle questioni im
plicate dalla decisione in rassegna. Come risulta dal testo della sentenza, il ricorso proposto dalla presi
denza del consiglio dei ministri aveva erroneamente prospettato l'illegit timità della legge regionale impugnata per contrasto con l'art. 10 Cost., disposizione che disciplina l'adattamento dell'ordinamento interno al diritto internazionale generale.
La corte, evidenziando l'errore con tono assai garbato, ha ricondotto la censura nel corretto alveo della violazione dell'art. 11 Cost., ovvero della previsione che, sin dai tempi di Corte cost. 27 dicembre 1973, n. 183, Foro it., 1974, I, 314, con nota di R. Monaco, è stata indivi duata come il «sicuro fondamento» della partecipazione italiana al pro cesso d'integrazione europea e quindi come la norma, che, per usare
l'espressione della sentenza in epigrafe, «offre copertura costituzionale al trattato di Roma e più in generale al diritto comunitario».
L'episodio, in sé e per sé, non riveste particolare significato. E, tutta
via, se letto unitamente ad altri fatti, anch'essi di per sé trascurabili
[si consideri, ad esempio, l'incompleta citazione, nell'art. 17 1. 5 feb braio 1999 n. 25, legge comunitaria 1998 (riportato id., 1999, IV, 87), della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 4 dicem bre 1997, causa C-207/96 (id., 1998, IV, 50) che, nella disposizione dianzi richiamata, risulta menzionata senza l'imprescindibile indicazio ne della causa decisa dalla ridetta pronunzia], può costituire la spia della persistenza di un approccio al diritto comunitario ed al problema dei suoi rapporti con le norme nazionali, non sempre corretto ed anzi talvolta viziato da approssimazione e trascuratezza (sul punto, con ri
guardo ad un profilo specifico, A. Barone, L'efficacia diretta delle direttive fra certezze (comunitarie) e fraintendimenti (nazionali), id., 1996, IV, 358). Approccio che, paradossalmente, continua a permanere nonostante il crescente interesse verso i temi comunitari, che si avverte ormai anche in settori del mondo giuridico italiano rimasti per lungo tempo poco sensibili se non addirittura indifferenti al fenomeno dell'in
tegrazione (giuridica) europea ed ai suoi riflessi sui principi ed istituti tradizionali. Forse, un minore europeismo labiale, e, nel contempo, una
maggior attenzione profusa nello studio e nell'approfondimento del di ritto comunitario in tutte le sue implicazioni (e con contezza delle sue
peculiarità), gioverebbero di più ad una crescita complessiva della co noscenza e dell'applicazione di questo diritto nel nostro paese. [A. Barone]
li Foro Italiano — 1999.
È sufficientemente chiaro che il presidente del consiglio dei
ministri intende censurare l'anzidetta delibera legislativa della
regione Abruzzo sul parametro della disposizione della Costitu
zione che, per consolidata giurisprudenza di questa corte, offre
copertura costituzionale al trattato di Roma e più in generale al diritto comunitario; sicché deve considerarsi emendabile at
traverso un'interpretazione non formalistica del ricorso l'erro
nea indicazione in questo dell'art. 10 in luogo dell'art. 11 Cost.
L'art. 92, par. 1, del trattato Cee vieta, con alcune possibili
deroghe, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse
statali, sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese o
talune produzioni falsino o minaccino di falsare la concorrenza
e che incidano sugli scambi tra Stati membri. L'art. 93, nel
regolare gli adempimenti ai quali gli Stati membri sono tenuti
verso la commissione, stabilisce che a questa devono essere co
municati i progetti diretti a istituire o modificare aiuti e vieta
di dare ad essi esecuzione prima che la procedura comunitaria
abbia condotto a una decisione finale.
L'orientamento al quale è ispirata nel diritto comunitario la
disciplina attuati va degli art. 92 e 93 del trattato procede dalla
premessa che, se qualsiasi intervento finanziario accordato da
uno Stato ad un'impresa può falsare in modo più o meno signi ficativo la concorrenza, costituendo uno svantaggio per gli im
prenditori che non ne beneficiano, non tutti gli aiuti hanno un
impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra Stati
membri.
In particolare, per gli aiuti di importo poco elevato che sono
generalmente accordati alle piccole e medie imprese (c.d. aiuti
de minimis) e che sono per lo più gestiti da enti locali o regio
nali, la commissione ha introdotto nel 1992 (disciplina comuni
taria in materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie
imprese: 92/C-213/02) una regola, detta appunto de minimis, che fissa una cifra assoluta al di sotto della quale, in ossequio a un'esigenza di semplificazione amministrativa a vantaggio tanto
degli Stati membri quanto dell'apparato organizzativo della com
missione medesima e delle imprese, si può considerare come
non applicabile l'art. 92, par. 1, del trattato di Roma, con la
conseguenza che l'aiuto non è più ritenuto soggetto all'obbligo di comunicazione.
Ma la stessa commissione ha precisato, fin dalla prima disci
plina introdotta nel 1992, e ribadito nella successiva comunica
zione 96/C-68/06, che la regola de minimis non è applicabile
agli aiuti alle piccole e medie imprese nei settori in cui vi siano
speciali regolamentazioni comunitarie, in relazione ai quali tali
aiuti, qualunque ne sia l'importo, continuano ad essere soggetti
all'obbligo di previa notifica alla commissione ai sensi dell'art.
93 del trattato — affinché questa ne valuti la compatibilità con
il mercato comune, con la concorrenza, con il libero scambio
tra Stati — e al divieto di esecuzione sino alla decisione finale.
Tra questi settori è espressamente inclusa la pesca, che peraltro forma oggetto di programmi comunitari di interventi struttura
li. Né, allo stato, risulta modificato alcunché, sempre in mate
ria di pesca, dal regolamento 994/98/Ce del consiglio 7 maggio 1998 sull'applicazione degli art. 92 e 93 del trattato a determi
nate categorie di aiuti di Stato «orizzontali».
3. - La 1. reg. n. 93 del 1996 correttamente, all'art. 4, sotto
la rubrica «rispetto di normativa comunitaria», con formula
zione ricognitiva dà atto della intervenuta notificazione alla com
missione europea della legge stessa e delle misure da essa scatu
renti, disponendo che queste troveranno applicazione solo dopo che la commissione abbia comunicato il suo assenso a norma
degli art. 92 ss. del trattato.
La delibera legislativa regionale impugnata, con l'abrogazio ne del citato art. 4, ha inteso rendere immediatamente operante la previsione di contributi alle cooperative di produzione del
pescato o loro consorzi per la gestione dei mercati ittici; questo intento è reso ancor più esplicito nell'art. 1, il quale, aggiun
gendo un comma all'art. 2 della citata 1. n. 93 del 1996, stabili
sce che il contributo in essa disciplinato «rientra ad ogni titolo
nella categoria de minimis di cui alla disciplina comunitaria in
materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese». Così
disponendo, il legislatore regionale si è attribuito un potere qua lificatory che non gli spetta e ha violato la normativa comuni
taria, alla quale l'art. 11 Cost, offre copertura costituzionale; normativa che, anche quando si tratti di aiuti di non rilevante
importo, vuole sottratto il settore della pesca alla possibilità
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di interventi di sostegno da parte degli Stati membri al di fuori
del procedimento di verifica previsto dall'art. 93 del trattato.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale della legge della regione Abruzzo, riappro vata I'll giugno 1997 (modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 9
ottobre 1996 n. 93, relativa a: «concessione di contributi alle
cooperative di produzione del pescato o loro consorzi per la
gestione dei mercati ittici»).
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 marzo 1999, n. 66
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 marzo 1999, n. 11); Pres. Granata, Est. Marini; Gentile c. Fall. soc. Mauro To
massini Motors; Merlifti e altra c. Masi; interv. Pres. cons,
ministri. Ord. Trib. Roma 15 ottobre 1997 e 18 giugno 1998
(G.U., la s.s., nn. 18 e 42 del 1998).
Fallimento — Dichiarazione di fallimento dell'ex socio illimita
tamente responsabile — Termine annuale — Applicabilità —
Questione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in mo
tivazione (Cost., art. 3; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 10, 11, 147).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 147 l. fall., nella parte in
cui non prevede che la sentenza dichiarativa di fallimento in
estensione del socio illimitatamente responsabile possa essere
pronunciata entro un periodo predeterminato come accade per
l'imprenditore individuale, in quanto la norma di cui all'art.
1471. fall, va interpretata nel senso che il fallimento del socio
può essere dichiarato ai sensi degli art. 10 e 11 I. fall, solo
entro un anno dallo scioglimento del rapporto sociale, in rife rimento all'art. 3, 1° comma, Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 20 maggio 1998, n.
180 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 maggio 1998, n.
21); Pres. Granata, Est. Guizzi; Perdomi c. Soc. Nuova Blitz
e altra; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Bologna 26
novembre 1996, 17 dicembre 1996 e 4 febbraio 1997 (G.U., la s.s., n. 29 del 1997).
Fallimento — Società — Cancellazione dal registro delle impre se — Persistenza di obbligazioni — Cessazione dell'impresa ultrannuale — Esonero dal fallimento — Omessa previsione — Questione manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 24; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 10).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 10 l. fall., nella parte in cui, per diritto vi
vente, non prevede che il termine annuale si applichi anche
alle società, in quanto diversamente da quanto accade per
l'imprenditore individuale, la società si estingue soltanto quan
do si esaurisce la liquidazione di ogni rapporto patrimoniale attivo e passivo, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (2)
(1-2) I conflitti all'interno della Corte di cassazione così come l'ende
mica incapacità (non raramente incolpevole) del giudice di legittimità ad assolvere al ruolo di nomofilachia costituiscono un fatto purtroppo notorio (ne è testimonianza la recente assemblea generale della Corte
di cassazione, prevista dall'art. 93, 1° comma, n. 3, dell'ordinamento
giudiziario, indetta dal primo presidente e avente all'ordine del giorno i temi della posizione istituzionale, identità e ruolo della Corte suprema di cassazione, dell'organizzazione della corte e delle possibili prospetti ve di riforme normative per la riduzione del contenzioso e il perfeziona mento dei meccanismi processuali nel giudizio di legittimità). I due
Il Foro Italiano — 1999.
I
Diritto. — 1. - I due giudizi, avendo ad oggetto questioni sostanzialmente identiche, possono essere riuniti per essere defi
niti con unica sentenza.
2. - La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati. 3. - Il rimettente mostra di condividere — pur dubitando del
la sua legittimità costituzionale — un'interpretazione dell'art.
147 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della
provvedimenti in rassegna del giudice delle leggi mostrano che il germe della volatilità delle decisioni si è diffuso anche alla Consulta. Diversa mente da quanto accade per la giurisprudenza sui diritti, quella sulle
leggi risulta assai più facilmente influenzata dalle modifiche dell'assetto normativo di contorno o semplicemente da mutazioni dei costumi o della sensibilità su taluni argomenti.
Se così non fosse si farebbe enorme fatica a darsi una spiegazione del perché a distanza di dieci anni (una distanza quindi non siderale), sulla medesima questione, senza che nel frattempo sia intervenuta una
qualche modifica del contesto normativo, o soltanto qualche nuova ap pagante interpretazione, si sia avuto un completo capovolgimento di rotta.
Con l'ordinanza 26 luglio 1988, n. 919, Foro it., 1989, I, 2672, la Corte costituzionale si era espressa nel senso della manifesta infonda tezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 147, 1° com
ma, 1. fall., nella parte in cui prevede che il fallimento dell'ex socio illimitatamente responsabile possa essere dichiarato anche dopo il de corso di un anno dalla data di cessazione del rapporto di partecipazione sociale, a condizione che l'insolvenza della società riguardi anche obbli
gazioni contratte prima di tale data, in riferimento all'art. 3 Cost., atte sa l'impossibilità di comparare detta ipotesi con quella di cui all'art. 10 1. fall., relativa all'imprenditore individuale.
Ebbene, la diversa composizione del collegio giudicante, la mutevole sensibilità sul valore cogente del principio di eguaglianza sostanziale
(e perché no, la compiuta articolazione delle ordinanze di rimessione, Trib. Roma 31 ottobre 1997, Fallimento, 1998, 1107, in relazione al l'art. 11 1. fall., e Trib. Roma 18 giugno 1998, Dir. fallim., 1998, II, 687, in relazione all'art. 10 1. fall.), possono rendere plausibile o alme
no accettabile la soluzione adottata da Corte cost. 66/99. Tutto som mato la decisione più recente non fa che raccogliere la letteratura pre valente (nel senso della piena applicazione degli art. 10 e 11 1. fall, al caso del socio escluso, receduto o defunto, Pizzigati, Fallimento del socio e tutela dei creditori, Padova, 1996, 179; Gaffuri, Fallimento e scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, in Falli
mento, 1995 , 899; Ricci, Lezioni sul fallimento, Milano, 1992, 110; Di Sabato, Sull'estensione del fallimento al socio già illimitatamente
responsabile, in Dir. fallim., 1990, I, 389; Ferrara, Il fallimento, Mi
lano, 1989, 678; Galgano, Il fallimento delle società, Padova, 1988,
74; Nigro, Il fallimento del socio illimitatamente responsabile, Milano,
1974, 590; Buonocore, Fallimento e impresa, Napoli, 1969, 289), per
lungo tempo trascurata dalla giurisprudenza (Cass. 6 luglio 1993, n.
7385, Foro it., Rep. 1993, voce Fallimento, n. 555; gli stessi giudici di legittimità hanno affermato che è manifestamente infondata l'ecce zione d'illegittimità costituzionale dell'art. 147 1. fall., in relazione al
l'art. 3 Cost., in quanto la prevista diversità di disciplina nei confronti
dell'impresa individuale e di quella collettiva, per quanto riguarda la
decorrenza del termine di dichiarazione del fallimento, è giustificata dalla diversità giuridica e di fatto delle due situazioni comparate, altra essendo l'impresa individuale, legata all'esistenza in vita ed all'attività
dell'imprenditore persona fisica, altra essendo l'impresa collettiva, la cui estinzione dipende dalla risoluzione dell'intero complesso dei rap
porti intersoggettivi che ne sono alla base: in questo senso, Cass. 24
luglio 1992, n. 8924, ibid., n. 557; 17 ottobre 1986, n. 6087, id., Rep. 1987, voce cit., n. 563; Trib. Monza 30 ottobre 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 731; App. Cagliari 29 dicembre 1995, id., Rep. 1996, voce
cit., n. 585; Trib. Perugia 21 settembre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 657; Trib. Napoli 1° settembre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n.
594; in dottrina, Proto, L'inapplicabilità dell'art. 101. fall, all'impren ditore collettivo, in Fallimento, 1997, 743; Rago, Assoggettabilità a fal limento del socio receduto, ibid., 538; Vigo, Il fallimento delle società, in Le procedure concorsuali. Il fallimento trattato diretto da G. Ragu
sa Maggiore e C. Costa, Torino, 1997, III, 766; Ferro, Limiti tempo rali, in AA.VV., Diritto fallimentare, Milano, 1996, 208; Macchia, Il
fallimento del socio illimitatamente responsabile, in Fallimento, 1994,
485; Bertacchini, La «responsabilità illimitata» nel fallimento per esten
sione, Milano, 1991, 60). Ciò che lascia il lettore perplesso è la circostanza che l'esito è esatta
mente l'opposto di quello che gli stessi giudici costituzionali hanno adot
tato con riferimento all'applicazione dell'art. 10 1. fall, alle società com
merciali negando che tale norma sia invocabile alle società commerciali
sino alla completa estinzione di ogni rapporto, il che sta a significare che tale disposizione non è mai applicabile, visto che la presenza di
un creditore presuppone la permanenza di un debito (sulla controversa
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