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sentenza 23 marzo 1999, n. 85 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 31 marzo 1999, n. 13); Pres....

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sentenza 23 marzo 1999, n. 85 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 marzo 1999, n. 13); Pres. Vassalli, Est. Mezzanotte; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Linguiti) c. Regione Abruzzo Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1377/1378-1381/1382 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193447 . Accessed: 28/06/2014 17:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.73 on Sat, 28 Jun 2014 17:21:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 23 marzo 1999, n. 85 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 marzo 1999, n. 13);Pres. Vassalli, Est. Mezzanotte; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Linguiti) c. RegioneAbruzzoSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1377/1378-1381/1382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193447 .

Accessed: 28/06/2014 17:21

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale inve

ste l'art. 18, 11°, nonché 12° comma, 1. reg. Lazio 26 giugno 1987 n. 33, i quali stabiliscono che contro il provvedimento del

sindaco, di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia

residenziale pubblica, «l'interessato può proporre ricorso al pre tore» «entro il termine perentorio di trenta giorni dalla notifi

cazione del provvedimento stesso» ed attribuiscono al pretore la «facoltà di sospendere l'esecuzione del decreto». Dal tenore

complessivo dell'ordinanza di rimessione risulta infatti con chia

rezza che la censura del giudice a quo riguarda entrambe le

disposizioni, sicché la questione deve ritenersi ritualmente pro

posta anche in riferimento al 12° comma del suindicato art.

18, nonostante esso non sia stato indicato nel dispositivo. Secondo il rimettente, la norma impugnata viola gli art. 108

e 117 Cost., in quanto non rientrerebbe nelle competenze regio nali la disciplina della giurisdizione e del processo, riservata alla

legge dello Stato.

2. - La questione è fondata.

Il legislatore regionale, secondo la costante e consolidata giu

risprudenza di questa corte, concernente disposizioni molto spesso identiche a quelle censurate, non può statuire in ordine a rimedi

giurisdizionali, ovvero ai poteri o alle facoltà dell'autorità giu

diziaria, dato che l'art. 108 Cost, riserva la materia della giuris

dizione e quella processuale alla competenza del legislatore sta

tale (tra le più recenti, sentenze nn. 134 e 133 del 1998, Foro

it., 1998,1, 1345). La giurisprudenza costituzionale ha più volte

anche affermato, ancora in fattispecie analoghe a quella in esa

me, che la violazione di tale parametro non può essere esclusa,

qualora la legge regionale riproduca, ovvero disponga un rinvio

alla normativa statale contenuta nell'art. 11, 13°, 14° e 15° com

ma, d.p.r. n. 1035 del 1972, in quanto ciò comporta «un'inde

bita novazione della fonte, con tutte le conseguenze che ne deri

vano, anche sul piano applicativo» (ex plurimis, sentenze nn.

134 e 133 del 1998, cit.; n. 390 del 1996, id., 1997, I, 630; n. 457 del 1994 e n. 76 del 1995, id., 1995, I, 1410).

Nel quadro di tali principi, le disposizioni censurate violano

dunque l'art. 108 Cost., disciplinando una materia che è al di

fuori delle competenze regionali fissate dall'art. 117 Cost.

3. - L'art. 18 della legge regionale in esame riproduce, al 13°

comma, l'omologa disposizione contenuta nel 15° comma del

l'art. 11 d.p.r. n. 1035 del 1972, in quanto stabilisce che «il

zione del verbale di consegna, dettavano, peraltro, una disciplina ana

loga a quella prevista dall'art. 11 d.p.r. 1035/72, anche per quanto attiene a termini, modalità e competenza per l'opposizione al provvedi mento di decadenza, nonché al potere del pretore di sospenderne l'ese

cuzione. Con riferimento alla competenza ed al rito applicabili ai giudizi di

opposizione contro provvedimenti ablatori dell'assegnazione — o, co

munque, di rilascio — di alloggi di edilizia residenziale pubblica, dopo l'entrata in vigore della riforma processuale ex 1. 353/90, cfr. Pret.

Bologna, ord. 14 novembre 1995, id., 1997, I, 3704, con nota di E.

Fabiani, e Pret. Mantova 4 marzo 1998, Arch, locazioni, 1998, 745

(entrambe affermative dell'applicabilità delle regole dettate per le con

troversie in materia locatizia dagli art. 8, n. 3, e 447 bis c.p.c. con

riferimento all'ipotesi di opposizione a decreto di rilascio dell'alloggio in quanto occupato sine titulo, sul presupposto della sussistenza nella

specie della giurisdizione del giudice ordinario); in dottrina, L. Graztu

so, Competenza e rito nelle opposizioni proposte, innanzi all'autorità

giudiziaria ordinaria, avverso i provvedimenti di autotutela relativi al

l'assegnazione e gestione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, in

Giust. civ., 1997, II, 69. Sul riparto di giurisdizione, al riguardo, tra

giudice ordinario e giudice amministrativo, v., da ultimo: Cass. 18 di

cembre 1998, n. 12703, Foro it., Mass., 1340; 11 febbraio 1998, n.

1443, ibid., 160; 18 dicembre 1997, n. 12829, id., Rep. 1997, voce Edi

lizia popolare, n. 96; 2 giugno 1997, n. 4908, ibid., n. 97; 3 febbraio

1997, n. 999, ibid., n. 98; 9 ottobre 1996, n. 8830, ibid., n. 82; Cons.

Stato, sez. IV, 18 gennaio 1997, n. 25, ibid., n. 103; 7 giugno 1996,

n. 740, ibid., n. 93; ad. plen. 5 settembre 1995, n. 28, id., 1996, III,

87, con nota di richiami.

Circa le modalità di proposizione dell'opposizione, giova inoltre ram

mentare Cass. 8 agosto 1997, n. 7397, id., Rep. 1997, voce Procedi

mento civile, n. 121, che ha ritenuto affetta da nullità assoluta (che non può considerarsi sanata neppure se l'atto sia stato depositato con

testualmente alla costituzione in giudizio e la controparte non abbia

sollevato specifiche contestazioni) la procura ad litem rilasciata dall'op

ponente in calce alla copia notificatagli del provvedimento ablatorio

in discorso, trattandosi di atto amministrativo privo di natura (sia pure

lato sensu) processuale.

Il Foro Italiano — 1999.

provvedimento di sospensione può essere dato dal pretore con

decreto in calce al ricorso». Quest'ultima disposizione, essendo

state dichiarate illegittime le norme contenute nell'I 1° e nel 12°

comma del succitato art. 18, risulta priva di autonomo signifi cato ed è inapplicabile, dato che è strettamente conseguenziale a quelle annullate. Ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.

87, pertanto, tale norma deve essere dichiarata costituzional

mente illegittima. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara:

a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, 11° e 12° comma, 1. reg. Lazio 26 giugno 1987 n. 33 (disciplina per l'assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edili

zia residenziale pubblica);

b) in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'ille

gittimità costituzionale del 13° comma dell'art. 18 della stessa

legge regionale.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 marzo 1999, n. 85

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 marzo 1999, n. 13); Pres. Vassalli, Est. Mezzanotte; Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Lingotti) c. Regione Abruzzo.

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Abruzzo —

Pesca — Aiuti alle imprese — Contrasto con la normativa

comunitaria — Incostituzionalità (Cost., art. 10, 11; trattato

Ce, art. 93).

È incostituzionale la l. reg. Abruzzo approvata l'8 marzo 1997

e riapprovata I'll giugno successivo, nella parte in cui dispo ne che i contributi concessi alle cooperative di produzione del pescato dalla I. reg. 9 ottobre 1996 n. 93 rientrano nella

categoria degli aiuti c.d. de minimis la cui esecuzione non

è sospesa fino all'esito positivo dell'esame di compatibilità con il mercato comune da parte della commissione Ce. (1)

(1) L'enunciazione riassunta in massima si uniforma al principio (san cito al punto 1.6 della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato

a favore delle piccole e medie imprese adottata dalla commissione il

20 maggio 1992, in G.U.C.E. C213 del 19 agosto 1992, e ribadito dalla

comunicazione della commissione relativa agli aiuti de minimis, in

G.U.C.E. C68 del 6 marzo 1996) dell'inapplicabilità della regola de

minimis (introdotta al punto 3.2 dell'anzidetta disciplina, che svincola

gli aiuti di entità inferiore ad una certa soglia, in quanto ritenuti inido

nei ad incidere in misura significativa sugli scambi e sulla concorrenza, dall'osservanza della disciplina posta dagli art. 92 e 93 del trattato),

agli aiuti concessi alle piccole e medie imprese operanti in settori, quali la pesca, disciplinati da specifiche regolamentazioni comunitarie. L'ese

cuzione di tali aiuti è quindi interdetta alle autorità nazionali finché

non ne sia stata accertata e dichiarata la compatibilità con il mercato

comune (c.d. obbligo di standstill). In argomento, Corte cost. 30 marzo 1995, n. 94, Foro it., 1995, I, 1081.

Ancora sulla regola de minimis in materia di aiuti, v. l'art. 2 del

recente regolamento Ce 994/98 del consiglio 7 maggio 1998, sull'appli cazione degli art. 92 e 93 del trattato a determinate categorie di aiuti

di Stato «orizzontali» (che prescindono cioè da specifiche finalità di

natura regionale o settoriale), a tenor del quale la commissione può «decidere che, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato comu

ne, alcuni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all'art. 92, par.

1, del trattato e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica

di cui all'art. 93, par. 3, del trattato, a condizione che gli aiuti concessi

ad una stessa impresa in un determinato arco di tempo non superino un importo prestabilito».

Per riferimenti alla disciplina comunitaria, con particolare riguardo ai profili procedurali, v., da ultimo, i richiami di M. Orlandi, id.,

1999, IV, 88.

Sugli obblighi derivanti alle regioni dall'art. 93 del trattato, cfr. Cor

te giust. 30 giugno 1992, causa C-47/91, 4 febbraio 1992, causa C-294/90,

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1379 PARTE PRIMA 1380

Diritto. — l.-Il presidente del consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 92 del

trattato Cee e, quindi, dell'art. 10 Cost., della delibera legislati va della regione Abruzzo, riapprovata I'll giugno 1997, intito

lata: modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 9 ottobre 1996 n.

93, relativa a: «concessione di contributi alle cooperative di pro duzione del pescato o loro consorzi per la gestione dei mercati

ittici». La delibera censurata, qualificando come de minimis gli in

terventi previsti dall'art. 2 della citata 1. n. 93 del 1996 e propo nendosi di abrogare la disposizione che prevede la sospensione dell'efficacia di tale legge sino all'esito positivo dell'esame di

compatibilità dell'aiuto suddetto con la normativa comunitaria, contrasterebbe con il trattato istitutivo della Comunità econo

mica europea e con la normativa comunitaria che ad esso dà

attuazione, che esclude il settore della pesca dall'applicabilità del regime degli aiuti di modesto valore alle imprese medie e

piccole, e quindi violerebbe l'art. 10 Cost.

2. - La questione è fondata.

e 21 novembre 1991, causa C-354/90, id., 1992, IV, 469, con nota di G.M. Roberti, Aiuti di Stato e controlli comunitari, e, in dottrina, Ferrelli, Le implicazioni per la legislazione regionale derivanti dall'at

tuazione dell'art. 93 del trattato Cee, in Riv. it. dir. pubbl. comunita

rio, 1992, 1089. Sul piano processuale, la sentenza riportata si iscrive nell'orientamen

to, inaugurato da Corte cost. 10 novembre 1994, n. 384 (Foro it., 1994, I, 3289) e consolidato, con importanti integrazioni e puntualizzazioni, dalla successiva Corte cost. 30 marzo 1995, n. 94, cit., affermativo del la competenza della Consulta, nell'ambito dei giudizi di legittimità co stituzionale instaurati in via principale, a pronunciare l'incostituzionali tà di disposizioni nazionali (regionali e provinciali ovvero statali, queste ultime, però, soltanto quando lesive delle competenze regionali costitu zionalmente garantite) contrastanti con norme comunitarie direttamente

applicabili (per l'esame di questa giurisprudenza e delle sue implicazioni sistematiche, v., riassuntivamente, G. Amoroso, La giurisprudenza co stituzionale nell'anno 1995 in tema di rapporto tra ordinamento comu nitario e ordinamento nazionale: verso una «quarta» fase?, id., 1996, V, 73, spec. 78-82, testo e note).

* * *

Una considerazione parzialmente eccentrica rispetto alle questioni im

plicate dalla decisione in rassegna. Come risulta dal testo della sentenza, il ricorso proposto dalla presi

denza del consiglio dei ministri aveva erroneamente prospettato l'illegit timità della legge regionale impugnata per contrasto con l'art. 10 Cost., disposizione che disciplina l'adattamento dell'ordinamento interno al diritto internazionale generale.

La corte, evidenziando l'errore con tono assai garbato, ha ricondotto la censura nel corretto alveo della violazione dell'art. 11 Cost., ovvero della previsione che, sin dai tempi di Corte cost. 27 dicembre 1973, n. 183, Foro it., 1974, I, 314, con nota di R. Monaco, è stata indivi duata come il «sicuro fondamento» della partecipazione italiana al pro cesso d'integrazione europea e quindi come la norma, che, per usare

l'espressione della sentenza in epigrafe, «offre copertura costituzionale al trattato di Roma e più in generale al diritto comunitario».

L'episodio, in sé e per sé, non riveste particolare significato. E, tutta

via, se letto unitamente ad altri fatti, anch'essi di per sé trascurabili

[si consideri, ad esempio, l'incompleta citazione, nell'art. 17 1. 5 feb braio 1999 n. 25, legge comunitaria 1998 (riportato id., 1999, IV, 87), della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 4 dicem bre 1997, causa C-207/96 (id., 1998, IV, 50) che, nella disposizione dianzi richiamata, risulta menzionata senza l'imprescindibile indicazio ne della causa decisa dalla ridetta pronunzia], può costituire la spia della persistenza di un approccio al diritto comunitario ed al problema dei suoi rapporti con le norme nazionali, non sempre corretto ed anzi talvolta viziato da approssimazione e trascuratezza (sul punto, con ri

guardo ad un profilo specifico, A. Barone, L'efficacia diretta delle direttive fra certezze (comunitarie) e fraintendimenti (nazionali), id., 1996, IV, 358). Approccio che, paradossalmente, continua a permanere nonostante il crescente interesse verso i temi comunitari, che si avverte ormai anche in settori del mondo giuridico italiano rimasti per lungo tempo poco sensibili se non addirittura indifferenti al fenomeno dell'in

tegrazione (giuridica) europea ed ai suoi riflessi sui principi ed istituti tradizionali. Forse, un minore europeismo labiale, e, nel contempo, una

maggior attenzione profusa nello studio e nell'approfondimento del di ritto comunitario in tutte le sue implicazioni (e con contezza delle sue

peculiarità), gioverebbero di più ad una crescita complessiva della co noscenza e dell'applicazione di questo diritto nel nostro paese. [A. Barone]

li Foro Italiano — 1999.

È sufficientemente chiaro che il presidente del consiglio dei

ministri intende censurare l'anzidetta delibera legislativa della

regione Abruzzo sul parametro della disposizione della Costitu

zione che, per consolidata giurisprudenza di questa corte, offre

copertura costituzionale al trattato di Roma e più in generale al diritto comunitario; sicché deve considerarsi emendabile at

traverso un'interpretazione non formalistica del ricorso l'erro

nea indicazione in questo dell'art. 10 in luogo dell'art. 11 Cost.

L'art. 92, par. 1, del trattato Cee vieta, con alcune possibili

deroghe, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse

statali, sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese o

talune produzioni falsino o minaccino di falsare la concorrenza

e che incidano sugli scambi tra Stati membri. L'art. 93, nel

regolare gli adempimenti ai quali gli Stati membri sono tenuti

verso la commissione, stabilisce che a questa devono essere co

municati i progetti diretti a istituire o modificare aiuti e vieta

di dare ad essi esecuzione prima che la procedura comunitaria

abbia condotto a una decisione finale.

L'orientamento al quale è ispirata nel diritto comunitario la

disciplina attuati va degli art. 92 e 93 del trattato procede dalla

premessa che, se qualsiasi intervento finanziario accordato da

uno Stato ad un'impresa può falsare in modo più o meno signi ficativo la concorrenza, costituendo uno svantaggio per gli im

prenditori che non ne beneficiano, non tutti gli aiuti hanno un

impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra Stati

membri.

In particolare, per gli aiuti di importo poco elevato che sono

generalmente accordati alle piccole e medie imprese (c.d. aiuti

de minimis) e che sono per lo più gestiti da enti locali o regio

nali, la commissione ha introdotto nel 1992 (disciplina comuni

taria in materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie

imprese: 92/C-213/02) una regola, detta appunto de minimis, che fissa una cifra assoluta al di sotto della quale, in ossequio a un'esigenza di semplificazione amministrativa a vantaggio tanto

degli Stati membri quanto dell'apparato organizzativo della com

missione medesima e delle imprese, si può considerare come

non applicabile l'art. 92, par. 1, del trattato di Roma, con la

conseguenza che l'aiuto non è più ritenuto soggetto all'obbligo di comunicazione.

Ma la stessa commissione ha precisato, fin dalla prima disci

plina introdotta nel 1992, e ribadito nella successiva comunica

zione 96/C-68/06, che la regola de minimis non è applicabile

agli aiuti alle piccole e medie imprese nei settori in cui vi siano

speciali regolamentazioni comunitarie, in relazione ai quali tali

aiuti, qualunque ne sia l'importo, continuano ad essere soggetti

all'obbligo di previa notifica alla commissione ai sensi dell'art.

93 del trattato — affinché questa ne valuti la compatibilità con

il mercato comune, con la concorrenza, con il libero scambio

tra Stati — e al divieto di esecuzione sino alla decisione finale.

Tra questi settori è espressamente inclusa la pesca, che peraltro forma oggetto di programmi comunitari di interventi struttura

li. Né, allo stato, risulta modificato alcunché, sempre in mate

ria di pesca, dal regolamento 994/98/Ce del consiglio 7 maggio 1998 sull'applicazione degli art. 92 e 93 del trattato a determi

nate categorie di aiuti di Stato «orizzontali».

3. - La 1. reg. n. 93 del 1996 correttamente, all'art. 4, sotto

la rubrica «rispetto di normativa comunitaria», con formula

zione ricognitiva dà atto della intervenuta notificazione alla com

missione europea della legge stessa e delle misure da essa scatu

renti, disponendo che queste troveranno applicazione solo dopo che la commissione abbia comunicato il suo assenso a norma

degli art. 92 ss. del trattato.

La delibera legislativa regionale impugnata, con l'abrogazio ne del citato art. 4, ha inteso rendere immediatamente operante la previsione di contributi alle cooperative di produzione del

pescato o loro consorzi per la gestione dei mercati ittici; questo intento è reso ancor più esplicito nell'art. 1, il quale, aggiun

gendo un comma all'art. 2 della citata 1. n. 93 del 1996, stabili

sce che il contributo in essa disciplinato «rientra ad ogni titolo

nella categoria de minimis di cui alla disciplina comunitaria in

materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese». Così

disponendo, il legislatore regionale si è attribuito un potere qua lificatory che non gli spetta e ha violato la normativa comuni

taria, alla quale l'art. 11 Cost, offre copertura costituzionale; normativa che, anche quando si tratti di aiuti di non rilevante

importo, vuole sottratto il settore della pesca alla possibilità

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di interventi di sostegno da parte degli Stati membri al di fuori

del procedimento di verifica previsto dall'art. 93 del trattato.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale della legge della regione Abruzzo, riappro vata I'll giugno 1997 (modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 9

ottobre 1996 n. 93, relativa a: «concessione di contributi alle

cooperative di produzione del pescato o loro consorzi per la

gestione dei mercati ittici»).

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 marzo 1999, n. 66

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 marzo 1999, n. 11); Pres. Granata, Est. Marini; Gentile c. Fall. soc. Mauro To

massini Motors; Merlifti e altra c. Masi; interv. Pres. cons,

ministri. Ord. Trib. Roma 15 ottobre 1997 e 18 giugno 1998

(G.U., la s.s., nn. 18 e 42 del 1998).

Fallimento — Dichiarazione di fallimento dell'ex socio illimita

tamente responsabile — Termine annuale — Applicabilità —

Questione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in mo

tivazione (Cost., art. 3; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 10, 11, 147).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 147 l. fall., nella parte in

cui non prevede che la sentenza dichiarativa di fallimento in

estensione del socio illimitatamente responsabile possa essere

pronunciata entro un periodo predeterminato come accade per

l'imprenditore individuale, in quanto la norma di cui all'art.

1471. fall, va interpretata nel senso che il fallimento del socio

può essere dichiarato ai sensi degli art. 10 e 11 I. fall, solo

entro un anno dallo scioglimento del rapporto sociale, in rife rimento all'art. 3, 1° comma, Cost. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 20 maggio 1998, n.

180 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 maggio 1998, n.

21); Pres. Granata, Est. Guizzi; Perdomi c. Soc. Nuova Blitz

e altra; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Bologna 26

novembre 1996, 17 dicembre 1996 e 4 febbraio 1997 (G.U., la s.s., n. 29 del 1997).

Fallimento — Società — Cancellazione dal registro delle impre se — Persistenza di obbligazioni — Cessazione dell'impresa ultrannuale — Esonero dal fallimento — Omessa previsione — Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 3, 24; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 10).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 10 l. fall., nella parte in cui, per diritto vi

vente, non prevede che il termine annuale si applichi anche

alle società, in quanto diversamente da quanto accade per

l'imprenditore individuale, la società si estingue soltanto quan

do si esaurisce la liquidazione di ogni rapporto patrimoniale attivo e passivo, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (2)

(1-2) I conflitti all'interno della Corte di cassazione così come l'ende

mica incapacità (non raramente incolpevole) del giudice di legittimità ad assolvere al ruolo di nomofilachia costituiscono un fatto purtroppo notorio (ne è testimonianza la recente assemblea generale della Corte

di cassazione, prevista dall'art. 93, 1° comma, n. 3, dell'ordinamento

giudiziario, indetta dal primo presidente e avente all'ordine del giorno i temi della posizione istituzionale, identità e ruolo della Corte suprema di cassazione, dell'organizzazione della corte e delle possibili prospetti ve di riforme normative per la riduzione del contenzioso e il perfeziona mento dei meccanismi processuali nel giudizio di legittimità). I due

Il Foro Italiano — 1999.

I

Diritto. — 1. - I due giudizi, avendo ad oggetto questioni sostanzialmente identiche, possono essere riuniti per essere defi

niti con unica sentenza.

2. - La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati. 3. - Il rimettente mostra di condividere — pur dubitando del

la sua legittimità costituzionale — un'interpretazione dell'art.

147 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della

provvedimenti in rassegna del giudice delle leggi mostrano che il germe della volatilità delle decisioni si è diffuso anche alla Consulta. Diversa mente da quanto accade per la giurisprudenza sui diritti, quella sulle

leggi risulta assai più facilmente influenzata dalle modifiche dell'assetto normativo di contorno o semplicemente da mutazioni dei costumi o della sensibilità su taluni argomenti.

Se così non fosse si farebbe enorme fatica a darsi una spiegazione del perché a distanza di dieci anni (una distanza quindi non siderale), sulla medesima questione, senza che nel frattempo sia intervenuta una

qualche modifica del contesto normativo, o soltanto qualche nuova ap pagante interpretazione, si sia avuto un completo capovolgimento di rotta.

Con l'ordinanza 26 luglio 1988, n. 919, Foro it., 1989, I, 2672, la Corte costituzionale si era espressa nel senso della manifesta infonda tezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 147, 1° com

ma, 1. fall., nella parte in cui prevede che il fallimento dell'ex socio illimitatamente responsabile possa essere dichiarato anche dopo il de corso di un anno dalla data di cessazione del rapporto di partecipazione sociale, a condizione che l'insolvenza della società riguardi anche obbli

gazioni contratte prima di tale data, in riferimento all'art. 3 Cost., atte sa l'impossibilità di comparare detta ipotesi con quella di cui all'art. 10 1. fall., relativa all'imprenditore individuale.

Ebbene, la diversa composizione del collegio giudicante, la mutevole sensibilità sul valore cogente del principio di eguaglianza sostanziale

(e perché no, la compiuta articolazione delle ordinanze di rimessione, Trib. Roma 31 ottobre 1997, Fallimento, 1998, 1107, in relazione al l'art. 11 1. fall., e Trib. Roma 18 giugno 1998, Dir. fallim., 1998, II, 687, in relazione all'art. 10 1. fall.), possono rendere plausibile o alme

no accettabile la soluzione adottata da Corte cost. 66/99. Tutto som mato la decisione più recente non fa che raccogliere la letteratura pre valente (nel senso della piena applicazione degli art. 10 e 11 1. fall, al caso del socio escluso, receduto o defunto, Pizzigati, Fallimento del socio e tutela dei creditori, Padova, 1996, 179; Gaffuri, Fallimento e scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, in Falli

mento, 1995 , 899; Ricci, Lezioni sul fallimento, Milano, 1992, 110; Di Sabato, Sull'estensione del fallimento al socio già illimitatamente

responsabile, in Dir. fallim., 1990, I, 389; Ferrara, Il fallimento, Mi

lano, 1989, 678; Galgano, Il fallimento delle società, Padova, 1988,

74; Nigro, Il fallimento del socio illimitatamente responsabile, Milano,

1974, 590; Buonocore, Fallimento e impresa, Napoli, 1969, 289), per

lungo tempo trascurata dalla giurisprudenza (Cass. 6 luglio 1993, n.

7385, Foro it., Rep. 1993, voce Fallimento, n. 555; gli stessi giudici di legittimità hanno affermato che è manifestamente infondata l'ecce zione d'illegittimità costituzionale dell'art. 147 1. fall., in relazione al

l'art. 3 Cost., in quanto la prevista diversità di disciplina nei confronti

dell'impresa individuale e di quella collettiva, per quanto riguarda la

decorrenza del termine di dichiarazione del fallimento, è giustificata dalla diversità giuridica e di fatto delle due situazioni comparate, altra essendo l'impresa individuale, legata all'esistenza in vita ed all'attività

dell'imprenditore persona fisica, altra essendo l'impresa collettiva, la cui estinzione dipende dalla risoluzione dell'intero complesso dei rap

porti intersoggettivi che ne sono alla base: in questo senso, Cass. 24

luglio 1992, n. 8924, ibid., n. 557; 17 ottobre 1986, n. 6087, id., Rep. 1987, voce cit., n. 563; Trib. Monza 30 ottobre 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 731; App. Cagliari 29 dicembre 1995, id., Rep. 1996, voce

cit., n. 585; Trib. Perugia 21 settembre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 657; Trib. Napoli 1° settembre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n.

594; in dottrina, Proto, L'inapplicabilità dell'art. 101. fall, all'impren ditore collettivo, in Fallimento, 1997, 743; Rago, Assoggettabilità a fal limento del socio receduto, ibid., 538; Vigo, Il fallimento delle società, in Le procedure concorsuali. Il fallimento trattato diretto da G. Ragu

sa Maggiore e C. Costa, Torino, 1997, III, 766; Ferro, Limiti tempo rali, in AA.VV., Diritto fallimentare, Milano, 1996, 208; Macchia, Il

fallimento del socio illimitatamente responsabile, in Fallimento, 1994,

485; Bertacchini, La «responsabilità illimitata» nel fallimento per esten

sione, Milano, 1991, 60). Ciò che lascia il lettore perplesso è la circostanza che l'esito è esatta

mente l'opposto di quello che gli stessi giudici costituzionali hanno adot

tato con riferimento all'applicazione dell'art. 10 1. fall, alle società com

merciali negando che tale norma sia invocabile alle società commerciali

sino alla completa estinzione di ogni rapporto, il che sta a significare che tale disposizione non è mai applicabile, visto che la presenza di

un creditore presuppone la permanenza di un debito (sulla controversa

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