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sentenza 23 novembre 1994, n. 397 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 30 novembre 1994, n. 49);...

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sentenza 23 novembre 1994, n. 397 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 30 novembre 1994, n. 49); Pres. Casavola, Est. Santosuosso; De Sena c. Regione Toscana ed altro (Avv. Mezzanotte). Ord. Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 12 del 1994) Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1439/1440-1445/1446 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189965 . Accessed: 25/06/2014 07:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 07:54:46 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 23 novembre 1994, n. 397 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 30 novembre 1994, n.49); Pres. Casavola, Est. Santosuosso; De Sena c. Regione Toscana ed altro (Avv. Mezzanotte).Ord. Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 1993 (G.U., 1 a s.s., n. 12 del 1994)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1439/1440-1445/1446Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189965 .

Accessed: 25/06/2014 07:54

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1439 PARTE PRIMA 1440

II

Ritenuto che il collegio istituito presso il Tribunale di Napoli

per i procedimenti aventi ad oggetto i reati previsti dall'art. 96

Cost., al quale il procuratore della repubblica presso lo stesso

tribunale aveva trasmesso gli atti relativi all'on. Luigi Ciriaco

De Mita, già presidente del consiglio dei ministri, ed altri per il compimento delle indagini preliminari di cui all'art. 7 1. 16 gennaio 1989 n. 1, ha sollevato conflitto di attribuzione tra po teri dello Stato, ai sensi degli art. 134 Cost, e 37 1. 11 marzo

1953 n. 87, nei confronti della camera dei deputati, in relazione

alle deliberazioni del 23 febbraio 1994 e del 18 dicembre 1993, con le quali la camera restituiva al collegio gli atti relativi alla

domanda di autorizzazione a procedere nei confronti dell'on.

Luigi Ciriaco De Mita, ed altri; che con il ricorso in questione si chiede di dichiarare: a) che

è riservata in via esclusiva al collegio ex art. 7 1. cost. n. 1

del 1989 la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di archiviazione ovvero per la ri

chiesta di autorizzazione a procedere ai sensi dell'art. 96 Cost.;

b) che, ai fini di tale valutazione, è altresì riservata in via esclu

siva al collegio la esatta determinazione dei poteri di indagine e quindi l'esercizio discrezionale di detti poteri; c) che rientra invece nelle attribuzioni della camera competente concedere l'au

torizzazione a procedere, ovvero negarla ove reputi la ricorren

za delle esimenti di cui all'art. 9, 3° comma, 1. cost. n. 1 del

1989, in relazione al fatto-reato cosi come ipotizzato dall'auto

rità giudiziaria, senza poter in alcun modo sindacare il concreto

esercizio del potere d'indagine e le conseguenti determinazioni

adottate dal collegio nell'ambito delle attribuzioni allo stesso

riservate; che conseguentemente si chiede di annullare la deliberazione

della camera dei deputati del 23 febbraio 1994, e se del caso

anche la precedente deliberazione del 18 dicembre 1993, per vio

lazione degli art. 8 e 9 1. cost. 16 gennaio 1989 n. 1 e degli art. 96, 101, 2° comma, 104, 1° comma, e 112 Cost, con conse

guente rinvio degli atti alla camera per la definitiva deliberazio

ne ai sensi dell'art. 9 cit.;

che, ai fini della sussistenza della propria legittimazione a sol

levare conflitto di attribuzione, il collegio ricorrente richiama

la giurisprudenza di questa corte secondo cui i singoli organi

giurisdizionali, esplicando le loro funzioni in piena indipenden za, sono legittimati ad essere parti nei giudizi relativi a conflitti

di attribuzione; sostiene quindi che tra tali organi non può non

rientrare anche il collegio previsto dall'art. 7 1. cost. n. 1 del

1989, avuto riguardo sia alla sua composizione, sia alle sue fun

zioni, anche in relazione ai distinti poteri riconosciuti dalla stes

sa legge al procuratore della repubblica nell'ambito del proce dimento;

che d'altra parte — osserva ancora il collegio ricorrente —

la legittimazione ad essere parti nei giudizi relativi a conflitti di attribuzione è stata altresì riconosciuta da questa corte alla

camera dei deputati e al senato della repubblica, sebbene en

trambe le assemblee facciano parte del medesimo potere, giac ché l'una e l'altra sono, in vario senso, competenti ad esprimer ne definitivamente la volontà, nei casi in cui ciascuna assemblea

viene considerata in posizione di piena indipendenza rispetto all'altro ramo del parlamento;

che, sempre ai fini dell'ammissibilità del conflitto, il collegio rileva che sotto il profilo oggettivo si ha che, da un lato, la

camera dei deputati non esamina nel meritò la richiesta di auto

rizzazione a procedere, ritenendo che il collegio debba preventi vamente espletare ulteriori indagini e, dall'altro, il collegio non

dà corso alle indagini sollecitate dalla camera dei deputati, a

sua volta ritenendo di non potervi procedere in assenza dell'au

torizzazione, con conseguente arresto e stasi del procedimento; Considerato che ricorrono i requisiti di cui all'art. 37 1. 11

marzo 1953 n. 87 ai fini della configurabilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la cui risoluzione spetta a questa corte;

che, infatti, ciascuno degli organi fra i quali si assume essere

insorto il conflitto è abilitato ad esercitare, nella materia, attri

buzioni proprie ad esso conferite da norme di rango costitu

zionale; che da una parte l'art. 8, 1° comma, 1. cost. n. 1 del 1989

demanda al collegio ricorrente il compimento di indagini preli minari e che l'art. 5 della medesima legge, in riferimento al

II Foro Italiano — 1995.

l'art. 96 Cost., attribuisce nella fattispecie alla camera il potere di deliberare l'autorizzazione a procedere per i reati commessi

nell'esercizio delle loro funzioni dal presidente del consiglio dei

ministri e dai ministri, anche se cessati dalla carica;

che, inoltre, è nel ricorso prospettata una situazione in astrat

to riconducibile alla lesione di un'attribuzione costituzionalmente

garantita, quale è quella riconosciuta dall'art. 8, 1° comma, cit. al collegio ricorrente;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato in questa sede

ammissibile, mentre, atteso il carattere di mera delibazione, senza

contraddittorio, della presente denuncia, resta impregiudicata, secondo la costante giurisprudenza di questa corte, ogni ulterio

re decisione anche in punto di ammissibilità.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi

le il ricorso per conflitto di attribuzione di cui in epigrafe, pro

posto nei confronti della camera dei deputati dal collegio isti

tuito presso il Tribunale di Napoli per i procedimenti relativi ai reati previsti dall'art. 96 Cost.;

dispone:

a) che la cancelleria della corte dia immediata comunicazione

al collegio ricorrente della presente ordinanza;

b) che, a cura del collegio ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla camera dei deputati, entro il ter

mine di giorni trenta dalla comunicazione.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 novembre 1994, n.

397 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 30 novembre 1994, n. 49); Pres. Casavola, Est. Santosuosso; De Sena c. Regio ne Toscana ed altro (Aw. Mezzanotte). Ord. Cons. Stato,

sez. IV, 30 marzo 1993 (G.U., la s.s., n. 12 del 1994).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Toscana —

Impiego pubblico — Conferimento della seconda qualifica di

rigenziale — Concorsi interni — Titoli da valutare — Limiti — Norma di interpretazione autentica — Violazione del giu dicato — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 101, 103, 108; 1. reg. Toscana 6 settembre 1973 n. 54, stato giuridico ed economico del personale della regione To

scana, art. 57; 1. reg. Toscana 24 aprile 1984 n. 22, recepi mento del terzo accordo contrattuale nazionale per il perso nale delle regioni a statuto ordinario. Modifiche ed integra zioni delle leggi regionali sullo stato giuridico ed economico

del personale, art. 31, 32; 1. reg. Toscana 26 novembre 1990

n. 67, interpretazione autentica dell'art. 32, 3° e 4° comma, 1. reg. 24 aprile 1984 n. 22, art. unico).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Toscana —

Impiego pubblico — Conferimento della seconda qualifica di

rigenziale — Concorsi interni — Titoli da valutare — Limiti — Norma di interpretazione autentica — Incidenza sui giudi zi pendenti — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 101, 103, 108; 1. reg. Toscana 6 settembre 1973 n. 54, art. 57, 1. reg. Toscana 24 aprile 1984 n. 22, art. 31, 32; 1. reg. Toscana 26 novembre 1990 n. 67, art. unico).

È inammissibile, sotto il profilo della denunciata violazione

del giudicato, la questione di legittimità costituzionale del l'art. unico l. reg. Toscana 26 novembre 1990 n. 67, nella

parte in cui, interpretando autenticamente l'art. 32, 3° e 4°

comma, I. reg. Toscana 24 aprile 1984 n. 22, ha escluso,

agli effetti dell'accertamento e della valutazione dell'attività

svolta e dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni pro

prie della qualifica, considerati quali titoli da valutare nei

concorsi interni per il conferimento della seconda qualifica

dirigenziale dall'art. 31, punto B3, della stessa l. reg. Tosca

na 22/84, l'applicabilità della previsione delle valutazioni bien

nali di cui all'art. 571. reg. Toscana 6 settembre 1973 n. 54, in

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

riferimento agli art. 101, 2° comma, 103, 1° comma, e 108, 2° comma, Cost. (1)

È infondata, sotto il profilo della lamentata incidenza sullo svol

gimento dei giudizi pendenti, la questione di legittimità costi tuzionale dell'art, unico l. reg. Toscana 26 novembre 1990

n. 67, nella parte in cui, interpretando autenticamente l'art.

32, 3° e 4° comma, l. reg. Toscana 24 aprile 1984 n. 22, ha escluso, agli effetti dell'accertamento e della valutazione

dell'attività svolta e dell'attitudine allo svolgimento delle fun zioni proprie della qualifica, considerati quali titoli da valuta re nei concorsi interni per il conferimento della seconda qua

lifica dirigenziale dall'art. 31, punto B3, della stessa l. reg. Toscana 22/84, l'applicabilità della previsione delle valuta

zioni biennali di cui all'art. 57 l. reg. Toscana 6 settembre

1973 n. 54, in riferimento agli art. 101, 2° comma, 103, 1°

comma, e 108, 2° comma, Cost. (2)

Diritto. — 1. - Il Consiglio di Stato, sez. IV, con ordinanza

emessa il 30 marzo 1993, pervenuta a questa corte il 7 marzo

1994, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del

l'art. unico 1. reg. Toscana 26 novembre 1990 n. 67 (interpre tazione autentica dell'art. 32, 3° e 4° comma, 1. reg. 24 aprile 1984 n. 22), per contrasto con i principi di cui agli art. 101, 2° comma, 103, 1° comma, e 108, 2° comma, Cost.: se

(1-2) L'ordinanza di rimessione Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 1993 è massimata in Foro it., Rep. 1993, voce Regione, n. 119.

Tar Toscana, sez. Ili, 26 novembre 1990, n. 93, id., Rep. 1990, voce

cit., n. 219, senza dubitare della legittimità costituzionale dell'art, uni co 1. reg. Toscana n. 67 del 1990, si era limitato a riconoscere l'applica bilità dell'interpretazione autentica imposta da tale norma, conferman do l'esclusione delle valutazioni biennali di cui all'art. 57 1. reg. Tosca na n. 54 del 1973 dalla procedura di selezione per il conferimento della seconda qualifica dirigenziale; cfr., inoltre, Tar Toscana, sez. Ili, 26 novembre 1990, n. 91 Trib. amm. reg., 1991, I, 253.

La concreta applicazione dell'art. 32 1. reg. Toscana n. 22 del 1984 aveva dato luogo, anche prima della sua interpretazione ad opera del

legislatore regionale, ad un notevole contenzioso; cosi, Cons. Stato, sez.

IV, 5 settembre 1990, n. 629 e 18 novembre 1989, n. 799, Foro it., Rep. 1990, voce cit., nn. 147, 144, avevano dichiarato l'illegittimità dei provvedimenti della regione Toscana di approvazione delle gradua torie di tre selezioni interne per l'accesso alla seconda qualifica dirigen ziale, non essendo state acquisite ai fascicoli personali dei dipendenti le previste valutazioni biennali, in quanto non effettuate. Di tale profilo non si era invece occupato Cons. Stato, sez. IV, 28 marzo 1990, n.

206, ibid., n. 259, che aveva, comunque, ritenuto manifestamente in

fondata la questione di costituzionalità concernente gli art. 31 e 32 1.

reg. Toscana n. 22 del 1984. Nel senso di ritenere manifestamente infondata la questione di costi

tuzionalità degli art. 30, 31 e 32 1. reg. Toscana 24 aprile 1984 n. 22,

quanto alla predeterminazione legislativa degli elementi di valutazione

per la formazione delle graduatorie inerenti alle selezioni per l'ammis sione in qualifiche dirigenziali e dei relativi punteggi, cosi da assumere il contenuto effettivo di un provvedimento amministrativo, cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 18 novembre 1989, n. 799, cit., e Tar Toscana 24 otto bre 1986, n. 1271, id., Rep. 1987, voce cit., n. 160. V., altresì, Tar

Toscana, sez. III, 26 novembre 1990, n. 93, cit., nel senso che l'omessa

predisposizione di criteri di massima per l'attribuzione del punteggio discrezionale ai fini della selezione per il conferimento della seconda

qualifica dirigenziale, è irrilevante, essendo in gran parte contenuti nel la normativa regionale.

V., anche, Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 1993, n. 937, id., Rep. 1993, voce cit., n. 216, secondo cui il procedimento di selezione per il conferimento della seconda qualifica dirigenziale ai dipendenti della

regione Toscana integra non uno scrutinio per merito comparativo, ma una selezione interna in cui ciascun candidato va valutato singolarmen te sulla base di elementi di valutazione e di punteggi fissati dalla legge.

Cfr., inoltre, Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 1990, n. 629 e 18

novembre 1989, n. 799, cit., nonché Tar Toscana 24 ottobre 1986, n.

1271, cit., che hanno tutte affermato la manifesta infondatezza della

questione di costituzionalità dell'art. 32, 1. reg. Toscana 24 aprile 1984

n. 22, nella parte in cui attribuisce la competenza ad effettuare la sele

zione per l'ammissione in qualifiche dirigenziali alla giunta regionale. La sentenza riportata riprende e conferma in maniera estremamente

analitica e puntuale, con stile quasi didattico, tutti i capisaldi sui quali è venuta a poggiare quella che possiamo ormai definire la «dottrina

dell'intepretazione autentica legislativa» della Corte costituzionale, or

mai compiutamente delineata e costante a seguito di Corte cost. 3 mar

zo 1989, n. 233, id., 1989, I, 1052, con nota di richiami e 4 aprile 1990, n. 155, id., 1990, I, 3072, con nota di Tarchi.

I punti qualificanti sui quali tale «dottrina» si è consolidata possono

Il Foro Italiano — 1995.

condo il giudice a quo, la norma avrebbe vulnerato le funzioni

riservate al potere giudiziario, sia violando i giudicati già for

matisi, sia in quanto direttamente incidente sui giudizi in corso.

2. - La questione sollevata — certamente rilevante — è per una parte inammissibile e per altra non fondata.

Va premesso che i principi costituzionali in tema di disposi zioni interpretative, cosi come definiti dalla giurisprudenza di

questa corte in relazione alle leggi statali, sono estensibili di

regola anche alle leggi con cui una regione interpreta autentica

mente proprie normative precedenti (sentenze nn. 389 del 1991

Foro it., 1992, I, 1366; 19 del 1989, id., 1989, I, 1371; 113 del 1988, id., 1988, I, 2774). Questa stessa corte ha inoltre co

stantemente ritenuto che il principio di irretroattività delle leggi ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica soltanto

con riguardo alla materia penale (art. 25 Cost.), sebbene esso

mantenga per le altre materie valore di principio generale (ex art. 11, 1° comma, disp. prel. c.c.) cui il legislatore deve in

via preferenziale attenersi, pur non essendo ad esso vincolato

in termini assoluti, salvi i limiti cui si farà cenno più avanti

(sentenze nn. 6 del 1994; 283 e 39 del 1993, id., 1993, I, 2089

e 1776; 155 del 1990, id., 1990, I, 3072; 123 del 1988, id., 1989, I, 652).

3. - In connessione col principio da ultimo ricordato, è co

stante insegnamento di questa corte che il ricorso da parte del

legislatore a leggi di interpretazione autentica non può essere

essere individuati, oltre che nell'equiparazione, sotto il profilo dei limiti

incontrati, delle leggi interpretative statali con quelle delle regioni che

interpretano precedenti disposizioni regionali (sul punto specifico, v., da ultimo, Corte cost. 31 ottobre 1991, n. 389, id., 1992, I, 1366, con nota di richiami):

1) nella specificità delle leggi interpretative, caratterizzate dalla loro

peculiare struttura, implicante un rapporto tra norme e non tra disposi zioni; con la conseguenza che le previsioni di interpretazione autentica non determinano mai l'abrogazione della disposizione interpretata, ma vanno a saldarsi con quest'ultima, dando origine ad un «precetto nor mativo unitario»: v., da ultimo, Corte cost. 6 febbraio 1993, n. 39, id., 1993, I, 1766, con nota di richiami.

2) Con riferimento ai limiti, poi, oltre a quelli che sono comuni con le leggi (non penali) tout court retroattive (ed individuati oltre che nel

principio di ragionevolezza, in quello della tutela dell'affidamento del

cittadino, nella coerenza e certezza dell'ordinamento giuridico e nel ri

spetto delle funzioni spettanti al potere giurisdizionale), viene fatto vale re un limite ulteriore e peculiare, consistente nella necessità che l'inter

pretazione indicata dal legislatore debba essere necessariamente ricom

presa tra quelle che potevano effettivamente ricavarsi dall'interpretazione del precetto previgente. In caso contrario la norma interpretativa verreb be a mascherare l'adozione di norme innovative, cosi da tradire la fun zione che è chiamata ad assolvere, risultando incostituzionale nella parte in cui produce effetti retroattivi. Sembra differire parzialmente da que sto orientamento Corte cost. 26 gennaio 1994, n. 6, G.U., l1 s.s., n. 6 del 1994, per la quale il vero limite da far valere nei confronti delle norme interpretative non può essere ricercato altro che nell'esigenza del

rispetto del principio di ragionevolezza, secondo quanto avviene, in ge nerale, per tutte le disposizioni di carattere retroattivo.

Peraltro, con la sola eccezione di Corte cost. 4 aprile 1990, n. 155, cit., in tutti gli altri casi il giudice delle leggi ha sempre finito per assol vere l'operato del legislatore, nonostante la rigida applicazione dei cri teri summenzionati.

Sull'interpretazione autentica legislativa, v., da ultimo, oltre a Corte

cost. 19 gennaio 1995, n. 15, in questo fascicolo, I, 1419, Corte cost. 10 giugno 1994, n. 240, Foro it., 1994, I, 2016, con nota di richiami, anche per l'affermazione, ribadita dalla sentenza riportata, che, sotto 11 profilo dell'interferenza con i poteri attribuiti all'autorità giudiziaria, la legge interpretativa agisce sul piano astratto delle fonti normative

senza far venire meno la potestas iudicandi, limitandosi a ridefinire le

disposizioni cui l'esercizio di tale potestà deve attenersi. In dottrina v., da ultimo, Soana, Legge di interpretazione autentica

e principio dell'affidamento, in Giur. costit., 1991, 1812; Contu, Leggi di interpretazione autentica e controllo della Corte dei conti, in Riv.

Corte conti, 1992, fase. 3, 307; Crisci, Irretroattività della legge e legge

interpretativa, in Cons. Stato, 1992, II, 1369; E. Rossi, Agenti di assi

curazione e assegni familiari, tra giurisprudenza e leggi interpretative, in Riv. it. dir. lav., 1992, I, 231; Padaiino, Norme di interpretazione autentica e contributi sulle somme erogate in favore di forme di previ denza integrativa, id., 1993, II, 239; Nogler, Sull'uso dell'interpreta zione autentica e delle leggi retroattive in materia previdenziale, in Giur.

it., 1993, I, 1, 381; Tarzia, Leggi interpretative e garanzia della giuris

dizione, in Riv. dir. proc., 1993, 943; Todaro, Ancora sull'uso impro

prio dell'interpretazione autentica in materia di lavoro e di previdenza, in Giust. civ., 1993, I, 2480.

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1443 PARTE PRIMA 1444

utilizzato per mascherare norme effettivamente innovative do

tate di efficacia retroattiva, in quanto cosi facendo la legge in

terpretativa tradirebbe la funzione che le è propria: quella di

chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una

delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale, sia al fine di eliminare eventuali incertezze interpretative (sen tenze nn. 163 del 1991, id., Rep. 1991, voce Ordinamento giu diziario n. 105 e 413 del 1988, id., 1988, I, 2124), sia per rime diare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la linea

politica del diritto voluta dal legislatore (sentenze nn. 6 del 1994; 424 del 1993; 402 del 1993, id., 1994, I, 32; 455 del 1992, id., Rep. 1993, voce Impiegato dello Stato, n. 1368; 454 del 1992,

id., 1993,1, 673; 205 del 1991, id., Rep. 1991, voce Circolazio ne stradale, n. 141; 380 del 1990, id., 1991, I, 106; 155 del 1990; 233 del 1988, id., 1989, I, 1052; 178 del 1987, ibid., 940).

Tale carattere interpretativo deve peraltro desumersi non già dalla qualificazione che tali leggi danno di se stesse, quanto invece dalla struttura della loro fattispecie normativa, in rela

zione cioè ad «un rapporto fra norme — e non fra disposizioni — tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa ve

nir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano

fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario» (sen tenza n. 424 del 1993; analogamente n. 39 del 1993; n. 155

del 1990 e n. 233 del 1988). 4. - Tuttavia, come questa corte ha più volte affermato, la

natura effettivamente interpretativa di una legge non è suffi

ciente ad escluderne il contrasto con i principi costituzionali.

La sovrana volontà del legislatore nell'emanare dette leggi —

sia che queste abbiano effetti meramente retrospettivi sia che

di vera e propria retroattività si tratti— incontra una serie di

limiti che la corte ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri

fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei desti

natari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno

ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento (sentenze nn. 6 del 1994; 424 e 283 del 1993; 440

del 1992, id., Rep. 1992, voce Carabiniere, n. 6 e 429 del 1991, id., 1992, I, 2908); la tutela dell'affidamento legittimamente sorto

nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sen tenze nn. 424 e 39 del 1993; n. 349 del 1985, id., Rep. 1986, voce Legge, n. 31); la coerenza e la certezza dell'ordinamento

giuridico (sentenze nn. 6 del 1994; 429 del 1993; 822 del 1988, id., 1991, I, 335); il rispetto delle funzioni costituzionalmente

riservate al potere giudiziario. A tal riguardo, questa corte ha in precedenti occasioni affer

mato che il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali: a) quan do intervenga per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 155 del 1990); b) quando la legge sia intenzionalmente diretta

ad incidere su concrete fattispecie sub iudice (sentenze nn. 6

del 1994; 480 del 1992, id., 1993, I, 2448, 91 del 1988, id., 1988, I, 3153; 123 del 1987, id., 1987, I, 1351; 118 del 1957,

id., 1957, I, 1133). 5. - Nel verificare se detti principi siano stati rispettati dalla

legge regionale cui si riferisce la presente questione, questa cor

te ritiene in primo luogo che in essa sono ravvisabili i caratteri

propri della interpretazione autentica, e che quindi non si tratta

di legge sostanzialmente innovativa con effetti retroattivi.

Va al riguardo preliminarmente considerato che la disposizio ne interpretata (art. 32, 3° e 4° comma, 1. 24 aprile 1984 n.

22), non solo non conteneva alcun richiamo espresso alla prece dente normativa regionale (art. 57 1. 6 settembre 1973 n. 54), ma, prevedendo un sistema di valutazione delle attività e delle

attitudini dei candidati incentrato sulla presentazione di curri

cula verificati d'ufficio, secondo modalità pertanto diverse da

quelle di cui alla legge precedente (peraltro, mai concretamente

applicate, e consistenti in valutazioni biennali corredate dalle

osservazioni del coordinamento del dipartimento o dell'ufficio

competente), poteva rinersi implicitamente abrogativa della di

sciplina del 1973. Tuttavia, essendo sorti dubbi in proposito, la legge interpretativa è sopravvenuta, non già per modificare

un preteso unico sistema normativo risultante dal combinato

disposto degli art. 32, 2° e 4° comma, 1. n. 22 del 1984 e 57

1. n. 54 del 1973, quanto invece per chiarire che i due sistemi

di valutazione risultavano incompatibili fra loro, e che quindi il primo doveva ritenersi superato dalla volontà della nuova legge.

Tale intento normativo risulta rafforzato dalla considerazio

II Foro Italiano — 1995.

ne che al legislatore regionale del 1984 era ben noto che le valu

tazioni biennali di cui alla legge del 1973 non erano mai state

realizzate: legittimamente, quindi, sotto questo profilo, il legis latore del 1990 ha chiarito il significato della disposizione della legge del 1984, privilegiando una tra le interpretazioni possibili.

6. - Occorre a questo punto esaminare se la legge impugnata si sia mantenuta entro i limiti imposti, secondo la giurispruden za di questa corte sopra richiamata, alle leggi di interpretazione autentica.

Il giudice rimettente osserva in proposito: a) che sul proble ma del sistema di valutazione delle attitudini dei concorrenti

ai concorsi per dirigenti nella regione Toscana l'orientamento

del Consiglio di Stato era costante, e che il presunto contrasto

giurisprudenziale su cui il legislatore regionale ha fondato la

necessità di un proprio intervento interpretativo, era in realtà

inesistente, non potendosi esso ravvisare per il solo fatto di al

cune pronunce del Tar discordanti con l'orientamento dello stesso

Consiglio di Stato; b) che l'applicazione della legge interpretati va si risolverebbe in una lesione dei giudicati già formatisi su

precedenti decisioni dello stesso Consiglio di Stato emesse nei

riguardi di altri concorrenti al medesimo concorso; c) che, in

ogni caso, dalla predetta legge interpretativa e dalla sua relazio

ne risulterebbe l'intenzione del legislatore di incidere direttamente

sui giudizi in corso. 7. - In ordine al primo profilo occorre ribadire quanto da

tempo affermato da questa corte, e cioè che il potere di inter

pretazione di una legge non è riservato dalla Costituzione in

via esclusiva al giudice, né tantomeno è sottratto alla potestà normativa degli organi legislativi: le due attività operano infatti

relativamente a piani diversi, in quanto mentre l'interpretazione del legislatore interviene sul piano generale ed astratto del signi ficato delle fonti normative, quella del giudice opera sul piano

particolare come premessa per l'applicazione concreta della nor

ma alla singola fattispecie sottoposta al suo esame (sentenze nn. 402 e 39 del 1993; 155 del 1990; 754 del 1988, id., 1989, I, 1013; 91 del 1988; 6 del 1988, id., 1989, I, 62; 620 del 1987, id., 1988, I, 1815; 167 del 1986, id., 1986, I, 1741; n. 70 del 1983, id., 1983, I, 1527).

In tal senso, sebbene non sia in linea di massima contestabile

la legittimità del ricorso all'interpretazione autentica anche in

mancanza di contrasto giurisprudenziale (sentenze nn. 402 del

1993; 586 del 1990, id., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 474; 123 del 1988; ord. n. 480 del 1992, id., 1993, I, 2448), deve osservarsi che nel caso in esame, come già chiarito, la leg

ge impugnata non ha inciso su un orientamento giurispruden ziale a tal punto consolidato da far ritenere improbabile diverse

soluzioni, bensì ha privilegiato un'interpretazione tra quelle pos

sibili, come dimostrano alcuni orientamenti del Tar divergenti dall'indirizzo del Consiglio di Stato. Cosi' facendo, la norma

in esame non può ritenersi lesiva né della certezza dei rapporti

giuridici (sentenza n. 402 del 1993), né della funzione giurisdi zionale riservata al giudice.

8. - Quanto alla supposta violazione dei giudicati già formati

si sulla base della disposizione interpretata, la norma della re gione Toscana sarebbe censurabile, secondo quanto si deduce

dall'ordinanza di rimessione, in relazione alla garanzia costitu

zionale in tema di principi di riserva della giurisdizione e di

separazione dei poteri. Tali profili sottopongono a questa corte il delicato problema

se l'esistenza di sentenze passate in giudicato costituisca di per sé un limite assoluto alle leggi interpretative che producano l'ef

fetto di rescinderne l'efficacia, ancorché tali leggi siano rivolte

soltanto a chiarire la normativa sulla cui base quel giudicato si era formato: problema che peraltro fu affrontato anche in

assemblea costituente, dove una proposta in tal senso contenuta

nel progetto di costituzione (e secondo la quale le sentenze non

più soggette ad impugnazione non avrebbero potuto essere an

nullate neppure con legge, salvo casi particolari), era stata re

spinta dall'assemblea.

A tale delicato problema può essere offerta adeguata soluzio

ne non in questa occasione ma soltanto nel caso in cui, in sede

di esecuzione del giudicato, l'autorità giudiziaria ritenga che la norma interpretativa prevalga sul giudicato formatosi in ordine

alla legge interpretata. Nella specie i giudicati di cui si lamenta la lesione riguardano

soggetti diversi da quelli del presente giudizio, nei cui confronti

non si è ancora formato alcun giudicato. Pertanto, in ordine

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Page 5: sentenza 23 novembre 1994, n. 397 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 30 novembre 1994, n. 49); Pres. Casavola, Est. Santosuosso; De Sena c. Regione Toscana ed altro (Avv. Mezzanotte).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a tale profilo, la sollevata questione deve essere dichiarata inam

missibile. 9. - Resta infine da valutare la ritenuta violazione da parte

della legge impugnata degli art. 101, 2° comma, 103, 1° com

ma, e 108, 2° comma, Cost., relativamente al profilo della sua

incidenza sui giudizi in corso. Deve considerarsi in proposito che, secondo l'orientamento

di questa corte «non è contestabile che il legislatore ordinario

abbia il potere di dettare norme dall'applicazione delle quali

possono derivare effetti nei riguardi dei procedimenti giudiziari in corso», specie allorché tale intervento sia dettato al fine di

«impedire una situazione di irrazionale disparità di trattamen

to» (sentenza n. 91 del 1988). In tali casi la legge interpretativa

«pur interferendo necessariamente nella sfera del potere giudi

ziario, non incide sul principio della divisione dei poteri» (sen tenze n. 118 del 1957 e n. 123 del 1988), dal momento che essa

agisce sul piano astratto delle fonti normative, e determina una

indiretta incidenza generale su tutti i giudizi, presenti o futuri, senza far venir meno la potestas iudicandi, bensì' semplicemente ridefinendo il modello di decisione cui l'esercizio di detta pote stà deve attenersi (sentenze n. 240 del 1994, id., 1994, I, 2016; nn. 402 e 39 del 1993; n. 6 del 1988).

Allorquando, invece, risulti l'intenzione della legge interpre tativa di vincolare il giudice ad assumere una determinata deci

sione in specifiche ed individuate controversie, la funzione legis lativa perde la propria natura ed assume contenuto meramente

prowedimentale, come nel caso in cui «il legislatore, usando

della sua prerogativa di interprete d'autorità del diritto, preclu da al giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare l'estinzione dei giudizi pendenti» (sentenza n. 123 del 1987).

Nella specie, la 1. reg. Toscana n. 67 del 1990, limitandosi

a chiarire la volontà della 1. n. 22 del 1984, si inquadra nella

normale ipotesi di interpretazione autentica, facendo sistema con

la disposizione interpretata ed imponendosi come tale al giudice in forza del principio di cui all'art. 101, 2° comma, Cost.

Sotto questo profilo, la questione come prospettata dal Con

siglio di Stato deve pertanto ritenersi non fondata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile la questione di legittimità costituzionale dell'art, unico 1.

reg. Toscana 26 novembre 1990 n. 67 (interpretazione autentica

dell'art. 32, 3° e 4° comma, 1. reg. 24 aprile 1984 n. 22), solle

vata, sotto il profilo della denunciata violazione del giudicato, in riferimento agli art. 101, 2° comma, 103, 1° comma, 108, 2° comma, Cost., dal Consiglio di Stato, sez. IV, con l'ordi

nanza indicata in epigrafe; dichiara non fondata la medesima questione sollevata sotto

il profilo della lamentata incidenza sui giudizi in corso, in rife

rimento agli art. 101, 2° comma, 103, 1° comma, 108, 2° com

ma, Cost., dal Consiglio di Stato, sez. IV, con l'ordinanza indi

cata in epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 luglio 1994, n. 292

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 agosto 1994, n. 32); Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons, ministri (Avv. dello

Stato Zotta) c. Regione Trentino-Alto Adige (Avv. Falcon).

Trentino-Alto Adige — Elezioni comunali e provinciali — Leg

ge statale di principio — Mancato adeguamento — Delibera

governativa di impugnazione — Assoluta genericità

— Inam

missibilità (Cost., art. 3, 48; statuto speciale Trentino-Alto

Adige, art. 4, 5; 1. reg. Trentino-Alto Adige 6 aprile 1956 n. 5, composizione ed elezione degli organi delle amministra

zioni comunali, art. 2, 5, 6, 8, 11, 14, 15, 33, 65; 1. reg. Trentino-Alto Adige 21 ottobre 1963 n. 29, ordinamento dei

comuni, art. 24; 1. reg. Trentino-Alto Adige 14 agosto 1967

n. 15, modifiche ed integrazioni alle 1. reg. 6 aprile 1956 n.

5 e 19 settembre 1963 n. 28 sulla composizione ed elezione

degli organi delle amministrazioni comunali, art. 2, 4; 1. reg. Trentino-Alto Adige 10 agosto 1974 n. 6, modificazioni ed

Il Foro Italiano — 1995.

integrazioni alla 1. reg. 6 aprile 1956 n. 5 e successive modifi

cazioni, art. 21; 1. reg. Trentino-Alto Adige 6 dicembre 1986

n. 11, modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 6 aprile 1956 n.

5 e successive modificazioni ed alla I. reg. 8 agosto 1983 n.

7 e successive modificazioni, art. 5, 6; d.leg. 16 marzo 1992

n. 266, norme di attuazione dello statuto speciale per il

Trentino-Alto Adige, concernenti il rapporto tra atti legislati vi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà sta

tale di indirizzo e coordinamento, art. 2; 1. reg. Trentino

Alto Adige 4 gennaio 1993 n. 1, nuovo ordinamento dei co

muni della regione Trentino-Alto Adige, art. 4, 7, 9, 10, 13,

15; 1. 25 marzo 1993 n. 81, elezione diretta del sindaco, del

presidente della provincia, del consiglio comunale e del consi

glio provinciale).

È inammissibile, per assoluta genericità della previa deliberazio

ne del consiglio dei ministri, la questione di legittimità costi

tuzionale degli art. 2, 5, 6, 8, 11, 14, 15, 33, 65, lett. b), /. reg. Trentino-Alto Adige 6 aprile 1956 n. 5, 24 I. reg. Trentino-Alto Adige 21 ottobre 1963 n. 29, 2, 4 l. reg. Trentino-Alto Adige 14 agosto 1967 n. 15, 211. reg. Trentino

Alto Adige 10 agosto 1974 n. 6, 5, 6, 2° comma, I. reg. Trentino-Alto Adige 6 dicembre 1986 n. 11, 4, 7, 9, 2° com

ma, 10, 13, 2° comma, lett. n), 15 l. reg. Trentino-Alto Adi

ge 4 gennaio 1993 n. 1, sollevata, ai sensi dell'art. 2, 2° e

3° comma, d.leg. 16 marzo 1992 n. 266, per mancato adegua mento ai principi contenuti nella sopravvenuta l. 25 marzo

1993 n. 81, in riferimento agli art. 3, 48, 3° comma, Cost,

e 4, 5 statuto speciale Trentino-Alto Adige. (1)

(1-2) Le due decisioni affrontano ricorsi proposti dal presidente del

consiglio dei ministri, previa delibera del consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 2 d.leg. 16 marzo 1992 n. 266. Tale disposizione prevede, per la regione Trentino-Alto Adige, che in caso di sopravvenuti principi

generali contenuti in leggi statali, la regione o la provincia sono tenuti

ad adeguare la propria legislazione ai nuovi principi nel termine di sei

mesi successivi alla pubblicazione della legge statale sulla Gazzetta uffi ciale, decorso il quale le leggi regionali o provinciali possono essere

impugnate, entro i novanta giorni successivi, alla Corte costituzionale.

L'impugnazione alla corte può ritenersi una conseguenza della scelta

operata nel d.leg. 266/92 di qualificare il rapporto tra leggi regionali e successive leggi statali di principio come illegittimità costituzionale

sopravvenuta, anziché come abrogazione, cosi come previsto in genera le per tutte le altre regioni dall'art. 10 della legge Sceiba.

In entrambe le occasioni la corte giunge a dichiarare la inammissibili

tà del ricorso del presidente del consiglio dei ministri, in quanto la pre via delibera del consiglio dei ministri era stata formulata in maniera

talmente generica da non poter ritenere la questione sufficientemente

determinata, né determinabile, in quanto nel caso della sent. 292/94

mancava in essa qualsiasi riferimento alle leggi regionali o provinciali impugnate e nel caso della sent. 256/94 non si ricavavano dalla delibe

razione le disposizioni impugnate, né i principi della legislazione statale

cui la regione o la provincia avrebbero dovuto adeguarsi. Il particolare procedimento di controllo delle leggi regionali o provin

ciali per mancato adeguamento ai sopravvenuti principi contenuti in

leggi statali, di cui all'art. 2 d.leg. 266/92, era stato precedentemente attivato in due occasioni: v. Corte cost. 31 dicembre 1993, n. 496, Foro

it., 1994, I, 672, con nota di richiami, che ha respinto l'eccezione di inammissibilità per genericità della delibera del consiglio dei ministri, affermando che la questione poteva ritenersi «determinabile, anche se non determinata» e 5 maggio 1994, n. 172, ibid., 2956, con nota di

richiami, che ha invece concluso per la inammissibilità del ricorso presi denziale a causa della genericità della previa delibera consiliare.

Recentemente, la corte ha affrontato l'analogo problema (genericità della previa delibera del consiglio dei ministri di autorizzazione alla im

pugnazione preventiva di leggi regionali) anche con riferimento al ricor

so promosso ai sensi dell'art. 127 Cost., respingendo in tre casi su quat tro l'eccezione di inammissibilità (v. Corte cost. 10 giugno 1994, n.

233, id., 1995, I, 759, con nota di richiami e osservazioni di Romboli; 13 luglio 1994, n. 290, ibid., 1122, con nota di richiami e 7 dicembre

1994, n. 415, G.U., la s.s., n. 51 del 1994, mentre l'ha accolta con

sent. 13 febbraio 1995, n. 35, id., n. 7 del 1995). Il maggior rigore seguito dalla corte nel giudicare la stessa eccezione

con riguardo al procedimento di cui all'art. 2 d.leg. 266/92 pare potersi connettere alla volontà del giudice delle leggi di esprimersi in maniera

molto chiara e netta contro la tesi secondo cui in tale procedimento

oggetto della questione non sarebbero le singole disposizioni, ma un

comportamento omissivo di non adeguamento da parte del legislatore

regionale o provinciale (v. in particolare Corte cost. 172/94, cit.). In ordine al particolare tipo di impugnazione delle leggi regionali o

provinciali nel Trentino-Alto Adige, ai sensi dell'art. 2 d.leg. 266/92

ed ai problemi, anche di costituzionalità, da questo posti si vedano E.

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