sentenza 24 aprile 2003; Pres. Pagano, Est. Zappia; Soc. coop. Conad Sicilia (Avv. Petino, Salemi)c. Aprile (Avv. Trovato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 12 (DICEMBRE 2003), pp. 3437/3438-3439/3440Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199730 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
al momento della registrazione siano stati impugnati o siano an
cora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a succes
siva sentenza passata in giudicato ...».
Come facile constatare viene ripetuta sostanzialmente la stes
sa disposizione dell'art. 35 d.p.r. n. 634 del 1972. Il successivo art. 38 dell'attuale t.u. ripete a sua volta, ma con
una significativa modifica, il contenuto dell'art. 36 d.p.r. n. 634
del 1972: vi si legge, infatti, che «la nullità e l'annullabilità del
l'atto non dispensa dall'obbligo di chiedere la registrazione e di
pagare la relativa imposta.
L'imposta assolta a norma del comma precedente deve essere
restituita per la parte eccedente la misura fissa, quando l'atto sia
dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di ratifi
ca, convalida o conferma».
Come si vede, anche in questo caso è stata sostanzialmente
confermata la disciplina precedente, ma non è più richiesto, per la restituzione dell'importo eccedente l'imposta fissa, che la
sentenza, passata in giudicato, di riforma o di cassazione di
quella di trasferimento di un immobile sia stata emessa in con
traddittorio con l'amministrazione finanziaria.
Nel caso di specie deve essere applicata la nuova disciplina
perché più favorevole ai contribuenti.
Come rilevato, infatti, da questa corte, con sentenza 21 no
vembre 1995, n. 12039 {id.. Rep. 1996, voce Registro (imposta), n. 84), «in tema di imposta di registro, la restituzione dell'impo sta, nella parte eccedente la misura fissa, conseguente alla di
chiarazione giudiziale di nullità di un atto sottoposto a registra zione, qualora sia oggetto di controversia pendente al momento
dell'entrata in vigore del t.u. delle disposizioni concernenti
l'imposta di registro approvato con d.p.r. 26 ottobre 1986 n.
131, è disciplinata non già dall'art. 36 d.p.r. 26 ottobre 1972 n.
634, bensì, in virtù dell'art. 79 d.p.r. n. 131 del 1986 — il quale
prevede che le disposizioni modificative, correttive o integrative di quelle anteriormente in vigore, più favorevoli ai contribuenti, abbiano effetto anche per gli atti formati in data anteriore alla
sua entrata in vigore, purché a questa data sia ancora pendente controversia o non sia ancora decorso il termine di decadenza
dell'azione della finanza — dall'art. 38 stesso d.p.r., modifica
tivo dell'art. 36 d.p.r. n. 634 del 1972 e più favorevole al con
tribuente, avendo eliminato dai presupposti per il diritto a resti
tuzione dell'imposta la necessità che la sentenza di nullità sia
pronunciata in contraddittorio con l'amministrazione finanzia
ria».
La nuova disciplina dunque è più favorevole ai contribuenti
rispetto a quella precedente, e come tale applicabile a tutte le
fattispecie nelle quali, come in quella in esame, il presupposto di fatto per l'applicazione dell'imposta si sia verificato prima dell'introduzione della disciplina stessa, ma che siano ancora
oggetto di controversia.
4. - La fattispecie va decisa, dunque, in applicazione del di
sposto dell'attuale legge di registro. Quest'ultima, come si è detto, non subordina più la restitu
zione della parte dì imposta pagata eccedente la misura fissa, al
l'esistenza di una sentenza, emessa in contraddittorio anche del
l'amministrazione finanziaria, che ponga nel nulla una prece dente pronunzia di trasferimento di un immobile, ma soltanto
all'esistenza di una sentenza con questo contenuto.
Rimane, però, l'esigenza dell'altro requisito, quello sintetiz
zato nell'inciso «per causa non imputabile alle parti»; ciò signi fica che la restituzione non è dovuta quando l'atto di trasferi
mento venga annullato o dichiarato nullo per causa imputabile alle parti.
Se la causa dell'annullamento o della dichiarazione di nullità
è imputabile alla parte che aveva corrisposto l'imposta di regi stro, o ad entrambe le parti (e perciò anche alla parte stessa)
quest'ultima dovrà imputare a sé stessa la mancata restituzione.
Se invece sono imputabili all'altra parte chi ha pagato l'im
posta potrà, in base alle norme ordinarie in materia di rifusione
delle spese giudiziali e di quelle connesse, ripetere da quest'ul tima, risultata soccombente, il controvalore di quanto versato a
titolo di imposta proporzionale di registro, e perciò anche
quanto corrisposto oltre alla tassa fissa.
Soprattutto, non va dimenticato, che il processo civile si
svolge sulla base delle richieste e dell'iniziativa, anche istrutto
ria, delle parti: occorre, perciò, evitare che eventuali collusioni
delle parti possano danneggiare gli interessi dell'erario.
5. - Questa corte, perciò, non può che riportarsi ai propri pre cedenti orientamenti in materia, confermandoli.
Il Foro Italiano — 2003.
Una sentenza del 1986 (Cass. 28 gennaio 1986. n. 551, id..
Rep. 1986, voce cit., n. 290) sottolinea, infatti, che «con riguar do all'imposta di registro, che colpisce l'atto alla stregua del
suo contenuto e degli effetti che è potenzialmente idoneo a pro durre, restano irrilevanti le successive vicende in concreto inter
ferenti su tali effetti, ivi inclusa la risoluzione per inadempi mento, la quale, pertanto, non vale ad escludere né l'obbliga zione solidale dei contraenti verso l'amministrazione finanzia
ria, né, nel rapporto interno fra i condebitori, il diritto di rivalsa
di chi abbia pagato l'intero importo del tributo».
Un altro precedente del 1983 (Cass. 16 aprile 1983, n. 2633,
id., 1983,1, 1606) precisa, a sua volta, che «anche a seguito del
l'entrata in vigore della nuova legge di registro ... il tributo di
registro si caratterizza come imposta d'atto, volta cioè a colpire il contenuto oggettivo dell'atto presentato alla registrazione, in
dipendentemente dalle vicende del rapporto sostanziale dal
punto di vista strettamente privatistico» ed ha perciò ritenuto
che una sentenza di simulazione, tanto assoluta che relativa, di
un contratto con effetti reali, fosse soggetta all'imposta di regi stro «ponendo in essere, ai fini tributari, un ritrasferimento del
bene oggetto del precedente contratto simulato ... in quanto nella sola ipotesi di atto 'dichiarato nullo o annullato' per causa
non imputabile alle parti è possibile chiedere la restituzione del
l'imposta assolta».
Questi due precedenti fanno riferimento, formalmente, alla
normativa del 1972, ma non riferendosi in alcun modo agli ele
menti (del resto relativamente secondari) che la differenziano da
quella successiva del 1986, risultano validi, in realtà, anche per
l'interpretazione di quest'ultima. 6. - Concludendo dunque il ricorso è fondato e va accolto.
La sentenza della Commissione tributaria centrale deve essere
annullata, e, non occorrendo ulteriori accertamenti, la corte deve
decidere nel merito, e respingere la richiesta di rimborso pre sentata dalla contribuente.
CORTE D'APPELLO DI CATANIA; sentenza 24 aprile 2003; Pres. Pagano, Est. Zappia; Soc. coop. Conad Sicilia
(Avv. Petino, Salemi) c. Aprile (Avv. Trovato).
CORTE D'APPELLO DI CATANIA;
Lavoro (rapporto di) — Impresa cooperativa — Dirigente — Licenziamento — Giustificatezza — Estremi.
Ai fini della configurazione della giustificatezza del licenzia
mento di dirigente di impresa cooperativa non basta l'allega zione di comportamenti in ipotesi idonei ad incrinare il rap
porto fiduciario con il datore di lavoro, ma occorre anche
l'indicazione di motivi ragionevoli e congrui. (1)
(1) La Corte d'appello di Catania, tenendo conto di alcune delle più significative pronunzie rese in argomento dal Supremo collegio, for mula l'enunciazione riassunta in massima, che si ricollega alle artico late proposizioni della non ricordata Cass. 12 febbraio 2000, n. 1591
(est. Vidiri), Foro it., 2000,1, 752, con nota di richiami, cui va il merito di aver operato un'esaustiva ricostruzione della nozione di giustifica tezza del licenziamento del dirigente (industriale), anche alla stregua di
una sintesi ragionata delle varie implicazioni sistematiche rilevanti in
subiecta materia. Sul tema, da ultimo affrontato da sez. lav. 20 giugno 2003, n. 9896,
id., Mass., 902, è intervenuta pure sez. lav. 3 aprile 2002, n. 4729 (est.
Foglia), id., 2002, I, 1681, con ulteriori indicazioni di dottrina e giuris
prudenza, che, ai fini dell'individuazione della giustificatezza del li
cenziamento del dirigente (industriale), dopo aver enunciato principi ribaditi nella precedente elaborazione giurisprudenziale e recepiti dalla
riportata sentenza, ha valorizzato il mancato raggiungimento dei risul
tati pattuiti, escludendo però la possibilità dell'accollo, da parte dello
stesso dirigente, del c.d. «rischio d'impresa».
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3439 PARTE PRIMA 3440
Motivi della decisione. — {Omissis). Col secondo motivo di
gravame l'appellante ha lamentato l'erroneità della determina
zione adottata dal collegio arbitrale per avere il detto collegio ritenuto non giustificato il licenziamento intimato all'Aprile ar
gomentando da una non corretta individuazione della nozione di
«giustificatezza» del licenziamento; ed ha rilevato che, così
operando, il collegio arbitrale aveva, per un verso, svilito l'ele
mento della fiducia che, in considerazione del particolare atteg
giarsi del lavoro dirigenziale, si configura come il criterio basi
lare ed esclusivo su cui parametrare la legittimità del licenzia
mento e, per altro verso, aveva erroneamente ricondotto la pre visione contrattuale di giustificatezza al contenuto delle norme
che pongono limiti al libero licenziato siccome individuate dalla
1. n. 604 del 1966. Il rilievo non appare condivisibile. È invero orientamento
ormai consolidato in giurisprudenza che la specialità della posi zione assunta dal dirigente nell'ambito dell'organizzazione aziendale impedisce un'identificazione fra la nozione di «giusti ficatezza» del licenziamento ai fini dell'indennità supplementa re allo stesso spettante alla stregua della contrattazione colletti
va, e quella di «giusta causa» o «giustificato motivo» del licen
ziamento del lavoratore subordinato ai sensi della 1. 15 luglio 1966 n. 604. Per contro non altrettanto pacifica in giurispruden za deve ritenersi l'individuazione della nozione di «giustifica tezza» la cui assenza dà diritto al dirigente licenziato all'inden
nità supplementare. Sul punto la Suprema corte, sezione lavoro, con la decisione
n. 5531 del 14 maggio 1993 (Foro it., Rep. 1993, voce Lavoro
(rapporto), n. 668), aveva stabilito il principio secondo cui il li cenziamento ingiustificato del dirigente si verifica allorché il
datore di lavoro eserciti il proprio diritto di recesso violando il
principio di buona fede che presiede all'esecuzione dei contrat
ti, ponendo in essere un comportamento puramente pretestuoso, ai limiti della discriminazione; ed in tale direttrice si collocano
altre importanti sentenze (Cass. 12 ottobre 1996, n. 8934, id.,
1997, I, 839; 25 novembre 1996, n. 10445, ibid.\ 21 marzo
1998, n. 3000, id., 1999, I, 1254) che avevano risolto analoga mente la delicata questione. Un decisivo mutamento di indirizzo
si riscontra con la pronuncia n. 6268 del 24 giugno 1998 (ibid.) con la quale la Corte di cassazione, sezione lavoro, argomentan do dal rilievo che le regole astratte di buona fede e correttezza
costituiscono semplicemente un criterio di valutazione di con
dotte rilevanti sotto il profilo giuridico, ma non definiscono le
ipotesi nelle quali i contratti collettivi hanno ritenuto giustifi cato il licenziamento, ha precisato che allorché, come si verifica
nel caso del dirigente, per il licenziamento si richiede l'esisten
za di una giustificazione, il giudice deve accertare l'obiettiva
esistenza dei fatti necessari per radicare il potere di recesso, non
potendosi attribuire alla nozione di «giustificatezza» del licen
ziamento un'ampiezza tale da ritenere sufficiente una qualsiasi motivazione non pretestuosa.
E tali concetti sono stati ribaditi dalla Cassazione, sezione la
voro, nella successiva pronuncia del 6 ottobre 1998, n. 9896
(ibid.), laddove la Suprema corte, dopo aver ribadito che «la
giustificatezza è metro di valutazione più ampio di quello legale
perché si misura esclusivamente sul piano fiduciario», ha avuto
modo di precisare che «ciò non toglie, tuttavia, che la comune
intenzione delle parti è stata quella di porre, pur sempre, una
norma di tutela che ha un senso quando, anche in una più ac
centuata relazione fiduciaria, la giustificatezza del licenzia
mento sia qualificata dalla ragionevolezza e serietà del motivo, da accertarsi secondo un equo contemperamento dei contrappo sti interessi, così come sancito dall'art. 1371 c.c.».
Alla luce dei suddetti arresti giurisprudenziali cui questo col
legio ritiene di dover senz'altro aderire, rileva questa corte che, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, l'elemento
fiduciario, nella sua assolutezza e soggettività, non può essere
assunto ad esclusivo parametro della giustificatezza del licen
ziamento del dirigente, occorrendo a tal fine altresì la congruità e ragionevolezza dei motivi (peraltro ben diversi dalla giusta causa o giustificato motivo di cui alla 1. n. 604 del 1966), per come desumibile tra l'altro dal contenuto dell'art. 20 c.c.n.l. di
settore laddove è prevista, per il licenziamento del dirigente, la
forma scritta «con contestuale specifica indicazione dei motivi».
Pertanto sul punto il proposto gravame non può trovare acco
glimento. (Omissis)
Il Foro Italiano — 2003.
I
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 5 novembre 2003; Pres.
Caliento, Rei. Iofrida; Soc. Autofur (Avv. Libertini, Val
vo) c. Soc. Renault Italia (Avv. Di Amato, Battaglia).
TRIBUNALE DI ROMA
Subfornitura — Abuso di dipendenza economica — Recesso
unilaterale (Cod. proc. civ., art. 700; regolamento 28 giugno 1995 n. 1475/95/Ce della commissione, relativo all'applica zione dell'art. 85. par. 3, del trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assi
stenza alla clientela, art. 5; 1. 18 giugno 1998 n. 192, discipli na della subfornitura nelle attività produttive, art. 9; regola mento 31 luglio 2002 n. 1400/2002/Ce della commissione, relativo alla applicazione dell'art. 81, par. 3, del trattato a ca
tegorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore
automobilistico, art. 3, 10).
Laddove ricorra una situazione di oggettiva necessità di rior
ganizzazione aziendale, l'esercizio del diritto di recesso con
un preavviso di dodici mesi, anziché dì ventiquattro, non co
stituisce abuso di dipendenza economica in quanto non inte
gra l'ipotesi di interruzione arbitraria delle relazioni com
merciali. (1)
II
TRIBUNALE DI TARANTO; ordinanza 17 settembre 2003; Giud. Vella; Soc. Paperoga c. Soc. Avis autonoleggio.
Provvedimenti di urgenza — Abuso di dipendenza economi
ca — Franchising
— Recesso unilaterale (Cod. proc. civ., art. 700; 1. 18 giugno 1998 n. 192, art. 9).
Posto che la clausola con la quale si riconosce al franchisor la
facoltà di recedere dal contratto senza addurre alcuna moti
vazione è da considerarsi nulla in quanto ingiustificatamente
gravosa e, perciò, abusiva dell'altrui dipendenza economica, va accolta la richiesta di provvedimenti cautelari urgenti avanzata dal franchisee che lamenti che la cessazione del
contratto è in grado di vanificare gli investimenti sostenuti
per l'avviamento dell'attività e di danneggiare l'immagine commerciale, stante la difficoltà di individuare un nuovo
partner nel medesimo settore merceologico. (2)
(1-2) 1 due provvedimenti in epigrafe si inseriscono nel tortuoso cammino della disciplina dell'abuso di dipendenza economica sin dalla sua nascita: le ambiguità emerse rispetto al suo corretto inquadramento — che hanno portato prima ad inserirla nell'art. 9 1. 18 giugno 1998 n.
192, sulla subfornitura nelle attività produttive, salvo poi riconoscere la
portata antitrust della fattispecie con l'art. 11 1. 5 marzo 2001 n. 57 —
continuano a segnare la sorte dell'istituto (la letteratura in materia è già quasi sterminata: Osti, Nuovi obblighi a contrarre, Torino, 2003, 231 296; Berti-Grazzini, La disciplina sulla subfornitura nelle attività pro duttive, Milano, 2003; Maugeri, Abuso di dipendenza economica e au tonomia privata, Milano, 2003; Gambaro-Martini, La subfornitura cinque anni dopo, in Contratto e impr.-Europa, 2003, 512; Prosperi, Il contratto di subfornitura e l'abuso di dipendenza economica, Napoli, 2002; Franzina, Considerazioni sulla legge applicabile all'abuso di
dipendenza economica, in Nuova giur. civ., 2002, II, 230; Tassone,
«Unconscionability» e abuso di dipendenza economica, in Riv dir. pri vato, 2001, 527; Bastianon, L'abuso di posizione dominante, Milano, 2001, 417; Ceridono, in Disciplina della subfornitura nelle attività
produttive a cura di Lipari, in Nuove leggi civ., 2000, 429; Gemma, Abuse of economic dependence between competition and contract law, in Europa e dir. privato, 2000, 357; Frignani, La subfornitura interna
zionale. Profili di diritto della coìicorrenza, in Dir. comm. internaz., 2000, 683; Longu, Il divieto dell'abuso di dipendenza economica nei
rapporti tra le imprese, in Riv. dir. civ., 2000, li, 345; Pinto, L'abuso di dipendenza economica «fuori dal contratto» tra diritto civile e di ritto antitrust, ibid., 389; Renda, Esito di contrattazione e abuso di di
pendenza economica: un orizzonte più sereno o la consueta «pie in the
sky»?, in Riv. dir. impresa, 2000, 243; Albanese, Abuso di dipendenza economica: nullità del contratto e riequilibrio del rapporto, in Europa e dir. privato, 1999, 1181; Bortolotti, I contratti di subfornitura. La nuova legge sulla subfornitura nei rapporti interni e internazionali, Padova, 1999, 140; Mora, Subfornitura e dipendenza economica, in
Contratti, 1999, 95; Prosperi, Subfornitura industriale, abuso di dipen denza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999, 639; Spolidoro, Ri
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