+ All Categories
Home > Documents > sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres....

sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: donguyet
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons. ministri c. Regione Piemonte (Avv. Romanelli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1193/1194-1195/1196 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190276 . Accessed: 25/06/2014 06:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.67 on Wed, 25 Jun 2014 06:00:39 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons. ministri c. Regione Piemonte (Avv. Romanelli)

sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 marzo 1994, n. 10);Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons. ministri c. Regione Piemonte (Avv. Romanelli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1193/1194-1195/1196Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190276 .

Accessed: 25/06/2014 06:00

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.229.248.67 on Wed, 25 Jun 2014 06:00:39 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons. ministri c. Regione Piemonte (Avv. Romanelli)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

che una tale procedura risulta preclusa dalla norma denunciata, ha sollevato l'indicata questione di legittimità costituzionale del

l'art. 11, ultimo comma, 1. reg. Abruzzo n. 52 del 1989, «per ché disciplina la materia penale riservata alle leggi dello Stato

ed esclusa dalla potestà legislativa delle regioni» e «per l'ingiu stificato diverso trattamento che riserva, in sede penale, agli abusi commessi nella regione Abruzzo».

2. - La questione è fondata.

Sotto la rubrica «repressione degli abusi in "parziale diffor

mità"», l'art. 11 1. reg. n. 52 del 1989 stabilisce che nelle ipote si in cui venga accertata la parziale difformità delle opere dal

progetto approvato, il sindaco ingiunge ai responsabili la demo lizione delle opere abusive fissando un termine congruo, co

munque non superiore a centoventi giorni, decorrente dalla no

tifica del provvedimento, da effettuarsi nelle forme degli atti

di citazione, e che se dall'accertamento è riscontrata l'inottem

peranza all'ingiunzione, le opere stesse sono demolite a cura

del comune ed a spese dei responsabili dell'abuso (3° comma). Ove poi, come nell'ipotesi di specie, la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte di opera eseguita in con

formità, il 4° comma dell'art. 11 della detta legge regionale (ri

producendo alla lettera l'art. 12, 2° comma, 1. 28 febbraio 1985

n. 47) prescrive che il sindaco applica una sanzione pari al dop

pio del costo di produzione, stabilito in base alla 1. 27 luglio 1978 n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità della

concessione, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore

venale, determinato a cura dell'ufficio tenico erariale, per le

opere adibite ad usi diversi da quello residenziale. L'art. 11, ultimo comma, 1. reg. n. 52 del 1989 fa infine conseguire dal

pagamento dell'integrale importo della sanzione pecuniaria ir

rogata «gli effetti previsti dall'art. 22, ultimo comma, 1. 28 feb

braio 1985 n. 47», a norma del quale «Il rilascio della conces

sione in sanatoria delle concessioni estingue i reati contravven

zionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti».

Dunque, poiché l'effetto previsto dalla disposizione della leg

ge statale è, appunto, l'estinzione dei reati contravvenzionali, fra cui quello contemplato dall'art. 20, lett. a), 1. n. 47 del

1985, l'art. 11, ultimo comma, della legge regionale ha fatto

scaturire come conseguenza del pagamento della sanzione am

ministrativa un effetto estintivo del reato non previsto dalla le

gislazione statale che subordina, invece, il detto effetto al rila

scio della concessione in sanatoria.

3. - La norma denunciata, pur non modificando direttamente

il sistema delle sanzioni penali delineato dalla legge statale, ha

però introdotto una regolamentazione del procedimento ammi

nistrativo più favorevole per il soggetto privato rispetto a quan to previsto dagli art. 12 e 13 1. n. 47 del 1985, cosi' da incidere

sulla disciplina penalistica. Essa consente, infatti, l'estinzione

dei reati contravvenzionali urbanistici anche in mancanza della

sanatoria delle opere abusive e, quindi, nonostante la non «con

formità dell'opera con gli strumenti urbanistici vigenti all'epoca della costruzione dell'opera stessa» (v. sentenza n. 231 del 1993, Foro it., Rep. 1993, voce Trentino-Alto Adige, n. 7); cosi da

prescindere dall'accertamento dell'inesistenza del «danno urba

nistico», da cui soltanto può derivare l'estinzione del reato in

forza della corresponsione della sanzione amministrativa inflit

ta per la violazione.

4. - Ne consegue che l'art. 11, 5° comma, 1. reg. Abruzzo

13 luglio 1989 n. 52, con l'incidere sull'applicabilità delle cause

di estinzione del reato interferisce «nella "materia penale", re lativamente alla quale, secondo la costante giurisprudenza di

questa corte, "vale la riserva di disciplina a favore dello Stato, che si configura come principio di rango costituzionale"» (v. sentenze n. 231 del 1993; n. 18 del 1991, id., Rep. 1991, voce

Regione, n. 250; n. 487 del 1989, id., Rep. 1989, voce cit.,

n. 207, e n. 179 del 1986, id., Rep. 1986, voce Sicilia, n. 51), cosicché il legiferare nella suddetta materia in deroga alla legi slazione statale implica violazione degli art. 25 e 117 Cost.

5. - Restano, in tal modo, assorbite, le censure incentrate

sugli ulteriori parametri costituzionali invocati dal giudice a quo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti

mità costituzionale dell'art. 11,5° comma, 1. reg. Abruzzo 13

luglio 1989 n. 52.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 febbraio 1994, n.

61 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons, ministri c. Regione Piemonte (Aw. Romanelli).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Tutela delle acque sotterranee — Varianti degli strumenti urbanistici locali — Incostituzionalità (Cost., art. 5, 114, 117,

128; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di

cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 2; d.p.r. 24 maggio 1988 n. 236, attuazione della direttiva Cee n. 80/778 concer

nente la qualità delle acque destinate al consumo umano ai

sensi dell'art. 15 1. 16 aprile 1987 n. 183, art. 7, 9; 1. 18 mag gio 1989 n. 183, norme per il riassetto organizzativo e funzio

nale della difesa del suolo, art. 3, 5, 12, 14, 17, 18).

È incostituzionale l'art. 13, 2° comma, l. reg. Piemonte riap

provata il 6 luglio 1993, nella parte in cui prevede che, ai

fini della protezione delle aree da riservare al soddisfacimen to delle esigenze idropotabili, la giunta regionale definisce, sentiti gli enti locali territorialmente competenti, i vincoli e

le limitazioni d'uso del territorio, i quali costituiscono ad ogni

effetto variante agli strumenti urbanistici locali. (1)

Diritto. — 1. - Il presidente del consiglio dei ministri impu gna l'art. 13, 2° comma, 1. reg. Piemonte riapprovata il 6 luglio 1993, nella parte in cui dispone che, ai fini della protezione

(1) La decisione è commentata da Fonderico, in Ambiente, 1994, fase. 6, 71.

Con ord. 10 novembre 1994, n. 390 (Giur. costit., 1994, 3506), la Corte costituzionale ha provveduto a correggere un errore materiale con tenuto nella sent. 61/94, sostituendo le parole «leale collaborazione» a «locale subordinazione», nel terzo periodo del punto 5 del considera to in diritto.

La corte accoglie la questione di costituzionalità ritenendo che la leg ge regionale viola la competenza dei comuni in materia edilizia, cosi come fissata dalle leggi statali e quindi ne comprime l'autonomia, ga rantita dall'art. 128 Cost. Quanto alla individuazione delle modalità concrete attraverso le quali la regione deve coinvolgere, nella individua zione dei vincoli urbanistici, gli enti locali, la corte si rimette alle scelte del legislatore regionale, nei limiti del principio di ragionevolezza.

La Corte costituzionale si richiama esplicitamente in motivazione a

precedenti decisioni attraverso le quali aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale di leggi regionali, per violazione delle competenze degli enti locali in materia edilizia stabilite con legge statale: v. Corte cost. 24 maggio 1991, n. 212, Foro it., 1991, I, 1633, con nota di richiami, e 4 aprile 1990, n. 157, id., 1990, I, 2134, con nota di richiami.

In altre ipotesi la corte ha invece ritenuto che il potere del comune di confermare o meno, in sede di redazione del piano, l'ubicazione de

gli impianti industriali esistenti, è sufficiente ad escludere la violazione dell'autonomia dell'ente locale: v. Corte cost. 10 marzo 1994, n. 79, id., 1994, I, 1990, con nota di richiami, la quale ha dichiarato infonda ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, 3° comma, 1.

reg. Veneto 27 giugno 1985 n. 61, nella parte in cui, ricomprendendo in determinate zone territoriali gli impianti industriali esistenti, impor rebbe una destinazione a certe aree a prescindere dalle valutazioni del comune.

Nel senso che l'art. 128 Cost., nel fondare l'autonomia comunale sui principi fissati dalle leggi generali della repubblica, non esclude che la legge statale possa, in presenza di situazioni particolari, apportare variazioni alle procedure ordinarie, stabilendo che il comune, come en te interessato all'assetto ed alla utilizzazione del territorio, partecipi, con il rappresentante del competente servizio, alla conferenza chiamata ad approvare all'unanimità i progetti esecutivi di opere, comportanti variazioni degli strumenti urbanistici, per cui gli art. 1, 1° e 2° comma, e 2, 3° comma, seconda parte, 1. 29 maggio 1989 n. 205 e 2, 1° comma, lett. e), 1. reg. Lazio 17 luglio 1989 n. 46, nella parte in cui prevedono che l'approvazione dei progetti esecutivi delle opere nelle aree interessa

te ai campionati mondiali di calcio del 1990 sia assunta dalla conferen

za dei competenti servizi, in luogo della normale procedura comportan te la diretta partecipazione dei vari enti interessati, non sono lesivi del l'autonomia comunale tutelata dall'art. 128 Cost., v. Corte cost. 16

febbraio 1993, n. 62, id., Rep. 1993, voce Opere pubbliche, n. 125.

Per la manifesta infondatezza di questioni di costituzionalità relative

a presunte illegittime compressioni dell'autonomia locale di cui all'art. 128 Cost., in materia edilizia, v. Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 1989, n. 653, id., Rep. 1989, voce Regione, n. 365, in ordine all'art. 1 d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 8, nella parte in cui implicitamente assegna alla

regione il potere di annullare le licenze edilizie rilasciate dal comune; Tar Lazio, sez. I, 16 settembre 1987, n. 1505, id., 1989, III, 165, con

nota di richiami.

This content downloaded from 91.229.248.67 on Wed, 25 Jun 2014 06:00:39 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 24 febbraio 1994, n. 61 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres. Casavola, Est. Vari; Pres. cons. ministri c. Regione Piemonte (Avv. Romanelli)

1195 PARTE PRIMA 1196

delle aree da riservare al soddisfacimento delle esigenze idropo

tabili, «la giunta definisce, sentiti gli enti locali territorialmente

competenti, i vincoli e le limitazioni d'uso del territorio, a nor ma dell'art. 7 del d.p.r. n. 236 del 1988», precisando che «tali

vincoli e limitazioni costituiscono ad ogni effetto variante agli

strumenti urbanistici locali».

2. - Prima di passare al merito dell'impugnativa, conviene

accennare brevemente al quadro normativo nel quale si colloca

la disposizione denunciata, tenendo conto del rinvio da essa fatto

al d.p.r. n. 236 del 1988. Quest'ultimo provvedimento, nel dare

attuazione alla direttiva Cee n. 80/778, concernente la qualità

delle acque destinate al consumo umano, ha previsto aree di

salvaguardia delle risorse idriche, suddistinte in zone di tutela

assoluta, zone di rispetto e zone di protezione (art. 4), specifi

dando, nel contempo, che, in queste ultime zone, possono esse

re adottate misure relative alla destinazione del territorio inte

ressato, limitazioni per gli insediamenti, civili, produttivi, turi stici, agroforestali e zootecnici (art. 7). Ai sensi del successivo

art. 9, spetta alla regione l'individuazione delle aree di salva

guardia e la disciplina delle attività e destinazioni ammissibili, fatte salve le previsioni di cui agli art. 4, 5, 6 e 7 dello stesso

d.p.r. n. 236.

Dal canto suo, la regione Piemonte, con la legge della quale fa parte la norma impugnata, ha inteso, come risulta dall'art.

1, disciplinare e coordinare «l'organizzazione e l'esecuzione del

le funzioni avute in delega dallo Stato, a norma dell'art. 90

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, riguardanti la ricerca, l'estrazione

e l'utilizzazione delle acque sotterranee, escluse le acque terma

li, minerali e radioattive o comunque regolate da leggi specia

li». Nell'ambito dell'articolata disciplina recata dalla legge in

questione si colloca l'art. 13 che, regolando, per l'appunto, l'e

sercizio delle competenze affidate dall'art. 9 d.p.r. n. 236, abili

ta la giunta regionale a definire i vincoli e le limitazioni d'uso

del territorio, a norma dell'art. 7 del menzionato decreto, sia

pure sentiti gli enti locali, ma stabilendo che «tali vincoli e limi

tazioni costituiscono ad ogni effetto variante agli strumenti ur

baninstici locali». 3. - Avverso quest'ultima disposizione si rivolgono le doglianze

del presidente del consiglio, che — lamentando la violazione

degli art. 5, 114, 117 e 128 Cost., e delle norme interposte con

tenute nell'art. 2 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, negli art. 3, 5,

12, 14, 17 e 18 1. 18 maggio 1989 n. 183 e nella 1. 8 giugno 1990 n. 142 — prospetta, fondamentalmente, due motivi di cen

sura, attinenti: a) l'uno, alla lesione delle competenze degli enti

locali in materia urbanistica, a causa del mutamento delle desti

nazioni del territorio cosi come già previste dagli strumenti ur

banistici, senza il concorso nel procedimento di deliberazioni

dei consigli comunali interessati; b) l'altro, alla non compatibi lità del separato potere a valenza territoriale ed urbanistica, at

tribuito dalla norma impugnata alla giunta regionale, con le

norme sulla difesa del suolo di cui alla già citata 1. n. 183 del

1989. 4. - Il primo motivo di ricorso è fondato.

Come la corte ha già avuto occasione di affermare, l'ordine

delle competenze fra regioni e comuni in materia urbanistica

è quello da tempo delineato dalla legislazione statale in materia.

Tale ordine, fatto salvo dall'art. 2 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, non è suscettibile di modifica da parte della legge regionale, senza che ne risulti leso l'art. 128 Cost., che, nel predetto art.

2, riceve attuazione per quanto si riferisce alla salvaguardia del

le funzioni già spettanti ai comuni in base alla precedente legis lazione (sentenza n. 157 del 1990, Foro it., I, 2134).

La norma impugnata — nell'attribuire all'atto con il quale la giunta regionale individua le zone di protezione delle risorse

idriche, l'effetto di incidere immediatamente sugli strumenti ur

banistici dell'ente locale, senza necessità di ulteriori, autonomi, interventi deliberativi dell'organo comunale — comporta la sot

trazione al consiglio comunale delle competenze ad esso spet tanti nella specifica materia delle varianti (art. 10, ultimo com

ma, e art. 16, ultimo comma, I. 17 agosto 1942 n. 1150), esten

dendo, nel contempo, l'ambito delle attribuzioni di carattere

più generale che, in detta materia, risultano spettare alla regio ne, in base agli art. 80 s. d.p.r. n. 616 del 1977. Obietta la

difesa della resistente che il richiamo fatto dal ricorso alle pre cedenti pronunzie di questa corte non sarebbe pertinente, in quan to queste si riferirebbero a casi di procedimenti speciali circo

scritti nell'ambito della materia urbanistica, mentre qui la giun

II Foro Italiano — 1996.

ta regionale agirebbe per la tutela di interessi d'altro tipo, che

si collocano in un livello superiore rispetto a quello comunale.

Senonché, la circostanza che la giunta, nello stabilire i vincoli

e le limitazioni di cui all'art. 7 d.p.r. n. 236 del 1988, agisca in via primaria per la tutela di interessi diversi da quello urbani

stico non sembra al collegio argomento decisivo per legittimare

la-configurazione di poteri prowedimentali, quali quelli previsti nella norma denunciata, le cui modalità di esercizio abbiano,

comunque, l'effetto di comprimere le competenze costituzional

mente spettanti all'ente locale, sia pure nella differente materia

dell'uso del territorio.

Può aggiungersi che la lesione delle competenze affidate al

comune, mediante il declassamento del suo potere deliberativo

a mera competenza consultiva, appare ancor più grave, ove si

consideri che la regione opera nei limiti di una materia ad essa

delegata, quale è da considerare quella dell'art. 9 d.p.r. n. 236

del 1988. 5. - La regione Piemonte, nel resistere al ricorso, deduce,

ulteriormente, che in realtà le competenze dell'ente locale risul

terebbero già compresse dalla legge statale, e cioè dal d.p.r. n. 236 del 1988, nell'autorizzare la regione ad apporre vincoli

e limiti attinenti al perseguimento di un interesse ambientale

e sanitario da ritenere, comunque, sovraordinato al potere co

munale di assetto del territorio.

La corte ritiene, invece, che l'art. 9 d.p.r. n. 236 del 1988,

nell'affidare alla regione la determinazione di detti vincoli, lasci

alla discrezionalità del legislatore regionale l'individuazione dei

modelli procedimentali nell'ambito dei quali convogliare i vari

interessi e le varie competenze che vengono in rilievo.

Come si è già avuto occasione di affermare, proprio in una

delle sentenze richiamate dalla regione resistente, la convergen za sul territorio di rilevanti e diversificati interessi, affidati a specifiche competenze, mentre giustifica l'ampliarsi dell'istanza

partecipativa o di intesa o di locale subordinazione o più sem

plicemente di coordinamento, esige che venga assicurato «l'ar

monico confluire» degli interessi stessi (sentenza 21 aprile 1988, n. 499, id., 1989, I, 3085). Resta perciò ferma, a garanzia del

principio autonomistico previsto dagli art. 5 e 128 Cost., la ne

cessità che il procedimento che incide sull'approvazione ovvero

sulla modifica degli strumenti urbanistici si articoli in maniera

tale da assicurare la sostanziale partecipazione, allo stesso, degli enti il cui assetto territoriale è determinato proprio dagli stru

menti in questione (sentenza 26 ottobre 1988, n. 1010, ibid.,

3004). Quanto, poi, al modo in cui gli interessi concorrenti nella

specifica materia siano da armonizzare, non è questo problema che sia venuto a riguardare la sola regione Piemonte, come è

dato desumere dalla legislazione regionale esistente in materia, che offre una casistica nella quale si rinvengono diversificate

soluzioni, non esclusa quella di una fase di adozione della va

riante demandata al consiglio comunale, accompagnata, per il

caso di inottemperanza entro un certo termine, dall'esercizio

di poteri sostitutivi da parte della regione. Va da sé, comunque, che non spetta alla corte fornire indicazioni, in quanto la ricer

ca dei modi attraverso i quali il coinvolgimento dei diversi inte

ressi può essere realizzato non può che rimettersi alla discrezio

nalità del legislatore regionale, nei limiti, ovviamente, del prin

cipio di ragionevolezza. 6. - A seguito dell'accoglimento del ricorso per le considera

zioni sopra svolte, è da ritenere assorbito l'altro motivo di gra

vame, attinente, secondo il ricorrente, alla illegittima configura zione di un separato potere a valenza territoriale, che non ter

rebbe conto delle molteplici funzioni finalizzate alla difesa del

suolo, giusta le previsioni dell'art. 17, 1° comma, 1. n. 183 del

1989. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti

mità costituzionale dell'art. 13, 2° comma, 1. reg. Piemonte riap

provata il 6 luglio 1993, recante «ricerca, uso e tutela delle ac

que sotterranee».

This content downloaded from 91.229.248.67 on Wed, 25 Jun 2014 06:00:39 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended