sentenza 24 giugno 2002, n. 268 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 luglio 2002, n. 26);Pres. Ruperto, Est. Contri. Ord. App. Torino 20 novembre 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 9 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2933/2934-2937/2938Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197856 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La dedotta irragionevolezza della pena massima e l'asserita
eccessiva ampiezza del divario fra il massimo e il minimo della
pena edittale, previsto dall'art. 262 c.p., non vengono pertanto in alcun modo in rilievo nel perimetro del thema decidendum
del giudice a quo (cfr., sempre in riferimento all'art. 262 c.p. e
con riguardo a situazione processuale analoga, ordinanza n. 156
del 2000, id., Rep. 2000, voce Spionaggio, n. 2). Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 262 c.p. sollevata, in riferimento all'art. 25 Cost., dal
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit timità costituzionale dell'art. 262 c.p., nella parte relativa al
trattamento sanzionatorio, sollevata, in riferimento agli art. 3 e
25 Cost., dal predetto giudice con la medesima ordinanza.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 giugno 2002, n. 268 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 luglio 2002, n.
26); Pres. Ruperto, Est. Contri. Orci. App. Torino 20 novem
bre 2000 (G.U., la s.s., n. 9 del 2001).
Adozione e affidamento — Adozione di minori in casi parti colari — Assunzione automatica del cognome dell'adot
tante anteposto a quello originario del minore adottato —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 30,
31; 1. 4 maggio 1983 n. 184, diritto del minore ad una fami
glia, art. 55).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
55 l. n. 184 del 1983, nella parte in cui, rinviando all'art. 299
c.c. per l'attribuzione del cognome al minore adottato in casi
particolari, non consente che il minore, o suoi legali rappre
sentanti, o gli adottanti possano ottenere, sempre nell'inte
resse del minore, che questi mantenga il suo precedente co
gnome, anteponendolo o aggiungendolo a quello dell'adot
tante, o sostituisca il cognome di quest'ultimo al suo, in rife rimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2°
comma, Cost. (1)
(1) I. - Con la pronuncia in epigrafe la Consulta ribadisce il princi
pio secondo cui il cognome è una parte essenziale ed irrinunciabile della personalità, un tratto essenziale dell'identità personale ed è quindi riconosciuto come un «bene oggetto di un autonomo diritto dall'art. 2
Cost.»; in tal senso si erano già espresse Corte cost. 3 febbraio 1994, n.
13, Foro it., 1994,1, 1668; 23 luglio 1996, n. 297, id., 1996, I, 3600; 11
maggio 2001, n. 120, id., 2002, I, 646, con nota di V. Raparelli, ri
chiamate in motivazione. Per l'affermazione secondo cui oggetto del diritto all'identità personale, sotto il profilo del diritto al nome, non è la
scelta del nome, bensì il nome acquisito per estensione legale che me
glio tutela l'interesse alla conservazione dell'unità familiare, v. Corte
cost., ord. 11 febbraio 1988, n. 176, id., 1988, I, 1811, con nota di D.
Caruso. In dottrina, sui rapporti tra diritto al nome e identità personale, v. M.
Dogliotti, L'identità personale, in Trattato Rescigno, Torino, 1999, I, 2, 145; V. Zeno-Zencovich, Identità personale, voce del Digesto civ., Torino, 1993, IX; A. Cerri, Identità personale, voce deh'Enciclo
pedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XV.
II. - In caso di adozione particolare ex art. 44, lett. b), 1. 184/83, nel
senso che il minore, riconosciuto da un solo genitore naturale e poi adottato dal coniuge della donna, conserva il doppio cognome, v. Cass.
19 agosto 1996, n. 7618, Foro it., Rep. 1997, voce Adozione, n. 50.
Nella giurisprudenza di merito, v. App. min. Salerno 2 luglio 1991,
id., Rep. 1993, voce cit., n. 48; in tale pronuncia si afferma che il mino
re, figlio naturale riconosciuto da un solo genitore e poi adottato con
adozione in casi particolari, assume il solo cognome degli adottanti, so
stituendolo al proprio, diversamente dal figlio naturale riconosciuto da
Il Foro Italiano — 2003.
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale sol
levata dalla Corte d'appello di Torino, sezione per i minorenni,
investe l'art. 55 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozio
ne e dell'affidamento dei minori; ora, dopo le modifiche intro
dotte dalla 1. 28 marzo 2001 n. 149: diritto del minore ad una
famiglia), che, per l'attribuzione del cognome al minore adot
tato in casi particolari, rinvia all'art. 299 c.c., norma dettata per l'adozione di persone maggiori d'età; in forza di tale rinvio
entrambi i genitori (e poi adottato con adozione non piena), il quale as sume il cognome degli adottanti anteponendolo al proprio, che conser va.
III. - In tema di adozione di maggiorenni, cfr. — richiamata in moti
vazione — Corte cost. 11 maggio 2001, n. 120, cit., che ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, 2° comma, c.c., nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai
propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli.
IV. - In riferimento all'attribuzione ai figli legittimi del solo cogno me paterno, v. Corte cost., ord. 19 maggio 1988, n. 586, id., Rep. 1988, voce
Nome, n. 6, che ha dichiarato manifestamente inammissibile, trattando si di questione di politica e di tecnica legislativa di competenza esclusi va del conditor iuris, la questione di legittimità costituzionale degli art.
73 r.d. n. 1238 del 1939, e 6, 143 bis, 236, 237, 2° comma, e 262, 2°
comma, c.c., nella parte in cui le norme denunciate prevedono che ai
figli legittimi debba imporsi solo il cognome paterno, senza prevedere la facoltà per la madre di trasmettere loro il proprio cognome d'origine e per i figli medesimi di assumere il cognome materno. In precedenza, nello stesso senso, v. Corte cost., ord. 11 febbraio 1988, n. 176, cit.; nonché ord. 5 marzo 1987, n. 76, ibid., voce Stato civile, n. 16, che ha di
chiarato manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, analo
ga questione di legittimità costituzionale sollevata da Trib. Lucca, ord.
21 gennaio 1985, id., 1985,1, 1809, con nota di V. Sinisi.
Nella giurisprudenza di merito, cfr. App. Milano 4 giugno 2002, Fa
miglia e dir., 2003, 173, con nota di A. Figone; con tale pronunzia i
giudici milanesi affermano che non è consentito ai genitori di un figlio
legittimo chiedere la sostituzione del cognome paterno del figlio con
quello materno, atteso che, pur in mancanza di espressa previsione legis lativa, sussiste nell'ordinamento una norma consuetudinaria che im
pone al figlio legittimo il solo cognome paterno. In dottrina, nel senso che si tratterebbe di una consuetudine praeter
legem, v. A. Finocchiaro, Il figlio legittimo può aggiungere al proprio
cognome anche quello della madre?, in Giust. civ., 1985,1, 879. V. - In tema di filiazione naturale, cfr. Corte cost. 23 luglio 1996, n.
297, cit., che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 262
c.c., nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell'assumere il
cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta,
aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con
atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo
segno distintivo della identità personale. In conseguenza di tale pronuncia, nella giurisprudenza di merito, v.
Trib. min. Perugia 1° febbraio 2000, Foro it., Rep. 2000, voce Filiazio
ne, n. 75, secondo cui il figlio minorenne, in tempi successivi ricono
sciuto da entrambi i genitori naturali, può conservare il solo cognome della madre che per prima l'ha riconosciuto, se ciò risponde meglio al
l'interesse del figlio, specialmente sotto il profilo del minor trauma
quanto all'identificazione personale nella cerchia sociale ove è vissuto
col cognome materno nel lungo intervallo temporale tra il primo e il se condo riconoscimento. Contra, Trib. min. Salerno 16 giugno 1998, id..
Rep. 1998, voce cit., n. 97. Prima dell'intervento della Consulta, v. App. Torino, decr. 15 feb
braio 1993, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 38, secondo cui l'art. 262, 2°
comma, c.c. andava interpretato nel senso che al figlio, prima ricono
sciuto dalla madre e successivamente dal padre, andava attribuito il co
gnome paterno anteposto al cognome materno, ove così richiedeva
l'interesse del minore; nello stesso senso, Trib. min. Trieste 29 luglio 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 58.
Nel senso che il tribunale per i minorenni, richiesto di decidere, ex
art. 262 c.c., circa l'assunzione del cognome paterno, non poteva mai
decretare l'obliterazione di quest'ultimo potendo, tutt'al più, consentire
il mantenimento del cognome materno abbinato al cognome, insoppri mibile, paterno, cfr. Trib. min. Roma, decr. 2 novembre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 49.
VI. - In materia di legittimazione dei figli naturali, in relazione ai
rapporti fra la trasmissione del cognome e l'identità personale, v. Cass.
27 aprile 2001, n. 6098, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 47, secondo cui,
nell'ipotesi in cui il minore figlio naturale, riconosciuto prima dalla
madre e poi dal padre, venga legittimato per provvedimento del giudi ce, deve essere esclusa ogni automaticità nell'attribuzione del cognome al figlio legittimato, spettando al giudice di merito valutare l'interesse
esclusivo del minore, avuto riguardo al diritto del medesimo alla pro
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2935 PARTE PRIMA 2936
«l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al
proprio», senza quindi che il minore, o i suoi legali rappresen tanti, o gli adottanti possano chiedere al tribunale per i mino
renni, nell'interesse del minore, che questi dopo l'adozione
mantenga il suo precedente cognome, anteponendolo, o aggiun
gendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di que st'ultimo al suo.
Secondo il giudice rimettente la disposizione in esame viole
rebbe l'art. 2 Cost., perché non riconosce il diritto del minore al
cognome più opportuno per la formazione della sua personalità nella famiglia adottiva; violerebbe anche l'art. 3, 2° comma,
Cost., perché impedisce il pieno sviluppo della personalità del
minore attraverso l'attribuzione di un cognome che identifichi
la sua appartenenza familiare o adottiva; si porrebbe inoltre in
contrasto con l'art. 30, 3° comma. Cost., perché, quando l'ado
zione riguarda figli nati fuori dal matrimonio, non tutela i loro
diritti; ed ancora sarebbe illegittima in riferimento all'art. 31,2°
comma, Cost., perché non attua la protezione della gioventù mediante l'attribuzione del cognome che meglio risponda all'i
dentità sociale che il minore, con l'adozione, viene ad assumere.
Le ragioni della rimessione si incentrano, quindi, sull'auto
matismo della norma impugnata, che non consente al giudice, una volta dichiarata l'adozione in casi particolari, di valutare, nell'esclusivo interesse del minore, quale sia il cognome più idoneo da attribuire all'adottato; con la censura prospettata il
giudice a quo chiede quindi alla corte una pronuncia additiva
che inserisca nella disciplina della legge un procedimento che
accerti quale sia, di volta in volta, il cognome più idoneo.
2. - La questione non è fondata.
3. - Quanto alla violazione dell'art. 2 Cost, indicata dal giudi ce a quo, occorre premettere che costituisce principio consoli
dato nella giurisprudenza di questa corte quello per cui il co
gnome è una «parte essenziale ed irrinunciabile della personali tà» che, per tale ragione, gode di tutela di rilievo costituzionale
in quanto «costituisce il primo ed immediato elemento che ca
ratterizza l'identità personale»; esso è quindi riconosciuto come
un «bene oggetto di autonomo diritto dall'art. 2 Cost.» e costi
tuisce oggetto di un «tipico diritto fondamentale della persona umana» (sentenze n. 13 del 1994, Foro it., 1994,1, 1668; n. 297
del 1996, id., 1996, I, 3600, e, da ultimo, sentenza n. 120 del
2001, id., 2002,1, 646). In forza dei citati principi, la corte ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 165 r.d. 9 luglio 1939 n. 1238 (ordina mento dello stato civile), nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rettifica dei registri dello stato civile, il soggetto si
vedesse riconosciuto dal giudice competente il diritto a mante
nere il cognome che gli era stato originariamente attribuito,
quando questo costituiva ormai un segno distintivo della sua
identità personale, anche nella vita sociale di relazione (senten za n. 13 del 1994).
Successivamente la corte ha dichiarato costituzionalmente il
legittimo anche l'art. 262 c.c., nella parte in cui non prevedeva che il figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, potesse ottenere dal giudice il riconosci mento del diritto a mantenere, anteponendolo o aggiungendolo a
questo, il cognome col quale era precedentemente conosciuto,
quando questo fosse diventato un segno, autonomo e distintivo, della sua identità personale (sentenza n. 297 del 1996).
In questi casi la corte ha quindi ritenuto illegittime, per viola zione dell'art. 2 Cost., norme che, prevedendo dei criteri rigidi ed automatici per l'attribuzione alla persona di un cognome di
verso da quello col quale essa era conosciuta nell'ambiente so
ciale nel quale aveva sino a quel momento svolto la propria per sonalità, finivano per far prevalere la corrispondenza del co
gnome allo status familiare, sacrificando nel contempo il diritto
all'identità personale del soggetto; in entrambi i casi la soluzio ne adottata è stata quella di lasciare la scelta se mantenere il co
pria identità personale fino a quel momento posseduta nell'ambiente in cui è vissuto, anche in riferimento alla famiglia in cui è cresciuto, non ché ad ogni altro elemento di valutazione suggerito dalla fattispecie.
In dottrina, v. M. Doguotti, In tema di attribuzione del cognome al
figlio naturale, in Giust. civ., 1983, I. 1833; G. Ferrando, Diritto all'i dentità personale e cognome del figlio naturale, in Giur. costit., 1996, 2479; M. Dossetti, Il cognome del figlio legittimato, in Famiglia e dir., 1999, 394.
Il Foro Italiano — 2003.
gnome originario — solo o in aggiunta a quello adottivo —
quale tratto consolidato della personalità. La rimozione del carattere distintivo della vita precedente del
soggetto non si verifica nella disciplina per l'adozione in casi
particolari, per la quale è stato previsto che l'adottato assuma il
cognome dell'adottante anteponendolo al proprio, che in questo modo non viene cancellato ma continua a costituire, in uno col
nuovo cognome attribuito al minore, un tratto essenziale della
sua identità personale. Come questa corte ha già più volte affermato (v., tra le molte,
le sentenze n. 27 del 1991, id., Rep. 1991, voce Adozione, n. 32, e n. 383 del 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 45), l'adozione in
casi particolari, prevista dagli art. 44 ss. 1. n. 184 del 1983, è un
istituto diverso sia dall'adozione legittimante sia da quella tra
persone maggiori di età, pur avendo in comune con la prima la
finalità di perseguire l'esclusivo interesse del minore e con la
seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col quale non vengono rescissi i rapporti dell'adottato con la sua famiglia di origine.
11 legislatore, nello stabilire la disciplina dell'adozione in casi
particolari, ha quindi compiuto una «non facile composizione» di esigenze diverse, tra le quali quella di «evitare che l'instaura
zione del nuovo rapporto comporti la rottura di quello esistente
con l'altro genitore biologico e/o con i di lui parenti, pur quando con costoro il minore abbia instaurato e mantenga legami signi ficativi» (sentenza n. 27 del 1991, cit.), operando una scelta del
tutto conforme alle finalità dell'istituto.
A ciò va aggiunto che le ipotesi previste nell'art. 44 1. n. 184
del 1983 per questa particolare forma di adozione considerano
situazioni diverse fra loro e cioè: l'essere il minore orfano di
entrambi i genitori (art. 44, lett. a), ovvero figlio, anche adotti
vo, dell'altro coniuge (lett. b), o il caso in cui vi sia la constatata
impossibilità di procedere ad un affidamento preadottivo (lett.
d); ed ora, dopo le modifiche introdotte con la 1. 28 marzo 2001
n. 149 (modifiche alla 1. 4 maggio 1983 n. 184, recante «disci
plina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al
titolo Vili del libro primo del codice civile), anche l'ulteriore
ipotesi in cui il minore, orfano di padre e di madre, si trovi nelle
condizioni indicate dall'art. 3, 1° comma, 1. 5 febbraio 1992 n.
104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i di
ritti delle persone handicappate), in assenza del vincolo di cui
alla lett. a). Nel disciplinare l'attribuzione del cognome all'adottato, la
scelta fatta dal legislatore, nella sua discrezionalità, è stata
quella di non eliminare il legame del minore col proprio passato e, perciò, con la sua identità personale come essa è stata ed è
conosciuta nell'ambiente sociale di cui egli è, e deve continuare
ad essere, parte; per tale ragione, pur essendo astrattamente pos sibili soluzioni differenziate per i diversi casi (cfr. la sentenza n.
27 del 1991), il legislatore ha previsto una disciplina unitaria,
rispettosa della personalità del soggetto come tutelata dall'art. 2
Cost., proprio in quanto mantiene il cognome originario, cui ag
giunge, anteponendolo, quello dell'adottante, con ciò dando atto
dei precedenti e non interrotti legami familiari dell'adottato.
4. - Non può neppure dirsi che la disciplina prevista dalla
legge per l'attribuzione del cognome ai minori adottati in casi
particolari violi le altre norme costituzionali indicate dal giudice a quo; l'attribuzione del cognome dell'adottante, anteposto a
quello originario del minore facente già parte della sua indivi
dualità, non può invero essere un ostacolo di ordine sociale allo
sviluppo della personalità umana ai sensi dell'art. 3, 2° comma,
Cost., o costituire un trattamento deteriore dei figli nati fuori dal
matrimonio ai sensi dell'art. 30, 3° comma, Cost., o risolversi in
una disciplina che non attua la protezione del minore richiesta
dall'art. 31,2° comma, Cost.
Si tratta, al contrario, di una disposizione rispettosa della per sonalità del minore e non discriminatoria; l'attribuzione del
doppio cognome, infatti, sta proprio a significare l'avvenuto in
serimento del minore nel nuovo nucleo familiare, senza che nel
contempo venga imposta la perdita del cognome col quale egli era ed è conosciuto nei diversi ambienti che frequenta e dei le
gami con la famiglia di origine, secondo la ratio complessiva dell'adozione in casi particolari.
Il legislatore, avendo operato, nella sua discrezionalità, una
scelta non irragionevole, ha voluto quindi evitare, attraverso il
mantenimento del cognome originario cui si antepone quello
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'adottante, proprio quell'effetto di perdita di legami sociali, con conseguente difficoltà allo sviluppo della personalità, che
viene paventato dal giudice rimettente.
La norma impugnata non può neppure causare l'effetto di una
minor tutela per i figli nati fuori dal matrimonio, come sostiene
il rimettente, qualora l'adozione riguardi figli naturali ricono
sciuti; anche in questo caso, infatti, si tratta di un minore che già ha assunto il cognome del genitore che ha effettuato il ricono
scimento e che tramite esso è conosciuto nell'ambiente sociale; la successiva adozione (in casi particolari) da parte del coniuge del genitore che ha effettuato il riconoscimento, anche mediante
l'attribuzione del secondo cognome, certamente non comprime la personalità del minore.
Né infine la norma impugnata può integrare un'omessa tutela
della gioventù prevista dall'art. 31, 2° comma. Cost., dovendo
tale norma costituzionale essere più propriamente riferita agli istituti di legislazione sociale a protezione della famiglia e del
l'infanzia, piuttosto che al novero dei diritti della persona. 5. - Va ancora aggiunto che questa corte, con la sentenza n.
120 del 2001 (successiva all'ordinanza di rimessione), chiamata
a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale del
l'art. 299, 1° e 2° comma, c.c. in una ipotesi riguardante l'ado
zione fra maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimità costituzio
nale della disposizione di cui al 2° comma, «nella parte in cui
non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai
propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome del
l'adottante anche quello originariamente attribuitogli», ed ha nel
contempo affermato che «la precedenza del cognome del
l'adottante non appare irrazionale, così come non può costituire
violazione del diritto all'identità personale il fatto che il co
gnome adottivo preceda o segua quello originario» e che «la le
sione di tale identità è ravvisabile nella soppressione del segno
distintivo, non certo nella sua collocazione dopo il cognome dell'adottante».
Il principio, che è lo stesso affermato dalle precedenti senten
ze della corte n. 13 del 1994 e n. 297 del 1996, sopra ricordate, deve essere ormai confermato anche per quel che riguarda l'adozione in casi particolari del minore ed il rinvio all'art. 299
c.c. operato dall'art. 55 1. n. 184 del 1983, oggi impugnato; sa
rebbe contraria alla Costituzione una disposizione che impones se la cancellazione, attraverso la sostituzione automatica del co
gnome originario, di un tratto essenziale della personalità del
soggetto, mentre la scelta della posizione dei due cognomi, di
per sé, non costituisce violazione del diritto della personalità del
soggetto. 6. - Non sussiste perciò la violazione delle norme costituzio
nali indicate dal rimettente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori; ora: diritto del minore ad una famiglia), sollevata, in ri
ferimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2°
comma, Cost., dalla Corte d'appello di Torino, sezione per i
minorenni, con l'ordinanza in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2003 — Parte I-55.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; ordinanza 17
ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rei. Manzo, P.M.
Scardaccione (conci, diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci,
Frignani) c. Ricciarelli (Avv. De Pascale).
CORTE DI CASSAZIONE;
Competenza civile — Intesa restrittiva della concorrenza —
Azione promossa dal consumatore — Competenza della
corte d'appello — Rimessione degli atti al primo presi
dente (Cod. civ., art. 2033, 2043; cod. proc. civ., art. 374; 1.
10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza
e del mercato, art. 2, 33).
Vanno rimessi al primo presidente della Corte di cassazione,
affinché valuti l'opportunità dell'assegnazione alle sezioni
unite, gli atti del ricorso sulla questione se la controversia
promossa dal consumatore, che chiede la nullità di un'intesa
restrittiva della concorrenza o il risarcimento dei danni ad
essa conseguenti, appartenga alla competenza in unico grado della corte d'appello. (1)
(1) La terza sezione civile non sottoscrive l'orientamento manife stato dalla prima sezione, che aveva ritenuto soggetta agli ordinari cri
teri di competenza l'azione proposta dal consumatore finale per chiede re il risarcimento derivato da un'intesa restrittiva della concorrenza
(cfr. sent. 9 dicembre 2002, n. 17475, Foro it., 2003, I, 1121, con note
di A. Palmieri, Intese restrittive della concorrenza e azione risarcitorìa
del consumatore finale: argomentazioni «extravagantes» per un illecito
inconsistente, e di E. Scoditti, Il consumatore e l'antitrust-, nonché
Resp. civ., 2003, 359, con nota di A. Guarneri, Il cartello degli assicu ratori è fonte di danno per gli assicurati?', Corriere giur., 2003, 339, con nota di I. Nasti, Tutela risarcitorìa del consumatore per condotta
anticoncorrenziale: una decisione difficile: Danno e resp., 2003, 390, con nota di S. Bastianon, Antitrust e tutela civilistica: anno zero: Dir.
ind., 2003, 172, con nota di G. Colangelo, Intese restrittive e legitti mazione dei consumatori finali ex art. 33 legge antitrust: Contratti, 2003, 897, con nota di M. Hazan, 1 rimborsi dei premi r.c.a.: Giudice di pace, 2003, 91, con nota di F. Petrelli, R.c. auto, azione risarcitorìa e competenza del giudice di pace). La decisione è intervenuta nel con
testo di una delle non poche cause civili promosse contro gli esponenti del «cartello degli assicuratori», sanzionato dall'Agcm, con decisione
avallata dai giudici amministrativi, almeno per quanto riguarda l'intesa consistente nello scambio d'informazioni sensibili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 2002. n. 2199. Foro it., 2002, III, 482, con note di L.
Lambo e di G. Scarselli, Brevi note sui procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro controlli giu risdizionali: F. Fracchia-C. Videtta, La tecnica come potere: R- Pardo
lesi, Sul «nuovo che avanza» in antitrust: l'illiceità oggettiva dello
scambio d'informazioni: C. Osti, Brevi puntualizzazioni in tema di
collusione oligopolistica: annotata altresì da R. Caranta, I limiti del
sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità
garante della concorrenza e del mercato, in Giur. comm., 2003, II, 170; M. Negri, Configurazione «debole» (nel caso assicurazioni r.c.a.) del
controllo giurisdizionale sui provvedimenti dell'Autorità garante della
concorrenza e de! mercato, in Corriere giur., 2003, 507; N. Rangone, Intese nel mercato assicurativo e sindacabilità dei provvedimenti anti
trust, in Foro amm.-Cons. Stato, 2002, 1007; A. Morcavallo-A. Iaco
viello, Precisazioni e prospettive a proposito di intese restrittive della
concorrenza, in Cons. Stato, 2002, II, 1328; su tali vicende, v. anche D.
Bonaccorsi di Patti, Lo scambio di informazioni sul mercato assicura
tivo e la legge antitrust: dal caso «Ania» al caso «R.c. auto», in Dir. ed
economia assicurai, 2002, 483). La Suprema corte non intende nemmeno allinearsi all' obiter dictum
— elevato al rango di massima ufficiale, sebbene riassumesse conside
razioni svolte mentre si dissertava a proposito di una censura già di
chiarata inammissibile — contenuto in una pronuncia resa qualche an
no addietro dalla stessa prima sezione, secondo cui l'utente non sarebbe
investito della legittimazione giuridica a dolersi di asserite violazioni
delle norme antitrust (in quel caso si trattava di norme comunitarie),
poste in essere da un'impresa o da un gruppo di imprese (cfr. sent. 4
marzo 1999, n. 1811, Foro it., Rep. 2001, voce Concorrenza (discipli na), n. 182, e, per esteso, Riv. dir. ind., 2000, II, 421, con nota di G.
Tassoni, Le norme bancarie uniformi nel diritto della concorrenza). L'ordinanza in epigrafe delinea una traiettoria nient'affatto coinci
dente con quella dei ricordati precedenti, prospettando la sussistenza
della legittimazione attiva in capo al consumatore, allorché chieda una
delle misure indicate dall'art. 33, cpv., 1. 287/90 — a tal fine sono evo
cate le conclusioni del dibattito dottrinale in materia e viene richiamata
la giurisprudenza comunitaria, propensa ad annoverare tra gli strumenti
di tutela della concorrenza le azioni risarcitorie intentate dai privati (v. Corte giust. 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage Ltd c. Cre
han, in Foro it., 2002, IV, 75, con note di A. Palmieri-R. Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: «chi è causa del
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