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sentenza 24 giugno 2002, n. 268 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 3 luglio 2002, n. 26); Pres....

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sentenza 24 giugno 2002, n. 268 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 luglio 2002, n. 26); Pres. Ruperto, Est. Contri. Ord. App. Torino 20 novembre 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 9 del 2001) Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2933/2934-2937/2938 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197856 . Accessed: 25/06/2014 04:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Wed, 25 Jun 2014 04:19:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 24 giugno 2002, n. 268 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 luglio 2002, n. 26);Pres. Ruperto, Est. Contri. Ord. App. Torino 20 novembre 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 9 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2933/2934-2937/2938Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197856 .

Accessed: 25/06/2014 04:19

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La dedotta irragionevolezza della pena massima e l'asserita

eccessiva ampiezza del divario fra il massimo e il minimo della

pena edittale, previsto dall'art. 262 c.p., non vengono pertanto in alcun modo in rilievo nel perimetro del thema decidendum

del giudice a quo (cfr., sempre in riferimento all'art. 262 c.p. e

con riguardo a situazione processuale analoga, ordinanza n. 156

del 2000, id., Rep. 2000, voce Spionaggio, n. 2). Per questi motivi, la Corte costituzionale:

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 262 c.p. sollevata, in riferimento all'art. 25 Cost., dal

giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit timità costituzionale dell'art. 262 c.p., nella parte relativa al

trattamento sanzionatorio, sollevata, in riferimento agli art. 3 e

25 Cost., dal predetto giudice con la medesima ordinanza.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 giugno 2002, n. 268 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 luglio 2002, n.

26); Pres. Ruperto, Est. Contri. Orci. App. Torino 20 novem

bre 2000 (G.U., la s.s., n. 9 del 2001).

Adozione e affidamento — Adozione di minori in casi parti colari — Assunzione automatica del cognome dell'adot

tante anteposto a quello originario del minore adottato —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 30,

31; 1. 4 maggio 1983 n. 184, diritto del minore ad una fami

glia, art. 55).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

55 l. n. 184 del 1983, nella parte in cui, rinviando all'art. 299

c.c. per l'attribuzione del cognome al minore adottato in casi

particolari, non consente che il minore, o suoi legali rappre

sentanti, o gli adottanti possano ottenere, sempre nell'inte

resse del minore, che questi mantenga il suo precedente co

gnome, anteponendolo o aggiungendolo a quello dell'adot

tante, o sostituisca il cognome di quest'ultimo al suo, in rife rimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2°

comma, Cost. (1)

(1) I. - Con la pronuncia in epigrafe la Consulta ribadisce il princi

pio secondo cui il cognome è una parte essenziale ed irrinunciabile della personalità, un tratto essenziale dell'identità personale ed è quindi riconosciuto come un «bene oggetto di un autonomo diritto dall'art. 2

Cost.»; in tal senso si erano già espresse Corte cost. 3 febbraio 1994, n.

13, Foro it., 1994,1, 1668; 23 luglio 1996, n. 297, id., 1996, I, 3600; 11

maggio 2001, n. 120, id., 2002, I, 646, con nota di V. Raparelli, ri

chiamate in motivazione. Per l'affermazione secondo cui oggetto del diritto all'identità personale, sotto il profilo del diritto al nome, non è la

scelta del nome, bensì il nome acquisito per estensione legale che me

glio tutela l'interesse alla conservazione dell'unità familiare, v. Corte

cost., ord. 11 febbraio 1988, n. 176, id., 1988, I, 1811, con nota di D.

Caruso. In dottrina, sui rapporti tra diritto al nome e identità personale, v. M.

Dogliotti, L'identità personale, in Trattato Rescigno, Torino, 1999, I, 2, 145; V. Zeno-Zencovich, Identità personale, voce del Digesto civ., Torino, 1993, IX; A. Cerri, Identità personale, voce deh'Enciclo

pedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XV.

II. - In caso di adozione particolare ex art. 44, lett. b), 1. 184/83, nel

senso che il minore, riconosciuto da un solo genitore naturale e poi adottato dal coniuge della donna, conserva il doppio cognome, v. Cass.

19 agosto 1996, n. 7618, Foro it., Rep. 1997, voce Adozione, n. 50.

Nella giurisprudenza di merito, v. App. min. Salerno 2 luglio 1991,

id., Rep. 1993, voce cit., n. 48; in tale pronuncia si afferma che il mino

re, figlio naturale riconosciuto da un solo genitore e poi adottato con

adozione in casi particolari, assume il solo cognome degli adottanti, so

stituendolo al proprio, diversamente dal figlio naturale riconosciuto da

Il Foro Italiano — 2003.

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale sol

levata dalla Corte d'appello di Torino, sezione per i minorenni,

investe l'art. 55 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozio

ne e dell'affidamento dei minori; ora, dopo le modifiche intro

dotte dalla 1. 28 marzo 2001 n. 149: diritto del minore ad una

famiglia), che, per l'attribuzione del cognome al minore adot

tato in casi particolari, rinvia all'art. 299 c.c., norma dettata per l'adozione di persone maggiori d'età; in forza di tale rinvio

entrambi i genitori (e poi adottato con adozione non piena), il quale as sume il cognome degli adottanti anteponendolo al proprio, che conser va.

III. - In tema di adozione di maggiorenni, cfr. — richiamata in moti

vazione — Corte cost. 11 maggio 2001, n. 120, cit., che ha dichiarato

l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, 2° comma, c.c., nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai

propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli.

IV. - In riferimento all'attribuzione ai figli legittimi del solo cogno me paterno, v. Corte cost., ord. 19 maggio 1988, n. 586, id., Rep. 1988, voce

Nome, n. 6, che ha dichiarato manifestamente inammissibile, trattando si di questione di politica e di tecnica legislativa di competenza esclusi va del conditor iuris, la questione di legittimità costituzionale degli art.

73 r.d. n. 1238 del 1939, e 6, 143 bis, 236, 237, 2° comma, e 262, 2°

comma, c.c., nella parte in cui le norme denunciate prevedono che ai

figli legittimi debba imporsi solo il cognome paterno, senza prevedere la facoltà per la madre di trasmettere loro il proprio cognome d'origine e per i figli medesimi di assumere il cognome materno. In precedenza, nello stesso senso, v. Corte cost., ord. 11 febbraio 1988, n. 176, cit.; nonché ord. 5 marzo 1987, n. 76, ibid., voce Stato civile, n. 16, che ha di

chiarato manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, analo

ga questione di legittimità costituzionale sollevata da Trib. Lucca, ord.

21 gennaio 1985, id., 1985,1, 1809, con nota di V. Sinisi.

Nella giurisprudenza di merito, cfr. App. Milano 4 giugno 2002, Fa

miglia e dir., 2003, 173, con nota di A. Figone; con tale pronunzia i

giudici milanesi affermano che non è consentito ai genitori di un figlio

legittimo chiedere la sostituzione del cognome paterno del figlio con

quello materno, atteso che, pur in mancanza di espressa previsione legis lativa, sussiste nell'ordinamento una norma consuetudinaria che im

pone al figlio legittimo il solo cognome paterno. In dottrina, nel senso che si tratterebbe di una consuetudine praeter

legem, v. A. Finocchiaro, Il figlio legittimo può aggiungere al proprio

cognome anche quello della madre?, in Giust. civ., 1985,1, 879. V. - In tema di filiazione naturale, cfr. Corte cost. 23 luglio 1996, n.

297, cit., che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 262

c.c., nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell'assumere il

cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta,

aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con

atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo

segno distintivo della identità personale. In conseguenza di tale pronuncia, nella giurisprudenza di merito, v.

Trib. min. Perugia 1° febbraio 2000, Foro it., Rep. 2000, voce Filiazio

ne, n. 75, secondo cui il figlio minorenne, in tempi successivi ricono

sciuto da entrambi i genitori naturali, può conservare il solo cognome della madre che per prima l'ha riconosciuto, se ciò risponde meglio al

l'interesse del figlio, specialmente sotto il profilo del minor trauma

quanto all'identificazione personale nella cerchia sociale ove è vissuto

col cognome materno nel lungo intervallo temporale tra il primo e il se condo riconoscimento. Contra, Trib. min. Salerno 16 giugno 1998, id..

Rep. 1998, voce cit., n. 97. Prima dell'intervento della Consulta, v. App. Torino, decr. 15 feb

braio 1993, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 38, secondo cui l'art. 262, 2°

comma, c.c. andava interpretato nel senso che al figlio, prima ricono

sciuto dalla madre e successivamente dal padre, andava attribuito il co

gnome paterno anteposto al cognome materno, ove così richiedeva

l'interesse del minore; nello stesso senso, Trib. min. Trieste 29 luglio 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 58.

Nel senso che il tribunale per i minorenni, richiesto di decidere, ex

art. 262 c.c., circa l'assunzione del cognome paterno, non poteva mai

decretare l'obliterazione di quest'ultimo potendo, tutt'al più, consentire

il mantenimento del cognome materno abbinato al cognome, insoppri mibile, paterno, cfr. Trib. min. Roma, decr. 2 novembre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 49.

VI. - In materia di legittimazione dei figli naturali, in relazione ai

rapporti fra la trasmissione del cognome e l'identità personale, v. Cass.

27 aprile 2001, n. 6098, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 47, secondo cui,

nell'ipotesi in cui il minore figlio naturale, riconosciuto prima dalla

madre e poi dal padre, venga legittimato per provvedimento del giudi ce, deve essere esclusa ogni automaticità nell'attribuzione del cognome al figlio legittimato, spettando al giudice di merito valutare l'interesse

esclusivo del minore, avuto riguardo al diritto del medesimo alla pro

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2935 PARTE PRIMA 2936

«l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al

proprio», senza quindi che il minore, o i suoi legali rappresen tanti, o gli adottanti possano chiedere al tribunale per i mino

renni, nell'interesse del minore, che questi dopo l'adozione

mantenga il suo precedente cognome, anteponendolo, o aggiun

gendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di que st'ultimo al suo.

Secondo il giudice rimettente la disposizione in esame viole

rebbe l'art. 2 Cost., perché non riconosce il diritto del minore al

cognome più opportuno per la formazione della sua personalità nella famiglia adottiva; violerebbe anche l'art. 3, 2° comma,

Cost., perché impedisce il pieno sviluppo della personalità del

minore attraverso l'attribuzione di un cognome che identifichi

la sua appartenenza familiare o adottiva; si porrebbe inoltre in

contrasto con l'art. 30, 3° comma. Cost., perché, quando l'ado

zione riguarda figli nati fuori dal matrimonio, non tutela i loro

diritti; ed ancora sarebbe illegittima in riferimento all'art. 31,2°

comma, Cost., perché non attua la protezione della gioventù mediante l'attribuzione del cognome che meglio risponda all'i

dentità sociale che il minore, con l'adozione, viene ad assumere.

Le ragioni della rimessione si incentrano, quindi, sull'auto

matismo della norma impugnata, che non consente al giudice, una volta dichiarata l'adozione in casi particolari, di valutare, nell'esclusivo interesse del minore, quale sia il cognome più idoneo da attribuire all'adottato; con la censura prospettata il

giudice a quo chiede quindi alla corte una pronuncia additiva

che inserisca nella disciplina della legge un procedimento che

accerti quale sia, di volta in volta, il cognome più idoneo.

2. - La questione non è fondata.

3. - Quanto alla violazione dell'art. 2 Cost, indicata dal giudi ce a quo, occorre premettere che costituisce principio consoli

dato nella giurisprudenza di questa corte quello per cui il co

gnome è una «parte essenziale ed irrinunciabile della personali tà» che, per tale ragione, gode di tutela di rilievo costituzionale

in quanto «costituisce il primo ed immediato elemento che ca

ratterizza l'identità personale»; esso è quindi riconosciuto come

un «bene oggetto di autonomo diritto dall'art. 2 Cost.» e costi

tuisce oggetto di un «tipico diritto fondamentale della persona umana» (sentenze n. 13 del 1994, Foro it., 1994,1, 1668; n. 297

del 1996, id., 1996, I, 3600, e, da ultimo, sentenza n. 120 del

2001, id., 2002,1, 646). In forza dei citati principi, la corte ha dichiarato l'illegittimità

costituzionale dell'art. 165 r.d. 9 luglio 1939 n. 1238 (ordina mento dello stato civile), nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rettifica dei registri dello stato civile, il soggetto si

vedesse riconosciuto dal giudice competente il diritto a mante

nere il cognome che gli era stato originariamente attribuito,

quando questo costituiva ormai un segno distintivo della sua

identità personale, anche nella vita sociale di relazione (senten za n. 13 del 1994).

Successivamente la corte ha dichiarato costituzionalmente il

legittimo anche l'art. 262 c.c., nella parte in cui non prevedeva che il figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, potesse ottenere dal giudice il riconosci mento del diritto a mantenere, anteponendolo o aggiungendolo a

questo, il cognome col quale era precedentemente conosciuto,

quando questo fosse diventato un segno, autonomo e distintivo, della sua identità personale (sentenza n. 297 del 1996).

In questi casi la corte ha quindi ritenuto illegittime, per viola zione dell'art. 2 Cost., norme che, prevedendo dei criteri rigidi ed automatici per l'attribuzione alla persona di un cognome di

verso da quello col quale essa era conosciuta nell'ambiente so

ciale nel quale aveva sino a quel momento svolto la propria per sonalità, finivano per far prevalere la corrispondenza del co

gnome allo status familiare, sacrificando nel contempo il diritto

all'identità personale del soggetto; in entrambi i casi la soluzio ne adottata è stata quella di lasciare la scelta se mantenere il co

pria identità personale fino a quel momento posseduta nell'ambiente in cui è vissuto, anche in riferimento alla famiglia in cui è cresciuto, non ché ad ogni altro elemento di valutazione suggerito dalla fattispecie.

In dottrina, v. M. Doguotti, In tema di attribuzione del cognome al

figlio naturale, in Giust. civ., 1983, I. 1833; G. Ferrando, Diritto all'i dentità personale e cognome del figlio naturale, in Giur. costit., 1996, 2479; M. Dossetti, Il cognome del figlio legittimato, in Famiglia e dir., 1999, 394.

Il Foro Italiano — 2003.

gnome originario — solo o in aggiunta a quello adottivo —

quale tratto consolidato della personalità. La rimozione del carattere distintivo della vita precedente del

soggetto non si verifica nella disciplina per l'adozione in casi

particolari, per la quale è stato previsto che l'adottato assuma il

cognome dell'adottante anteponendolo al proprio, che in questo modo non viene cancellato ma continua a costituire, in uno col

nuovo cognome attribuito al minore, un tratto essenziale della

sua identità personale. Come questa corte ha già più volte affermato (v., tra le molte,

le sentenze n. 27 del 1991, id., Rep. 1991, voce Adozione, n. 32, e n. 383 del 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 45), l'adozione in

casi particolari, prevista dagli art. 44 ss. 1. n. 184 del 1983, è un

istituto diverso sia dall'adozione legittimante sia da quella tra

persone maggiori di età, pur avendo in comune con la prima la

finalità di perseguire l'esclusivo interesse del minore e con la

seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col quale non vengono rescissi i rapporti dell'adottato con la sua famiglia di origine.

11 legislatore, nello stabilire la disciplina dell'adozione in casi

particolari, ha quindi compiuto una «non facile composizione» di esigenze diverse, tra le quali quella di «evitare che l'instaura

zione del nuovo rapporto comporti la rottura di quello esistente

con l'altro genitore biologico e/o con i di lui parenti, pur quando con costoro il minore abbia instaurato e mantenga legami signi ficativi» (sentenza n. 27 del 1991, cit.), operando una scelta del

tutto conforme alle finalità dell'istituto.

A ciò va aggiunto che le ipotesi previste nell'art. 44 1. n. 184

del 1983 per questa particolare forma di adozione considerano

situazioni diverse fra loro e cioè: l'essere il minore orfano di

entrambi i genitori (art. 44, lett. a), ovvero figlio, anche adotti

vo, dell'altro coniuge (lett. b), o il caso in cui vi sia la constatata

impossibilità di procedere ad un affidamento preadottivo (lett.

d); ed ora, dopo le modifiche introdotte con la 1. 28 marzo 2001

n. 149 (modifiche alla 1. 4 maggio 1983 n. 184, recante «disci

plina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al

titolo Vili del libro primo del codice civile), anche l'ulteriore

ipotesi in cui il minore, orfano di padre e di madre, si trovi nelle

condizioni indicate dall'art. 3, 1° comma, 1. 5 febbraio 1992 n.

104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i di

ritti delle persone handicappate), in assenza del vincolo di cui

alla lett. a). Nel disciplinare l'attribuzione del cognome all'adottato, la

scelta fatta dal legislatore, nella sua discrezionalità, è stata

quella di non eliminare il legame del minore col proprio passato e, perciò, con la sua identità personale come essa è stata ed è

conosciuta nell'ambiente sociale di cui egli è, e deve continuare

ad essere, parte; per tale ragione, pur essendo astrattamente pos sibili soluzioni differenziate per i diversi casi (cfr. la sentenza n.

27 del 1991), il legislatore ha previsto una disciplina unitaria,

rispettosa della personalità del soggetto come tutelata dall'art. 2

Cost., proprio in quanto mantiene il cognome originario, cui ag

giunge, anteponendolo, quello dell'adottante, con ciò dando atto

dei precedenti e non interrotti legami familiari dell'adottato.

4. - Non può neppure dirsi che la disciplina prevista dalla

legge per l'attribuzione del cognome ai minori adottati in casi

particolari violi le altre norme costituzionali indicate dal giudice a quo; l'attribuzione del cognome dell'adottante, anteposto a

quello originario del minore facente già parte della sua indivi

dualità, non può invero essere un ostacolo di ordine sociale allo

sviluppo della personalità umana ai sensi dell'art. 3, 2° comma,

Cost., o costituire un trattamento deteriore dei figli nati fuori dal

matrimonio ai sensi dell'art. 30, 3° comma, Cost., o risolversi in

una disciplina che non attua la protezione del minore richiesta

dall'art. 31,2° comma, Cost.

Si tratta, al contrario, di una disposizione rispettosa della per sonalità del minore e non discriminatoria; l'attribuzione del

doppio cognome, infatti, sta proprio a significare l'avvenuto in

serimento del minore nel nuovo nucleo familiare, senza che nel

contempo venga imposta la perdita del cognome col quale egli era ed è conosciuto nei diversi ambienti che frequenta e dei le

gami con la famiglia di origine, secondo la ratio complessiva dell'adozione in casi particolari.

Il legislatore, avendo operato, nella sua discrezionalità, una

scelta non irragionevole, ha voluto quindi evitare, attraverso il

mantenimento del cognome originario cui si antepone quello

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'adottante, proprio quell'effetto di perdita di legami sociali, con conseguente difficoltà allo sviluppo della personalità, che

viene paventato dal giudice rimettente.

La norma impugnata non può neppure causare l'effetto di una

minor tutela per i figli nati fuori dal matrimonio, come sostiene

il rimettente, qualora l'adozione riguardi figli naturali ricono

sciuti; anche in questo caso, infatti, si tratta di un minore che già ha assunto il cognome del genitore che ha effettuato il ricono

scimento e che tramite esso è conosciuto nell'ambiente sociale; la successiva adozione (in casi particolari) da parte del coniuge del genitore che ha effettuato il riconoscimento, anche mediante

l'attribuzione del secondo cognome, certamente non comprime la personalità del minore.

Né infine la norma impugnata può integrare un'omessa tutela

della gioventù prevista dall'art. 31, 2° comma. Cost., dovendo

tale norma costituzionale essere più propriamente riferita agli istituti di legislazione sociale a protezione della famiglia e del

l'infanzia, piuttosto che al novero dei diritti della persona. 5. - Va ancora aggiunto che questa corte, con la sentenza n.

120 del 2001 (successiva all'ordinanza di rimessione), chiamata

a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale del

l'art. 299, 1° e 2° comma, c.c. in una ipotesi riguardante l'ado

zione fra maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimità costituzio

nale della disposizione di cui al 2° comma, «nella parte in cui

non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai

propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome del

l'adottante anche quello originariamente attribuitogli», ed ha nel

contempo affermato che «la precedenza del cognome del

l'adottante non appare irrazionale, così come non può costituire

violazione del diritto all'identità personale il fatto che il co

gnome adottivo preceda o segua quello originario» e che «la le

sione di tale identità è ravvisabile nella soppressione del segno

distintivo, non certo nella sua collocazione dopo il cognome dell'adottante».

Il principio, che è lo stesso affermato dalle precedenti senten

ze della corte n. 13 del 1994 e n. 297 del 1996, sopra ricordate, deve essere ormai confermato anche per quel che riguarda l'adozione in casi particolari del minore ed il rinvio all'art. 299

c.c. operato dall'art. 55 1. n. 184 del 1983, oggi impugnato; sa

rebbe contraria alla Costituzione una disposizione che impones se la cancellazione, attraverso la sostituzione automatica del co

gnome originario, di un tratto essenziale della personalità del

soggetto, mentre la scelta della posizione dei due cognomi, di

per sé, non costituisce violazione del diritto della personalità del

soggetto. 6. - Non sussiste perciò la violazione delle norme costituzio

nali indicate dal rimettente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei

minori; ora: diritto del minore ad una famiglia), sollevata, in ri

ferimento agli art. 2, 3, 2° comma, 30, 3° comma, e 31, 2°

comma, Cost., dalla Corte d'appello di Torino, sezione per i

minorenni, con l'ordinanza in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2003 — Parte I-55.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; ordinanza 17

ottobre 2003, n. 15538; Pres. Carbone, Rei. Manzo, P.M.

Scardaccione (conci, diff.); Soc. Unipol (Avv. Tonucci,

Frignani) c. Ricciarelli (Avv. De Pascale).

CORTE DI CASSAZIONE;

Competenza civile — Intesa restrittiva della concorrenza —

Azione promossa dal consumatore — Competenza della

corte d'appello — Rimessione degli atti al primo presi

dente (Cod. civ., art. 2033, 2043; cod. proc. civ., art. 374; 1.

10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza

e del mercato, art. 2, 33).

Vanno rimessi al primo presidente della Corte di cassazione,

affinché valuti l'opportunità dell'assegnazione alle sezioni

unite, gli atti del ricorso sulla questione se la controversia

promossa dal consumatore, che chiede la nullità di un'intesa

restrittiva della concorrenza o il risarcimento dei danni ad

essa conseguenti, appartenga alla competenza in unico grado della corte d'appello. (1)

(1) La terza sezione civile non sottoscrive l'orientamento manife stato dalla prima sezione, che aveva ritenuto soggetta agli ordinari cri

teri di competenza l'azione proposta dal consumatore finale per chiede re il risarcimento derivato da un'intesa restrittiva della concorrenza

(cfr. sent. 9 dicembre 2002, n. 17475, Foro it., 2003, I, 1121, con note

di A. Palmieri, Intese restrittive della concorrenza e azione risarcitorìa

del consumatore finale: argomentazioni «extravagantes» per un illecito

inconsistente, e di E. Scoditti, Il consumatore e l'antitrust-, nonché

Resp. civ., 2003, 359, con nota di A. Guarneri, Il cartello degli assicu ratori è fonte di danno per gli assicurati?', Corriere giur., 2003, 339, con nota di I. Nasti, Tutela risarcitorìa del consumatore per condotta

anticoncorrenziale: una decisione difficile: Danno e resp., 2003, 390, con nota di S. Bastianon, Antitrust e tutela civilistica: anno zero: Dir.

ind., 2003, 172, con nota di G. Colangelo, Intese restrittive e legitti mazione dei consumatori finali ex art. 33 legge antitrust: Contratti, 2003, 897, con nota di M. Hazan, 1 rimborsi dei premi r.c.a.: Giudice di pace, 2003, 91, con nota di F. Petrelli, R.c. auto, azione risarcitorìa e competenza del giudice di pace). La decisione è intervenuta nel con

testo di una delle non poche cause civili promosse contro gli esponenti del «cartello degli assicuratori», sanzionato dall'Agcm, con decisione

avallata dai giudici amministrativi, almeno per quanto riguarda l'intesa consistente nello scambio d'informazioni sensibili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 2002. n. 2199. Foro it., 2002, III, 482, con note di L.

Lambo e di G. Scarselli, Brevi note sui procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro controlli giu risdizionali: F. Fracchia-C. Videtta, La tecnica come potere: R- Pardo

lesi, Sul «nuovo che avanza» in antitrust: l'illiceità oggettiva dello

scambio d'informazioni: C. Osti, Brevi puntualizzazioni in tema di

collusione oligopolistica: annotata altresì da R. Caranta, I limiti del

sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità

garante della concorrenza e del mercato, in Giur. comm., 2003, II, 170; M. Negri, Configurazione «debole» (nel caso assicurazioni r.c.a.) del

controllo giurisdizionale sui provvedimenti dell'Autorità garante della

concorrenza e de! mercato, in Corriere giur., 2003, 507; N. Rangone, Intese nel mercato assicurativo e sindacabilità dei provvedimenti anti

trust, in Foro amm.-Cons. Stato, 2002, 1007; A. Morcavallo-A. Iaco

viello, Precisazioni e prospettive a proposito di intese restrittive della

concorrenza, in Cons. Stato, 2002, II, 1328; su tali vicende, v. anche D.

Bonaccorsi di Patti, Lo scambio di informazioni sul mercato assicura

tivo e la legge antitrust: dal caso «Ania» al caso «R.c. auto», in Dir. ed

economia assicurai, 2002, 483). La Suprema corte non intende nemmeno allinearsi all' obiter dictum

— elevato al rango di massima ufficiale, sebbene riassumesse conside

razioni svolte mentre si dissertava a proposito di una censura già di

chiarata inammissibile — contenuto in una pronuncia resa qualche an

no addietro dalla stessa prima sezione, secondo cui l'utente non sarebbe

investito della legittimazione giuridica a dolersi di asserite violazioni

delle norme antitrust (in quel caso si trattava di norme comunitarie),

poste in essere da un'impresa o da un gruppo di imprese (cfr. sent. 4

marzo 1999, n. 1811, Foro it., Rep. 2001, voce Concorrenza (discipli na), n. 182, e, per esteso, Riv. dir. ind., 2000, II, 421, con nota di G.

Tassoni, Le norme bancarie uniformi nel diritto della concorrenza). L'ordinanza in epigrafe delinea una traiettoria nient'affatto coinci

dente con quella dei ricordati precedenti, prospettando la sussistenza

della legittimazione attiva in capo al consumatore, allorché chieda una

delle misure indicate dall'art. 33, cpv., 1. 287/90 — a tal fine sono evo

cate le conclusioni del dibattito dottrinale in materia e viene richiamata

la giurisprudenza comunitaria, propensa ad annoverare tra gli strumenti

di tutela della concorrenza le azioni risarcitorie intentate dai privati (v. Corte giust. 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage Ltd c. Cre

han, in Foro it., 2002, IV, 75, con note di A. Palmieri-R. Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: «chi è causa del

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